Nord e Sud - anno VI - n. 60 - novembre 1959

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ,, • O \11 * U .. 1ERO 60 * OVE~iBRE 1959 .Siblioteca Gino Bianco

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Rivista mensile diretta da Francesco Compagna · Biblioteca Gino Bianco

SOMMARIO Francesco Compag11a Giuseppe Galasso Giorgio Granata N.d.R. Giancarlo C. Barberis Federico Pepe Aldo Durante Vittorio Frosini Marco Cesarini Sforza Stefano Rodotà Editoriale [ 3] Il Mezzo giorno dopo l'apertura a destra [ 6] Sociologia e « ricerca sociale )) [20] Il tempo libero, o il sogno di Pinocchio [34] GIORNALEA PIÙ VOCI Un fallimento: Malagodi [61] Emigranti in Francia [63] I costi della raffinazione del petrolio [70] Saper vendere [76] L'Arcivescovo e l'Assessore [83] PROPOSTE E COMMENTI Milazzo e i comun.isti [88] La scuola pubblica e una nuova associazione [93] RASSEGNE Alessandro Fantoli L'armonizzazione delle condizioni di lavoro nel M.E.C. [100] LETTERE AL DIRETTORE Paolo Buri L'industrializzazione della Calabria [115] RECENSIONI Francesco Compagna Donnarumma ali' assalto [118] Una eopia L. 300 • Estero L. 360 Abbonamenti 1 Italia annuale L. 3JIOO eemeatrale L. 1.700 Eatero aanuale L. 4.000 eemeatrale L. 2.200 Effettuare i ~enamend •u I C.C.P. n. 3/34552 inte•tato a Arnoldo Mon•adori Editore. Milano iblioteca Gino Bianco CRONACA LIBRARIA [ 123] DffiEZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 392.918 DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI: Amministrazione Rivista • Nord e Sud» Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Telefono 851.140

Editoriale Sono due, ci sembra, gli interrogativi che il Congresso di Firenze della Democrazia Cristiana ha lasciato senza risposta. Il primo di essi concerne la durata del governo dell' on. Segni; il secondo concerne i rapporti ch·e corrono oggi, o potrebbero correre domani, non solo tra .il gover12•0e la segreteria del partito, ma anche tra la maggioranza "dorotea" e la minoranza "fanfaniana" del Consiglio nazionale eletto a Firenze. Esaminiamo anzitutto l'interrogativo che concerne la durata dell'attua/,e governo: potrebbe darsi, tra l'altro, che, quando questo numero di "Nord e Sud" sarà pubblicato, esso abbia già ricevuto risposta dagli eventi. È vero che a Firenze le forze che hanno dato origine al governo dell'on. Segni, dopo auer liquidato o archiviato il tentativo dell'on. Fanfani, non sono risultate sconfitte; ma non si può neanche sostenere, se non a fini tendenziosi, che esse abbiano "vinto". Nel momento in cui scriviamo, per esemfJto, non sappiamo quali conseguenze saranno dedotte - dall'una e dall'altra parte interessata - per il fatto che taluni collaboratori dell'on. Segni, e non fra i meno autorevoli, si sono schierati in congresso a fianco · dell'on. Fanfani, dichiarando, tra l'altro, di auspicare una serie di risolute iniziative, dirette a conseguire tre obiettivi politici immediati: 1) tagliare le unghie ai monopoli; 2) liberare il partito dal "ricatto dei gruppi, di pressione"; 3) condannare, insieme con i franchi tiratori, anche coloro che hanno in vario modo contribuito a creare il "clima adatto" perché, alle spalle dell'on. Fanfani, venisse consumata la nota azione di cecchinaggio parlamentare. Queste sono dichiarazioni politiche che meritano il più caloroso consenso; esse confermano, peral,tro, ù giudizio che abbiamo sempre dato del governo Segni, della sua origine, della sua attività; d'ora in poi, contro [3] .Bi lioteca Gino Bianco

questo governo, sl potrà polemizzare a forza di Cttazloni che sono attingibili ai discorsi fiorentini dei ministri che ne fanno parte. Ed è per questa ragione che affermazioni del genere, pronunciate da ministri, vengono a rappresentare, per quanto riguarda la durata del governo, una incognita che la vittoria "dorotea" alle elezioni congressuali non basta a cancellare. C'è poi il rilievo che ha fatto valere La Malfa, sulla Voce repubblicana, in sede di commento alla relazione con cui l'on. Moro ha aperto i lavori del Congresso di Firenze: se di u1i governo si dice - come l'on. Moro ha detto del governo Segni - che la principale, anzi la sola, giustificazione della sua durata consiste in uno stato di necessità, di questo governo si viene a negare implicitamente validità politica effettiva e capacità di espansione verso l'avvenire. Ovviamente, pure questo rilievo induce a ritenere che il governo Segni è uscito tutt'altro che rafforzato dal Congresso di Firenze, anche se i suoi sostenitori sono riusciti ad evitare la vittoria quantitativa di Fanfani. Ma, d'altra .parte,è proprio il rilievo di La Malfa che ci porta a discutere il secondo degli interrogativi che il Congresso di Firenze ha lasciato senza risposta. Possiamo formularlo con le parole di Saragat: fino a che punto, nel determinare il comportamento dell'on. Moro e dei cosiddetti "morotei" durante il Congresso di Fire1ize, preoccupazioni di ordine affatto contingente hanno prevalso su quelle di ordine generale? Il che equivale a domandarsi: è possibile che, in sede di Consiglio nazionale, maturi prima o poi la sostituzione della maggioranza di Firenze, Moro-SegniAndreotti, con una nuova maggioranza, di centro-sinistra, determinata dalla dislocazione di Moro e dei " morotei" sulle posizioni di Fanfani e dei "f anfaniani "? A Firenze non è avvenuto quello che ci auguravamo nell'editoriale del mese di settembre: la destra democristiana dell'on. Andreotti non è stata messa in condizioni di non nuocere, non è stata sconfitta, 120n è rimasta isolata. È avvenuto invece che vecchi e nuovi notabili - alcuni, fra i primi, rinnegando peraltro un onorevole passato di lotte politiche per la democrazia e per la libertà; altri, fra i secondi, deludendo le speranze che avevano fino a ieri suscitato nel partito e nel Paese come " uomini nuovi" della Democrazia Cristiana e della democrazia ita/,iana - hanno preferito schierarsicon l'estrema destra del partito e del Parlamento. [4] Biblioteca Gino Bianco

Tutte le paludate dichiarazioni dell'on. Moro sull'antifascismo della DC e tutte le pateticlie lamentazioni dell'on. Segni· sull'indipendenza del suo governo non riescono a nascondere la verità: i "franchi tiratori" sono al governo, i fascisti fanno parte della maggioranza parlamentare, gli amici del/' on. Andreotti e del maresciallo Graziani hanno fatto parte della maggioranza congressuale di Firenze, i "dorotei" si sono finora battuti in difesa di un indirizzo politico che è gradito ai "franchi tiratori", ai fascisti, agli amici del/' on. Andreotti e del maresciallo Graziani, ed è · da tutti costoro caldeggiato. · Tutto questo - come ha giustamente rilevato Eugenio Scalfari sull'Espresso - è stato in conseguettza della paura di "affrontare il grosso problema che da cinque anni sta al fondo della crisi democristiana: il problema del partito socialista italiano". Tutto questo - come ha giustamente rilevato l'on. Pieraccini il giorno stesso in cui si concludeva il congresso - è avvenuto malgrado che i delegati fossero in grande maggioranza orientati verso le posizioni di ce1itro-sinistra. Se si tiene conto di quest'ultimo dato - e di quello relativo alla incomoda posizione in cui si trovano i dorotei, dopo Firenze ancora più che prima di Firenze - si può anche presumere che la politica di centrosinistra risulta essere, oggi più ancora di ieri, il solo obiettivo possibile per tutte quelle forze democristiane che non possono accettare questa situazione e sono risolute ad uscire dal cosiddetto "stato di necessità": in questo senso, dunque, potrebbe e dovrebbe prima o poi orientarsi anche una parte della corrente "dorotea ": tutti coloro, fra i "dorotei" appunto, che non si rassegnano a essere caratterizzati definitivamente come degli andreottiani di complemento. Naturalmente è necessario che anche i partiti di centro-sinistra operino in questo senso, per allargare, cioè, e rendere più attuale la ,prospettiva di una nuova maggioranza; ma, per quanto concerne questo aspetto della situazione politica, la convergenza dei giudizi specifici e della linea generale che la Voce Repubblicana e La Giustizia hanno espresso in occasiotte del congresso della DC ci consente di sperare per il meglio. I momenti migliori per la democrazia italiana sono stati quelli in cui il Partito repub- !Jlica,-10e la Socialdemocrazia sono riusciti a coordinare l,t loro azione verso comuni obiettivi. [5] Biblioteca Gino Bianco

Il Mezzogiorno dopo l' apertura a destra di Francesco Compagna Sarebbe veramente difficile negare che durante il 1959 le cose siano peggiorate in tutto il paese, e particolarmente n~ll'Italia Meridionale: assai grave è infatti il deterioramento subìto dalla politica meridionalista nel periodo intercorso tra l'annunzio del piano Vanoni e ia sua liquidazione; e non è per un mero caso che quest'ultima ha coinciso con la consumazione dell'apertura a destra. Come è stato giustamente rilevato (1), l'iniziativa di Vanoni era scaturita proprio dalla consapevolezza dei limiti di una politica imperniata soltanto sugli investimenti per le infrastrutture e sulla riforma agraria. Una tale consapevolezza si era fatta strada in molti ambienti (Svimez, ecc.) e richiedeva, fin dal 1955 circa, un risoluto passaggio, dalla politica della Cassa, della riforma agraria, della liberalizzazione degli scambi, alla politica di sviluppo dell'occupazione e del reddito. Questo passaggio non è avvenuto: di qui, in un primo tempo, una fase d'arresto della politica meridionalista, che, felicemente avviata, ha poi segnato il passo per vari anni; e in un secondo tempo - una volta che l'iniziativa di Vanoni era stata definitivamente insabbiata, e l'apertura a destra voluttuosamente consumata - sono stati coinvolti in un inarrestabile processo di deterioramento · tutti gli strumenti che erano stati in vari momenti predisposti per lo sviluppo economico e civile del Mezzogiorno. È vero che a Villa Lubin siede un uomo serio e capace, dal quale molto . il Mezzogiorno si può attendere; l 'on. Pastore, infatti, ha portato al Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno un soffio di quello spirito piemontese che, a contatto con gli uomini e le cose dell'Italia meridionale, non guasta (1) Ugo La Malfa: « Bilancio sul Mezzogiorno », in Successo, settembre 1959. [6] Biblioteca Gino Bianco

• affatto; e non dimentichiamo certamente che egli viene dalle fila di quel sindacalismo cattolico, la cui concreta esperienza politica, a contatto con la classe operaia e i suoi problemi, rappresenta uno dei dati più affidanti fra quelli che la Democrazia Cristiana è in grado di offrire oggi al paese come titoli e come garanzie di una sua volontà di perseguirne lo sviluppo economico. Ma Villa Lubin è come assediata dai ministeri « dorotei ». La Cassa? Si auspicava, da parte di molti ambienti interessati al successo della politica meridionalista, che le sedute del suo consiglio di amministrazione potessero radunare un vero e proprio brain trust. Ora, è vero che l'attuale presidente della Cassa risulta uomo di ben altra levatura e ben altra esperienza tecnica quando lo confrontiam~ col suo predecessore, che fu « sistemato » alla presidenza della Cassa per la sola ragione che altri doveva essere « sistemato )), al suo posto, nel Consiglio di Stato. Ma è anche vero che, nel clima creato da antichi e recenti errori e aggravato dalle ultime vicende politiche, dall'apertura a destra e dalle esigenze di sottogoverno che ne sono derivate, più numerose e più vistose, la politica della Cassa rischia di scadere a routine e la Cassa stessa di essere degradata, da authority di tipo newdealistico, quale voleva e vorrebbe essere, a duplicazione burocratica degli organi di spesa ordinaria. Comitato dei Ministri e Cassa non sono comunque gli strumenti della politica meridionalista che risultano più gravemente deteriorati. Tutt'altro : in una diversa situazione politica essi funzionerebbero assai meglio e troverebbero forse nuovi impulsi all'azione, nuove funzioni da assolvere. Essi oggi risentono del clima politico generale;. e di qui principalmente il loro I deterioramento; al quale però oppongono ancora resistenza uomini consapevoli e responsabili. Ben più grave è la situazio11enegli Enti di riforma : qui siamo arrivati al punto che gli assistenti sociali si dimettono ~rchè ad essi si chiede di passare dalla neutralità politica all'attivismo di partito; e quelli che non si dimettono - è lecito presumerlo - hanno evidentemente ceduto a una richiesta del genere. Noi abbiamo più volte denunciato la tendenza della DC ad asservire gli Enti di riforma e la tendenza degli Enti di riforma a servire la DC; e abbiamo anche assai spesso rilevato come queste tendenze abbiano trovato una loro ragione complementare nella precarietà organizzativa di altre forze politiche, democratiche, incap~ci di promuovere l'azione necessaria [7] s·btioteca Gino Bianco

a far valere nelle campagne meridionali le regole del gioco (2). Si diceva, cioè, che, spesso, ai mali derivanti dalla troppo invadente presenza della DC, si aggiungevano i mali derivanti dalla troppo precaria presenza dei partiti democratici; e che fino a un certo punto si poteva pretendere che un partito, quale esso sia, trovasse solo in se stesso il freno necessario per disciplinare gli umani impulsi verso l'abuso del potere.~E tuttavia, fino a ieri, almeno in senso relativo, bene o male, e sia pure più male che bene, questi impulsi sono stati qualche volta frenati. Oggi, invece, sembra che la riforma agraria sia stata definitivamente degradata, da impegno di governo della democrazia italiana, per la liberalizzazione anche politica delle campagne, a operazione di sottogoverno della Democrazia Cristiana, per l'impalùdamento politico delle caplpagne. Sembra, inoltre, che i dirigenti degli Enti di riforma, che erano prevalentemente fanfaniani, siano diventati negli ultimi tempi prevalentemente antifanfaniani (ed è presumibile che, se Fanfani «vincesse» dopo Firenze, tenterebbero di farlo dimenticare, e di torn~re fanfaniani); e dove questo non è avvenuto, sembra che siano stati tempestivamente ordinati trasferimenti, siano state attuate promozioni, nuove nomine, dislocazioni del personale e modificazioni dell'organico. Si potrebbe dire che, se è vero che la gran parte dei dirigenti degli Enti sono pronti a farsi domani anche mussulmani come ieri sono stati pronti a prendere la tessera democristiana, e come oggi propendono a schierarsi pro Fanfani o contro Fanfani, a seconda dei pronostici; se è vero, cioè, che essi sono sempre disponibili per . tutte le politiche, vuol dire che sono dirigenti che non valgono gran che; ma chi come noi ricorda i tempi dell'Ente Sila di Cagliati, l'ansia di rinnovamento e lo spirito da pionieri che animava allora il personale dirigente della riforma, può ben misurare le colpe di coloro che hanno spento quel1'ansia e corrotto quello spirito. Se poi dagli Enti di riforma spostiamo lo sguardo ai consorzi di bonifica, la situazione non si presenta meno grave. Anche qui la tecnica del sottogoverno opera in profondità e in estensione: si manipolano le gestioni commissariali e gli stessi perimetri dei comprensori, si creano o non si creano consorzi nuovi, si proclamano o non si proclamano esauriti con- (2) Cfr. « La riforma degradata», in Nord e Sud, n. 28, marzo 1959. Biblioteca. Gino Bianco [8]

sorzi vecchi, sempre in base a esigenze di politica locale del partito di maggioranza e delle organizzazioni che lo fiancheggiano. Altri strumenti della politica meridionalista sui quali si era fatto largo affidamento sono infine gli istituti specializzati di credito a medio e a lungo termine (Isveimer, Irfis, Cis). Ora, invece, si dice che questi istituti « hanno spesso agito come banche tradizionali più che come istituti di sviluppo, maggiormente attenti alla reperibilità del singolo finanziamento piuttosto che alla sua funzionalità nel quadro generale dello sviluppo del Mezzogiorno ». Sono considerazioni e affermazioni venute dallo stesso on~ Pastore (3); e forse proprio per ciò, in ordine cioè a una valutazione come questa della necessità di imprimere nuovi e più moderni orientamenti alla politica degli istituti specializzati di credito a medio e lungo termine, si era parlato, anche in ambienti vicini al Comitato dei Minstri, di una canddatura di Alessandro Molinari alla presidenza dell'Isveimer. Questa candidatura, se fosse entrata in porto, avrebbe certamente assunto .un significato di rilancio della· industrializzazione nel Mezzogiorno continentale; di un rilancio aggiornato alle più recenti esperienze teoriche e pratiche del meridionalismo e della politica di sviluppo. Ma la « ragion di partito >> non ha potuto lasciare via libera alla candidatura di Alessandro Molinari; e alla presidenza dell'Isveimer è stato chiamato un esemplare gentiluomo, il marchese Battiloro, le cui qualità, però, che ci dicono essere notevoli, avremmo preferito veder utilizzate altrove; se non altro perchè, all'Isveimer, il suo nome non sembra poter assumere, come quello di Molinari, il significato di un rilancio; specialmente fuori di Napoli, ove magari c'è addirittura il rischio che la mancata nomina di Molinari, e il ripiegamento sulla candidatura di un democristiano locale, possa essere interpretata come scadimento nell'ordinaria amministrazione di uno strumento che era. stato istituito per un intervento di natura straordinaria. Si dirà che, però, significato di rilancio, a Napoli e fuori di Napoli, può assumere la chiamata dell'on. Corbino alla presidenza del maggiore istituto di credito del Mezzogiorno. Noi non sappiamo magari quale credito si debba dare alle notizie pubblicate da Cronache meridionali, secondo le quali l'on. Corbino sarebbe soltanto l'esecutore di una manovra della (3) Ugo La Malfa, cit. [9] s·b-ioteca Gino Bianco·

destra economica e politica, diretta a trasferire la proprietà della stampa meridionale - del Mattino, del Corriere di Napoli, della Gazzetta del Mezzogiorno - dal Banco di Napoli alla Confindustria; e il tutto sotto. la regia di Passio e di .Angiolillo (4) come punto di partenza per una complessiva e progressiva politica di liquidazione dell'industrializzazione; nella quale il Corb.ino· liberista non sembra aver mai riposto molta fiducia. Ci limitiamo p~rò a segnalare anche questa interpretazione della chiamata dell'on. Corbino alla presidenza del Banco di Napoli. Così, non possiamo condividere la « fiducia nell'azione di Epicarmo Corbino >> negli stessi termini in cui essa è stata proclamata dalla pagina napoletana del Tempo (5): i più recenti trascorsi politici dell' on. Corbino, quelli del 1958 non meno di quelli del 1953, non testimoniano a favore della fermezza e della stabilità delle sue opinioni politiche, non depongono a favore della sua indipendenza effettiva dai gruppi di pressione che agisco110nel paese. È questa indipendenza che Il Tempo vanta come titolo più autorevole dell'on. Corbin? per rivendicare la massima fid1:1ciada parte di tutti coloro che nel Banco di Napoli vedono ancora uno dei più importanti strumenti potenziali di una più efficace politica meridionale : ma possiamo dimenticare che al tempo delle più eterogenee candidature elettorali dell'on. Corbino si parlò di lui come di un uomo della « Bastagi >>? Diciamo dunque che la presidenza del Banco di Napoli chiama l'on. Corbinoe di fronte all'opinione pubblica meridionalista per una prova d'appello; e diciamo pure che, se per un verso non possiamo no11 temere il peggio, per un altro verso riteniamo che sia doveroso sperare il meglio. C'è ora un altro aspetto del processo di deterioramento della politica meridionalista, e dei suoi strumenti, sul quale è necessario richiamare ancora una volta l'attenzione. L·'anno scorso i piani d'investimento dell'IRI e dell'ENI dimostrarono che un anno era stato perduto e che non ci si preoccupava affatto di far fronte all' « impegno di localizzare nelle regioni del Sud e nelle Isole quella percentuale di investimenti che era sembrata alla maggioranza del Parlamento il minimo indispensabile per assicurare e (4) :C'fr. Mariano d'Antonio e Ivan Palermo: « Il Banco di Napoli e la stampa napoletana », in Cronache meridionali, luglio-agosto 1959. (5) Cfr. Il Tempo dell'8 ottobre 1959, ediz. napoletana. Biblioteca. Gino Bianco [10]

.. per soddisfare le esigenze del piano Vanoni » (6). È ·ora doveroso riconoscere che, rispetto all'anno scorso, l'ENI « ha operato notevolmente e fecondamente >> per cercare di far fronte a quell'impegno; « e non ·solo quantitativamente (superando già quest'anno il 40% previsto dalla legge per i suoi investimenti nel Sud); e non solo perchè ha avuto la fortuna di scoprire il petrolio in Sicilia e ora il metano in Lucania; ma soprattutto perchè ha dimostrato la chiara intenzione di operare con_fervore secondo · lo spirito ·della politica fileridionalistica, impegnando intelligenza, capacità tecniche e importanti mezzi finanziari per ricerche che potevano essere anche aleatorie ». · Sono parole, queste, dell 'on. Paolo Barbi, pronunciate alla Camera dei deputati il 22 luglio 1959, durante la discussione sul bilancio del Ministero delle Partecipazioni Statali; ed esse trovano una conferma anche in giudizi della stampa estera (Economist) che insistono sulla considerazione che nel Mezzogiorno « vi è un costo dell'elettricità troppo alto, che ostacola fortemente le iniziative industriali » : i governi non hanno fatto nulla fino ad oggi « per rimuovere qt1esto grave handicap », ma, dopo il successo delle ricerche a Gela e a Ferrandina, « il primo obiettivo di Mattei sarà quello di fornire al Sud energia a buon mercato ». Si può inoltre presumere (sempre secondo I' Economist) che 1 'ENI destinerà il. metano di Ferrandina anche agli usi industriali, e< nel campo dei fertilizzanti, delle materie plastiche, delle fibre sintetiche e dei prodotti farmaceutici »; e quanto al petrolio di Gela, è noto che c'è un progetto per lo sviluppo industriale della zona che l'ENI ha portato all'attenzione del Governo (7). Avremo, quindi, grazie alla politica dell'ENI, due nuovi, ampii comprensori di industrializzazione, rispettivamente in Lucania e in Sicilia ? Noi ci domandiamo· se effettivamente l'ENI ha localizzato nel Mez- . (6) Francesco Compagna: « IRI, ENI e Mezzogiorno », in Nord e Sud, n. 48, novembre 1958. \ (7) « Le prospettive industriali del Sud in un articolo dell'Economist », in Informazioni Svimez, a. XIV, N. 33-34, 19-26 agosto 1959. Ora il progetto per lo sviluppo industriale di Gela è stato approvato dal Ministero delle Partecipazioni Statali, dopo che anche il Ministro dell'Industria, on. Colombo, - « avendo brillantemente resistito ai .tentativi di bloccare l'iniziativa con pretestuose argomentazioni » - ha espresso parere favorevole « per quanto riguarda le prospettive di mercato» (cfr. Il Giorno dèl 22 ottobre) degli impianti di raffinazione che· l'ENI vuol far sorgere a Gela. (11] Biblioteca Gino Bianco

zogiorno, come afferma l'on. Barbi, il 40% dei suoi investimenti complessivi; o se si tratta soltanto del 40% rispetto ai suoi investimenti in Italia, rimanendo fuori del conto i cospicui investimenti dell'ENI nel Medio Oriente e nel Maghreb. E circa questi ultimi investimenti dobbiamo ancora formulare le nostre riserve, sia dal punto di vista della politica estera, sia dal punto di vista della politica economica che vorremmo veder perseguita dai gov~rni del nostro Paese. Ma non possiamo non essere con l'ing. Mattei, e non possiamo non considerare quanto mai positiva la sua politica, quando essa si propone di fornire finalmente al Sud una energia a buon mercato e quando essa promuove l'industrializzazione delle zone in cui hanno avuto luogo i ritrovamenti del metano e del petrolio. E sappiamo benissimo come la polemica di stampa, aggressiva e diffamatoria, che si conduce contro l'ENI, è determinata proprio dalla preoccupazione di interessi costituiti, antimeridionali e antinazionali, per l' eve11tualità che l'obiettivo di fornire al Sud energia a buon mercato possa essere veramente perseguit<?.Vorremmo, perciò, che almeno .i giornali dell'Italia meridionale - e quei giornalisti che sono meno zelanti servitori dei padroni, e che pure a volte si associano nella polemica contro l'ENI, perchè assimilano in buona fede gli argomenti tendenziosi che altri diffondono ininterrottamente e con i mezzi più cospicui (8) •- tenessero conto di giudizi come quelli dell'on. Barbi e dell'Economist che abbiamo ora riportato. Se però dell'ENI si può dire che, rispetto all'anno scorso, « ha operato notevolmente e fecondamente... secondo lo spirito della politica meridionalista >>, un discorso assai diverso, e assai grave, deve essere fatto a proposito dell'altro principale Ente di gestione che dipende dal Ministero delle Partecipazioni Statali. Per l'IRI, infatti, un altro anno è stato perduto. Da un lato il Ministro afferma che è necessario l'intervento dello Stato « nelle zone sottosviluppate del Sud, non solo come soluzione di un problema settoriale, bensì come mezzo per eliminare una situazione di squilibrio che investe tutto il sistema economico nazionale )). Da un altro lato (8) Si vedano i volumi « Stampa e oro nero » che l'ENI stesso ha opportunamente pubblicato per fornire una documentazione esauriente, agli osservatori politici di oggi e agli st~rici di domani, della vasta campagna di stampa (fino al 1956) condotta con ogni mezzo contro l'impresa petrolifera dello Stato al fine di ostacolarne l'attività e . lo sviluppo. Effettivamente, viste a distanza di tempo, previsioni e critiche si rivelano, alla luce dei risultati conseguiti dall'ENI, quanto mai tendenziose, Biblioteca-Gino Bianco [12] ,

' .. . però, « tutti conoscono i discorsi pubblici e privati, le relazioni, le interviste, gli articoli dei dirigenti - spesso anche sommi - della Finsider e della Finmeccanica, che, lungi dal mettere il loro impegno e la loro preparazione a servizio di questa esigenza della politica economica nazionale, si affannano a sottoporla a capziose argomentazioni critiche, assumendo il tono della saggezza e della competenza dei tecnici in contrapposizione alla stoltezza e alla superficialità dei politici >>. Anche queste sono parole dell'on. Paolo Barbi; e tutta la polemica sull'impianto siderurgico di Taranto, che ha visto alleate la Finsider e la Falk contro l'on. Pastore, prova che esse sono fondate su dati di fatto assai gravi (si veda, per esempio, la polemica che il nostro Cervigni ha condotto dalle pagine della Voce Repubblicatla ). · Ma la denunzia dell'on. Barbi non si è fermata qui, all'atteggiamento della Finsider sulla questione dell'impianto siderurgico di Taranto: essa ha investito anche « la resistenza passiva, le lentezze esecutive, la sorniona freddezza con cui nei fatti le linee della politica meridionalistica indicate dallo schema Vanoni e volute dalla maggioranza parlamentare sono sostanzialmente sabotate >>. Non altrimenti possono infatti essere spiegati i I due anni perduti e il fatto che gli investimenti previsti dall'IRI per il 1959 nelle regioni meridionali, secondo quanto ha dichiarato l'on. Ferrari Aggradi al Senato, « ammontano a 80 miliardi di lire, di cui 60 destinati ai cosiddetti '' servizi '' (energia elettrica, telefoni, autostrade) >>: siamo veramente lontani, quindi, vuoi sul piano quantitativo, vuoi su quello qualitativo, da quel contributo che soltanto l'IRI può dare alla politica di sviluppo, e che dall'IRI sarebbe lecito pretendere, dopo che in questo senso si è anche manifestata, e da ben due anni, la volontà del Parlamento. Sul piano quantitativo non ~i può non rilevare che, due anni dopo l'entrata in vigore della legge che gli imponeva di localizzare nel Mezzogiorno il 40% dei suoi investimenti complessivi, l'IRI ha messo il Ministro delle Partecipazioni Statali nella ingrata condizione di dover dichiarare al Senato che gli investimenti delle aziende pubbliche nel Sud « si stanno avvicinando ai livelli quantitativi che il Parlamento ha creduto di dover precisare >>; nella ingrata condizione, cioè, di dover confessare l'es.istenza di una sfasatura fra politica perseguita dall'IRI e politica proclamata dal Governo; perchè è evidente che l'« avvicinamento» di cui ha parlato il Mini-· stro è un t~rmine eufemistico, il quale mal nasconde quell' « atteggiamento (13] Biblioteca Gino Bianco

ostile e freddo dell'IRI di fronte al problema dello sviluppo del Mezzogiorno )) che l'on. Barbi ha vigorosamente denunziato. Sul piano qualitativo, poi, 20 miliardi sono veramente pochissimi quando si pensa che soltanto l'iniziativa pubblica può intervenire a promuovere lo sviluppo nel Mezzogiorno delle industrie di base, anche esse, non meno delle strade e dei telefoni, infrastrutture indispensabili per consentire all'iniziativa privata di fiorire nei settori che sono ad essa più congeniali e più convenienti. Ed è da questo punto di vista quanto mai significativo il fatto che, recentemente, a Napoli, il presidente della Confindustria abbia dichiarato che nell'ultimo quadriennio i privati hanno investito nelle regioni meridionali soltanto 600 miliardi dei 3.500 che rappresentano l'ammontare de loro investimenti complessivi, in tutte le regioni italiane: malgrado gli incentivi e le facilitazioni, commenta l'on. Barbi, si tratta di molto meno del 20%; e comunque di una percentuale assai inferiore a quel 40% che la legge del '57 impone all'IRI e all'ENI. Ma non meno significativo è il fatto che oggi, mentre le centrali della Confindustria seguono la linea tradizionale di opposizione all'intervento dell'iniziativa pubblica nell'industrializzazione del Mezzogiorno, anche l'Unione degli industriali della provincia di Napoli, e per essa il suo presidente, ing. Costantino Cutolo, ha preso risolutamente posizione, come già a suo tempo l'ing. La Cavera per la Sicindustria, a favore di quell'intervento: lamentando in particolare che non fosse stato osservato l'impegno di localizzare nell'Italia meridionale il 40% di tutti gli investimenti delle aziende a partecipazione statale; del che ci rallegriamo con l'ing. Cutolo, che, a giudicare da quanto si è detto, sembrerebbe voler finalmente pilotare gli industriali campani fuori dalle acque stagnanti di quel conformismo cui essi si sono sempre ispirati nei rapporti con le centrali della Confindustria e con gli interessi che nell'ambito di quest'ultima predominano. Oggi si può e si deve dire dunque che, relativamente agli ultimi mesi, il bilancio della politica meridionalista presenta pochissime voci attive e molte voci passive, una più grave dell'altra. Oggi si può e si deve dirè che, nel campo della riforma agraria come in quello dell'industrializzazione, se guardiamo all'IRI e se guardiamo agli istituti di credito, nel- - l'ambito dell'amministrazione ordinaria e nell'ambito di quella straordinaria, quando ci poniamo il problema delle opere pubbliche e quando ci [14J Biblioteca. Gino Bianco

• poniamo quello delle industrie di base, tutti gli strumenti della politica meridionalista sono adoperati male e sono logorati da questo cattivo uso che se ne fa. Oggi si può e si deve dire, insomma, che la politica meridionalista, esposta ai contraccolpi di tutte le crisi che sono venute a maturazione nel paese, è addirittura avviata al fallimento; e che questo fallimento della politica meridionalista potrà essere evitato soltanto se sarà possibile, e a brevissima scadenza, un rilancio dei suoi temi, un raddrizzamento dei suoi indirizzi, un rafforzamento dei suoi quadri, una accelerazione dei suoi ritmi, e soprattutto - nel quadro di un suo più efficace coordinamento con tutti gli altri indirizzi della politica italiana - una modificazione profonda del clima in cui essa oramai si svolge e che è assai diverso dal clima di una volta, dal clima dei primi anni, quando Scaglioni aveva assunto la direzione della Cassa, Cagliati era sceso in Calabria per avviare la riforma agraria, La Malfa attuava la liberalizzazione degli scambi, Campilli era più forte e più importante di Andreotti, Segni era un ministro di sinistra, ed erano in molti, nel governo e fuori del governo, che aspiravano al ruolo di Lielenthal italiano. Quali siano le componenti di questo clima .nelf'Italia meridionale, abbiamo visto. Quali esse siano nell'Italia settentrionale, abbiamo detto in ·altre occasioni: quando, ·fin da due anni or sono, abbiamo denunciato l'atmosfera di indifferenza, e di insofferenza spesso, che si veniva diffondendo nelle regioni del Nord nei confronti di una politica che implicava una forte redistribuzione della spesa pubblica e al tempo stesso un incremento delle migrazioni interne. Oggi, però, dall'indifferenza si sta ·veramente passando alla insofferenza; e, quel che è anche più grave, a una crescente sfiducia ~ei confronti dell'industrializzazione: per cui si diffonde sempre più la convinzione che il Mezzogiorno è buono soltanto per il turismo (9). ~ (9) Del turismo non saremo certo noi a sottovalutare l'importanza. Il rilievo che abbiamo dato alla pubblicazione degli articoli di Spartaco Anania nei nn. 58 e 59 di Nord e Sud dimostra quanta importanza noi si attribuisca alla cosiddetta « prospettiva turistica>>: ma come prospettiva dell'industrializzazione, o complementare rispetto all'industrializzazione. Il .turismo, cioè, non deve essere considerato una soluzione alternativa per cui ci si decide a promuoverne lo sviluppo in quanto si ritiene impossibile l'industrializzazione. Si può ritenere piuttosto, come recentemente affermava un · editoriale di Mondo Economico (8 agosto 1959, a. XIV, N. 32), che per talune zone i15] ·s·iblioteca Gino Bianco

Si è dettO che in Italia il pericolo è a sinistra, e che a destra ttòfi si rischia nulla; che il costo dell'apertura a destra non poteva essere rilevante, e che ben poco potevano influire sugli indirizzi di governo partiti come quelli cui la DC si è recentemente rivolta per formare una maggioranza parlamentare; che lo « stato di necessità)) non consentiva soluzioni politiche diverse da quelle che sono state cercate e trovate, e che d'altra parte tali soluzioni non alteravano i dati fondamentali del programma democristiano, del governo democristiano, degli ideali democristiani. La verità è assai diversa: l'apertura a destra ha significato svolta a destra; liquidazione o accantonamento della parte migliore della classe dirigente democristiana, dei suoi ideali e dei suoi programmi; promozione della parte peggiore alle funzioni di massima responsabilità e cedimento totale nei del Mezzogiorno lo sviluppo del turismo può rappresentare •« una linea d'attacco più consona a recar rapidi vantaggi, anche ai fini di una trasformazione ambientale, quale presupposto di uno sviluppo industriale ». Ma anche da questo punto di vista dello sviluppo turistico come « linea d'attacco » per la trasformazione ambientale e per l'industrializzazione, ben poco, o quasi nulla, è stato fatto. Ora resta da domandarsi se e quando il Governo - visto che si è anche costituito un Ministero del Turismo - intende prendere in esame lo schema della « parabola d'oro», tracciato dall'IMI fin dagli inizi del 1957 e recentemente riproposto all'attenzione delle autorità e degli osservatori responsabili con un articolo di Giovanni Enriquez sul citato numero di Mondo Ec:onomico. Riportiamo, da questo articolo di Giovanni Enriquez, i 5 punti che riassumono lo schema della « parabola d'oro » e che ci sembrano meritare una congrua diffusione, alla quale saremmo lieti di poter contribuire: 1. Esiste una crescente richiesta del mercato per giri turistici organizzati, anche fuori stagione, in particolare per « airtours ». 2. Tutta la zona conosciuta come Mezzogiorno (Continente e Isole) ai fini della legislazione della Cassa ha larghe possibilità di offrire, per un lungo periodo dell'anno, luoghi di riposo e di svago. 3. È possibile concepire l'obiettivo concreto di mantenere, mediamente, in questa zona 50.000 turisti per 240 giorni l'anno, corrispondenti a 12 milioni di giornate-presenza e a introiti diretti per ospitalità e trasporti interni pari a circa 100 miliardi annui. 4. L'ordine di grandezza degli investimenti necessari è di 100 miliardi (2 milioni per letto) per la ricezione, mentre altri 30 miliardi devono essere calcolati per le infrastrutture ad hac, cui si aggiungerebbe di fatto l'utilizzazione di alcune infrastrutture già programmate dalla Cassa, o dai Lavori Pubblici, con eventuali modesti emendamenti o spostamenti di priorità, per un totale di altri 30 miliardi. 5. Un obiettivo di tal genere non può essere raggiunto prima di 8-10 anni, ed esige una chiara politica governativa in materia di turismo da parte del costituito Ministero del Turismo, e la collaborazione degli altri Ministeri interessati. Biblioteca. Gino Bianco (16]

I confronti delle pressioni degli interessi costituiti; ulteriore e più rapido scadimento del tono politico e del clima morale in tutto il paese, e in p_articolare nelle regioni meridionali. Noi stiamo ora numerando e apprezzando proprio i molti e gravi interessi passivi che sono venuti a maturazione . in un tempo anche più breve di quello che sembrava lecito prevedere nel momento in cui l'apertura a destra era consumata. Abbiamo parlato degli interessi passivi maturati a carico della politica meridionalista intesa in senso stretto; ma vi sono anche quelli che sono maturati - sempre a carico della politica meridionalista - nel quadro del bilancio complessivo della politica nazionale. Basti pensare al fatto che i nostri uomini di governo, mentre sono costretti a prendere atto della mancata attuazione del Piano Vanoni, si recano prima a Parigi, poi a Washington, ivi proclamando che c'è un piano dell'Italia, un « piano Pella ))' per un intervento dell'Occidente a beneficio dei paesi sottosviluppati. All'ONU, poi, il Ministro degli Esteri ha dichiarato che « l'Italia è disposta ad assistere la Somalia ancora per alcuni anni prendendo su di sè la maggior parte del peso dell'assistenza tecnica, sia attraverso finanziamenti diretti, sia attraverso accordi preferenziali per l'acquisto di tipici prodotti locali >> (Il Corriere della Sera del 24 settembre). Questo vuol dire che ci presentiamo come la mosca cocéhiera che propone e discute piani di sviluppo del Medio Oriente e dell'America Latina; che abbiamo l'impudenza di qualificarci come paese offerente di aiuti ai paesi sottosviluppati·, quando non disponiamo nè di capitali, nè di tecnici, e quando sottosviluppato è tuttora un terzo del nostro territorio nazionale, dove vive circa il 30% della nostra popolazione; che gli interessi dell'Ente banane, e tutta la rete di quegli altri interessi che sono fioriti attorno ad esso, sono tenuti nel massimo conto dai responsabili della politica estera italiana. E anche questo è tipico di un governo di destra come quello del1'on. Segni: perchè un governo che non fosse condizionato dalla destra si libererebbe volentieri da ogni più o meno costoso impegno in Somalia; e anche da questo ricaverebbe impulso per qualificare - in sede di discussione sui paesi sottosviluppati - l'Italia come un paese ricevente, e nc;,n come un _paese offerente di aiuti. Come abbiamo scritto nell'editoriale dell'ultimo numero di Nord e Sud, questa er~ stata anche la politica di De Gasperi che tanto spesso si ama chiamare in causa dai suoi liquidatori. B~bioteca Ginp Bianco

C'è, infine, un'altra originale circostanza che va segnalata. Con la penuria di personale tecnico e dirigente che abbiamo, l'on. Segni ha affermato a Parigi che « il nostro paese ha molti tecnici da mettere a disposi- , zione » dei paesi sottosviluppati (10). È un'affermazione assurda; ma intanto avviene che alcuni fra i migliori tecnici che hanno fatto le loro più significative esperienze nell'ambito della politica meridionalista, e a questa hanno recato significativi contributi, si sono messi ora a lavorare in Persia, in Belucistan, in Grecia. Non è anche questo un segno che dimostra fino a che punto i nostri governi hanno lasciato deteriorare la ·politica meridionalista ? Non ci piace la parte dei profeti di sventure; e ci siamo sempre guardati dal pericolo di cadere in un atteggiamento di sterile denuncia, di protesta sistematica, di allarmata, moralistica indignazione contro tutte le situazioni e combinazioni politiche, viste sempre come aspetti diversi e testimonianze inconfutabili del generale scandalo nazionale, della corruzione attraverso cui si manifesta il particolarismo delle classi dirigenti e dominanti, dell'affarismo che dilaga in tutti gli ambienti e dell'atmosfera di palude che ristag~a sul paese. Per il timore di cadere in un atteggiamento siffatto, anzi, abbiamo qualche volta tenuto in sospeso giudizi su uomini e cose di questa Italia, e in particolare su uomini e cose di questa Italia meridionale. Può essere perfino accaduto che, sulle pagine di questa rivista, per l'ansia da noi portata nella ricerca del « positivo ))' sia stato ridimensionato il « negativo >> che altri venivano denunciando. Ma tutto questo non ha mai significato che noi non si considerasse scandaloso l'andamento di molte cose, corrotti taluni comportamenti delle classi dirigenti e dominanti, dilagante l'affarismo oltre le soglie della vita politica, pesante e irrespirabile l'atmosfera di palude che, se pure non ristagna su tutto il (10) È significativo che un osservatore politico attento e intelligente come Leo Wollemborg abbia riferito, sul Corriere della Sera del 30 settembre, che « gli uomini di Stato italiani si rendono conto perfettamente della crescente importanza di paesi sottosviluppati.dell'Asia, dell'Africa e dell'America Latina, e sono più che pronti a far sì che l'Italia contribuisca al loro sviluppo economico ». Il Wollemborg ha poi aggiunto che il Presidente del Consiglio « ritiene che proprio l'esperienza che gli italiani hanno acquisito nell'affrontare i problemi della loro zona depressa consente loro di collaborare efficacemente alla soluzione di analoghi problemi negli altri paesi ». Sono affermazioni, quelle riferite da Wollemborg, che si commentano da sè. Biblioteca Gino Bianco [18] .

paese, certo penetra anche nei luoghi dove più viva _dovrebbepalpitare la passione civile dei nostri concittadini. E oggi è doveroso dire che le ~ose tendono a peggiorare sensibilmente: affermazione che riteniamo debba 1itenersi veramente fondata e tanto più allarmante proprio in quanto viene da chi, come noi, si è spesso preoccupato anche di valorizzare il « positivo » e di ridimensionare il « negativo >>, e si è sempre guardato dalla tentazione di assumere la parte del profeta di sventure. Non si deve credere infine che il problema di fronte al quale ci troviamo, il problema del rapido e progressivo deterioramento della politica meridionalista, possa essere risolto con accorgimenti tecnici o anche con una più sorvegliata condotta politico-amministrativa. Noi siamo in pre- , senza di un problema d'ordine politico generale. Non si tratta di questo o quel ministro, e nemm~no di questo o quel dirigente, funzionario o tecnico di chiara fama, investito di maggiori o minori responsabilità in ordine alla politica meridionalista. Così come non si tratta di questo o quel provvedimento, di piani regionali o di nuovi incentivi, di maggiore impegno da profondere per l'istruzione professionale o per il turismo, di orientamenti più qualificati per promuovere e intensificare l'industrializzazione. La questione va formulata in termini politici molto semplici e molto chiari : occorre una svolta a sinistra di tutta la politica meridionalista, e non soltanto della politica meridionalista. B1bl-iotecaGino Bianco [1_9·]

Sociologia e « ricerca sociale» di Giuseppe Galasso Tenuto a Milano e a Stresa fra 1'8 ed il 15 dello scorso settembre con la partecipazione di oltre mille studiosi appartenenti a quasi tutti i paesi del mondo e alle discipline più diverse, il quarto congresso della « International Sociologica! Association » ha dato luogo, fra l'altro, alla pubblicazione, presso l'editore Laterza di Bari, di tre volumi fitti di relazioni e comunicazioni del più- alto interesse per chi voglia tentare di fissare nelle loro linee più generali lo stato attuale degli studi sociologici e i proble1ni che essi pongono oggi a chi n,e è cultore e a chi, pur senza essere o considerarsi tale, ne sente vivi la presenza e gli stimoli nella tematica culturale contemporanea (1). Diciamo subito che, alla lettura dei volumi citati (non meno che nel corso delle sedute congressuali), la sociologia appare vivere in una fase di particolare tensione non solo per le voci discordi delle molte scuole che ne tengono il campo, bensì anche, e più, per lo sforzo che si avverte in tutte le più vive di cercare strade nuove, parole nuove, nuove idee. Non è il caso, ci sembra, di ricorrere al concetto e al termine, abusati l'uno e l'altro, di « crisi >>; tuttavia, non è possibile neppure fare a meno di sottolineare la grande fluidità di tutto l'insieme sociologico: teorie, metodi, organizzazione degli studi, rapporti con le scienze affini, ecc. Tutto ciò, naturalmente, non si riferisce ad alcune situazioni determinate. Non si riferisce, ad esempio, alla sociologia sovietica, chiusa nel facile e preve- (1) I tre volumi, tutti a cura di vari Autori, portano i seguenti titoli: « La sociologia nel suo contesto sociale », « Sociologia: applicazioni e ricerche », « Aspetti sociali dello sviluppo economico in Italia». Li citeremo rispettivamente BCM 540, BCM 541, BCM 542. Ovviamente BCM=Biblioteca di cultura moderna, cioè la collezione in cui i volumi sono apparsi. Biblioteca Gino Bianco t20J

\ dibile dogmatismo delle sue certezze e soddisfatta di quanto essa fa per la società sovietica non meno di quanto la società sovietica fa per essa. Ma lo stato di fluidità del quale parlavamo è pur sempre quello in· cui appare prevalentemente atteggiarsi la condizione degli studi sociologici là dove essi liberamente proseguono seguendo la propria interna logica e la propria vocazione. Questa logica e questa vocazione appaiono oggi dirette nel senso di uno « spostamento, ancora lento ma sicuro, del centro di gravità della sociologia verso la ricerca teorica, che pone tutta una serie di problemi di sistemazione » (2). Le pagine che seguono intendono essere un contributo in questa direzione, ed espongono un tentativo di riflessione sistematica sulle relazioni presentate al Congresso di Stresa. Affinché non mancassero poi i riferimenti storici più immediati, si è ritenuto opportuno indicare, in maniera assai generale e a guisa di premessa, alcune linee di sviluppo della sociologia contemporanea, dedotte anch'esse dalle relazioni presentate a Stresa, che offrono in tal senso un prezioso materiale. Ovviamente, il presente è solo un primo abbozzo di idee che l'autore si riserva, eventualmente, di riprendere e sviluppare in forma più organica. Lo stato attuale segna un po' il punto di arrivo dello sviluppo della sociologia negli ultimi trenta o quarant'anni, da quando cioè la progressiva liquidazione (che fu in gran parte autoliquidazione) delle sociologie positivistiche ingenerò un po' dappertutto fastidio e timore per le costruzioni generali a priori nel cui contesto i fatti della storia e della vita avrebbero dovuto automaticamente disporsi. La reazione che ne seguì fu però profondamente diversa nei paesi anglosassoni rispetto a quelli europei. Nei primj, infatti, si ebbe di preferenza un approfondimento senza precedenti delle ricerche empiriche e particolari su problemi concreti e determinati della vita dei rispettivi organismi sociali.·Nella loro realizzazione queste ricerche furono a carattere prevalentemente sociografico-descrittivo in Gran Bretagna, mentre (2) BCM 541, pag. 412. [21] Bib·lioteca Gino Bianco ,

ebbero una più intensa problematicità tecnico-metodologica negli Stati Uniti. Nell'uno o nell'altro caso il risultato fu però identico; e ha dato luogo ad una diffusa esigenza di nuove sistemazioni teoriche che evitino i pericoli di un empirismo relativistico non meno deprecabile dell'assolutismo positivistico; i pericoli cioè di una immensa rete di ricerche così particolari ed analitiche da perdere ogni rilevanza di carattere scientifico ed anche sociale (3). È quello che, in un articolo già pubblicato in traduzione italiana nel 1958, Th. B. Bottomore notava per l'Inghilterra: « Dal presente resoconto sulle attuali condizioni della sociologia in Gran Bretagna risulterà come siano state compiute moltissime ricerche empiriche, e inoltre come queste siano state per lo più volte ai problemi pratici che emergono direttamente da mutamenti delle nostre strutture sociali. Sembra , invero a molti sociologi che lo sviluppo della ricerca empirica abbia forse oltrepassato il progresso della chiarificazione teorica; ed è diffusa la sensazione che sia ormai tempo di dedicare maggior attenzione ad alcuni dei problemi cen~rali della teoria sociologica>> (il corsivo è nostro) (4). Ed è quello che K. Mannheim (5) rilevava venticinque anni or sono a carico della sociologia americana ( « Mi sembra che la sociologia americana soffra di eccessivo timore delle teorie, di un ascetismo metodologico che o impedisce la produzione di teorie generali o lascia tali teorie come sono, isolate dalla ricerca pratica )); anche qui il corsivo è nostro) e che fu vero ancora per molto tempo dopo. Nei paesi europei, invece, la liquidazione del positivismo si tradusse in un destino degli studi sociologici che oscillò fra un prevalente disinteresse ed una sorta di torpore soltanto a sprazzi ravvivato da episodi brillanti. Disinteresse si ebbe per lo più in Italia e in Germania come effetto dello sforzo dei inaggiori pensatori di tali paesi per sussumere esigenze e problemi della sociologia sotto categorie di robusta e, a ben vedere, non infeconda ispirazione filosofica. È facile richiamare, a questo proposito, i nomi di Croce e di M. Weber soprattutto (ed anche di Gentile e Dilthey). Torpore o ristagno si ebbe per lo più in Francia, fra una prosecuzione sempre più stanca dell'ultimo grande positivismo che il paese ebbe in sociologia, quello di E. Durkheim, ed una tendenza revisionista (3) lvi, pg. 354-55. (4) BCM 540, pg. 125-26. (5) Cit. ivi, pg. 322~ Biblioteca Gino Bianco [22] .

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