Nord e Sud - anno V - n. 48 - novembre 1958

. . . , . . · · Rivista mensile diret a da Francesco Compagna • • • . j . ' ... ANNO V * NUMERO 48 * NOVEMBRE 1958 ·b 1oteca Gino Bianco . . . . . " . • • i., ' . , . J

Avete provato a scrivere sulla Lettera 22? Uno strumento energico e veloce scatta ad allineare le parole; e le imprime con la nitidezza che si richiede ad • • un pensiero preciso. Avete provato a sollevare la Lettera 22? Un dito la trasporta, ogni angolo ·del tavolo e della casa può diventare il suo, si sposta_ con facilità da una stanza all'altra, viaggia con voi. modello LL lire 42.000 + i.o.a. Nef negozi Ollvettl ed In quelli di macchine per ufficio. elettro• domestici • cartolerie. Olivetti Lettera 22 Biblioteca Gino Bianco

- Rivista mensile diretta da Francesco Compagna I • BibliotecaGino Bianco

SOMMARIO Francesco Compagna D. . ,l. Editoriale [ 3] I.KI., E.N.l. e Mezzogiorno [7] Credito agrario: ancora un discorso al vento [15] GIORNALE A PIÙ VOCI N. d. R. Una commemorazione di Salvemini [27] Giovanni Terranova Problemi della dz 4stribuzione orto- ! rutticola [ 29] Silvio Pozzani La pubblicità essenziale [38] Ennio Ceccarini Il nuovo <<Contemporaneo>> [ 43] MIGRAZIONIE INSEDIAMENTI NELL'ITALIAMERIDIONALE Giusep,peGalasso /. - La popolazione meridionale da/, 1861 al 1951 [48] RASSEGNE Atanasio Mozzillo I sentieri del Sud [96] LETTEREAL DIRETTORE Lelio Basso, Socialismo e libertà [ 113] Vittorio de Caprariis Alberto Sensini Antonio Palermo Una copia L. 300 • Estero L. 360 Ahbonamentla Italia annuale L. 3.300 semestrale L. 1.700 Estero annuale L. 4.000 semestrale L. 2.200 Effettuare i versamenti sul C.C.P. n. 3/34552 intestato a Arnoldo Mondadori Editore • Milano Biblioteca Gino Bianco RECENSIONI Le roman italiien [ 123] Signora Ava [126] DffiEZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 392.918 DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI Amministrazione Rivista Nord e Sud Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Tel. 85.11.40

' Editoriale I lettori di Nord e Sud sanno che i problemi dell' emigrazio1Je hanno costituito fin dai primi numeri uno dei maggiori centri di interesse della nostra rivista. E ciò non solo perchè l'emigrazione ha rappresentato una delle manifestazioni più clamorose, fra quelle per cui si rivelò al Paese l'esistenza e la gravi·tà della « questione meridi'onale >>, e perchè - di conseguenza - il dibattito su tale argomento divenne uno dei passaggi obbligati della letteratura e della critica meridionalistica; quanto, innanzitutto e soprattutto, per esser noi convinti che - se ai tempi di /acini e di Fortunato la questione meridionale era delimitata da confini che in buona parte coincidevano con quelli della questione agraria - oggi invece uno dei nodi più complessi della vita italiana sta nell'affrontare, risolutamente e cosciente- . mente, quella questione demografica i cui termini corrispondono appunto ai più moderni termini della questione meridionale e della questione agraria. Il che è quanto dire che questione meridionale, questione agraria e questione demografica pongono tutte insieme e innanzitutto l'esigenza di una redistribuzione territoriale e professionale della popolazione italiana, e di quella meridionale in particolare. In questo senso i problemi migratorii acquistano ben pi,ù ampio significato e più forte interesse; e soprattutto acquistano rilievo i problemi dell'emigrazione dal Sud· al Nord e da certe regioni del Sud - interne e impervie, poverissime e affollatissime - a certe altre regioni del Sud - costiere e pianeggianti, rese ormai abitabili dalla scomparsa della malaria. · A questi due argomenti - migrazioni interne dal Sud al Nord e spo-. , stamenti di popolazione nel Mezzogio"rno - furono dedicate le due relazioni che il « Centro Studi di Nord e Sud>> presentò al 1° Congresso Nazionale di Scienze Sociali, tenutosi nel giugno scorso a Milano e avente [3] Biblioteca Gino Bianco

come seco·ndotema i problemi della « interdipendenza tra città e campagna con particolareriguardo ai processi tecnici e culturali>>.Delle due relazioni la prima (prese1itataanche al 1° CongressoEuropeo di Sociologia Rurale, · tenutoii nello scors~settembre a Lovanio) anticipava alcune conclusioni di uno studio di FrancescoCompagna di prossima pubblicazione fra i << Libri del tempo» di Laterza e dedicato ai problemi di mobilità territoriale delle forze di lavoro in Italia e ai rapporti fra industrializzazione del Mezzogiorno ed emigrazio,nemeridionale. L'altra relazione, di Giuseppe Galasso, dava notizia di un'inchiesta intorno· alla quale Nord e Sud aveva portato avanti già allora tutta una serie di ricerche e di studi e della quale iniziamo in questo fascicolo la pubblicazione. L'idea di tale inchiesta, a suo tempo prospettata alla Ford Foundation, riscosseil più vivo interesse di questa istituzione americana, che forni per essa incoraggiamenti ed aiuti, di cui cogliamo qui l'occasione per ringraziarla. Argomento della inchiesta è il rapporto fra « migrazioni e insediamenti nell'Italia meridio·nale ». Dandone notizia nella relazione al Congresso di Milano, così ne riassumemmo l'oggetto e le ragioni: « La dislocazione attuale delle po·polazioni meridionali rifiette una realtà eco·nomica,i cui caratteri distintivi sono dati da un indice eccezio•- nalmente alto di ruralità della popolazione attiva e dalla generale depressione dei consumi e del.tenore di vita. L'attuale struttura degli itisediamenti nel Mezzogiorno è dunque un elemento obiettivo di remora allo sviluppo economico e civile delle popolazioni meridionali. E ciò è reso più grave dal fatto che in questo settore gli indubbi progressi del Mezzogiorno a partire dall'Unità ad oggi non hanno avuto un'adeguata corrispondenza. Si può · anzi affermare che la progressivaevoluzione del Mezzogiorno verso forme di vita econo·micae sociale più moderna non ha fatto altro che porre in termini più gravi ed urgenti il problema di un ridimensionamento della distribuzione della popolazione meridionale. Ciò, peraltro, è ben lungi dal significareche nulla di nuovo sia accaduto nel Mezzogiorno, anche da questo punto di vista, negli ultimi decenn/. Il venire meno delle esigenze difensive e della malaria, che per secoli rapprese11taronoun fattore condizionante dello sviluppo· degli insediamenti umani nel Mezzogiorno; il venir meno degli ordinamenti feudali della proprietà e della società in genere; l'inserimento del Mezzogiorno in un mercato nazionale liberatore di tutte le S'f!-e.riposte energie - anclie se in BibliotecaGino Bianco

parte connesso ad una conseguente crisi della arretrata struttura della vita economica e civile del Mezzogiorno -; lo sviluppo di una rete di comunicazioni di cui nel Mezzogiorno preunitario esistevano. appena i rudimenti; tutti questi fatti e la contemporanea potente espansione dello sviluppo naturale delle popolazioni meridionali hanno determinato da un secolo a questa parte una dinamica migratoria del Mezzogiorno che è ben lungi dal, limitarsi alla sola - peraltro imponente - emigrazione transalpina e transoceanica. La necessità - per una economia moderna in fase di rapida espansione, come è quella italiana contemporanea - di sviluppare quelle attività extra-agricole che sole possono consentire l'elevamento dei redditi medi ha sollecitato dappertutto l'esodo di vasti gruppi di lavoratori e di numerosi nuclei familiari verso zone suscettibili di· maggiore sviluppo industriale e, secondariamente, di uno sviluppo in senso moderno dell'agricoltura, determinando uno spopolamento assoluto o relativo dei primitivi centri di insediamento. Negli anni più vicini a noi il rapido aumento della pressione demografica sulla terra e la caduta delle più larghe possibilità di emigrazione extra-nazionale hanno· messo a nudo la impossibilità di risolvere i problemi della distorta e irrazionale dislocazione delle popolazioni meridionali senza tener conto della già spontanea te1idenza a spostamenti interni da regione a regione del Mezzogiorno. Sianio insomma in presenza di un aspetto fra i più importanti dello sviluppo meridionale in questi ultimi tempi, straordinariamente intensificatosi proprio negli ultimi anni. Se però l'esistenza e la rilevanza del fenomeno sono fuori di ogni discussione, non altrettanto si può dire dello studio di esso,.Materiale documentario e statistico in quantità non trascurabile ve n'è certamente. Quel che manca è piuttosto, da una parte, un organico e approfondito ripensamento, coordinamento ed inquadramento di tale materiale; e, d'altra parte, una indagine che nella misura del possibile tenga presente quella parte del fenomeno che nei dati statistici e documentari di cui si dispone non risulta e non può risultare. Sono questi appunto gli aspetti che più partico- , larmente si propone di studiare l'inchiesta di Nord e Sud congiuntamente al tipo di politica che si impone in tali ~ircostanze. Tale inchiesta è stata programmata dai suoi compilatori in due distinte fasi, intese l'una ad eseguire una rilet1azione che dia un'attendibile visione statistica del fenomeno, !"altra a formulare una linea politica adeguata alla consistenza e all'importanza del fenomeno stesso». Biblioteca Gino Bianco I

La pubblicazione dell'inchiesta seguirà lo schema predetto e, pertanto, ad una prima parte dedicata allo studio dei dati demografici del problema seguiranno altre parti dedicate rispettivamente alla politica economica e al coordinamento tra le varie forme di azione economica scelte o da prescegliere per intervenire sul fenomeno, ai termini urbanistico-edilizi della que- . ' •. - sttone e cosi via. Naturalmente, trattandosi di argomento tanto vasto ed impegnativo, siamo ben lontani dal presumere di aver raccolto tutto quel che intorno all'argomento si poteva raccogliere o di aver raggiunto, conclusioni definitive ed immutabili. Confidiamo tuttavia di aver fatto opera che possa riuscire interessante e proficua per tutti coloro che intendono passare al vaglio della critica so·ciologicae politica i problemi più attuali posti dallo sviluppo demografico del Mezzogiorno. [6] Biblioteca Gino Bianco

IRI, ENI e Mezzogiorno di Francesco Compagna I Con la divulgazione dei piani quadriennali dell'IRI e dell'ENI, le buone intenzioni - proclamate ai quattr.o venti - sul « secondo tempo>> della politic·a meridionalistica, sulla fedeltà alle direttive del piano Vanoni, sull'impegno sociale del « Ministero di centro-sinistra>>, tutte queste buone intenzioni sono sembrate smentite dai fatti, dal disegno, che i piani dell'IRI e dell'ENI sembravano rivelare, di non mantenere l'impegno rappresentato dal famoso emendamento Cortese all'art. 2 della legge di proroga· della Cassa per il Mezzogiorno: l'impegno, cioè, di localizzare nel Mezzogiorno il 40 % degli investimenti complessivi dell'IRI e dell'ENI. Quasi che, dagli uffici dell'IRI e dell'ENI, si fosse voluto, riuscendovi, trovare il modo migliore per soccorrere la propaganda dei comunisti, i quali erano sempre andati per le piazze a gridare che un tale impegno non sarebbe stato • mai mantenuto. Se è vero infatti che in ·base alla Legge per il « rilancio >>della Cassa (luglio 1957) l'IRI e l'ENI risultano impegnati a localizzare nel Mezzogiorno una parte dei loro investimenti, e precisamente quella parte di essi che, quantitativamente e qualitativamente, si ritiene proporzionale allo sforzo necessario per conseguire gli obiettivi segnati dal piano decennale per · l'espansione dell'occupazione e del reddito, è anche ver.o che il primo anno in cui la Legge avreb·be dovuto essere applicata (1958) è già alle nostre spalle. Ed è vero sopratutto che ora, per il quadriennio 1959-'62, l'IRI e l'ENI hanno presentato - e allegato in ~ppendice alla relazione dell'on. Biasutti sullo stato di previsione del Ministero delle Partecipazioni Statali - piani di investimento che non tengono alcun conto dell'impegno a localiz- [7] Biblioteca Gino Bianco

zare nelle regioni del Sud e nelle Isole quella percentuale di investimenti che era sembrata alla maggioranza del Parlamento il minimo indispensabile per assicurare un adeguato contributo delle aziende pub,bliche all'industrializzazione e per soddisfare le esigenze dello Schema Vanoni. Il Bilancio del Ministero delle Partecipazioni Statali, d'altra parte, è stato discussò durante l'agonia di Pio XII; mentre, cioè, l'attenzione dei comuni osservatori politici era tutta polarizzata su Castelgandolfo prima e sul Vaticano poi ed era quindi assai poco attenta a ciò che poteva avvenire nell'aula di Montecitorio (che peraltro troppo spesso viene disertata da moltissimi deputati, secondo il giudizio dei quali, sembra, le discussioni sui bilanci non presentano più alcun interesse). Certo, nel caso specifico, i giornali meridionali, direttamente interessati alla vicenda in questione, avrebbero potuto seguirne più attentamente lo sviluppo e non limitarsi a pubblicare acriticamente aridi ed ermetici comunicati o resoconti ufficiali; ma si tratta di giornali che, esaltandosi magari al verificarsi di una celebrazione del francobollo borbonico, non s.onomai tempestivi nel commento politico; e meno che mai lo sono quando si tratta di questioni che i giornalisti tradizionali considerano ancora oggi << materia per specialisti >>. Del resto, anche organi di stampa che per sensibilità politica si raccqmandano assai più dei giornali meridionali, e che potevano pure considerarsi direttamente interessati, politicamente se non territorialmente, agli investimenti delle aziende pubbliche nel Sud, non hanno commentato adeguatamente i piani quadriennali dell'IRI e dell'ENI, divenuti inaspettatamente pubblici il giorno stesso in cui si iniziava in Parlamento la discussione sul bilancio del Mini- . stero delle Partecipazioni Statali . . Nei confronti dell'impegno di localizzare il 40 % dei propri investimenti nel Sud, il comunicato ufficiale con cui il 17 ottobre si è reso pubblico il piano quadriennale dell'ENI risulta nella forma e nella sostanza quanto mai ambiguo. L'ENI destinerèbbe, infatti, al Mezzogiorno il 46 % dei suoi investimenti nel quadriennio. Questo, però, se si sommano gli investimenti previsti sia dal programma-base che dal programma aggiuntivo; perchè se invece si valutano soltanto gli investimenti previsti dal programmabase - e cioè gli investimenti che, se le parole hanno un senso, sono considerati prioritari rispetto a quelli del programma aggiuntivo - allora la percentuale degli investimenti che l'ENI localizzerà nel Sud scende [8] Biblioteca Gino Bianco

al 28 %: quota, affermano i responsabili dell'ENI, che << è la massim~ tecnicamente possibile nell'ambito delle disponibilità finanziarie del Gruppo, tenuto conto delle esigenze di normale svilupp.o ed ampliamento delle attività e degli impianti esistenti, ubicati per la maggior parte nel Nord» (dal testo del programma quadriennale d'immobilizzazioni tecniche del gruppo ENI, pubblicato in appendice alla relazione sul bilancio del Ministero delle Partecipazioni Statali; cfr. Mondo Economico, supplemento n. 41, ottobre, 1958).Con un ragionamento come questo - ambiguo, se non tendenzioso e fondato comunque su argomenti che richiederebbero una documentata dimostrazione - si afferma esplicitamente la discutibile tesi che in linea di principio gli ampliamenti al Nord devono vantare un diritto di priorità sugli investimenti nel Sud, di qualsiasi natura. Di qui la necessità di un programma aggiuntivo: per << portare la quota di investimenti nel Mezzogiorno ai livelli previsti dalla legge >>e per « avviare un adeguato programma di sviluppo delle attività nucleari, in maniera da contribuire efficacemente al superamento della grave crisi nelle disponibilità di energia . elettrica che già si preannunzia per il prossimo decennio>>. Ma a questo punto, sorge << un grosso e pertinente. interrogativo»: sembra che l'ENI, per realizzare il suo piano quadriennale, << dovrà ricorrere al finanziàmento del mercato perchè attualmente non ha disponibili le somme occorrenti » (24 Ore dell'8 ottobre). Questo e non altro, infatti, si deve dedurre dall'affermazione che si legge nel testo del citato programma quadrientiale di immobilizzazioni tecnich.e del gruppo ENI: << il programma di base è stato formulato tenuto conto soltanto delle disponibilità finanziarie già acquisite dall'ENI >>.Che valore effettivo rimane al1lora (quando si pensa anche agli impegni mediorientali dell'ENI) al programma aggiuntivo? Che a1 bbiano assai meno torto di quanto non si creda coloro i quali muovono all'ENI l'accusa di essere assai più sollecito dello sviluppo economico , dell'Egitto che non di quello del Mezzogiorno? Quanto al piano quadriennale dell'IRI, nei comunicati ufficiali che si sono letti sulla stampa non si è trovato alcun riferimento all'impegno di localizzare nel Mezzogiorno il· 40 '% degli investimenti. Un tale rif erimento lo si trovava invece in coda al testo integrale del piano allegato alla relazione sul ·bilancio del Minis_terodelle Partecipazioni Statali: e si trattava di un frettoloso balbettamento di taluni argomenti che vorrebbero valere come giustificazione, ma che s.onodel tutto inaccetta1 bili; tanto inac- , [9] Biblioteca Gino Bianco

cettabili che, forse, proprio perciò non sono stati inseriti nei comunicati ufficiali che riassumevano sulla stampa quotidiana il piano dell'IRI. Come, infatti, accettare per buono l'argomento che, << per quanto concerne la distribuzione geografica degli investimenti, non possono essere offerti dati precisi e sicuri>>;e questo perchè, su 1.145miliardi da investire, ve ne sono 169 destinati ai trasporti aerei e marittimi, dei quali << non può essere fin da ora determinata con precisione la localizzazione >> ? E come qualificare l'altro argomento, per cui (dopo aver affermato che << al Mezzogiorno d.ovrebbe affluire probabilmente la spesa di 320 miliardi>>, dei quali solo 15 nel settore siderurgico-cementiero e solo 20 nel settore meccanico) si afferma , che, per «raggiungere» la percentuale del 40 % di investimenti localizzati nel Sud che la legge stabilisce per il complesso delle imprese pubbliche, vi sono i programmi delle altre imprese a partecipazione statale, e in particolare dell'ENI ? Come se queste parole non si leggessero nello stesso documento in cui, oltre il programma dell'IRI, figura anche il piano dell'ENI, quel programma-base e quel. programma aggiuntivo di cui si diceva! E · come se i dirigenti responsabili dei due Istituti no.Q.avessero nè il dovere nè la possibilità di coordinare i loro piani prima di renderli pubblici! Fra le poche voci che si ·sono subito levate contro questo sorprendente atteggiameno dell'IRI e dell'ENI, va registrata quella dell'on. Barbi, il cui discorso, in sede di discussione sul bilancio del Ministero delle Partecipazioni Statali, è stato un vero e proprio atto di accusa contro le Società Finanziarie dell'IRI. L'on. Barbi, che sembra ormai il più autorevole e qualificato esponente della rappresentanza democristiana di Napoli, ha .infatti apertamente << denunciato. il mancato rispetto della legge di proroga della Cassa per il Mezzogiorno». L'on. Barbi, però, è un deputato della maggioranza; e non soltanto della maggioranza parlamentare che sostiene il Governo, ma anche della corrente di maggioranza all'interno della D.C.; un deputato << fanfaniano », ins.omma, e non dei meno influenti, poichè si tratta di persona che non ha certo atteso il Congresso di Napoli o addirittura il 25 maggio 1958per qualificarsi << fahfaniano >>E. forse proprio perciò l'on. Barbi, dop.o una così netta, implicita denuncia, ha dovuto cercare di attenuarne la portata, avanzando contraddittoriamente una discutibile tesi, in base alla quale la responsabilità della violazione denunciata non sarebbe del Governo e nemmeno dell'IRI: « la responsa,bilità è delle singole aziende . [ 10] Biblioteca Gino Bianco ,

e sopratutto delle Fi11anziarie >> (cfr. Il Popolo, del 7 ottobre). Ma dopo che i programmi dell'IRI e dell'ENI sono stati resi noti nei modi che si sono visti, come si possono assolvere i ministri competenti e i responsabili della politica dell'Istituto, per collocare sul banco degli imputati soltanto i respon- · sabili delle singole società finanziarie? D'altra parte, il fatto che quelli, i ministri competenti e i responsabili della politica dell'Istituto, non possono essere assolti, non significa che questi, i presidenti delle società finanziarie, sul banco degli imputati non ci stiano benissimo; specialmente se dovesse risultare fondata, com'è possibile e probabile, l'altra pesante accusa che nei loro confronti ha lasciato cadere (ahinoi! « in un'aula semideserta », secondo alcuni cronisti parlamentari) l'on. Barbi. Questi, infatti, ha parlato, nel cas.o della Finmeccanica, di « chiara subordinazione degli interessi delle industrie meridionali dell'IRI a quelli dei suoi stabilimenti centro-settentrionali ». Si ricorra pure, dunque, al:l'inserimento fra i posti direttivi dell'IRI e delle sue Finanziarie, di << persone che credano nella politica meridionalistica e lavorino per attuarla>>; ma non è possibile affermare, come afferma l'on. Barbi, che << la politica delle industrie statali spesso non corrisponde a quella del:loStato, deliberata dal Parlamento e fedelmente interpretata dal Governo>>. Non è possibile affermare questo perchè, quando ci troviamo in presenza di fatti come quelli che lo stesso on. Barbi ha denunciato, e che stanno a significare come veramente la politica delle industrie statali non corrisp.onde a quella « deliberata dal Parlamento>>, allora vuol dire che, per interpretare fedelmente la volontà del Parlamento, il Governo deve intervenire risolutamente e procedere ad una revisione della politica proposta dall'IRI e dall'ENI; a meno che i presidenti delle Finanziarie non siano diventati i « maestri di palazzo » e i ministri non siano degradati al ruolo di << rois fainéants ». Dunque, spetterebbe ai signori ministri di far· rispettare dall'IRI e dall'ENI (dei rispettivi programmi « è in corso l'esame da parte dei competenti organi governativi >>)la volontà del Parlamento, le leggi che il Parlamento ha votato. E i responsabili di quanto l'IRI e l'ENI fanno o non fanno per adeguarsi al programma del Governo, sia per quanto riguarda l'industrializzazione del Mezzogiorno, sia per quanto riguarda lo Schema Vanoni, sono in definitiva i II?-inistri: tutti i ministri, e in particolare il ministro delle Partecipazioni Statali, il Presidente del Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, cui spetta il compito di coordinare la politica [Ill Biblioteca Gino Bianco

meridionalista, il Presidente del Consiglio, cui spetta il compito di coordinare tutta la politica del Governo. Scrivevamo nel nostro editoriale del mese di agosto che, dopo un anno di governo Zoli, non ,si poteva non essere dis·posti benevolmente nei confronti di quel Ministero di centro-sinistra che la nuova realtà parlamentare rendeva possibile; ma aggiungevamo che << gli interventi nel Mezzogiorno rappresentano ancora un ·banco di prova decisivo per i governi democratici »; _eche << dopo il 25 maggio è lecito attendere una nuova e vigorosa spinta alla politica meridionalista>>. Ci siamo trovati invece, improvvisamente, alla presenza di una scoperta e deliberata intenzione di violare la principale legge della politica meridionalista. Avremmo dovuto avere reazioni politiche e giornalistiche assai più vivaci di quelle che si sono avute, avremmo dovuto avvertire almeno l'eco di una qualche discussione in Consiglio deì Ministri sui piani quadriennali presentati dalle azie11de pub1 bliche, avremmo dovuto sentir parlare di un chiarimento fra i partiti della maggioranza. D'altra parte ... stava morendo il Papa. L'on. Lami Starnuti, dal canto suo, a chiusura deLla discussione parlamentare sul bilancio del Ministero delle Partecipazioni Statali, ha preso . impeg110di far osservare, per quanto riguarda gli investimenti delle aziende pubbliche nel Sud, la « impostazione per così dire quantitativa della legge 29 luglio 1957, n. 634 »; e di rafforzarla « con una ben precisa qualificazione che permetta agli investimenti industriali pu,b1 blici di svolgere un ruolo fondamentale nella rinascita delle regioni del Meridione ». Affermazioni· come queste sono da ritenersi soddisfacenti, poichè, in altre e più esplicite· parole, esprimono la promessa del Governo di procedere subito a una profo·nda revisione dei programmi quadriennali presentati dall'IRI e dall'ENI; promessa ribadita quando, sollecitato dall' on. Cortese, il Ministro (dopo che il Parlamento aveva votato all'unanimità un ordine del giorno che << invita il Governo ad intervenire in modo che siano applicate pienamente le disposizioni di Ie·ggi esistenti in m~teria di partecipazioni statali a favore del Mezzogiorno>>) si è impegnato a presentare entro il gennaio del 1959 « un dettagliato pr.ogramma degli investimenti delle aziende a partecipazione statale con. speciale riferimento alla distribuzione territoriale ». Attendiamo dunque il gennaio del 1959. Non senza però aver rilevato che per il momento i programmi dell'IRI e dell'ENI sono, visto- [12] ·Biblioteca Gino Bianco

samente e gross.olanamente, venuti meno a tutti questi impegni; il. cui adempimento deve dunque subire un ulteriore rinvio. E questo va messo sul conto di qualcuno. Ci dica il Governo sul conto di chi. È certo che, se la volontà deL Governo è quella espressa alla Camera dal sen. Lami Starnuti, l'IRI e l'ENI non hanno interpretato la volontà del Governo, hanno agito anzi contro le direttive del Governo. Ci si dovrebbe augurare che questa ,considerazione sia stata fatta valere con la dovuta autorità dall1'on. Fanfani quan.do si è incontrato con gli on.li Fascetti e Mattei, dopo le assicurazioni fornite alla Camera dall'on. LGmi Starnuti circa la distribuzione territoriale degli investimenti previsti dai ·programmi delle aziende pubbliche. Ma temiamo, però, che questo non sia avvenuto, dal momento che l'on. Fascetti, qualche giorno dopo la chiusura della discussione parlamentare sul bilancio del Ministero delle Partecipazioni Statali, ha indetto una conferenza stampa per rilasciare dichiarazioni che complessivamente sembrano prescindere dalle assicurazioni che il Governo, per mezzo dell' on. Lami Starnuti, aveva dato alla Camera in risposta al tempestivo intervento del1' on. Barbi e alle opportune insistenze dell' on. Cortese. Le dichiarazioni delL'on. Fascetti meritano infatti di essere accolte co11 molte riserve: tutte quelle riserve per lo meno che sono state fatte valere in un commento critico molto fermo e preciso di Giacomo Ghirardo, capo dell'ufficio romano del principale quotidiano napoletano, che per l'occasione (23 ottobre) sembrava bruscamente risvegliarsi, come se fosse stato richiamato imperiosamente dalle piacevolezze del francobollo borbonico e dall'aneddotica sui conclavi alle asprezze della critica politica (richiamato da chi? Sarebbe lecito domandarselo; forse dall'on. Barbi?). Noi ci associamo preoccupati alle riserve formulate da Giacomo Ghirardo sul Mattino. Come giudizio complessivo sulla conferenza stampa dell'on. Fascetti non si può negare infatti che essa ha riproposto per gli investimenti nel Mezzogiorno un programma che co11trastacon l'impegno del Governo di rispettare le percentuali delr emendamento Cortese: cosa si deve pensare quindi di questa immediata smentita venuta al Ministro delle Partecipazioni statali da parte dell'on. Fascetti che si era incontrato due giorni prima con il Presidente del . Consiglio? E non parliamo poi di gi~izi particolari dell'on. Pascetti, ad esempio, circa l'impossibilità di costruire negli stabilimenti di Baia « paperini >> in concorrenza con la Du·cati o << vespe >> e << lambrette >> in con-cor- [13] I Biblioteca Gino Bianco

renza con i << privati » Innocenti e Piaggio; così come non parliamo per ora della asserita impossibilità di impiantare nel Mezzogiorno una fabbrica di trattori, sia pure in concorrenza con la Fiat. Valgano pure per noi, dunque, gli ansiosi interrogativi di Giacomo Ghirardo: « Chi potrà stupirsi di sapere che nelle casse dell'Isveimer vi sono capitali che poltriscono, in attesa di richieste di credito che non arrivano, se l'IRI si piange addosso, ogniqualvolta deve allargare i proprii investimenti nel Mezzogiorno? Come si potrà chiedere ai privati di impegnarsi coraggiosamente in iniziative industriali nel Sud, valendosi degli incentivi fiscali, creditizi, doganali e ferroviari previsti dalle leggi (e di cui gode anche l'IRI), se ci si presenta un quadro desolante di miliardi perduti nelle gestioni "irizzate '' del Mezzogiorno? ». Per conclud~re - dopo tutta questa strana e contraddittoria vicenda dei programmi d'investimenti dell'IRI e dell'ENI, « che ili Governo dichiara di conoscere, ma di non aver ancor approvato», per cui si sono avute prima le affidanti assicurazioni dell'on. Lami Starnuti e poi le ambigue e deludenti dichiarazioni dell' on. Pascetti - si è pertanto costretti a richiamare ancora una volta l'attenzione del Governo, dei partiti, della stampa, dell'opinione pu·b·blica su quanto alla Camera aveva detto l'on. Barbi intorno al << persistente ed ostinato antimeridionalismo nei ' quadri ' di taluni settori dell'IRI »: denuncia che ci duole dover raccogliere e che sembra colpire in particolare la Finmeccanica, senza risparmiare, però, nè altri ambienti dell'IRI, nè le dirigenze dell'ENI. · [ 14] Biblioteca Gino Bianco

Credito agrario: ancora un discorso al vento di D. V. .Con un disegno di legge presentato alla Camera dei Deputati il Ministro dell'Agricoltura ha proposto lo stanziamento di dieci miliardi all'anno, per quattro anni, al fine di impinguare il Fondo di rotazi'one creato con la legge 25 luglio 1952, n. 949 per il finanziamento del pi'ano duodecennale per lo sviluppo dell' agri·coltura. Da questa fonte, come è noto, derivano le anticipazioni che lo Stato accorda, ogni anno, agli istituti di credito agrario ed agli altri enti ed istituti che pure furono autorizzati a compiere le speciali operazioni, affinchè le impieghino in prestiti e mutui, al tasso di favore del 3 %, destinati all'acquisto di macchine agricole di produzione italiana ed alla costruzione di fabbricati rurali e di im- • • • • • p1ant1 1rr1gu1. La legge istitutiva prevedeva che il Fondo fosse alimentato, per i primi cinque esercizi, attraverso assegnazioni annue di 25 miliardi e con i rientri per ammortamento ed interessi relativi ai crediti accordati. In seguito, e cioè dal 1957-58 e fino al 1964, il Fondo avreb1 be dovuto funzionare soltanto con la r.otazione dei precedenti stanziamenti e, cioè, con i predetti rientri. , Lo scorso anno i rimborsi non avevano raggiunto ancora un volume capace di mantenere inalterato il flusso delle erogazioni, dato l'inevitabile duplice sfasamento tra la durata del periodo degli stanziamenti (5 anni) e quella dello ammortamento dei mutui (6 o 12 anni), e tra la data. delle singole somministrazioni e quella dei corrispondenti rimborsi. Tuttavia, poichè i prelevamenti e gli effettivi utilizzi da parte degli istituti seguono con altrettanto inevitabile ritardo le assegnazioni effettuate dal Ministero, [15] Biblioteca Gino Bianco ' \

la contrazione delle disponibilità, che, sul piano contabile, già si era manifestata durante l'esercizio 1957-58, non ebbe conseguenze pratiche e non fu nemmeno avvertita dagli interessati. I suoi effetti sarebbero apparsi, però, in questo anno e, •più ancora, nel prossimo futuro, fino a quando il crescente volume dei riflussi non avrebbe consentito di ritornare a più larg~e assegnazioni. Il disagio che ne sarebbe derivato è evidente: presso gli istituti speciali di credito agrario soltanto, i mezzi attinti al Fondo hanno alimentato, nel 1957, la metà (12 miliardi) dei mutui effettuati per costruzioni rurali e per impianti irrigui e circa un terzo di tutte le operazioni di miglioramento ( 42 miliardi). La organizzazione del Fondo, infatti, non è il solo canale di anticipazioni pubbliche a condizioni di favore per il credito agrario, ma per la massa dei mezzi di cui dispone e poichè si estende a tutto il territorio nazionale è di gran lunga la più importante. Al 31 dicembre scorso le op~razioni per fabbricati rurali e per irrigazione in essere presso gli anzidetti istituti speciali e compiute con questi mezzi risultavano di oltre 43 miliardi, pari a circa i due terzi di quelle compiute, in complesso, con le pubbliche anticipazioni (66 miliardi). Una contrazione di questo flusso, anche se parzialmente compensata, sotto il profilo quantitativo, da una espansione dell'attività con fondi propri degli istituti, avre·bbe avuto certamente ripercussioni sensibili sul ritmo degli investimenti, proprio in un periodo in cui l'agricoltura sente più acuto il bisogno di capitali a condizioni di favore per intensificare il p•rocessodi ammodernamento e di trasformazione. Per evitare queste conseguenze il Ministro Colombo propose uno stanziamento integrativ.o di dieci miliardi per l'esercizio 1957-1958 e le Camere lo autorizzarono, con altri provvedimenti · d'urgenza, votand.o la legge 24 giugno 1958, n. 637. Il disegno di legge presentato ora dall'on. Ferrari Aggradi mira ad ottenere la stessa integrazione per i prossimi quattro esercizi, sicchè il Fondo, fino al 1962, possa disporre di altri dieci miliardi all'anno, in aggiunta alla massa dei rientri, che aumenterà progressivamente. L'iniziativa, quindi, non solo vuole correggere l'errore rivelatosi nella previsione finanziaria, ma ha portata ben più vasta perchè, in sostanza accresce in misura cospicua la possibilità di finanziamenti a condizioni di favore. Il che, con i tempi che corrono e con gli investimenti che sono necessari in agricoltura, è certo proposito saggio quanto lodevole. . [16] ·Biblioteca Gino Bianco

Il Fondo di rotazione, come è stato ricordato, non rappresenta l'unica fonte di anticipazioni statali per il credito agrario : altri provvedimenti, più antichi e più recenti, sono stati dettati dalla volontà di favorire la esecuzione di determinate opere e trasformazioni agevolando il ricorso al credito agrario e convogliando notevoli masse di c~pitali pubblici attraverso la organizzazione degli istituti specializzati. Questi altri provvedimenti interessano, però, soltanto ambienti circoscritti, come quelli per i territori montani o per le regioni meridionali, o limitate categorie di agricoltori, come quelli per la formazione 1ella proprietà contadina. Il Fondo di rotazione, al contrario, si rivolge a tutte le aziende, nell'intero territorio nazionale, anche se la sua attività si riduce a tre soli settori d'intervento, e, cioè, la costruzione di fabbricati rurali, la diffusione della irrigazione e l'acquisto di macchine agricole di fabbricazione italiana. I mezzi a disposizione al 31 luglio 1957 erano rappresentati in complesso da 162 miliardi, provenienti per 125 miliardi dagli stanziamenti di Tesoreria, e per circa 37 miliardi ·da interessi e rimborsi di capitale. In questi mesi si sono aggiunti i 10 miliardi suppletivi consentiti dal Parlamento nel giugno scorso ed almeno altri 15 miliardi di rientri. Poichè ciascuna operazione creditizia eseguita ai sensi della legge 25 luglio 1952, n. 949 non copre la intera spesa riconosciuta necessaria e poichè i mutuatari sono obbligati a provvedere con mezzi propri al 25 %, non è esagerato stimare che i 187 miliardi erogati dal Fondo hanno determinato, nei tre settori cui si rivolge il piano di svilupp.o, investimenti complessivi per circa 250 miliardi. La portata di siffatto apporto può essere meglio valutata ricordando che, alla fine del 1957, le operazioni in essere presso tutti gli istituti di credito agrario, esclusi i finanziamenti degli ammassi risultavano di 354 miliardi (175 per miglioramenti e 179 per esercizio). Con la approvazione del disegno di legge Ferrari Aggradi il Fondo sarà dotato di nuovi mezzi, in misura tale da accrescere la sua importanza come strumento della politica di sviluppo agricolo. Il largo fav.ore incontrato dalla iniziativa che fu assunta dall'onorevole Fanfani nel 1952, quando era Ministro dell'Agricoltura, .ed il successo concreto che è documentato nelle cifre riferite, non devono, tuttavia, far trascurare un esame più analitico dei resultati ottenuti, alla ricerca degli insegnamenti che la [17] Biblioteca Gino Bianco

esperienza può dettare e di perfezionamenti alla funzionalità del sistema. Il Fondo rappresenta una leva poderosa con la quale lo Stato può agire, attraverso il credito, per sollecitare la evoluzione dell'agricoltura; ma anche la potenza di questa leva dipende dal modo in cui viene applicata. La prossima discussione parlamentare della proposta Ferrari Aggradi può rappresentare l'occasione per questo esame e per chiedersi se sia opportuno conservare immutati gli obiettivi del Piano di sviluppo ed il meccanismo del Fondo di rotazione o se, viceversa, non sia preferibile aggiornare i primi e migliorare il secondo. La analisi dei dati relativi ai finanziamenti autorizzati dal Ministero . fino al 31 dicembre 1957 rivela che i 166 miliardi complessivi sono stati destinati per 84,6 miliardi ad acquisti di macchine agricole, per 73 miliardi a costruzioni rurali e per 8,3·miliardi alla irrigazione. D'altra parte, la ripartizione territoriale delle medesime operazioni dimostra che esse sono state compiute per circa 97 miliardi nel Nord, per 46 miliardi nelle regioni centrali, per 18,5 miliardi nel Mezzogiorno continentale e per meno di 5 miliardi n~lle Isole. Tradotti in rapporti percentuali, questi dati significano che solo il 5 % dei mezzi disponibili è andato a finanziare la costruzione di impianti irrigui e che il Mezzogiorno continentale e le Isole hanno assorbito, !ispettivamente, 1'11 % e meno del 3 % delle operazioni autorizzate. Trovano, così, conferma nei risultati di sei anni di attività le tendenze che si erano già delineate dopo il primo biennio e che inducono a riproporsi alcune domande di vivo interesse (1). In sostanza, l'azione propulsiva del Fondo si è manifestata quasi esclusivamente nei due settori delle costruzioni rurali e della meccanizzazione, ed è stata veramente scarsa in quello della irrigazione. A questo proposito è da notare che con i finanziamenti derivati dal Fondo nei sei anni, l'irrigazione è stata estesa nel Mezzogiorno continentale, per poco più di 3.000 ettari e nelle Isole per 2.200 ettari, contro gli 82.000 del Nord ed i 26.000 delle regioni centrali. • (1) GIOVANNI GALLONI, Piano dodecennale: vecchi e nuovi -problemi del credito agrario, in « Rivista di politica agraria», a. II, n. 2, giugno 1955. [18] Biblioteca Gino Bianco

I Per quanto riguarda la partecipazione delle regioni meridionali e delle Isole nelle singole categorie, i rapporti complessivi dell'll % e del 3 %, scendono, rispettivamente, al 4,75 % ed all'l,22 % per fabbricati rurali e salgono al 17 % ed al 4 % per le macchine. Queste, infatti, hanno assorbito, da sole, 14,4 miliardi (pari al 77 %) dei finanziamenti autorizzati nel Mezzogiorno continentale e 3,5 miliardi (pari al 72 %) di quelli accordati nelle Isole. Nel Mezzogiorno, in altri termini, il piano duodecennale ha operato essenzialmente come incentivo alla meccanizzazione dell'agricoltura, che rappresenta un elemento essenziale di progresso e che deve certo · essere estesa ed intensificata. Tuttavia chi ha presenti lç ·delusioni e le difficoltà che, in alcuni casi, incontrano oggi coloro che hanno comperate le macchine a credito soprattutto in previsione di ritrarne redditi extraaziendali, non può non augurarsi per l'avvenire, una più oculata selezione delle istanze da parte degli organi chiamati a valutare la rispondenza tecnico-economica degli acquisti progettati. Il fatto) poi, che la concessione dei prestiti di favore sia circoscritta a macchinario di fabbricazione nazionale corrisponde, senza dubbio, alla finalità del legislatore di favorire, in tal modo, l'occupazione nelle industrie costruttrici; ma non è sempre idoneo a favorire la dotazione delle aziende con le macchine più adatte e capaci di determinare la maggiore riduzione dei costi. La scarsa partecipazione del Mezzogiorno ai finanziamenti per la irrigazione e per i fabbricati rurali si spiega, in buona parte, con le stesse cause che rendono più stentato, in queste regioni, lo sviluppo della domanda di mutui agrari: la esistenza di vaste zone di riforma fondiaria, che sono praticamente escluse dagli ordinari interventi della speciale organizzazione creditizia; la ancor diffusa riluttanza a contrarre debiti che comportino iscrizioni ipotecarie; l'incertezza sui risultati tecnici ed economici di alcuni tipi di investimenti e la loro più lenta redditività; i margini incerti ed esigui che la congiuntura consente alle imprese e che rendono gravoso non solo l'onere degli interessi, ma lo stesso rimborso delle quote di capitale. Si spiega, ancora meglio, ricordando che nel Mezzogiorno il Fondo di rotazione opera in concorso con altre forme di provvidenze statali che, per essere state concepite con specifico riferimento alle esigenze di queste regioni, offrono cqndizioni più adatte alle particolari situazioni ed attirano, perciò, in misura maggiore le preferenze degli agricoltori. Qui, infatti, la domanda di credito agrario non è diretta, per lo [19] Biblioteca Gino Bianco

più, ad appagare il bisogno di una singola opera; ma tende ad ottenere i mezzi per affrontare diverse specie di lavori o addirittura complesse trasformazioni fondiarie. Da questo punto di vista, ed anche da quello delle condizioni di rimborso, i mutui ottenibili con i. mezzi anticipati dalla Cassa per il Mezzogiorno o con il Fondo di rotazione permanente istituito dalla legge 27 ottobre 1951, n. 1208 per la utilizzazione dei fondi IMIERP, appaiono di gran lunga preferibili, e sono, perciò, richiesti in misura più larga di quelli per la esecuzione del piano duodecennale. Malgrado queste spiegazioni, ciò che interessa, e che è incontestabile, è il fatto che il Fondo di rotazione, destinato a finanziare un programma di sviluppo agricolo, ha avuto modesti risultati proprio nel settore della irrigazione e nelle regioni ad agricoltura meno progredita, che hanno più bisogno di investimenti e della sollecitazione a compierli. Ad esse si rivolgeva, certo, in particolare, il pensiero del legislatore autorizzando un così importante impegno da parte dello Stato. La iniziativa del Fondo di rotazione, pur avendo conseguito un importante successo sul piano generale consentendo, in questi anni, che l'agricoltura fruisse di un'assistenza creditizia molto più ampia e meno costosa di quella che avrebbe potuto ottenere dalle sole disponibilità degli istituti, ha, perciò, avuto efficacia assai minore come strumento di una politica di sviluppo agricolo delle regioni più arretrate. La constatazione appare di molto riliev.operchè pone il Parlamento che dovrà esaminare il disegno di legge Ferrari Aggradi di fronte ad un'alternativa precisa: o lasciare immutate le disposizioni che regolano il Fondo, nel qual caso i nuovi stanziamenti si ripartiranno, con ogni probabilità, come quelli sinora erogati, ed andranno a finanziare solo in piccola parte il progresso agricolo del Mezzogiorno. Oppure modificare quelle disposizioni per fare in modo che, nei prossimi sei anni, le regioni meridionali fruiscano dei nuovi stanziamenti in proporzione più larga di quella che si è registrata sinora. La massa ingente delle disponibilità del Fondo e le ampie facoltà di manovra riservate alla Pubblica amministrazione, avrebbero consigliato per il piano duodecennale una organizzazione atta a realizzare, per queste operazioni, il superamento di alcune deficienze o anacronismi della legi- ) [20] · Biblioteca Gino Bianco

slazione generale sul credito agrario, ed almeno, lo snellimento di alcune fasi delle procedure di concessione. Il proposito, in verità, appare evidente nel regolamento che disciplina la esecuzione della legge; ma la esperienza insegna che la imposizione di termini tassativi non è sufficiente accorgimento, mentre il meccanismo escogitato per la selezione ed i ripetuti controlli non servono ad imprimere maggiore celerità, ma rallentano ed impacciano la erogazione del credito. Il piano duodecennale, perciò, non è riuscito a superare nessuna delle cause di insoddisfazione che si .lamentano nell'ordinamento del credito agrario. Anzi, chi ha pratica di queste operazioni riconosce senza difficoltà che, sotto il profilo burocratico, esse sono le più lente e le più complesse tra quelle che si effettuano con mezzi pubblici e, perciò, le più costose per gli istituti che le concedono e 1~ meno allettanti per chi possa sceglierne altre. Anche per questo motivo, nel Mezzogiorno e nelle Isole - dove agiscono, come si è detto, altre forme di provvidenze creditizie· - queste altre agevolazioni sono preferite a quelle del piano dt1odecennale. ..... * * * La alternativa che si pone al .Parlamento sul piano legislativo, si pone anche ai Ministri dell'Agricoltura e del Tesoro sul piano funzionale ed amministrativo. Essa è, in pratica, un problema di scelta, tra il fare ed il non fare, tra la approvazione e l'utilizzo puro e semplice dei nuovi stanziamenti, ed il perfezionamento strutturale e funzionale dello strumento più importante della politica del credito agrario. Mentre da molte parti si chiede una revisione delle norme che regolano l'assistenza creditizia alla agricoltura, per aggiornarle alle nuove esigenze, sarebbe un errore non cominciare con il perfezionare questo strumento: non solo pe! renderlo più idoneo ad un'azione di sviluppo nelle regioni meridionali ed insulari; ma anche per rendere più semplice e più rapido l'ottenimento del credito. Dato jl peso rilevante che il Fondo di rotazione ha negli apporti complessivi del credito agrario, una iniziativa in questo campo non mancherebbe di avere ripercussioni favorevoli anche negli altri settori d'intervento con · fondi pubblici e con gli stessi mezzi degli istituti. Quali le possibili linee ~ell~ duplice revisione? Le suggeriscono gli stessi risultati della esperienza compiuta. In primo luogo, se non si vuole [21] Biblioteca Gino Bianco

I che i settori di applicazione del Fondo di rotazione siano, in pratica, circoscritti dalla edilizia rurale ed alla meccanizzazione agricola, appare necessario che vengano ammessi al fruire dei prestiti e dei mutui di fav,ore anche gli acquisti ·di bestiame e di alcune macchine di fabbricazione straniera nonchè altre opere di miglioramento. Almeno quelle che, come le piantagioni, le sistemazioni di terreni e le costruzioni di linee elettriche, sono capaci di favorire la trasformazione o un efficacemiglioramento degli ordinamenti produttivi; e quelle che sono capaci di valorizzare dal punto di vista commerciale i prodotti e che contribuiscono alla difesa dei redditi ag~icoli. ~ In secondo luogo, poichè gli agricoltori badano, e giustamente, più che alla misura dell'interesse applicato ai mutui, all'onere annuo che graverà sui bilanci aziendali in dipendenza delle rate di ammortamento, sarà conveniente rivedere i periodi di rimborso. Quelli di sei anni, per le opere irrigue, e di dodici anni, per i fab:bricati rurali, sono troppi ,brevi e comportano rate annue troppo ·onerose, perchè ammontano, rispettivamente, al_ 18,46 % ed al 10 % del capitale mutuato. Nè vale affermare che le opere irrigue sono capaci di produrre rapidamente elevati incrementi di reddito, perchè in molte zone del Mezzogiorno la trasformazione irrigua comporta _la soluzione di altri problemi tecnici, economici ed organizzativi, primo, fra tutti, quello basilare della migliore utilizzazione economica dell'acqua. Per quanto riguarda i fabbricati rurali, è ben noto, la maggior parte di essi non produce direttamente, nè in breve tempo, un aumento dei redditi aziendali. Il finanziamento di queste opere con i mutui del Fondo di rotazione, data la misura elevata delle quote necessarie per l'ammortamento ed il fatto che questa forma di credito comporta l'investimento di mezzi dei privati per il 25 % della spesa necessaria, richiede agli interessati uno sforzo notevole, non solo all'atto della esecuzione, ma anche durante il periodo dell'ammortamento. Ridurre la intensità di quest'ultimo sforzo, diluendo nel tempo il rimborso dei mutui e pur lasciando differenziati i periodi di rimborso in relazione alla natura delle opere da eseguire, può costituire un notevole incentivo ai miglioramenti. Le stesse opere, del resto, possono essere ammortizzate in periodi ben più lunghi con altre operazioni, ottenibili nel Mezzogiorno con i fondi della Cassa per il Mezzogiorno o anche con quelli di prov~nienza IMI-ERP. La maggior misura del tasso di questi ultimi ( 4,50 %) non rappresenta un . [22] Biblioteca Gino Bianco

ostacolo alla richiesta, che' trova gradito il più lungo periodo di rimborso (20 anni) e la facilitazione di un periodo biennale di preamm~rtamento, durante il quale i beneficiari godono anche della esenzione dal pagamento degli interessi. Altro incentivo ad una maggiore utilizzazione del Fondo potrebbe essere costituito dalla concessione di un adeguato periodo di preammortamento, ossia di un periodo di tempo successivo alla esecuzione dei lavori durante il quale i beneficiari non sono tenuti a pagare le rate di ammortamento del capitale, anche se devono versare gli interessi maturati. La facilitazione, che è autorizzata per un periodo massimo di cinque anni dallo stesso Regolamento del 1928, trova applicazione, anche se in termini più brevi, oltre che nei mutui concessi dagli istituti con fondi propri, anche in tutte le altre forme di intervento statale. La obbiezione fondamentale che può venir mossa ad una proposta · di legge che tenda ad introdurre questi ·perfezionamenti è che essi, concorrendo a prolungare i periodi dei rimborsi al Fondo, rallenterebbero sensibilmente la sua velocità di rotazione e ridurrebbero il volume complessivo dei finanziamenti. L'argomento I).On è di scarso rilievo; ma se il Parlamento desidera che le regioni meridionali fruiscano in proporzione più larghe di questi crediti di favore non può non accogliere una eventuale proposta in questo senso. Ciò che interessa, infatti, non è tanto la pura e semplice espansione quantitativa dei crediti, quanto la loro efficacia nelle aziende cui sono destinati. Del resto, gli stanziamenti integrativi proposti dall'on. Ferrari Aggradi ed il crescente volume dei rimborsi dei mutui accordati in questi anni dovrebbero essere sufficienti a mantenere un elevato livello di erogazioni Ma oltre che attraverso queste modifiche, che sono di ordine legislativo, la funzionalità del Fondo di rotazione può essere notevolmente perfezionata e snellita attraverso l'adeguamento delle norme regolamentari c~e disciplinano l'esecuzione délla legge; soprattutto per quanto riguarda i mutui per le irrigazioni e le costruzioni rurali. Chi conosce il numero dei pareri e dei controlli che sono imposti agli uffici periferici e centrali della Agricoltura e del Tesoro n9n può non rimanere sorpreso della complessità [23] Biblioteca Gino Bianco I

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