Nord e Sud - anno III - n. 23 - ottobre 1956

• Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ' ANNO III * NUMERO 23 * OTTOBRE 1956 • Bibloteca Gino Bianco

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, Rivista mensile diretta da Francesco Compagna \ . Bibloteca Gino Bianco

; SOMMARIO Editoriale [ 3] La Redazione La D.C. nel Mez.zogiorno e le << giunte difdicili >> [ 6] Vittorio de Caprariis Ideali democratici e filosofia politica [22] N.d.R. · Giuseppe Passalacqua Aldo Musacchio Antonio Lettieri Antonio Nitto Carlo Maggi GIORNAT,E A PIÙ VOCI La cambiale socicdista [ 45] Fi,1,nzioneassolta dalla sinistra socialdemocratica [ 49] «Unificatori» a convegno [53] La circolareRossi [ 61] Lavori pubblici coreografici [ 66] La Fiera europeista [ 69] NOTIZIARIO BIBLIOGRAFICO [74] DOCUMENTIE INCHIESTE Roberto Berardi Scuole d'Italia: l'Istituto Magistrale np_ Vi/- lari" di Napoli [87] CRONACHEE MEMORIE I Salvatore Cambosu Nota sul socialismo in Sardegna (106] LETTERE AL DIRETTORE [116] RECENSIONI Raffaello Franchini Il pungolo dell'arte (118] Brunello Vigezzi La crisi dello Stato liberale in Italia [ 121] Una eopia L. 300 • Estero L. 360 DffiEZIONE E REDAZIONE: Abbonamenti 1 Italia annuale L. 3.300 semestrale L. I. 700 Estero annuale L. 4.000 oemestrale L. 2.200 Nord • Sud e Nuova Antologia Italia annuale L. 5.500 Estero » L. 7.500 Effettuare i versamenti eul C. C. P. n. 3/34552 intestato a Arnoldo Mondadori Editore • Milano Bibloteca Gino Bianco Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 62.918 DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI Amministrazione Rivista Nord e Sud Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Tel. 35.12.71

• Editoriale Questa rivista non ha mai nascosto o attenuato le proprie preoccupazioni in ordine alla fermezza dell'indirizzo atlantico cui essa r-ìtiene che debba ispirarsi la politica estera italiana. Se a qualcuno piacesse di qualificare queste nostre preoccup,azioni come proprie del cosiddetto <<oltranzismo atlantico», non avremmo da replicare altro che le buone ragioni del cosiddetto «oltranzismo atlantico>>. Proprio perchè siamo convinti della necessità di salvaguardare, e sviluppare, l'indirizzo atlantico della politica estera del nostro paese, dobbia1noora fare una ·considerazione:gran parte della D.C. e dei suoi fz·an-- cheggiatoti si è dichiarata angosciataper il pericolo che l'unificazione socialistapossa mettere domani in discussione, o in crisi, la nostra posizz·one internazionale, il nostro indirizzo atlantico; ma si è ben guardata dal rilevare che l'atteggiamento assunto dall'Italia sulla questione di Suez ha ni.essoin crisi oggi quella posizione, quell'indirizzo. Ci sia consentito di dire che Il Tempo, Il Giorno, Bettiol, Folchi, Taviani, e - last but not 1rast - l'Osservatore Romano, hanno abbracciatoposizioni assai incoerenti c6n la solidarietà atlantica; tanto incoerenti da rendere risibili le preoccupvzzioniper eventuali sbandamenti che potrebbero derivare dall'unzficazio-· ne socialista, una volta che Nenni fosse investito delle responsabilità che sono connesse all'unificazione stessa e al reingresso del P.'"ç.zn. el Comisco. \ Ma, quel che è peggio, dalle troppe incertezz.e,contraddizioni, pres- .rioni, Palazzo Chigi ne è uscito come paralizzato. È molto grave per esempio che ai primi di settembre l'on. Martino non si sia recato a Parigi, alla conferenza dei ministri ·della NATO. Non risulta facilmente spiegabile, coerente e coscz•ente, l'azione [3] Bibloteca Gino Bianco

politica di un paese atlantico che, dopo essersi fatto promotore in nome del!' articolo 2 di più strette solidarietà .fra le varie parti che aderiscono alla alleanza occidenta/,e, alla prima occasione concreta, con 1: propri atteggiamenti diplo~atici, viene a escludere da tali soli.darietà quelle che si rif eriscon.o ai problemi del Medio Oriente e del mondo arabo. Nè si dica clie la posizione italiana, «mediatrice>>,è allineata a rincalzo di quella degli . Stati Uniti ed è perciò inattaccabile dal punto tli vista atlantico: percJiè questo put1to di vista è stato questa volta rappresentato più dalla Francia e dalla Gran Bretagna che dagli Stati· Uniti· e non sempre 11,ecessarian2ente la politica atlanti.ca è la politica del Dipartimento di· Stato; e se anclie veramente si fosse voluto· dar forza all'azione mediatrice degli Stati Uniti, la unità e la soli.darietà dei paesi· europei intorno alla Francia e all'Inghilterra avrebbero conferito certo maggiore autorità a Dulles e avrebbero costretto Nasser a ridurre la portata di tanta spavalderia;- mentre questa irresponsabile divisione dell'Europa tra << paesi contendenti e paesi mediatori», e in .Parti.colaregli accenni di diserzione dell'Italia dal fronte europeo, hanno indebolito anche Dulles e hanno comunque rafforzato le pretese del fascista egiziano. Non si parli quindi, alla guisa del Giorno, di una <<supinitàdi Palazzo Chigi·, che senza alcuna contropartita lascia impigli.are il paese nell'azione franco-inglese>>.Si dica piuttosto come la Voce Repubblicana che <<ni ostri governanti, dopo aver ascoltato tutte le campane, non hanno scelto nè l'una nè l'altra via; e in questi ultimi tempi hanno dato persino ascolto a esponenti non già d'interessi ma di speculazioni· industriali, i quali, dando imprudentemente per acquisita la vittoria diplomatica di N asser, hanno cercato di precostituire l'atteggiamento politico del nostro paese sulla base di un loro totocalcio, che ha come illustre precedente l'episodio famoso della petroliera italiana recante di straforo la nafta sotto sequestro, all'epoca di M ossadeq». Dobbiamo rilevare che la più qua/,ificata pubblicistica politica antifascista questa volta ha reagito unitariamente con ferme prese di posi.zio1ze, fra le quali ci s.embrano acqui·stare particolare rilievo quelle del Mondo e della Voce Repubblicana, della Stampa e dell'Espresso, dei Caranditii, dei Garosci, dei Salvatore/li (il quale pure fino a ieri è stato l'animatore di una tenace polemica contro il cosiddetto <<Oltranzismoatlantico>>,contro « l'atla1itismo crispino >> ). Mentre i socialisti invece sembrano ossessionati dal BiblotecaGino Bianco [4]

<<colonialismo» inglese e dal <<capitalismo>>della Compagnia del Canale; e i democristiani sembrano covare anche essi qualche antica ossessione, se non anticolonialista e anticapitalistica come quella dei socialisti·, altrettanto nazionalistica e antioccidentale, e antieuropeista sopratutto, nella sua risultante politica. b, valga qui il giudizio responsabile di organi come ll Messaggero e Il Riesto del Carlino, giudicati spesso ufficiosi, ma che, in questa occasione, si sono dimostrati coerentemente democratici·, giusta1nente severi con il Governo e con la D.C., atlantici ed europeisti alla maniera di Sforza e di De Gasperi, dei repubblicani e dei radicali. Di fronte a questa « terza ondata del nazionalismo moderno » gioverà quindi ricordare clie essa non solo « rischia di fi11ire nella distruzione cieli' economia mo11diale », ma ha già messo in crisi il sistema atlantico. E sciaguratamente fummo profeti quando facemmo osservare, in polemi·ca con certe tenden.ze della sinistra democratica italiana, suggestionata da alcuni temi· del neutralismo, che no1'isi doveva sempre ·volgere le critiche contro la « grinta troppo dura» di Dulles, ma << qualche volta di considerarla troppo accomodante, nel caso di Nasser tra l'altro». In Italia intanto anche }'anfa12i e anche Martino hanno preso, durante e dopo la seconda conferenza di Londra, atteggiamenti deplorevoli. Tali', dicevamo, sono stati· giudicati anche dal Messaggero e dal, Resto del Carlino. E non vale tentarne una giustificazione adducendo presunte mancanze agli i·mpegni della solidarietà atlantica da parte di Francia e Inghilterra, che non avrebbero «tempestivamente>> itiformato Palazzo Chigi di certe loro mosse: esse, Francia e l12ghilterra, avevano tutte le ragioni per diffidare di noi, venuti meno per ,primi ai detti impegni, dimostrati.ci tanto riservati, e perfino be- . nevoli, nel giudicare gli attentati << hitleriani·» che da parte di· N e4>sersono venuti all'Europa. Dopo la seconda conferenza di Londra si deve pur di.re che l'on. Martino, ad onta di quanto era stato detto dai lib·era~ieuropei nella conferenza di Stresa, ha firmato di persona un indirizzo di politica estera del nostro paese che a noi sembra anche -pi,ù grave di quello assunto a suo tempo da Pella per Trieste. Allarmati ci chi◄ediamo se avremo ora un raddrizzamento tempestivo o un ulteriore slittamento della politi.ca estera italiana nella direzione di quel velleitario « sacro egoismo » che. ci degraderebbe dal livello dei De Gasperi e degli Sforza a quello dei Franco e dei Tito. [S] Bibloteca Gino Bianco

- La D. C. nel Mezzogiorno e le «giunte difficili» a cura della Redazione I. Non fu difficile pronosticare, alla vigilia, che l'importanza maggiore della consultazione elettorale del 27 maggio scorso nell'Italia meridionale sarebbe derivata soprattutto dagli sviluppi post-elettorali dei problemi inerenti alla formazione delle giunte provinciali e comunali. Come era prevedibile, l'abolizione, per i comuni con più dì 10.000 abitanti, della legge maggioritaria che aveva dato luogo alle amministrazioni elette nel 1951-'52 e il ritorno al sistema proporzionale hanno posto in particolar modo la D.C. e il P.S.I. di fronte a precisi obblighi di scelta, una volta che in più di un centinaio di comuni del solo Mezzogiorno continentale ne~ suno dei tre gruppi in cui dal '47 ad oggi si è articolata la lotta politica in Italia (<<destra»,<<centro»,«sinistra>>)si è ritrovato a disporre di una propria maggioranza. Casi analoghi si sono verificati in alcuni consigli provinciali, non a causa della legge elettorale, rimasta immutata per essi, bensì principalmente a causa dei sensibili indebolimenti riscontratisi nelle rappresentanze di destr,a. A più di tre mesi dalla convocazione dei nuovi consigli si impone, ormai, un prin10 bilancio del modo in cui sono stati risolti nelle regioni meridionali i problemi delle « giunte difficili». 2. Sebbene le nostre informazioni non siano completissime e in pareccl1i casi sussistano motivi di incertezza, non si può disconoscere che la parte maggiore delle situazioni « difficili » siano state risolte nel Mezzogior110 sulla· base di accordi intervenuti fra i democristiani 1 e le forze di destra. Questo tipo di alleanza non è, invero, nuovo per il Mezzogiorno, fin dal '46 punteggiato da una folta p~esenza di amministrazioni di centro-destra. Esso assume tuttavia un nuovo rilievo se viene inquadrato nella .attuale congiuntura politica e nello sviluppo della effettiva li11ea d'azione della [6] Bibloteca Gino Bianco

D.C. nel Mezzogiorno. Sarà bene perciò esaminare da vicino qualcuno dei casi di apertura ,a destra. Con le elezioni del 27 maggio i socialcomunisti hanno perduto tutti e tre i capoluoghi di provi11cia del Mezzogiorno continentale la cui a~mi11istrazione essi avevano conquistato fra il 1951 e il 1952: Pescara, Brindisi e Taranto. In questi tre centri l'amministrazione comunale si regge ora su una maggioranza di centro-destra; e non è possibile dirt fino a qual punto la decisione democristiana di sollecitare l'appoggio dell'estrema destra sia derivata dalla volontà di estromettere del tutto le maggioranze decadute dalla direzione della vita locale oppure da una reale propensione di uomini e di gruppi del partito dominante verso gli uomini e i gruppi che fanno capo ai partiti e agli interessi di estrema destra. Va sottolineato, comunque, che nei tre capoluoghi in questione, se è vero che la D.C. si è venuta a trovare nella matematica impossibilità di costituire giun,te di centro senza ricorrere ad accordi, contratti preventivamente o sollecitati al momento del voto, con gli altri gruppi consiliari, è pur ver.o che ess,a si è trovata di fronte gruppi consiliari del P.S.I. numericamente più consistenti di quelli che di solito è dato trovare nei consigli amministrativi del Sud, grazie all'alta percentuale di voti socialisti nelle tre città di cui stiamo parlando (24,2% a Brindisi; 17,1% a Pescara, 14,6% a Tar,anto). Vale a dire che la D.C. si è trovata di fronte uno schieramento di sinistra che non era facilmente contr.ollabile da parte del P.C.I., il quale disponeva anzi per quanto riguarda Brindisi di meno della metà dei voti e dei consiglieri del P.S.I. . e registrava anche, tranne che a Pescara, una flessione di voti, sia in termini assoluti che percentuali, corrispondente significativamente al contemporaneo accrescimento del numero dei voti e dei consiglieri socialisti. Può darsi (e sembra questo in particolare il caso di Pescara) che le dirigenze socialiste locali non abbiano saputo o voluto articolare con vivacità e imporre alla pubblica attenzione la linea di condotta che realisticamente La direzione del P.S.I. ebbe a dettare alle federazioni meridionali: appoggiare, senza contropartite particolarmente impegnative, la costituzione di giunte imperniate sulla D.C., quando questo appoggio avrebbe potuto liberare il partito d.ominante dalla tentazione di rivolgersi a destra. Ciò non ostante, resta il fatto che le intese fra D.C. e destre hanno trovato a Pescara, come a Taranto e a Brindisi, dopo qualche lieve difficoltà agli inizi, una via · molto facile, sulla semplice base di dosate dichiarazioni programmatiche l 7 J Bibloteca Gino Bianco

che, come nel caso del Senatore Tupini n1ell'am,ministrazion•e capitolina, ponevano l'accento sull'anticomunismo e sull'antimarxismo, ma non ponevano uguale accento sull'antifascismo e sulla fedeltà alla Costituzione repubblicana. Obbiettivamente più difficile si presentava il caso di Bari, perchè una in... tesa fra D.C. e P.S.I. non sarebb,e forse riuscita a sbloccare la situazione ove non si fosse fatto ricorso a una compro,mettente astensione •comunista. Ecco, infatti, la ripartizione delle forze in quell'importante consiglio comunale: 16 D.C., 1 socialdemocratico, 1 liberale, 12 socialisti, 11 comunisti, 12 neofascisti, 4 monarchici nazionali e 3 po,polari. Comunque, inon poche gravi considerazioni avreb,bero dovuto trattenere la D.C. dal sollecitare ed accettare i voti della destra barese. Bari è, infa~ti, con Napoli e con Lecce, una delle più importanti fra le residue roccheforti monarchico-fasciste e monar- (:hico-fascista •era anche l'amministrazione uscente. Per di più, dopo la scissione monarchica del 2 giugno 1954, un.a buona metà dell'elettorato monarchico di Bari ha trasferito i suoi suffragi alle liste del 11.S.I., il quale è rappresentato a Bari da uno dei gerarchi fascisti di più infausta memoria per il Mezzogiorno, un campion,e esemplare del deteriore nazionalfascismo: il senatore. Araldo di Crollalanza. In· tale situazione, l'aver sollecitato l'appoggio delle destrie significa iÌnplicitamente rinuncia, da parte della D.C. ,ad ogni tentativo di riv.oluzionare in profondità i rapporti politici locali; ed è un'operazione che fornisce a sua volta un prezioso puntellamento alla pur vacillante posizione monarchico-fascista, tanto più in quanto essa è venuta a confermare la precedente « apertura a destra» operaita nel consiglio provinciale b,arese. Parimente difficile si presentava anche la formazione della giunta comunale di Matera una volta che, su 40 consiglieri, 14 erano della D.C., 14 erano comunisti, 4 del P.M.P., 2 rispettivamente gli eletti di «Comunità>>, i liberali, i socialisti e i monarchico-missini; nulla la r,appresentanza socialdemocratica. Fermi furono i democristiani nel voler impostare con i liberali e i comunitari una giunta di minoranza; fermi a loro v9lta i comunitari nel respingere tale impostazione e 11elrichiedere, mentre accettavano la collaborazione dei liberali, quella dei socialisti, non meno indi~pensabile per evitare i compromessi e gli equivoci che avrebbe altrimenti paralizzato e deteriorato la nuova amministrazione. Si giunse, infine, alLa seconda convocazione del consiglio, a sbloccare la situazione mediante l'adesione (8] Bibloteca Gino Bianco

delle destre a una giunta formata dalla D.C. e d,al P.L.I. Ma, anche a Matera come a Bari, la soluzione formale del problema della giunta non p·uÒ far sottovalutare il grave passivo politico che ne è deriv,ato sul conto della democrazia cristiana e, di riflesso, su quello di tutta la democrazia meridionale. Non crediamo ci sia bisogno di ricordare l'imp.ortanza, nella Matera dei <<Sassi», in quella Matera che è stato un pò eletta a capitale morale della battaglia meridionalistica e particolarmente della riforma agraria, l'importanza, dicevamo, che avrebbe avuto in questa città l'inaugurare una linea politica che fosse di sganciamento anzichè di conferma della collab.orazione finor,a mantenuta dalla D.C. con le forze di destra. Sopratutto, poi, se si considera il peso che nella vita della D.C. locale sembrano aver avuto gli elementi giovani e più aperti alle esigenze del rinnovamento politico e dello sviluppo sociale. Sostanzialmente meno importante sembra invece l'appoggio dato a L'Aquila ad una giunta D.C.-P.S.D.I. dal rappresentante del P.M.P.: sopratutto perchè socialdemocratici, liberali e democristiani disponevano qui di 20 seggi su 40 e pertanto il voto del consigliere monarchico non può perciò stess.oessere considerato altrettanto compromettente di quelli di cui si è finora discorso a proposito di altre città. Anche qui, tuttavia, il rifiuto all'intesa col P.S.I. ha suonato più nel senso di una predeterminata volontà negativa che come risultato di un approfondito es1 ame della situazione locale; tanto più, se si consideri la fisionomia largamente autonomista prevalente .D.el P.S.I. locale. Così pure, difficilmente si presta ad essere qualifica,ta co1ne caso palese di apertura a destra l'elezion,e di una giul1ftadi centro nel comune di F.oggia, precedentemente amministrato da una maggioranza monarchico-fascista. Anche qui la distribuzione delle forze imponeva un accordo fra i vari gruppi: alla D.C. fu possibile di ot1tenere l'appoggio di un consigliere eletto indipendente nella lista del M.S.I.; il che provocava, al momento del voto, l'allontanamento dei consiglieri di quel partito e del P.N.M., per protesta contro il «tradimento»; e, di conseguenza, si aveva un nuovo rapporto di forza, che permettev,a ai candidati del centro di prevalere di lieve misura (16 voti contro 15) sull'estrema sinistra. Una soluzione .orientata a destra si è avuta anche al consiglio provinciale di Taranto, dove i democristiani, nell'assenza degli altri partiti di centro, non disponevano che di 11 voti su 30. Di 5 disponevano invece sia il P.S.I. sia, in complesso, le destre; i consiglieri comunisti erano 9. Il [9] Bibloteca Gino Bianco

P.S.I., sulla linea suggerita dalla direzione ,del partito, .offriva il suo _appog.. gio senza contropartite ad una giu11ta minoritari,a democristiana, mentre le destre, già legate alla D.C. nella precedente amministrazione, si mantenevano dapprincipio più riservate. In sede di dichiarazione di voto, però, le destre scioglievano la loro riserv,a per dichiararsi a favore della giunta monocolore in quanto «antimarxista». Tutto ciò, e naturalmente le stesse dichiarazioni programmatiche della D.C., dettero il senso di un accordo preventivo: donde, per il P.S.I., l'impossibilità di mantenere la sua offerta. Nei casi finora considerati la D.C. avrebbe dovuto intendersi, per evitare l'apertura a destra, con il P.S.I.; non è mancato, però, qualche caso in cui la maggioranza appoggiata dalla D.C. a destra è venut,a a sostituire una possibile maggioranza di centro. Il caso più importante di questo genere è certo quello del comu11e di Cagliari, dove i partiti di centro (D.C., P.S.D.I., P.L.I. e Partito S,ardo d'Azione) disponevano in complesso di 28 seggi su 50. Liberali e socialdemocratici, pur non completamente alli11eati sulle stesse posizioni, avrebbero voluto comunque che la D.C. non avesse ripresentato come candidati ai posti di maggiore responsabilità gli uomini che l'avevano rappresentata nell',amministrazione uscente e che erano incorsi nella disapprovazione dello stesso eletorato democristiano. La D.C. sceglieva invece come candidato alla carica di si11daco,e senza previa consultazione con gli altri partiti di centro, l'assessore ai lavori pubblici della giunta decaduta. Questa designazione chiudeva la strada verso la p.os,.. sibile intesa per una maggioranza di centro; e la D.C. presentava così al voto del consiglio comunale del comune sardo una giunta minoritaria, che veniva poi eletta dopo una lunga serie di votazioni (8 soltanto per eleggere gli assessori eflettivi) lungo la quale si svolgeva tutto un i11tricato gioco di personalismi interni alla D.C. e di influenze esterne da parte delle destre: gioco mirante naturalmente ad escludere dalla giunta determinati uomini e ad includere degli altri. Sicchè, stanti tutti questi precedenti, perdono anche d'importanza le dichiarazioni con le quali, dopo l'elezione del sindaco, il capogruppo consiliare della D.C. candidamente respingeva la indubbia qualificazione derivante dall'appoggio ottenuto, se non addirittura sollecitato, a destra. Non si può dire, dunque, che le destre si siano lasciate sfuggire nel Mezzogiorno l'occasione di inserirsi nel gioco politico ~perto dai problemi [10] Bibloteca Gino Bianco

delle <<giuntedifficili>>(1 ). Esse vi si sono inserite anzi con una duttilità e una spregiudicatezza forse maggiori di quelle dimostrate, sull'altra sponda, dai gruppi consiliari socialisti. Basti dire che le destre hanno spesso \ concess.o i loro voti anche in casi in cui, come ad esempio al comune di Ter.amo, la D.C. e i partiti di centro non ne avevano alcun bisogno. Cercheremo più oltre di pervenire ad una esauriente valutazione di tali slittamenti; qui vogliamo intanto sottolineare che alla convenienza si è unita, nel sollecitare i gruppi consiliari di destra alle più arrendevoli concessioni, una disgregazione giunta in alcuni casi ad uno stadio molto avanzato. Sarebbe perciò ingiusto affermare ,che le aperture a destra praticate dopo le recenti elezioni amministrative a·bbiano la stessa portata politica delle alleanze che con la destr,a la D.C. contrasse durante o dopo le elezioni amministrative del 'Sl-'52, quando le «forze nazionali» si erano inoltrate nel quadro politico del paese sulla cresta di un'.onda che sembrava ancora montante. Le recenti ,aperture a destra presentano innegabilmente, nella rnisura e nella parte maggiore, una chiara fisionomia di operazione trasformistica, intesa a catturare clientelisticamente e ad aggiogare ,al carro del sottogoverno democristiano più o meno autorevoli notabili e posizioni precostituite. Con ciò questa operazione non promette di riuscire alla vita pubblica meridionale meno deleteria di quelle che per il p,assato più remoto la costrinsero a risitagnare nella gora del provincialismo opportunistico e di quelle che nel passato più recente, per quanto diverse, la degradarono alle combinazioni che presero il nome dalla città di Castellammare. 3. Le <<aperture a sinistra>> rappresentano una novità della vita amministrativa del Mezzogiorno, dove per ritrovare giunte comunali la cui , maggioranza si estendesse dalla D.C'. al P.C.I. bisogna risalire quasi sempre ai tempi dei C.L.N. Ver.o è che, nella massima parte dei casi, le maggioranze di centro-sinistra non hanno compreso il P.C.I. che parzialmente, in quanto esso difficilmente ha potuto votare in opposizione al P.S.I. e ha dovuto pertanto quasi sempre, in questi casi, astenersi. Le giunte comunali ( 1 ) Segnaliamo altri comuni nei quali si è determinata una maggioranza di centrodestra: Altamura, Barletta, Casamassima, Cava dei Tirreni, Gioia Tauro, Isernia, Satriano, Martina Franca, Messina, Nardò, Nicastro, Noci, Nola, Olbia, Oristano, Palermo, Polistena, Pozzuoli, Portici, Reggio Calabria, Sulmona, San Vito dei Normanni, Torre del Greco, Trani, Trapani. [11] Bibloteca Gino Bianco

di Chieti Avellino e Salerno e quelle provinciali di Nap.oli e Brindisi · ' ,- hanno rappresentato, in relazione all'importanza di quei centri, gli episodi più notevoli. Soltanto ad Avel~ino, peraltro, la nuova maggioranza ha visto entrare in giunta un candidato del P.S-.I. Negli altri casi invece l'apertura si è limitata a realizzare una giunta minoritaria di centro grazie ai voti fav.orevoli del P.S.I. Il caso più importante fra quelli summenzionati è stata certamente la formazione della giunta provi11ciale di Napoli. Qui centro, destra e sinistra disponevano di forze quasi equivale11ti (14 seggi la D.C., I il P.L.I., 1 il P.S.D.I., 15 il P.M.P., 2 il P.N.M. e il M.S.I., 9 i comunisti e 3 i socialisti). 1·rionfatore delle elezioni co1 munali di Na1 poli, il partito di Achille Lauro, che nel cap.oluogo aveva conquistato a11che 14 dei suoi 15 seggi al consiglio provinciale, propose per primo alla D.C. di rinnovare la collaborazione già attuata nella precedente ,ammi11istrazione della provincia; e accompagnò la proposta con l'offerta al partito •Cattoiicodella presidenza della giu11ta, rinunciand.o (come co11ct1ra fu sottolineato) ai titoli che gli venivano dall'essere in possesso della mag·gioranza relativa e dalla vittoria elettorale nei collegi cittadini. I democristiani rifiutaro110. Accettare .avrebbe significato dare credito e respiro extramunicipale ad un partito di cui le elezioni del 27 maggio avevano chiaramente messo in evidenza la na-• tura personalistica e i limiti campanilistici e che del resto aveva condotto nei riguardi della D.C. una campag11a elettorale di spregiudicata violenza. Il gioco passava allora n,elle mani della D.C., che si orientava subito verso la costituzione di una giunta minoritaria di ce11Jtroa, lla quale il P.S.I. offrì il suo appoggio. Il delinearsi di questo schieramento determinava poi, al momento del voto, l'astensione non solo del P.C.I., ma delle stesse destre .. L'isolamento di Lauro e del suo partito alla provincia, in stridente contrasto con la sua netta maggioranz,a al comune, non ha mancato di colpire vivamente la pu1 bblica opinione locale e ha tolto al P.M.P. ogni possibilità di sfruttare immediatamente in più vasto am,bito la vittoria napoletana del 27 maggio, quello di Napoli essendo l'unico consiglio provinciale italiano in cui ess.o disponga di un numeroso gruppo di consiglieri. Un aspetto solo formalmente sin1ile ha rivestito l'elezione della giunta provinciale brindisina. E' vero, infatti, che il presidente e i primi quattro assessori di questa giunta furono eletti con i voti dei democristiani e dei socialcomunisti. Ma, in primo luogo, la distribuzione delle forze era qui [12] Bibloteca Gino Bianco

... (14 seggi la D.C., 6 il P.C.I., 4 il P.S.l., 3 il M.S.I., 2 il P.N.M. e 1 il P.L.I.) diversa da quella vigente nel consiglio napoletano e il peso della destra era 1ninore, mentre solo qualche voto mancav,a alla D.C. per avere la maggioranza assoluta. In secondo luogo, allorchè la giunta fu completata con l'elezione in altra seduta dei restanti quattro assessori, i nominativi proposti dalla D.C. furono votati all'unanimità; e in tale unanimità andò dispersa buona parte, se non tutto il significato politico della prima votazione. Resta, comunque, il fatto che anche in questa provincia pugliese la D.C. ha interrotto la precedente collaborazione con le destre. Particolarmente interessante il caso di Avellino, ìl solo comune del wiezzogiorno in cui fosse presente una rappresenta11za consiliare del 11eo• costituito Partito Radicale. Nel 1952 A vellino era stata conqujstata dalle forze di destra, che vi hanno lasciato dopo quattro anni di disordinato predominio monarchico-fascista una situazione amministrativa desolante. La tesi democristiana che, nell'i1npossibilita di collaborare con i vecchi e squalificati amministr,atori, l'apertura a si11istra11elcapoluogo irpino abbia una' portata chiaramente limitata al campo ammi11istrativo potrebbe avere pertanto un certo fondamento. Ciò no11ostante è impossibile non rilevare l'interesse politico di una situazione come questa, dove il P.S.I. non solo ha accettato di partecipare alla formazione della maggioranza consiliare, ma partecipa anche in certo qual modo ,alla giunta, con un consigliere indipende11teeletto appunto nella lista socialista; sicchè la giunta si trova composta, .oltre che da questo consigliere i11dipendente, da consiglieri liberali e radicali, democristiani e socialdemocratici. Evidentemente sulla decisione dei locali dirige11ti socialisti ha influito la giusta co11siderazionedella necessità di sottrarre alle destre ogni possibilità di «far gioco>>.L'abile mediazione svolta da radicali e socialdemocratici ha peraltro facilitato la cosa, non meno di quanto l'abbia facilitato la locale situazione democristiana, che attraverso una lotta di persone ha visto alla fine prevalere ten- (lenze di sinistra su quelle di destra. Nè si può dire che la nuova amministrazione del capoluogo irpino abbia retto male, finora, alla prova. M,aggiori difficoltà sembra invece incontrare la maggioranza di centrosinistra costituitasi a Chieti fra i consiglieri della D.C., quelli del P.S.I. e il consigliere socialdemocratico (unico eletto della lista P.S.D.I.-P.R.I.). In questo capoluogo abruzzese, infatti, dominato da una tradizione politica angusta·mente conservatrice, l'~pertura a sinistra ha determinato una certa [13] ibloteca Gino Bianco

emozione, cl1e in campo democristiano si è tradotta nell'aspro dissenso degli esponenti delle ACLI nel partito; dissenso probabilmente dovuto alle pressioni delle autorità ecclesiastiche e alle esigenze di una male intesa concorrenza sindacale. Difficoltà dello stesso genere, per quanto finora ancora non venute alla luce, sembrano gravare potenzialmente sulla maggioranza di centro-sinistra formatasi al comune di Salerno, dove l'accettazione democristiana è stata espressa al consiglio comunale dall'on.le Car1nine De Martino, non dimenticato esponente del gruppo <<vespista>>. In tutti questi casi !',accettazione democristia11a l1a convalidato la 11uova formula amministrativa (2 ). Bisogna rilevare che, allorchè l'accettazione democristiana è mancata, rarissimamente i socialisti da soli o con i comunisti sono riusciti ~ formare delle amministrazioni, anche quando le loro rappresentanze consiliari erano particolarmente forti. Fra questi casi rientrano le giunte costituite a Nuoro, a Bitonto e ad Ascoli Satriano, a Lavello e a Venosa. A Nuoro la coalizione s,ardisti-socialdemocratici-socialisti-comunisti è riuscita ad eleggere il sindaco (sardista) e la giunta, pur disponendo di soli 19 seggi su 40, grazie alla impossibilità di stabilire un accordo fra i 15 democristiani e i 6 consiglieri di destra. Nella giunta venivano, peraltro, eletti anche 3 democristiani, che i11 omaggio alle direttive del partito si dimettevano. Comunque, l'amministrazione formatasi nel capoluogo sardo non sembra dar garanzie di grande stabilità. A Bitonto, dove P.S.I., P.C.I. e P.S.D.I. disponevano di 20 seggi su 40, la D.C. e le destre, per impedire l'elezione di un sindaco socialista in sede di ballottaggio, disertavano ripetutamente le sedute del consiglio comunale, finchè i consiglieri di destra non decidevano, alla sesta convocazione, di presentarsi in aula e, dando luogo così al numer.o legale di consiglieri richiesto, permettevano la elezione del sindaco e della giunta. Ad Ascoli Satriano una giunta socialcomunista si è potuta formare, in quanto ai 15 consiglieri del P.S.I. e del P.C.I. si è aggiunto l'unico liberale, rimeritato con l'elezione a sindaco, mentre restavano in minoranza i 12 consiglieri democristiani e i 2 del ( 2 ) Altri casi di <<apertura a sinistra>>: Angri, Carovigno, Corato, Franca villa Fontana, Frattamaggiore, 1\!Iaddaloni, Maglie, ~fanduria, Marsala, Modugno, Monopoli, Nocera Inferiore, Ostuni, Palma Campania, Polignano a Mare, S. Ferdinando di Puglia. [14] Bibloteca Gino Bianco

M.S.I_.A Lavello ed a Venosa, infine, le giunte di sinistra vedevano la luce grazie alla astensione dei consiglieri socialdemocratici. 4. Il lettore si sarà già reso conto che i criteri i quali hanno. determinato nell'uno o nell'altro caso una soluzione orientata a destra o a sinistra non hanno seguito una linea unitaria, per la quale sia possibile distinguere delle zone in cui la soluzione di destra abjbia prevalso su quella di sinistra o viceversa. Nell'ambito della stessa provincia una carta geografica che tenesse conto del colore delle amministrazioni comunali e delle loro maggioranze vedrebbe alternarsi con la più capricciosa incostanza le più diverse soluzioni. In provin~ia di Brindisi, ad esempio, su 9 comuni << difficili>>con più di 10.000 ,abitanti, si sono avute S soluzioni di centro destra, 3 di centro-sinistra ed un caso di scioglimento del consiglio comunale e invio del commissario prefettizio per impossibilità di costituire una maggioranza. Nello stesso capoluogo della provincia, mentre il consiglio comu11aleha espresso una maggioranza di centro-destra, il consiglio provinciale l1a dato luogo ad una maggioranza di centro-sinistra (3 ). A complicare la situazione è sopraggiunta anche, con interventi che l1anno dato· luogo a critiche assai vivaci, l'autorità prefettizia. A Taurianova, ad esempio, il prefetto di Reggio Calabria p·er due volte ha annullato l'elezione del sindaco indipendente di sinistra, perchè questi aveva pe11dente una lite col comune. Nelle stesse condizioni - sostengono i socialco1nunisti - il sindaco democristiano di Palmi (comune della stessa pt oviricia) ha potuto senz'altro giurare. In questo e in casi ~nalogl1i, i.t1 somma, e nato il sospetto che le autorità statali possano essere state sensibili a sollecitazioni politiche provenienti dal partito di maggi1.)ranza)adottando nel loro intervento, già di per sè a volte discutibile, criteri non univoci nel valutare le diverse situazioni locali. Ma il caso di questo genere che ha destato maggior rumore e stato certamente quello di Enna. Nel capoluogo siciliano, vecchia roccaforte del P.R.I., questo aveva conseguito 12 seggi contro gli 11 della D.C. Il P.C.I. aveva 6 seggi, 3 rispettivamente il P.N.M. e il M.S.I., 2 il P.S.I., I il P.S.D.I. e I il P.L.I. Dop.o lungl1e trattative mandate a vuoto dall'atteggiamento assunto dalla D.C. si era ( 3 ) Anche a Pescara si è dato il caso che all' << apertura a destra >> nel consiglio comunale ne corrispondesse una a sinistra nel consiglio provinciale. [15] Bibloteca Gino Bianco

w•···········•· .. ••yo~••-•"·--············'· ..··..••·-----• ........................... ,... . . •·········•..,• .. •~"'''''Y' ., ............... 'I>.... _.- .................. _ ........... ..,........... ,, ..... _ .... w. ..... •••-•w .. • ...... ,__ .... - .. •,•-•--.,-----•---- determinato uno schieramento che, andando dal P.R..I. al P.C.I.,-aveva portato all'elezione di un sindaco repubblica110 con una giunta in cui era110 presenti tutti i 4 partiti di centro-sinistra. Senonchè la Commissione centrale di controllo (nuovo organo giurisdizionale il quale ha assunto in Sicilia alcuni poteri prima riservati ai prefetti e alle giunte provinciali ammi11i - strative) annullav1 a l'elezione e del sindaco e della giunta, perchè essa sarebbe avvenuta essendo presente alla seconda conv.ocazione di quel consiglio comunale una maggioranza semplice (22 su 40) e non qualificata (2/3) dei consiglieri. La tesi della Commissione, per la qt1ialesi è determinato 11n procedimento dinanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa della regione, sembra essere stata dettata effettivamente da considerazioni di opportunità politica nei co,nfronti della maggioranza determinatasi ad E,nna , anzichè da considerazioni di mero diritto. In relazione ad essa, ed anche esimendosi da una qualsiasi valutazione dell'operato dei repubblicani di Enna (già da noi disapprovato in altra occasione), la Voce Repubblicana del 7 agosto u.s. ha potuto par lare di <<barbarieamministrativa». Che dire, infine, dei motivi di turbamento arrecati dalle interne divisioni della D.C.? Al consiglio provinciale di Reggio Calabria, ad esempio, soltanto il 18 agosto con una intesa D.C.-P.L.I.-P.N.M. si poteva procedere aìla elezione del presider1te. Senonchè, fatto questo primo passo, riusciva poi impossibile fare il secondo: l'elezione, cioè, della giunta. I contrasti interni del gruppo consiliare de1nocristiano, che già avevano imposto un ritardo di circa 3 mesi alla co11vocazionedel consiglio, sono, infatti, rie ... rr1ersipiù violenti dopo l'avvenuta elezione del presidente, che si è saputo essere stata strappata al gr11ppodei democristiani a lui ostili dal commissario provinciale del partito con l'impegno che l'eletto avrebbe poi dato le dimissioni entro 24 ore. Il presidente eletto, che non ha corrisposto a tale impegno, aveva presieduto anche la precedente amministrazione di centro-destra. Ma i motivi della opposizio11edi parte dei democristiani al suo nome non hanno alcun fondamento politico e sembrano invece dovuti alla richiesta di avvicendare gli uomini del partito nei posti di responsabilità. E' cosi comunque, che dopo piu di 4 mesi la situazione di questo consiglio provinciale non accenna a rtrovare una soluzione. Dove, invece, ci è stata la quasi unanimità dei dirigenti provinciali democristiani, è stato nell'applicare drastiche misure disciplinari soltanto a carico di coloro che si erano resi rei di <<aprire»a sinistra. Abbiamo, in- [16] Bibloteca Gino Bianco /

fatti, conoscenza di un unico caso di misure del genere adottate contro consiglieri del partito che avev,ano proceduto ad intese con i partiti di destra; ed esso riguarda l'espulsione di due consiglieri che avevano accettato dal . M.S.I. incarichi assessoriali nel comune sardo di Quartu Sant'Elena. In questa materia i dirigenti democristiani non sono stati clementi neppure nel caso di Ariano Irpino, feudo elettorale del senatore missino Enea \ Franza e, pertanto, del neo-fascismo avellinese. Contro costui e i suoi alleati 1nonarchici si delineava uno schieramento unitario di tutti gli altri partiti rappresentati in consiglio (D.C., P.C., P.S.I., P.S.D.I., P.L.I.), che eleggevano un sindaco democristiano e una giunta mista, con il risultato che sindaco e assessori democristiani venivano espulsi dal partito. 5. Quella della coalizione di centro è una esperienza ormai scontata nella vita pubblica italiana. Ad essa, ed alla legge elettorale da essa imposta, il Mezzogiorno è debitore, tuttavia, fra l'altro, anche della esperienza di una battaglia, in cui uomini e partiti dovettero assumere da un capo all'altro delle varie regioni il medesimo ~tteggiamento. Gli apparentamenti di . centro svolsero nel Mezzogiorno tra il '51 e il '53 anche questa funzione moralizzatrice della vita politica. Le eccezioni, che non mancarono (apparentamenti di centro-destra), non fecero che confermare il rilievo del fatto, per cui, una volta tanto, la classe politica meridionale si raggruppava quasi esclusivamente sulla base dei grandi temi che agitavano la vita nazionale, anzichè sulle posizioni ordinariamente prevalenti dell'opportunismo e del -trasformismo. Con l'indebolimento della cQalizione di centro e il ritorno ad una legge elettorale proporzionalistica hanno cominciato a verificarsi nuovamente con maggiore frequenza i casi delle più incredibili collusioni e confusioni. È accaduto, ad esempio, a Galatina (prov. di Lecce) che missini e ,eomunisti ;i:bbiano eletto un sindaco democristiano, con l'opposizione dei liberali e dei socialdemocratici e con reciproche espressioni di stima scambiate fra i tre partiti della maggioranza. È accaduto a Bernalda (prov. di Matera) che nella seconda torntctta quel consiglio comunale eleggesse un sindaco comunista ed una giunta democristiana; e, venuta meno questa soluzione per le dimissioni degli interessati, la situazione si è stabilizzata .sull'opposizione di 15 consiglieri della D.C. e di una lista <<civi~a>c>ontro 14 consiglieri socialcomunisti appoggiati dall'unico consigliere missino per- [17] Bibloteca Gino Bianco

• chè la D.C. aveva rifiutato di includerlo nella maggioranza. A Roseto de- .. gli Abruzzi, essendo stati eletti nella giunta il sindaco e due assessori democristiani insieme ad uomini del P.R.I., del P.S.D.I. e del P.C.I., in seguito alla sconfessione degli organi del partito, i due assessori democristiani si sono dimessi; ma il sindaco eletto ha preferito restare al suo posto. A Torre del Greco è stato eletto sindaco un indipendente della D.C. con una giunta co1nposta dal P.C.I. e dal P.M.P. (4 ). Insomma, se spesso la proporzionale ha giovato a dare il colp.o di grazia a maggioranze tradizio11ialifacendo loro perdere una buona volta il controllo del consiglio comunale, in altri luoghi il riapparire della proporzionale ha riportato alla luce certe deteriori manifestazioni del costume politico meridionale . 6. Il contraccolpo più forte e più immediato della disgregazione dello schieramento di centro è stato risentito nel Mezzogiorno dalla D.C. nel senso ,che, non più costretta a una linea politica definita e ad un orientamento di valore nazionale, il partito dominante è tornato a sentire con maggior forza le mille sollecitazioni centrifughe, le gravi deficienze dei quadri dirigenti, le sconcertanti propensioni conservatrici e << nostalgiche>>. Pure, ancora nel 1954, al congresso di Napoli, quando già l'impostazjone centrista subiva le prime revisioni, un impegno meridionalistico era apparso ad ispirare i propositi proclamati d,alla D.C. all'indomani del 7 giugno. Ci fu allora un impegno che suonava condanna e definitiva rinuncia alla politica di alleanze e di compromissioni con l'estrema destra (« la politica di Castellammare>>). E poicl1è gli slittamenti e le compromissioni verso destra della D.C. meridionale erano in buona parte determinate dalla natura stessa di certo personale politico, tutto di vecchio tip.o, di cui il partito con affrettati reclutamenti si era venuto gonfiando, il congresso di Napoli aveva in pari tempo dato l'avvio alla selezione e formazione di giovane personale dirigente di nuovo tipo, per costituire una salda rete organizzativa nelle province meridionali, previa liquidazione delle clientele e delle posizioni trasformistiche aduggianti nel Sud la vita della D.C. ( 4 ) Altri casi di combinazioni ibride: Turi (P.C.I.-P.S.1.-P.N.M.), Bisceglie (D·.C.- P.S.I.-P.N.M.), Monte S. Angelo (P.C.I.-P.S.I.-P.N.M.). [18] Bibloteca Gino Bianco

Al prossimo congresso di Trento, la D.C. ancora una voltia, esaminando i risultati del 27 maggio, potrà compiacersi per il fatto di aver confermato di essere il maggior partito del Sud. Ma è più che du1 bbio che i dirigenti democristiani potranno egualmente compiacersi di un bilancio positivo nella re.alizzazione del programma di rinnovamento del partito nell'Italia meridionale secondo i generosi propositi disegnati or s,ono 2 anni 11elcongresso di Napoli .. Le vicende della battaglia elettorale amministrativa, con i frequenti episodi di secessione e con la proliferazione di liste democristiane dissidenti contrapposte a quelle ufficiali; più ancora le soluzioni date ai problemi delle <<giuntedifficili>>rivelano in quale misura i mali antichi e altri nuovi, di genesi recente, attendano ancora di essere affrontati. Abbiamo mostrato come sia stata assente, nell'atteggiamento assunto dalle locali dirigenze democristiane di fronte ai problemi degli schieramenti amministrativi, una prospettiva di ordine e di valore generale. A tale riguardo la direttiva rigid~mente centrista del Consiglio nazionale del partito, più volte ribadita dall'on. Fanfani, si è rivelata come uno schema opportunistico per rifiutarsi al gioco degli accordi di maggioranza con la destr.a o con la sinistra, quando si è pensato che il prezzo di questi accordi potesse essere troppo alto dal punto di vista degli interessi delle dirigenze locali..La chiara direttiva nazionale, insomma, ha finito col rinfrangersi in un prisma multicolore passando per il fuoco delle valutazioni locali. Solo così si spiega come ,all'apertura a sinistra, patrocinata a Salerno dall'on. Carmine De Martino, abbia potuto corrispondere a Bari l'apertura a destra, accettata dai giovani dirigenti <<iniziativisti>>della città pugliese. Ed è bene chiarire che questi nostri rilievi non si propongono affatto una postuma difesa dello schieramento centrista, bensì soltanto l'intento di additare nell'involuzione e nella disgregazione della D.C. meridionale un pericoloso fattore di deterioramento della situazione politica al Sud. Ridotto al comune denominatore della preoccupazione di assicurarsi in tutti i mod•i possibili una propria massiccia presenza in tutti gli organismi di varia natura nei quali si articola la vita pubblica, della preoccupazione cioè di insediare dovunque << dirigenti più democristiani invece di dirigenti più seri», l'atteggiamento vario e talvolta complicato della D.C.' si chiarisce come uno sforzo poderoso per accentrare intorno al partito di maggioranza la rete più indistricabile di influenze e di controlli. In questo gioco le vecchie forze politiche, che al congresso di N,apoli si erano opportuni- [19] Bibloteca Gino Bianco

sticamente accodate al nuovo impegno meridionalistico, hanno pot~to giovarsi della estrema facilità con la quale hanno convertito fra le loro mani i nuovi strum,enti organizzativi in mezzi adoperati per il consolidamento e il ristabilimento delle proprie posizioni. A loro volta, i giovani elementi, che a Napoli sembrarono balzare in primo piano e che ancora un anno dopo a Matera suggerivano in p.olemi~a con il sottogoverno la formula di interesse generale: <<dirigentipiù seri e non più democristiani>>,i giovani elementi, dicevamo, appaiono ora avviati ad essere irretiti nella pigrizia del- - le posizioni acquisite dalle quali è difficile uscire senza mettere in pericolo taluni vantaggi che su un piano strettamente di partito, se non addirittura personale, sono stati conseguiti. Le prese di p.osizioni anticlientelistiche e rinnovatrici echeggiate al congresso di Napoli si sono dunque alla lunga risolte in una molto formale disciplina di partito, senza tradursi in effettive realtà politiche. La frequenza delle soluzioni di centro-destra (da questo punto di vista il quadrio diverrebbe certamente più oscuro, se fosse possibile ricostruire nei dettagli gli schieramenti determinatisi nei comuni con meno di 10.000abitanti) dimostra, appunto, la dolorosa ricaduta in prospettive che si ritenevano più o meno definitivamente super.ate: per ora sul piano amministrativo; alla lunga, inevitabilmente, sul piano politico. Anche se le destre tradizionali d.ovessero del tutto decomporsi, si profila, insomma, il minaccioso pericolo di una nuova e forse non migliore destra meridionale attraverso una possi1 bile dislocazione della D.C. sulle posizioni del paternalismo e dell'opportunismo, nella suggestione del peggiore sottogoverno, nella ostinata resistenza ad ogni modificazione di rapporti politici che datano da un orinai lontano 18 aprile 1948. Che è poi, ci sembra, il grosso pericolo addi~to anche in un recente articolo di Franco Maria Malfatti, del quale condividiamo lo spirito e gran .parte della impostazione; e ciò dimostrerebbe che la nostra critica coincide con l'autocritica cui si vanno sottoponendo gli ambienti politicamente più sensibili della D.C. È dai res.oconti del Congresso di Trento che sapremo qlltale portata politica si debba assegnare a questa necessaria autocritica. 7. Questi nostri rilievi appariranno forse gravi; ma essi nascono, come si è cercato di mostrare, dalla realtà delle cose. Noi non ci nascondiamo, tuttavia, quelle condizioni obiettive che hanno finora facilitato il process.o [20] Bibloteca Gino Bianco

di deterioramento, nonchè dell'impegno meridionalistico della D.C., di tutta quanta la vita della democrazia it,aliana nel Mezzogiorno. E' opportuno, per restare nella linea delle osservazioni precedenti, accennare almeno ad una di quelle condizioni: e precisamente alla rlapida dissoluzione nel recente passato e alla carenza attuale di forze politiche democratiche in grado di offrire alla D.C. un punto concreto di riferimento e di appoggio. È doveroso riconoscere che, rifluendo dal tripartitismo dopo il '47, la D.C., non ha trovato altro pu11todi riferimento che le vecchie forze del sovversivismo conservatore. Noi pensiamo che, appunto nel senso dì un deciso e realistico condizionamento democratico della D.C., gli avvenimenti recenti della vita politica meridionale, dalle elezioni regionali siciliane del '55 in poi, e le nuove prospettive che nella vita nazionale sono state aperte dagli incontri fra i socialisti, offrano al P.S.I. una grande e feconda possibilità di riequilibrare la situazione meridionale. Vogliamo sperare ed augurarci che, come a Trento gli uomini responsabili della D.C. sentano il peso dei nuovi pericoli che si profilano all'orizzonte del loro partito nel Mezzogiorno, i socialisti si rendano conto della impossibilità di dar vita ad una solida struttura democratica in Italia pri-- ma di sposare, innanzitutto, senza riserve e senza timori, la causa della democrazia meridionale. [21J .. Bibloteca Gino Bianco

... Ideali democratici e :filosofia politica di Vittorio De Caprariis Se ci si volge indietro a considerare il mondo di quar,anta, di cinquant'anni fa e lo si parag.ona mentalmente con quello nel quale viviamo, si resta a tutta prima come smarriti, e la tentazione è molto forte di condannare risolutamente e senza appello il nostro tempo. Anche alle menti spregiudicate e pronte all'analisi critica quell'epoca, che è pur tanto vicina alla nostra, di cui i nostri padri ancora parlano con la viva (e non spassionata) memoria di coloro che l'hanno vissulta, e che vagheggiano non solo come la loro stagione più piena, ma come una stagione che aveva per tutti un ritmo più umano; quell'epoca,tut tavia, rischia di colorirsi di mito, di apparire come un'età dell' or.o inesorabilmente distrutta. Immagino che un americano, un cittadino degli Stati Uniti, possa agevolmente collocare nel tempo questa vicina-lontana << età dell'oro»; penso agli anni immediatamente precedenti la prima guerra mondiale, a quella che si è convenuto tra gli storici di chiamare l'età di Wilson, dall'uomo che la segnò profondamente con la sua impronta. Allora s'opposero le grandi formule politiche, new nationalism v. new freedom, e dalla battaglia uscì vittoriosa la << nuova libertà ». E la vittor~a del progresso sulla conservazione (quanto ci appaiono scolorite oggi queste parole, eppure quanto vive le sentiamo risuonare in noi per il 1912 !) fu più vasta di quel che l'esito app,arente del confronto elettorale potesse lasciar immaginare: poichè allora i conservatori si contarono come un quarto della popolazione elettorale del paese. E fu un successo che si tradusse in opere che dovevano influen- ( 1 ) Questo articolo è stato scritto per un << forum » della rivista americana Confiuence. [22] Bibloteca Gino Bianco

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