Nord e Sud - anno II - n. 7 - giugno 1955

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna . , lf • . ' ,, ANNO II * NUMERO 7 * GIUGNO 1955 Bibloteca Gino Bianco

SOMMARIO ~ Editoriale [ 3] ~go La Malfa Carlo Turco N. d. R. Vittorio Accardi Giuseppe Canessa Gino Marin Giulio Salvi Carlo Maggi La svolta [ 6] ' Dieci milio1ii ' di coltivatori diretti [ 13] GIORNALEA PIÙ VOCI Elogio del moralismo [35] La legge del quitito [39] Ma/avita meridionale [ 43] Emigranti in Germania [ 47] Dopo l'alluvione [55] Qualificati e specializzati [59] DOCUMENTIE INCHIESTE Nello Ajello e Giovanni Cervigni Giornali di Provincia [ 64] IN CORSIVO [100] CRONACHEE MEMORIE Carlo Càssola Pagine non scritte di Renato Serra [ 106J Vittorio De Caprariis Una copia L. 300 • Estero L. 360 Abbonamenti a Italia annuale L. 3.300 semestrale L. 1.700 Estero annuale L. 4.000 semestrale L. 2.200 Effettuare i versamenti su) C. C. P. n. 3/34552 intestato a Arnoldo Mondadori Editore • Milano Bibloteca Gino Bianco LETTEREAL DffiETTORE [122] RECENSIONI Dieci anni dopo [ 124] DIREZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 62.918. DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI Amministrazione Rivista Nord e Sud Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Tel. 35.12. 71

Editoriale I risultati elettorali della Sicilia sono venuti a confermare le considerazioni che, riferite a/,la situazione politica nazionale, si leggono più avanti 1iell'articolo di Ugo LJl Malfa; e sono venuti pure a confermare quanto ..rilegge nella nostra nota della redazione dedicata alle velleità di recuperare voti a destra da parte del Partito Liberale. Ma i risu1tati delle eliezioni siciliane sono venuti anche a confermare la tesi politica che abbiamo sostetJuto I fin dal primo numero di Nord e Sud; una tesi clie, di fronte alla composizione del nuovo parlamento regionale, h·a acquistato maggiore forza. Il congresso di Napoli della D.C. e il congreJ-sodi Torino del P.S.l. hanno fornito alcune indicazioni che si riferivano prevalentemente alla situazione meridionale. Niente più alleanze tipo Castellammarej si disse ---- - - 4 .. esplicitamente a/, congresso della D.C.; progressivo abbandono della po!itira frontista, si disse implicitamente al congresso del P.S.I.: queste indicazioni, malgrado la formula del governo Restivo e malgrado la coesione del Blocco del Popolo nel parlamento regionale uscente, malgrado cioè la situazione isolana, hanno ricevuto il conforto di tt1i eguale successo elettorale dei due partiti, e soltanto di questi due partiti (il 2,2~/4 di voti in più rispetto al 7 giugno1953). Ma è all'indomani delle elezioni, nel nuovo parlamento regionale, che la sincerità di quelle indicazioni può e deve essere messa alla prova. L'on. Fanfani e l'on. Ne1ini hanno vinto le elezioni in Sicilia: da questo momento essi diventano i responsabili dell'evoluzione o dell' involuzione di una situazione che a Palermo presenta il primo nodo da sciogliere, investendo poi tutto il Mezzogiorno e di qui lei prospettive degli schieramenti politici nazional,i. Siamo lieti di riconoscere all'on. Fanfani - anche se il tono deisuoi ultimi discorsi elettorali ci era sembrato a volte francamente spiaceBibloteca Gino Bianco

. vole - il merito di aver eliminato dalla campagna elettorale della D.C. tutta la paccottiglia dei .comitati civici: miracoli, madonne che piangono, mostre dell'al di là. Così siamo liett 4 di riconoscereall'on. Fanfani il merito di non aver pregiudicato, con esplicite aperture verbali verso la destra, i movimenti futuri del suo partito nell'assemblea regionale. In questo senso si può dire che, durante la campagna elettorale, la D.C. si è più o meno tenuta su una linea conforme agli impegni assunti dalla corrente di « iniziativa tf:emocratica » nel congre,ssodi Napoli. Ma ora « iniziativa democratica» si trova proprio a quel bivio che avevamo previsto: nell'assemblea ,,.egionalenon c'è la maggioranza assoluta di partito; e non c'è nemmeno una maggioranza quadripartita. La scelta, dunque~ per la D.C., è fra una maggioranza con la destra, sia pure con i soli monarchici e i liberdli di Tasca· (48), o una maggioranza di centro-sinistra, allargata fino ai dieci parlamenari socialisti:(49). Se la D.C. non dovesse scegliere questa strada, verrebbe meno alla indicazione fornita dal suo congresso; e l'on. Fanfani si assumerebbe la 1"esponsabilitàdi ristabilire le condizioni del frontismo. Se, offertagli questa strada, il P.S.I. non dovesse accettare e dovesse tirar fuori il Patto Atlantico, verrebbe meno all'indicazione dell~alternativa socialista; e l'on. Nenni si assumerebbe lui la responsabilità di ristabilire nel Mezzogiorno ie deplorevoli condizioni che, fra il 1951 e il. 1952, hanno dato luogo a numerose maggioranze locali di democristiani e monarchici. Non si devono commettere errori nell'interpretazione dei risultati sièiliani: fra gli sconfitti della Sicilia non ci sono soltanto Malagodi (il quale, ,.comeprevedevamo, ha fatto la fine di Lucifero), Lauro (La cui sciagurata presenza nella lotta· politica ancora ci mortifica), i fascisti di C ovelli e quelli di Anfuso (fin dal 1953 si sa che l'estrem,adestra può fare nel ~'\itd .molt~ pa,ssi indietro~ come nelle elez/oni araministrative suppleme11tari ,delle regioni continentali; o pochi passi indietro, come per ora in Sicilia; ma non un solo passo avanti). F~a gli sconfitti della Sicilia non ci sono , soltanto i partiti della « sinistra laica »J logorati da quasi un dece11nio di quadripartito e danneggiati perfì,no dalla legge elettorale. Il principale sconfitto è l'on. Togliatti. · , Fino a qualche mese prima di queste elezioni, sembrava che tutti i partiti attraversasserouna crisi, tranne il P.C.l., forte dei risultati della politica frontista che gli consentivano ulteriori avanzamenti elettorali nel Mezzogiorno. Poi si ebbe sentore di una certa inquietudine fra i quadri • Bibloteca Gino Bianco

del P.C.I.; si poteva dire che il P.C.I. era ancora in una fase di espansione elettorale, forse già alla vigilia di una crisi politica; si trattava di vedere se l'espansioneelettoraleavrebbeprevenuto la crisi politica O'. se la "crisipolitica avrebbe interrotto il .processodi espansione elettorale. La. decisione del P.S.I. di presentare in Sicilia liste proprie, quali che fossero le intenzioni dell'on. Nenni, è infine intervenuta a spingere in gravi difficoltà la politica frontista del "f.C.I. Risultato: per la prima volta, dopo dieci anni, il P.C.I. non registra nel Mezzogiorno un avanzamento elettorale; registra anzi una flessione dell' 1%. All'indomani delle elezioni siciliane~ si è letto sull'Avanti! che i vo~i guadagnatidai socialistisono i voti persi dei « partitini del centro» e anche della destra. Non è vero. Sono piuttosto i voti perduti da Cucchi e Magnani, dall'Allenza Nazionale di Corbino, dai comunisti (rispettivam:ente: 0,3°/4,0,9%, 1% = 2,2°/4; esattamente, cioè, l'ammontare dei guadagni socialisti). Piaccia o non piaccia all'Avanti!, il fatto nuovo è che il P.S.l. ha tolto voti al P.C.I., so-prattutto al P.C.I.; e ciò è avvenuto dopo che tutti i corrispondenti avevano denunciato la fragilità organizzativa del P.S.l. in Sicilia: succetso d'opinionej dunque, con chiaro significato antifrontista? come resta dimostrato anche dalle inquiete dichiarazioni dell'on. Togliatti. Nè era un segreto il fatto che certi quadri meridionali del P.S.l. avevano accettato a malincuore, scettici nei risultati, l'impostazione nenniana della campagna elettorale in Sicilia. Non dica perciò Panfilo Gentile, con imperdonabile leggerezza, « che all'on. Nenni non hanno giovato che in misura limitata i suoi svariati tentativi di differenziazione>>, che « le masse non sono molto sensibili alle note autonomistiche», che << l'on. Nenni non può essere incoraggiato ad approfondire la manovra di sganciamento>>. Cosa vogliono, Panfilo Gentile e il Corriere della Sera? Che, ristabilendosi le condizioni del frontismo, riprenda l'espansione elettora/,e comunista e si rimargini così la crisi politica della sinistra totalitaria? E questo per paura che aumenti il peso politico della sinistra democratica? L'on. Fanfani non può e non deve essere di questa opinione. Noi, confortati dalla prova dei fatti, ricordiamo ai responsabili democristiani di Palermo e di Roma che la politica frontista rappresenta il tallone d'Achille, oggi particolarmente esposto, del Partito Comunista; e ai quadri socitdisti che quel}~ stessa politica rappresenta per il P.S.1.. l'abbraccto mortale, cui esso oggi è riuscito a sfuggire. [s] Bibloteca Gino Bianco

La svolta di Ugo La Malfa L'elezione del Presidente della Repubblica, del Presidente della Camera e la crisi del Governo Scelba segnano, o dovrebbero segnare, la conclusione di un ciclo politico, che ha avuto inizio in Italia nel 1947. Dopo la rottura dei governi di concentrazione, che furono diretta emanazione dei Comitati di Liberazione Nazionale, dopo la rottura, cioè, del fronte antifascista, fu iniziato, ad opera e per volontà di De Gasperi, quelìa collaborazione fra Democrazia Cristiana e partiti democratici laici, cl1e ha caratterizzato la nostra vita politica da quasi otto anni a questa parte. Si può dire, anzi, che una vera e completa vita democratica, con le articolazioni che essa comporta, si ebbe solo con la cosiddetta politica <<quadripartitica» e le azioni e reazioni che essa produsse. Sono note le ragioni che hanno portato De Gasperi da una parte, e i democratici laici dall'altra, ad accettare e perseguire una tale politica. Nonosta1ìte il successo riportato contro il governo laico di Ferruccio Parri, e nonostante il crescente consolidamento della D.C. in confronto agli altri partiti, consolidamento confermato dalla vittoria elettorale del 1948, De Gasperi ha costantemente avvertito l'intima debolezza di una posizione « guelfa » in Italia. Essa, per un uomo nutrito di esperienze storiche, e meditativo, come il capo indiscusso della D.C. ha mostrato di essere, il rapido, imprevedibile e imprevisto successo della D.C., in un paese che aveva raggiur1to la sua unità attraverso una fondamentale lotta contro il potere ten1porale della Chiesa ed il clericalismo, non poteva non contenere in sè i germi di lotte e di tensioni future. D'altra parte, i democratici laici non potevano ignorare che il partito laico più forte, nei confronti della D.C., e~a il Partito Comunista, che la forza di tale partito veniva accresciuta per [6] Bibloteca Gino Bianco

\ l'esistenza stessa del patto di unità d'azione con i socialisti del P.S.I., che, in ragione di questo massiccio concentramento all'estrema sinistra, una articolazione dialettica fra cattolici e laici nel momento più çlifficile della vita della Repubblica (che è certamente il momento iniziale) si rendeva pressocchè impossibile. Bisognava sperimentare, come risultato e conclusione di un processo storico che aveva travagliato il nostro Paese dall'unità in poi, una forma di collaborazione fra laici _ecattolici che aprisse nuove prospettive di vita democratica al Paese. I Governi De Gasperi, a partire dal 1947 e fino al giugno 1953, furono espressione di questa convergenza di giudizio politico fra cattolici e laici. E sarebbe ridicolo e menzognero affermare che essi non abbiano lasciato una traccia positiva nella vita del nostro Paese, dopo la seconda guerra mondiale. Intanto - come ho avuto già occasione di accennare - per il fatto stesso di presupporre una collaborazione fra cattolici e laici, essi hanno definito, senza più possibilita di equivoco alcuno, una posizione dei democratici laici verso i comunisti. L'anticlericalismo tradizionale dei repubblicani, il laicismo altrettanto tradizionale dei liberali di sinistra (i liberali di destra si potevano difendere dalla sottile opera di penetrazione comunista con ben altri strumenti di differenziazione), il marxismo della socialdemocrazia, erano altrettanti elementi potenziali di conflitto con i cattolici, e di confusione col Partito Comunista. Se la solidarietà non si fosse esercitata, come difesa dei valori della libertà, attraverso la collaborazione con i cattolici, e si fosse, immediatamente dopo i primi successi della D.C., articolata come opposizione democratica laica, probabilmente prima o dopo sarebbe nato un << fronte popolare » alla maniera spagnola, con gravissimi rischi per il Paese. La collaborazione cattolico-ia1ca ha avuto, politicamente, il valore di definire le posizioni fermamente anticomuniste dei laici e per il periodo in cui fu sperimentata e per tutto il periodo avvenire. Si è dimostrato, cioè, che i laici, anche se dovra11noscendere in lotta costituzionale contro i cattolici, non faranno mai fronte comune con i comunisti, appunto perchè considerano la politica « finalistica >> del Partito Comunista incompatibile con gli ideali e i princìpi della democrazia. Ma anche a prescindere da questa caratterizzazione, la cui importanza probabilmente sfugge oggi, ma sarà apprezzata, con tutte le sue impiicanze, negli anni venturi, la collaborazione tra cattolici e laici, attraBibloteca Gino Bianco

verso i Governi De Gasperi, ha posto le ba·si di alcune f ondame11tali linee di sviluppo della politica italiana nei campi in cui ciò poteva avvenire senza particolari attriti e difficoltà. E cioè, il campo internazionale e il campo delle riforme economiche e sociali. Indubbiamente la definizione di u11a politica occidentalistica ed europeistica, che ci ha legato a Paesi non soltanto cattolici ma protestanti, la politica di difesa monetaria, la politica delle aree depresse e della riforma agraria, la liberalizzazione degli scambi, la riforma tributaria, costituiscono un grande patrimonio, che la democrazia italiana ha accumulato a pochi anni dalla fine della guerra, e rientrano in quello scambio di esperienze moderne che è avvenuto tra forze democratiche, in tutto il complesso mondo dell'Occidente. Se l'Italia non ha seguito la sorte della Spagna, o non finirà come un qualsiasi Paese orientale, se l'Italia, a meno di gravissimi errori, rimarrà in pieno nel1' ambito di una civiltà occidentale, ciò si deve a quella collaborazione e a quei sac1ifìci. E non è poco. l 1uttavia, accanto ai fattori positivi, proprio le elezioni del 7 giugno 1953 con l'insuccesso che hann9 segnato complessivamente, per i partiti laici, hanno messo in luce i fattori negativi. Ed è strano che di questo i partiti laici non si siano accorti, ed abbiamo riesumato, in maniera stanca, una formula che aveva ormai esaurito la sua funzione ed il suo scopo. L'esperienza del periodo 1947~1953 ha dimostrato che i democratici laici avevano sì con ì cattolici trovato un terreno comune di politica internazionale e di politica economica e sociale; ma i problemi più delicati di politica interna, quelli su cui lo scontro fra cattolici e laici si fa più vivo e più intenso, i problemi della scuola, della cultura, della libertà di religione e di espressione, il problema dell'ammini 1 strazione, i problemi stessi di quell'attività politica che ha preso l'appropriato nome di « sottogoverno >> non furono mai risolti. Il Paese giudicò che su questo terreno i democratici laici erano stati battuti. E i cattolici avevano vinto, se non stravinto. La prof onda coscienza laica che una parte del Paese conserva e vuol difendere si espresse nelle elezioni, attraverso questo severo giudi- • • zio negativo. E, d'altra parte, come potevano i democratici laici difendersi su questo terreno? Mentre su tutti gli altri, nella politica internazionale come nella politica economica e sociale, era relativamente facile stabilire una convergenza, i punti di partenza non essendo molto discordi, su questo [8] Bibloteca Gino Bianco

terreno si partiva da posizioni opposte. Non si trattava di realizzare una convergenza, ma di raggiungere e difendere ad ogni passo un comprornes5o, ed un faticoso compromesso. Del resto, è proprio su questo terreno cl1t i democratici laici si scontrano con una mentalità ed una dottri11a esclusivistìche, e si trovano quindi tra Scilla e Cariddi. Il comunismo è dottri11a totalitaria in tutte le manifestazioni della vita politica, econornica, sociale, culturale dell'uomo. Ed è facile per un democratico laico trovare di fronte a questa formidabile manifestazione di esclusivismo, punti di contatto più con un cattolico che con un comunista. Ma quando si scende a problemi di scuola, di cultura, di religione, di arte, di indirizzo ideologico, il democratico laico non ha più scelta. È stretto dalla morsa di due dogmatismi, che poco spazio lasciano al pensiero critico, e quindi ai valori fondamentali che reggono la concezione laica della vita politica e sociale. Per raggiungere, su questo terreno, un giusto ed equo compromesso con i cattolici, i democratici laici avrebbero dovuto possedere una sufficiente forza politica. E sufficiente forza politica essi non avevano prima del 7 giugno 1953 e tanto meno dopo quella data. Per realizzare una politica europeistica con i cattolici, per realizzare una politica di riforme sociali, essi potevano puntare su alcune correnti cattoliche, potevano far leva su una buona parte del partito di maggioranza. Ma per contenere l'eJclusivismo ideologico e quindi il prepotere politico dei cattolici, essi non potevano contare che sulle proprie forze, che erano troppo esigue per arrestare la fiumana. • Nè fu fatto, dai democratici laici, alcun tentativo per unificare e riordinare, su un piano di resistenza ai cattolici, nell'ambito stesso della formula· quadripartitica~ 1e proprie forze. Fin dal novembre 1951, essendo ministro del Governo De Gasperi, lanciai la formula della concentrazione iaica, come premessa di un migliore equilibrio fra cattolici e laici. La conce11trazione << laica >> presupponeva uno spostamento del Partito Liberale verso sinistra, la formulazione di un programma comune da parte di una sinistra democratica e laica, costituita da liberali, socialdemocratici e repubblicani, una lotta attiva per difendere le esigenze laiche, là dove erano più minacciate. La formula cadde nel vuoto e i partiti laici co11tinuarono a disputare fra di loro e, ciascuno, con la Democrazia Cristiana. L'anarchia più completa caratterizzò la loro politica, e questo assurdo Bibloteca Gino Bianco

comportamento non fu una delle minori ragioni dell'insuccesso del 7 • giugno. Infine, a considerare chiusa una fase politica e storica, contribuì un fatto che non ebbe allora molto rilievo, ma grande rilievo ha acquistato ' · in questi ultimi mesi: intendo riferirmi all'atteggiamento del Partito Socialista Italiano. Se il Partito Socialista Italiano si presentò, alle elezioni del 7 gi1.1gno 1953, con lista autonoma, se non rifece l'esperienza bloccarda del 1948, se Pietro Nenni potè parlare di « alternativa socialista», se, a qualche anno da quelle elezioni, si è arrivati al Congresso di Torino e alla cosiddetta apertura di un colloquio con i cattolici, ciò fu dovuto alla politica quadripartitica condotta negli anni precedenti. Il \Sacrificio dei partiti laici aveva portato il frutto di una diversa articolazione della politica del Partito Socialista Italiano, e ogni indagine sui fini remoti o reconditi dì tale articolazione non può che cessare di fronte all'importanza clel fatto in sè. Nel momento in cui il Partito Socialista Italiano si presentava come <<alternativa», i partiti laici avevano raggiunto, attraverso i loro grandi sacrifici, uno degli scopi della loro azione politica: isolare ed indebolire il Partito Comunista. Il momento di chiarire, fino in fondo, i loro rapporti con la Democrazia Cristiana andava maturando. Il Governo Scelba, nonostante le ottime intenzioni del suo capo, ha ritardato il processo di chiarificazione, ha compromesso l'avvenire poiì-_ 1tico <lei laici oltre i limiti nei quali tale sacrificio si rendeva necessario, ha consentito alla D.C. di mascherare la sua crisi di fondo, le ha perlmesso di continuare ad erigere le sue fortune sul cedimento della demorazia laica. Le conseguenze di questa situazione si sono accumulate e sono apparse drammaticamente evidenti con gli ultimi avvenimenti, con le elezioni del Presidente della Repubblica, del Presidente della Camera e con la crisi di governo. I partiti laici non possono più stare al governo con la D.C., pena il loro completo esautoramento. La sempre più profonda penetrazione dei cattolici nella vita politica, sociale, culturale del Paese, l'affievolimento dell'azione del Partito Comunista, che non è più sorretto dalla situazione inter11azionale e dalla situazione sindacale interna, indicano che una dialettica fra cattolici e laici si impone, e che la forza laica. deve prendere terr1pestivamente coscienza dei suoi nuovi compiti. Nel momento in cui il Partito Socialista Italiano, d.opo avere strettamente legato le sue sorti '[10] Bibloteca Gir:io Bianco

al Partito Comunista, intende riprendere il colloquio con i cattoli~i, occorre che i laici di sinistra riorganizzino le loro forze, si mettano in posizione di vigile critica e di attesa, e lascino alla D.C. la responsabilità di decidere la sua linea politica.· Continuare il quadripartito, nelle condizioni in cui esso vivrebbe dopo le indicazioni politiche· di questi ultimi tempi; sarebbe un catastrofico errore. Le forze della sinistra democratica devono ripre11dere contatto col Paese, devono riaffermare i valori del laicismo e di u11a socialità moderna, devono presentarsi come alternativa alla D.C. o come forza dì contrappeso quando questa forza sia, attraverso i suffragi popolari, effettivamente realizzata. Il dinamismo dell'Unione Goliardica Italiana (U.G.I.) e dell'Unione Italiana del Lavoro (U.I.L.) è l'elemento fondamentale cui la sinistra democratica deve guardare per credere al suo avvenire, come, del resto, a quei movimenti autonomisti (Comu11ità,Partito Sardo d'Azione, Partito dei Contadini in Piemonte) che sono espressione di fermenti e di nuovi lieviti locali. L'U.G.I. ha già anticipato a Grado, al Congresso di tutti gli universitari, quale sarà il nuovo tipo di rapporti e di dialogo con i cattolici. Sul terreno delle forze politiche non giovanili, il peso della destra e dei comunisti non è, purtroppo, così esiguo come si è dimostrato al congresso degli universitari. Ma la situazione politica e spirituale giovanile anticipa: in certo senso, fenomeni e stati d'animo che possono divenire predominanti fra non molto tempo. U.G.I. e U.I.L sono forze laiche di avanguardia che, dopo essersi sottratte al pericolo di qualsiasi influenza del Partito Comunista, iniziano la lotta contro una eccessiva influenza e preponderanza <lelle iorze cattoliche. Esse, per ciò stesso, tracciano una strada. !11 qua11to al P.S.I., tale partito sopravvaluta, in un momento di eu- .foria, le sue possibilità e la sua capacità di influenza. Mentre i democratici laici diventano più guardinghi, i socialisti di Nenni diventano più imprudenti rispetto ai cattolici. Ma la situazione si muove in senso di co11vergenza dalle due parti, ed è ciò che importa. Una grande forza di sinistra democratica e laica è nel Paese, pur provenendo da esperienze politiche e da esigenze ideologiche e culturali diverse. Può essere usata come contrappeso ai cattolici, può ricostituire un equilibrio che, rotto col Risorgimento a danno dei cattolici, minaccja di essere rotto, dopo la seconda guerra mondiale e la Liberazione, a danno dei laici. Bisogna che l'azione convergente dei laici di sinistra abbia inizio nel Bibloteca Gino Bianco

Pac5e, si sviluppi soprattutto nel Mezzogiorno, che h~ tante ~ così prof onde tradizioni laiche. Ma bisogna altresì che il Partito Liberale si c~iarisca finalmente, e i liberali di sinistra prendano contatto con la sinistra de1nocratica, con le masse popolari, con i contadini, con i movimenti auto- . nomìstici, con le forze che, respingendo l'ideologia comunista da una parte, intendano contrastare il prepotere cattolico dall'altra, e dare giustq, peso ai valori culturali, morali e sociali del Risorgimento. Il quadripartito non serve più allo scopo. I BiblotecaGino Bianco

'' Dieci milioni'' di coltivatori diretti di Carlo Turco Si sono concluse, sul finire del marzo scorso, le tanto discusse elezioni dei Consigli direttivi delle Casse mutue comunali, che hanno così dato principio all~attuazione della legge 22 novembre 1954, n. 1136, concernente l'estensione della assistenza malattia ai coltivatori diretti. Sulla rilevanza innovativa di questa legge c'è unanime consenso: sia perché essa inst~ura princip1 nuovi nella nostra legge assistenziale (l'estensione della « assistenza malattia>> obbligatoria a lavoratori giuridicamente non subordinati; la contribuzione diretta dello Stato alle spese di assistenza per tale categoria; l'auto-amministrazione dei fondi da parte degli assistiti), sia perchè pone le fondamenta di centri organizzativi, di organismi di vita sociale, in un settore come quello dei piccoli contadini «autonomi», cui ancor oggi, non ostante la presenza di alcune associazioni di categoria (come la « Conf ederazione nazionale dei coltivatori diretti» facente capo all'on. Bonomi, la « Associazione Nazionale Coltivatori Diretti» facente capo alla << Federterra >>,e altre organizzazioni sindacali), fa difetto una operante coscienza politica. Sembra opportuno soffermarsi anzitutto ad esaminare la validità di questa legge come strumento assistenziale e previdenziale; al contrario di quanto ha fatto nella quasi generalità dei casi la stampa d'ogni tendenza, la quale, app{intando la sua attenzione sulla portata politica delle elezioni · e perdendosi dietro la polemica di parte, ha finito per omettere una valutazione critica della legge e per affidarsi senza discernimento alcuno alle argomentazioni addotte dalle parti in questione. Che le provvidenze per i coltivatori diretti fossero necessarie, è rico11osciutoda tutti. Troppo nota è la miseria del tenore di vita di una larga Bibloteca Gino Bia •co I

parte di questa categoria: basterà ricordare le note cifre rivelate dalla inchiesta parlamentare sulla miseria. Significativa è poi la situazione del1'agricoltura in materia assistenzi'lle, poiché, come ebbe a dichiarare il sen. Grava (democristiano), nella seduta del 21 ottobre 1954 della 10a çommissio11edel Senato, la spesa per le prestazioni assistenziali nel settore agricolo ammonta al 13% appena del totale, laddove il numero degli assistiti nel medesimo settore rappresenta il 54% se si escludono dal novero i col- •t1vatoridiretti, e il 74'% se si considera anche questa categoria. Si noti, per di più, che l'unica forma di previdenza di cui godevano sino all'approvazione della legge i coltivatori diretti, era quella della assicurazione contro gli infortuni agric9li, stabilita da una legge del 1917, la cui applicazione, peraltro, lascia quanto mai a desiderare, almeno per quanto riguarda que- • sta categoria. Il 27 luglio del 1953 venne presentato alla Carriera dei deputati un progetto di legge (n. 45), a firma Longo, Pertini ed altri. Vi si contemplava l'estensione della « assicurazione malattia>> a tutti i coltivatori diretti, la cui forza lavorativa familiare superasse il 500/4delle normali necessità del fondo, e si accomunavano all'assistenza i braccianti agricoli, che venivano però esonerati dalla corresponsione dei contributi. Venivano comprese tutte le forme di assistenza sanitaria, e si addossava il relativo . contributo per 1/3 alla categoria e per 2/3 allo Stato. La gestione dei fondi veniva affidata all'I.N.A.M. A due mesi di dist~nza, il 3 ottobre, l'on. Bonomi ed altri ripresentavano un, progetto (n. 215) che, già. approvato dalla Camera nel corso della precedente Legislatura, non aveva potuto essere approvato dal Senato a causa dell'anticipato scioglimento di quest'ultimo. Tale progetto mirava a rendere obbligatoria l'assicurazione malattia per i coltivatori la cui forza lavorativa familiare raggiungesse i 4/5 di quella occorrente per le normali necessità del fondo; prevedeva la sola assistenza ospedaliera; addossava il carico delle spese ai coltivatori, integrandolo con una imposta di 6 lire al kg. sullo zucchero; affidava infine la gestione ad un costituendo istituto ~utonomo. La legge approvata nel 1954 si distacca profondamente da ambedue questi progetti. Ad essa non si è giunti prendendo le mosse da uno studio organico ed approfondito, nè attraverso alcune modificazioni di uno schema anteriorn1ente predisposto: bensì attraverso un susseguirsi, pressochè Bibloteca Gino Bianco

caotico, di innovazioni improvvisate ed estemporanee, frutto di fertili invenzioni alimentate durante gli intervalli tra una seduta e l'altra, dalla ' ' preoccupazione di cedere l'iniziativa (1 ). Sintomatico.~ad esempio, l'atteggiamento dei socialcomt1nisti sul problema della amministrazione dei fondi necessari all'assistenza: infatti, dopo essersi irrigiditi per le prime sette sedute su una posizione di assoluta intransigenza in favore della gestione I.N.A.M., i socialcomunisti, improvvisamente e senza addurre giustificazioni di rilievo, aderirono alla nuova idea dell'auto-amministrazione prospettata, altrettanto repentinamente, dai ~< bonomiani » ( 2 ). A riprova di quanto si afferma, niente di meglio che procedere all' esame critico del contenuto della legge, argomento per argomento. I soggetti della assicurazioneo - Soggetti dell'assicurazione sono i proprietari, gli affittuari, gli usufruttuari; e devono intendersi tra essi compresi tutti i coltivatori diretti (anche se nell'uso diversamente denominati) che « direttamente e abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi o all'allevamento e al governo del bestiame>>.L'assistenza è estesa anche ai rispettivi familiari a carico o che lavorano abitualmente nel fondo. Ne sono esplicitamente esclusi i coltivatori diretti che, dedicandosi alla coltivazione di fondi altrui, già godono, per questo titolo, dell'assistenza malattia. Condizione necessaria all'acquisizione dei diritti assistenziali ( 1 ) La formulazione attuale della legge è la risultante delle discussioni protrattesi dal 7 aprile al 3 agosto 1954, per un complesso di 22 sedute, in seno alla 11 a Commissione della Camera riunita in sede deliberante. Le 5 sedute della 1 oa Commissione del Senato, tenute tra il 21 ottobre e 1'11 novembre, condussero alla approvazione senza modificazioni del testo approvato dai deputati. ( 2 ) I socialcomunisti, in particolare l' on. Grifone, asserirono che avrebbero sostenuto interamente la proposta Longo-Pertini, e ancora nella seduta immediatamente successiva a quella in cui i << bonomiani » avevano avanzato la nuova idea dell'auto-amministrazione ribadirono i loro propositi: la << conversione » in massa dei socialcomunisti (ad eccezione dell'on. Cacciatore) si ebbe nella seduta seguente. Anzi, l'on. Pertini si lasciò andare ad un discorsetto d'occasione: << Mi rallegro sinceramente del cammino fatto: abbiamo finalmente trovato un punto di incontro, pur essendo partiti da posizioni, apparentemente almeno (sic!), molto divergenti. Gli onorevoli colleghi non se ne debbono sorprendere... Questo avviene per la sostanza democratica di ogni assemblea. Mi rallegro dei passi fatti, anche (sic!) nell'interesse della categoria. Sarei sempre pronto a tenere legami, sia pure solamente spirituali (sic!!), con i nostri avversari politici ... ». Bibloteca Gino Bianco

è che il nucleo familiare del coltivatore sia in grado di fornire una forza lavorativa (3 ) superiore al 500/4delle normali necessità del fondo, e sempre che il fondo non richieda meno di 30 giornate lavorative all'anno (artt. 1 e 27). Sarebbe stato dunque inutile includere nella categoria degli assistibili anche i braccianti agricoli, come proponeva il progetto Longo-Pertini, poichè quelli già beneficiano delle prestazioni assistenziali, in virtù di una specifica legge. Dannoso sarebbe stato, poi, limitare, come prevedeva il . progetto Bonomi, l'assicurazione obbligatoria ai coltivatori la cui forza lavorativa raggiungesse i 4/5 'del fabbisogno colturale: infatti, se è vero che accogliendo parzialmente le proposte dei socialcomunisti si è allargato il numero degli aventi diritto e quindi si è aumentata la spesa, è altresì vero che si è reso - almeno in teoria - possibile far gravare quella spesa, in proporzioni _maggiori, sui coltivatori più abbienti. I calcoli fatti, farebbero asce:ndere a 7 milioni circa il numero degli assistibili (4 ). ,, L'assistenza assicurata. - Sono contemplate le seguenti prestazioni: 1) assistenza sanitaria generica a domicilio e in ambulatorio; 2) assistenza ospedaliera; 3) assistenza sanitaria specialistica; 4) assistenza ostetrica (5 ). A discrezione e a spese delle singole Casse comunali, e salva approvazione delle rispettive Casse provinciali, possono essere corrisposte anche l' assistenza farmaceutica e le altre eventuali forme integrative (artt. 3, 4, S, 13, 19, 22). Fu questo uno dei punti più controversi delle discussioni e delle polemiche: mentre i sostenitori della proposta di legge Longo-Pertini tendevano a garantire ai coltivatori l'assistenza sanitaria in tutte le sue forme ( 3 ) Tale forza_ lavorativa viene valutata in base ad una frequenza annua di 280 giornate lavorative attribuite a ciascun membro attivo del nucleo familiare. ( 4 ) Così, p. e., le valutazioni che si accompagnavano al progetto Longo-Pertini e quelle enunciate dal relatore sulla proposta Bonomi (il democristiano sen. Grava) di fronte alla Commissione Senatoriale. Però, basandosi tali valutazioni sull'ultimo censimento della categoria che risale al 1936, non sono mancate divergenze sulle cifre: la stampa sembra avere accettato concordemente la cifra di 8.000.000. ( 5 ) Queste prestazioni sono, per competenza, così ripartite: alla Cassa comunale le assist~nze generiche a domicilio, in ambulatorio, ed ostetrica; alla Cassa provinciale le assistenze specialistiche, sanitaria ed ostetrica, e l'assistenza ospedaliera. [16] Bibloteca Gino Bianco

(e, cioè: generica, farmaceutica, ospedaliera, ambulatoria generica e specialistica, ostetrica e antitubercolare), i sostenitori del progetto Bonomi, inizialmente favorevoli alla sola assistenza ospedaliera, addivennero in seguito all'idea di garentire anche l'assistenza specialistica, ostetrica e antitubercolare. Ma l'assistenza antitubercolare già era di competenza dell'I.N.P.S. o dei Consorzi provinciali antitubercolari, come fece rilevare il socialdemocratico on, L'Eltore, t perciò i promotori del progetto Bonomi finirono per acconsentire alle prestazioni che vediamo accolte nella legge (assistenza generica, ospedaliera, specialistica e ostetrica). I socialcomunisti insistettero durante tutto il dibattito sulla necessità della assistenza farn1aceutica, indispensabile ad evitare ai coltivatori i gravi oneri derivanti dall'alto prezzo dei medicinali. Ma sappiamo che l'assistenza farmaceutica, come attuata fino ad oggi, ha condotto ad inconvenienti gravissimi e ad abusi d'ogni sorta (6 ): onde, mentre si impone un più efficace sistema di sorveglianza, sarà opportu110 cominciare col procedere ad un abbassamento dei prezzi dei medicinali, come ha auspicato il sen. Spallicci (repubblicano) nel corso d'una seduta della 10a Commissione sanatoriale (7 ). Assicurare anche l'assistenza farmaceutica avrebbe significato, nelle condizioni attualij creare notevoli difficoltà economiche al1' organismo nascente: sicchè è ben giustificata l'opposizione esercitata in questo senso dai sostenitori del progetto Bonomi. Nel corso delle sedute della Ila Commissione della Camera si ebbe ( 6 ) Un caso recente è dato dalla vertenza sorta a Napoli tra farmacisti ed I.N.A.M., a causa della prolungata insolvenza dell'Istituto, che ha condotto alla sospensìone delle prestazioni farmaceutiche agli assicurati. Sempre a tale proposito ricordiamo che il socialdemocratico on. L'Eltore fece presente alla Commissione come m~lti assicurati abbiano rivenduto le medicine più costose, ottenute a prezzi di favore, nonostante fossero contraddistinte da marchi speciali. ( 7 ) Al riguardo c'erano già delle iniziative: a prescindere dai più recenti provvedimenti del C.I.P., si era a conoscenza di un progetto di legge presentato a suo tempo dal socialista on. Pieraccini, tendente ad istituire nuove fabbriche statali di medicinali che esercitassero la concorrenza alle imprese private. Si può osservare, per il momento, che, giusto quanto ebbe a rilevare il sen. Spallicci, non sembra questo il migliore sistema allo scopo. Sarebbe certo più immediato, e probabilmente anche meno dispendioso, predisporre misure più efficienti per la conoscenza dei costi sopportati dalle imprese private, ed esercitare nel contempo la funzione calmieratrice mediante l'importazione di medicinali stranieri. Biblote·caGino Bianco •

dalle due parti una esposizione dei dati « accertati » circa i costi delle varie prestazioni: il comunista on. Cacciatore insinuò che i suoi avversari politici gonfiassero a bella posta le cifre, al fine di non concedere ai coltivatori l'assistenza in tutte le sue forme. Riportiamo qui di seguito i dati che esprimono la spesa media per assistito, preventivati, nell'ordine, dal1'on. Pugliese (democristiano, sottosegretario al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale), dall' o.n. Repossi (democristiano e relatore del progetto Bonomi) e dall'on. Cacciatore (Consigliere prov. dell'I.N.A.M.): Costo medio annuo dell'assistenza per ciascun assistito·. specialistica ospedaliera • farmaceutica . ostetrica generica (Pugliese) L. 398,25 1585,60 193,40 . (Repo~si) L. 362 1441 175,90 1400 930 (Cacciatore) L. 247 972 93 1045 598 230 914 88 956 547 · Secondo gli ultimi dati prospettati dall'on. Cacciatore, quindi, l'assistenza « integrale » avrebbe comportato una spesa complessiva per assistito di L. 2735, e una spesa media a carico della categoria (dato che lo Stato assicura un contributo fisso di L. 1500 per assistito) pari a L. 1235; secondo i dati dell'on. Repossi, invece, le due cifre sarebbero salite rispettivame11te a 4308,90 e a ·2808,90. Finalmente, le cifre in seguito fornite alla Commissione dall'i.N.A.M. davano un costo medio per assistito, esclusa l'assistenza far1naceutica, di L. 3270,95( quota a carico L. 1770,95). È da rilevare che contemporaneamente, mentre in sede di Commissione i socialcomu11isti avanzavano il sospetto che i democristiani esagerassero appositamente le spese, certa stampa comunista stigmatizzava le velleità vessatorie dei << bonomiani >> nei confronti dei coltivatori diretti, rinfacciando loro di essere stati volutamente ed eccessivamente parchi nella valutazione del costo medio (8 ). Di fronte a certe dimostrazioni, non sembra necessario spendere altre parole ad illustrare i criteri che hanno informato buona parte della critica d s opposizione. Grave errore sarebbe stato, invece, escludere dal novero delle prestazioni l'assistenza generica, ossia l'assistenza medica, in forza dello specioso ( 8 ) Cfr. in questo senso, p. es., Riforma Agraria, maggio 1954. Bibloteca Gino· Bianco.

timore, affacciato dal monarchico on. Chiarola11za, presidente dell'Ordine dei medici, secondo cui i coltivatori diretti, nel caso fosse stata assicurata tale assistenza, avrebbero preteso la visita medica ogni qual volta avessero avvertito il minimo sintomo di malessere, causando così un'<<inflazione » di esami clinici. Ma è ben preferibile correre il rischio dell' <<inflazione >> or detta - un fenomeno, del resto, affatto marginale e temporaneo, e co- - munque contenibile (9 ) - che lasciar perdurare uno stato di cose per il quale l'indigenza induce non pochi a fare a meno di ricorrere al medico anche in casi di necessità. Se a ciò si aggiunge, come ebbero giustamente a ,. rilevare anche i socialcomunisti, che i coltivatori meridionali non potranno beneficiare che in modesta misura della assistenza ospedaliera, causa !'affatto insufficiente attrezzatura nel Mezzogiorno, si comprenderà bene quan- ,, to imprescindibile fosse l'assistenza generica per garantire alla legge un minimo di utilità. L1 organizzazione strutturale. - È co1nposta da Casse mutue comunali (10 ), da Casse mutue provinciali e da una Federazione nazionale delle Casse 1nutue provinciali. L'organizzazione delle Casse e della Federazione nazionale è indicata nella tabella alla pagina seguente. Tutte le cariche sono triennali (eccezion fatta per i Direttori) e, a parte le indennità spettanti al presidente nazionalé e ai presidenti provinciali, gratuite. È prevista, inoltre, la possibilità di sostituire agli organi direttivi una gestione commissariale, in caso di vacanza degli organi stessi, di riduzione del numero dei loro membri a meno della metà, o di << necessità funzionali» ( 11 ) (artt. 5, 21, 28, 29, 36). Si deve a11zituttomettere bene in chiaro cl1e,malgrado ogni apparenza ( 9 ) Valga l'esempio dell'Inghilterra, che ha ovviato agli inconvenienti di tal genere imponendo, a quanti si sottoponevano a visita medica ottenendone una ricetta, la corre~ponsione di una somma piuttosto modesta ma tuttavia sufficiente a scoraggiare le visite mediche inutili. ( 10 ) Tali Casse comunali possono poi suddividersi in Casse frazionali, purchè in ognu~a si raccolgano almeno 100 titolari di azienda, oppure possono riunirsi in Casse intercomunali. ( 11 ) Il Commissario viene nominato: per le Casse con1unali dalle G,:unte esecutive (provinciali); per le Casse provinciali dalla Giunta centrale; oppure, per le Casse provinciali e per la Federazione nazionale, con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro del Lavoro. Bibloteca Gino Sia.neo

Asse1nblea Organo direttivo di gestione Organo esecutivo i gestione Organo di controllo Ore:ano ' direttivo tecnico . L'organizzazione dell'istitttto mutualistico Ci\SSA COì\fUNALE CA.SSA PROVINCLt\LE FEDERAZIONE NAZIONALE Costituita dai titolari di Costituita, dai presiden- Costituita dai presidenti azienda. ti delle Casse com una li. delle Casse provinciali. Si riunisce una volta l'anno (in v,i~ ordinaria). Elegge il Consiglio dire1t. tivo. ( Consiglio direttivo) 1dem. Elegge il Consiglio direttivo. Approva i bilanci, preventivo e consuntivo. (Consiglio direttivo) 15 membri. 11 membri. Elegge il presidente nel Elegge il presidente nel . . proprio seno. propr,io seno. Elegge il Comitato direttivo. Elegge la Giun,ta esecutiva. (Comitato direttivo) (Giunta esecutiva) 5 mem,bri. 5 membri. In ca·so di urgenza ha anche ma·nsioni delibe- :&:lem. rabive. (Collegio sindacale) 3 membri effettivi nominati: 2 dall'assemblea; 1 dalla Giunta esecu. tiva. 2 membri supplenti no. minati da assemblea. (Collegio sindacale) 3 membri effettivi nominati: 1 dall'assemblea; 1 dalla Federazione naziona,le. I da·l prefetto. 2 membri supplenti no1ninati: 1 da Federaz. nazion. 1 da asseroblea. (Direttore) nominato dalla Giunta centrale. Idem. Elegge il Consiglio centrale. Approva il bilancio consuntivo. (Consiglio centrale) 20 membri. Il presidente è nomina. to dal Min. del Lav. e dal Min. del Tesoro su designazione del Consiglio, tra i suoi membri o al di fuori. Elegge la Giunta centrale. (Giunta centrale) 7 membri. Idem. (Collegio sindacale) 5 membri effettivi nominati: 3 dall'assemblea.; I dal 1\f in. del La·v.; I dal l\Iin. del Tes. 2 n1embri supplenti no.. 1ninati d:1 assemblea. (Direttore) nominato dal Consiglio centrale. BiblotecaGino Bianco

e ad onta degli equivoci in cui spesso è incorsa la stampa, alla base de~l'ordi11amento assistenziale mutualistico regolato da questa legge non sta affatto la Cassa mutua coniu1iale: se mai, ma nemmeno propriamente, la Cassa mutua provinciale. Difatti, si costituisce una Federazione di Casse provinciali, ma non una Federazione provinciale di Casse comunali; i dirigenti delle Casse provinciali, inoltre, non rispondono del loro operato alle Casse comu11ali, nè i dirige11ti di queste ultime alle rispettive assemblee; i11fine, soltanto le deliberazio11i del Consiglio direttivo provinciale, riguardanti la stesura dei bilanci preventivi e consuntivi, non soggiaciono ad approvazioni << superi ori » ( 12 ). Come si è già detto, i sostenitori del progetto Longo-Pertini, sino a che nor1 fu avanzata l'jdea dell'istituto « autonomo e democratico>>, si manten11ero tenaci propugnatori della gestione I.N.A.M., soprattutto perchè così, secondo i socialcomunisti, la spesa di gestione sarebbe stata minore (13 )~ Ma dato cht, notoriamente, l'I.N.A.M. è ben lungi dall'essere un istituto i11piena efficienza, a codesta argomentazione si poteva giustamente negare ogni validità: sempre che, naturalmente, ci si proponesse di approntare il nuovo organismo con un minimo di raziocinio. Quando il se11.Grava riferì alla 10a Commissione del- Senato sulla legge in questione, già approvata dalla Commissione della Camera, fece proprie le parole dell'on. Bonomi: << Noi non intendiamo fare un grande istituto, un ca:derone, una grande costruzione, ma un organismo snello, 110n burocréltico, non centralizzato>>. Chiunque avesse meditato con la dovuta ponderazione la legge sottoposta all'esame della Com1nissi~ne, avrebbe trovato ( 12 ) Viceversa, le analoghe deliberazioni dei Consigli direttivi· comunali e del Consiglio centrale sono sottoposte, rispettivamente, alla approvazione della Gi'unta esecutiva e del Ministero del Lavoro. Va peraltro rilevato che la maggiore autonomia delle Casse provinciali, in questo senso, trova un notevole limite nell'art. 6 della legge (v. oltre). ( 1s) L'on. Cacciatore giunse persino ad affermare che <<••• l'I.N.A.M. ha calcolato (intendi: nel costo medio per assistito) una maggiorazione del 13 % per spese di gestione avendo 15 milioni di assistiti e pertanto viene ripartita su questi 15 milioni. Però, di fronte a sei miiioni e mezzo di persone, non si tratterà più .del 13%, ma del doppio ... ». Come a dire 'Che, se gli assistiti fossero 15.000, le spese di • gestione per l'istituto autonomo ammonterebbero al.,. 13.000% ! Se tanto ne viene, all'on. Cacciatore, dalla sua esperienza di Consigliere provinciale dell'I.N.A.M., ragione di più per sottrarre l'assicurazione contadina a tale Istituto. BiblotecaGino Bianco

la citazione, quanto meno, di cattivo gusto: poichè, infatti, la struttura -0rgan1zzativa posta in essere è alquanto lontana dalle pur encomiabili inter1zìo11iespresse dai << bonomiani ». Non sarebbe stato certo auspicabile che ·ogni Cassa mutua comunale o provinciale avesse agio di fare e disfare a •suo piacimento, sia pure nel solo ambito della propria circoscrizione: tuttavia non si comprende perchè, date le premesse, si sia voluto negare all'as- -semblea della mutua comunale il potere di deliberare sui bilanci, ossia il potere di approvare o sconfessare l'operato degli amministratori. L'on. Bono1nì sostenne che la riunione di una· assemblea troppo numerosa avrebbe nuociuto alla « funzionalità della Cassa mutua »: invano ribatterono gli on.li Venegoni e Cacciatore, il primo rammentando le leggi vigenti in materia di cooperazione, il secondo obiettando che, essendo l'assemblea costituita dai soli titolari d1 azienda, questa difficoltà di funzionamento non avrebbe motivo di essere (14 ). Ma forse l' on. Bonomi condivideva il parere <l{Jl'on. Roberti (M.S.I.), il quale non capiva « cosa in realtà potrebbe significare il dare potere alle assemblee di lavoratori agricoli, fino al punto (sic!) che i lavoratori stessi possano giudicare della efficienza o meno delle prestazioni avute e dell'operato di coloro che sono preposti a queste erogazioni» ... << Una struttura di questo genere sarebbe impossibile, per non dire inconcepibile », incalzò il deputato fascista: era forse tale anche per l' on. Bonomi? Oppure non si è voluto conferire tale potere perchè no1i si intendeva conferire alla mutua comunale la posizione di elemento <<base» del sistema? E forse è sempre perchè non si voleva affatto istituire un organismo propriamente autonomo, che si è limitato il potere di approvazione dei bilanci da parte delle stesse assemblee provinciali - potere al quale l'on. , Bonomi si dichiarò nettamente contrario - con la clausola che impone il -<<rispetto>>delle << norme fissate dalla Federazione nazionale» (art. 6)? Ma, allora, perchè non lo si è detto con chiarezza esplicita, perchè non si sono esposte le ragioni per cui un vero e proprio autogoverno non sarebbe :stato desiderabile (di ragioni ce ne potevano essere, ed anche di valide), ( 14 ) Si potrebbe aggiungere, a queste obiezioni, che sarebbe stato ben possibile limitare ulteriormente le pretese difficoltà mediante l'istituto della delega del voto: un istituto _consuetudinario alle assemblee amministrative e tanto più giu~tificato, nel caso presente, dalla sua adozione per le elezioni dei Consigli delle Casse comunali (v. oltre). Bibloteca Gino Bianco

. invece di andare magnificando l'iniziativa «democratica»; invece di affermare, come fece l' on. Bonomi, << che il punto veramente democratico - visto che oggi è tanto di moda (sic!) parlare di democrazia - consiste proprio in questa caratteristica» (ossia: nell'autogestione)? Se poi si guarda alla procedura per la nomina del Direttore della Cassa provinciale e per quella del presidente della Federazione nazionale; oppure all'ampia libertà conferita per le sostituzioni commissariali: si avrà un quadro più che sufficiente a dimostrare che l'auto-amministrazione, prospettata c<lesaltata come la grande i11novazionerecata dalla legge, sia ben più vicina al mito che alla realtà (15 ). Finanziamento della gestione. - Al finanziamento si provvede: 1) mediar1te un contributo annuo a carico dello Stato, fissato in L. 1500 per ciascun coltivatore diretto o familiare assistibile; 2) con un contributo a carico delle aziende, fissato, per il primo anno, in L. 12 per ogni giornata di lavoro necessaria in ciascuna azienda, contributo comunque mai inferiore ad un minimo di 80 giornate lavorative per azienda, e mai superiore ad un massimo di 150 giornate per ogni unità del nucleo familiare del coltivatore diretto titolare dell'azienda; 3) con un contributo pro-capite a11nuo,fissate per il primo anno in L. 750 per ogni assistito (16 ); 4) un ~ontributo integrativo, da stabilirsi dalla Cassa comu11ale,per la copertura dell' evc11tualemaggior costo dell'assistenza sanitaria generica e per l'estensione delle forme assistenziali facoltative (artt. 22 e 24). .l\11che qui il dissenso è stato acuto, sia per quanto riguarda la riparti- ( 15 ) Un ottimo strumento atto a precludere ogni possibilità di quegli << infeudamenti » che umiliano 1~ vita pubblica del paese, sarebbe stato, se approvato, un emendamento aggiuntivo proposto dall' on. Venegoni: « il presidente (della Federazione nazionale) non potrà rivestire altre cariche pubbliche nè essere scelto tra i rappresentanti del Parlamento o dei Consigli regionali »; ma l'emendamento fu respinto in tutta fretta e senza adeguate motivazioni. Sempre l' on. Venegoni, a proposito delle cariche gratuite e delle << eventuali indennità » di cui discorre la legge, obiettò ironicamente che << magari poi si corrispondono 200.000 lire per rimborso spese »; lo stesso presidente di Commissione, on. Rapelli, propose di stabilire categoricamente le retribuzioni: ma l' on. Bonomi tenne duro, e le cose rimasero con1e stanno. ( 16 ) È concessa facoltà agli E.C.A. di versare parzialmente o totalmente tale contributo, quando sia dovuto da famiglie bisognose. Bibloteca Gino Bianco

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