Nord e Sud - anno II - n. 6 - maggio 1955

• I Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO II * NUMERO 6 * MAGGIO 1955 Bibloteca Gino Bianco

Bibloteca Gino Bianco Un panorama di cultura moderna e specializzata offerto anche~ ai meno abbienti con vol11mi a prezzo modicissimo, in accurata edizione, e sempre]di vivo e universale interesse. ultimi volumi pubblicati: A. Toynhee - Genesi delle civiltà L. 600 Gertrude Stein - Tre esistenze L. 400 André Malraux - I conquistatori L. 500 L. Hoghen - La conquista dell'energia ( due volumi) L. 900 Hans Carossa - Adolescenza L. 550 Chiedete all'Editore il catalogo della B. C. M.

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna .. Bibloteca Gino Bianco

I ... -SOMMARIO Editoriale f 3] Manlio Rossi Doria Contadini e agricoltori nel!'avvenire del Mezzogiorno [7] Giuseppe Galasso Successi e problemi del sindacalismo libero a Napoli [21] N. d. R. Vittorio Frosini Gino Marin Salvatore Rea Luigi Amirante Giovanni Cervigni Giulio Salvi GIORNALEA PIÙ VOCI « Periferia dell'Europa» [38] La Sicilia della lncom [ 48] Emigranti in Francia [51] Taranto senza marina [57] La Mostra depressa [63] DOCUMENTIE INCHIESTE Le defezioni dal,P.C.I. in Calabria [65] Edicole di Napoli [96] IN CORSIVO [108] CRONACHEE MEMORIE Nicola Pierri 1925: La « grande paura>> [114] • LETTEREAL DffiETTORE [ 121] RECENSIONI Gilmo Ar11aldi Il Mezzogiorno e Giustino Fortu1iato [124]' Una eopia L. 300 • Estero L. 360 Abbonamenti a Italia annuale L. 3.300 semestrale L. 1.700 Estero annuale L. 4.000 semestrale L. 2.200 Effettuare i versamenti sul C. C. P. n. 3 ,'34552 intestato a Arnoldo Mondadori Editore • Milano Bibloteca Gino Bianco DIREZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 62.918.. DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI Amministrazione Rivista Nord e Sud Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Tel. 35.12. 71

Editoriale· Con l'elezione alla Presidenza della Repubblica dell'on. Gronchi - al quale inviamo il nostro rispettoso saluto, fiduciosi nell'uomo come nelle istituzioni - si sono rimescolate tutte le carte della cosiddetta "chiarificazione". Nel momento in cui scriviamo due sono le ipotesi correnti: attendere dalle elezioni in Sicilia più precise indicazioni o aprire la crisi di governo senza attendere ulteriori scadenze. Nell'uno come nell'altro caso le elezioni siciliane si svolgeranno quindi in un clima di grave incertezza; e ,:omunque sono queste elezioni che vengono ora in primo pz·anoa determinare i prossimi sviluppi della vita politica itcdiana. Infatti, pur dovendOfSi avvertire che la Sicilia resta sempre soltanto una regione del Paese - e quindi l'indicazione politica che si dovrà trarre dai risultati elettorali resta itn'indicazione limi.tata e localizzata-, siamo alla vigilia di una prova che, più o meno, ci dirà cosa è avvenuto nel Sud dopo il 7 giugno. Volgiamo quindi la nostra attenzione verso l'Isola. Il Partito Repubblicano e i socialdemocratici presenteranno liste comuni in tutti i collegi della Sicilia e condurranno una battaglia di opposizione rispetto alla D.C. ed alle sue alleanze nell'Isola. Battaglia di opposizione non solo contro quelle alleanze che hanno gove,.nato la Regione dal 1951; ma anche contro la politica che esse irtiplicavano ed implicano e che nelle vicende recentissime della legge elettorale s'è di nuovo manifestata nella disposizione della D.C. a protrarre oltre la prova delle urne la collaborazione con le destre monarchiche e fasciste, menomando al tempo stesso le possibilità di ripresa dei partiti di centro-sinistra.. I comunisti avevano reagito prontamente, offrendo ai partiti demo- .. Bibloteca Gino Bianco

..... cratici,giocati dalla D.C., una soluzione di fronte popolare. Il responsabile intervento delle direzioni nazioriali del P.R.I. e della socia/,democraziaha impeàito ogni sfaldamento di quadri locali, contrapponendo alla proposta di un fronte popolare la realizzazione dell'unità della democrazia laica. Aticora una volta, quindi, queste correnti politiche han120impartito u12a lezione di serietà, senza cedere alle lusinghe della «tattica»., che sembra esserediventata la sola divz"nitàcui partiti ed uomini politici in Italia siano disposti a sacrificare.I comunisti ora insistono nel loro tema abituale, invitando gli elettori della democrazia laica a realizzare come base elettorale quel fronte popolare che non è stato voluto dai quadri politici. E qui, in questa lotta tra fronte popolare e democrazia laica,quali che siano le dimensio12ilocali di quest'ultima, sta ora il graride motivo di interesse politico delle elezioni regionali: la democrazia laica, spinta dalla D.C. in una posi- -zio1ie dif ficili1.,simae, sposta più che mai all'azione corrosiva tradizionale dei comunisti, difende le sue posizioni rinnovando con la presentazione di liste comuni la sua qualificazio.nedi forza d'equilibrio democratico. Nell1isola che ha eletto con 40.000 voti di preferenza GaetanoMartino è spiacevoleche a questa battagliadi << terza forza » non partecipino i liberali, anche se essi sono compromessi dalla partecipazione alla maggioranza di centro-destra della conclusa Legislatura regio.1iale.Il Partito Libera/,e dell'on. Villabruna, il partito dell'Unificazione di Torino, non sarebbe venuto meno a questo impegno di coalizione della democrazia laica. Ma il partito dell'on. Malagodi non poteva essere presente, e non poteva non cercaredi forzare, proprio in Sicilia, le posizioni di Martino, conducendo la sua battaglia in concorrenza con le destre, su una piattaforma di destra agraria,rifiutando una piattaforma di democrazia laica,Ma, fra i liberali, anche in Sicilia, non mancheranno coloro che s/ rifiuteranno di aderire ad ttna simile impostazione, e sceglieranno,invece, senza esitazione, specialmente i giovani, le posizioni, liberali,della democrazialaica. Anche Unità Popolare, il partito di Parri, come il partito di Malagodi, ma12cheràall'impegno di coalizione della democrazia laz·ca.Gli esponenti di Unità Popolare voteranno per le liste del P.S.l.; e certamente essi potranno assolvereuna utile funzione se sapratJ,11s0ottolineare la differenziazione fra P.S.I. e P.C.I.; e certamente essi potrebbero concretamente agire nel sensoda noi auspicatodi sbloccarela << stretta di Palermo», la «stretta» cioè delle destre sulla D.C., mediante una « apertura al centro» da parte Bibloteca Gino Bianco

I del P.S.I. (Nord e Sud, a. I, n. J; a. II, n. 5). Ma verranno meno a questa possibilità, necessità, dovere e funzione, ove dovessero ostinarsi in un atteggiamento di pregiudiziale ostilità verso le altre forze di democrazia laica,. per una sterile ed astratta polemica retrospettiva sulle respontabilità del 18 aprile e del 7 giugno. Ancora una volta, e ci sembra doveroso riconoscerlo, fra le tante facili critiche che da destra e da sinistra si rivolgono contro i «partitini», proprio da questi è venuta una lezione di respon.sabilità.Tutte le volte che il P.R.I. o il P.S.D.l. hanno puntato i piedi - per la riforma agraria, per la riforma fiscale, per la liberalizzazione degli scambi, per la riorganizzazione dell'l.R.I., per limitare il prepotere dei monopoli, e via dicendo - la così detta stampa in,dipendente ha commentato con toni aspri le lor.o <<pretese».E tutte le volte che questi partiti hanno concluso un accordo per realizzare, in sede di governo, parte del loro. programma, si è gridato da sinistra che: essi si prestavano ad assolvere un ruolo servile nei cotifronti del partita . maggiore. . Sono queste le difficoltà obiettive di una condotta politica ispirata alle esigenze di costruzione democratica in condi.zioni di estrema difficoltà. Certo, Paccìardi e Saragat!Matteotti e La Malfa, Reale e Vigore/li, hant2r> commesso errori, hanno subìto qualche situazione che non doveva essere subìta, hanno irrigidito qualche rapporto che doveva essere trattato con maggiore elasticità: chi è nella mischia commette di"questi errori. Ma la funzione degli osservatori politici e dei gruppi di pressione complementari è di giudicare equanimamet2te, di correggere e di suggerire. Oggi, invece? è di moda, quasi, da parte di certi critici del centro-sinistra (che vanno ad allin,earsiinconsapevolmente con II Tempo e con il Giornale d'Italia), d'infierire co1i giudizi moralistici contro i repubblicani ed i socialdemocratici. A questi critici si deve dire che il loro atteggiamento è astratto e spesso ingeneroso. Noi rispettiamo quei gruppi intellettuali che cercano di superare i difficili termini del centrismoper suggerirenuove formule; rispettiamo quei nuclei politici che cercano per altre vie di allargare l'infiuenza della de1nocrazia laica; rispettiamo tutti coloro che sono impegnati a cercare nell'avvenire altri e più sicuri shocchi alla democrazia italiana. Ma rispettiamo anche coloro clze si battono in prima filaJia contatto con le maggiori difficoltà del ,presente, sbagliando magari, ma pagando sempre di persona o, ..secosì si può dire, <<dipartito».E se guardiamo con serenità [s] Bibloteca Gino Bianco

i ediinterpreti politici a questi dieci anni, vediamo che, dopo tutto, malgrado .gli errorì del 18 aprile o del 7 giugno, molte delle cose che si son fatte per la difesa e lo sviluppo della democrazia italiana, e molte delle cose che non si sono fatte contro la democrazia italiana, possono, anzi devono, essereascritte fra i meriti dei Saragat e dei Pacciardi, dei La Malfa e dei Cattani, dei Carandini e dei Villabruna, della socialdemocrazia,del partito che per ironia suole essere definito «storico>>d, ella altrettanto ironizzata sinistra liberale. Basti pensare, per verificare questo giudizio, al cieco rancore con cui da destra si guarda a questi uomini e a queste correnti politiche. Se Democrazia Cristiana e Partito Socialista avessero dimostrato lo stesso senso di responsabilità,la stessadedizione allo Stato ed al paese, forse la situazione italiana sarebbe oggi abbastanza chiara, e non si dovrebbe reclamare una così problematica <<chiarificazione». L'on. Nenni imposta il problema dell'apertura a sinistra come quello del colloquio fra cattolici e socialisti, invece che come quello dei nuovi rapporti fra centro democratico e socialismo. Con prova generale in Sicilia, si vuol da parte di alcuni riproporre un 18 aprile democristiano, da parte di altri un 7 giugno frontista. Nello stessotempo si vuole addossareal P.R.l. ed al P.S.D.l. responsabilità che vanno addossate al sottogoverno della D.C., e si vuole ancora una volta chiamare in causa l'arrendevolezza verso la D.C. da parte del P.R.I. e del P.S.D.I. per colpe che chiamano in causa l'arrendevolezza frontista di molti· democratici italiani. Nel momento in cui mettono radice questi equivoci, noi, altre volte severamente critici contro i cosidetti partiti mino.ri, crediamo più che mai nece,i5sario - per tener ferme le esigenze permanenti della democrazia italiana - formulare una ideale dichiarazione di voto per la Si.cilia,a favore delle liste unitarie del · P.R.I. e del P.S.D.I.. [6] Bibloteca Gino Bianco

• Contadini e agricoltori nell'avvenire del Mezzogiorno di Manlio Rossi Doria _Il discorso sviluppato nel precedente articolo (1 ) non può esser ripreso al punto ove era stato interrotto. Esso va proiettato nell'avvenire. Dobbiamo, cioè, prima rispondere alla fondamentale domanda di quale possa e debba essere l'avvenire dell'agricoltura meridionale. Per l'agricoltura d'ogni paese e ancor più per quella del Mezzogiorno cl'ltalia può dirsi che siamo giunti alla maturità dei tempi. Il distacco tra la tecnica e l'organizzazione produttiva di un'agricoltura primitiva e di un'agricoltura evoluta, relativamente modesto sino a trent'anni fa, si è dopo d'allora allargato, giorno per giorno, in tal misura da rendere oggi assolutamente insostenibile la posizione dei paesi che non sanno rinnovarsi. Il più profondo rinnovamento è, perciò, indispensabile per l'agricoltura me- • ridio11aleed è alla luce di questa fondamentale esigenza che vanno considerati anche i problemi sociali di queste regioni. L~ strade del rinnovamento sono note. Nel settore in cui l'agricoltura meridionale ha già attuato ordinamenti intensivi, questi debbono e possono essere resi più produttivi, più stabili e meno costosi mediante una metodica revisione di molti aspetti della tecnica culturale, un'ulteriore intensificazione degli investimenti, una sostanziale riduzione degli impieghi di mano d'opera e principalmente mediante la ( 1 ) L'evoluzione delle campagne meridionali e i contratti agrari in << Nord e Sud » n° 5, Aprile 1955. Bibloteca Gino Bianco

organizzazione moderna della raccolta, conservazione, vendita e trasformazione industriale dei prodotti agricoli (2 ). Nel settore in cui l'agricoltura meridionale resta, invece, ancora caratterizzata dagli ordinamenti estensivi, la situazione va realisticamente affrontata lungo due principali direttive: quella della loro trasformazione - dove ciò sia possibile - in ordinamenti intensivi modernamente orga- _!Jizzatie resi stabili o altrimenti - dove tale trasformazione non risulti economicamente conveniente - quella del consolidamento degli stessi ordinamenti estensivi. Tale consolidamento andrà realizzato, nelle terre più povere e acclivi, mediante l'abbandono della cultura e il ritorno alla utilizzazione pascoliva e boschiva (sia pure migliorata sulla base della corrispo11dente tecnica moderna), mentre che sulle terre migliori - caratterizzate, tuttavia, dalla severa incidenza delle aridità, dalla impossibilità del ricorso alla irrigazione e dalla non convenienza degli impianti arborei, ossia dalla impossibilità del passaggio agli ordinamenti intensivi - tale consolidamento potrà essere realizzato mediante l'instaurazione di ordinamenti cerealicolo-foraggeri estensivi, basati st1lla meccanizzazione più spinta e sul ritorno agli allevamenti bradi, sia pure modernamente controllati e potenziati (3 ). . ( 2 ) N'ei riguardi della tecnica culturale bisogna particolarmente mirare alla sostituzione di molte delle varietà coltivate, al miglioramento dei metodi di potatura, lavorazione e concimazione, e alla lotta sistematica contro le cause nemiche. Con l'intensificazione degli investimenti pensiamo principalmente a quelli relativi alla buona sistemazione dei terreni, alla utilizzazione piena e razionale delle risorse irrigue, allo svecchiamento e rinnovamento degli impianti arborei. Quanto alla riduzione degli impieghi di mano d'opera e alla conseguente riduzione dei costi di produzione ci riferiamo, oltre che alla meccanizzazione in tutte le sue forme, al miglioramento tecnico degli strumenti di lavoro anche i più modesti, alla sistemiatica razionalizzazione delle operazioni culturali e aziendali, alla riduzione o modernizzazione del trasporto dei lavoratori· e delle cose dai luoghi di residenza o di conseguimento a quelli d'impiego. Per quanto riguarda, infine, l'organizzazione del mercato e della trasformazione industriale dei prodotti agricoli troppo noti sono gli infiniti aspetti che un processo di modernizzazione assume. In ciascuno di questi campi la strada da percorrere nel Mezzogiorno è enorme e lo sviluppo re'lativo dovrà essere accompagnato e realizzato mediante un'assidua azione di sperimentazione, di educazione e di assistenza tecnica. ( 3 ) Queste prospettive per le zone estensive sono, per così dire, le prospettive [8] BiblotecaGino Bianco

È sufficiente un così breve accenno alle vie per le quali l'agricoltura meridionale può solo rinnovarsi e svilupparsi, per intendere quanto profonde debbano essere le trasformazioni strutturali e organizzative nella società agricola meridionale. Da un lato, infatti, quelle innovazioni, dovendosi e potendosi solo realizzare attraverso l'azione del singolo e sotto lo stimolo della sua individuale convenienza, richiedono una continuità e una stabilità delle imprese individuali molto maggiori di quelle che attualmente caratterizzano la situazione delle imprese agricole del Mezzogiorno. Dall'altro lato, quelle . stesse innovazioni, dovendosi e potendosi solo attuare attraverso l'accordo e lo sforzo cooperativo degli operatori economici, richiedono la costituzione e la continuità di azione di salde organizzazioni cooperative (4 ). Queste, che finali, corrispondenti ad una situazione nella quale gli uomini siano conservati all'agricoltura non perchè non sanno dove altrimenti andare, ma perchè nell'agricoltura trovano un'occupazione, un reddito, un soddisfacimento dei propri bisogni altrettanto elevati quanto quelli che potrebbero trovare nelle attività non agricole. È, infatti, a questa prospettiva che dobbiamo anche noi, seppure con l'anticipo di qualche decennio, cominciare a guardare, come oran1ai fanno le popolazioni agricole degli altri paesi europei, modernamente sviluppati. Ciò non toglie che, prima di raggiungere una tale situazione, occorrerà passare attraverso altre situazioni intermedie nelle quali il processo di sfollamento delle campagne, di modifica dei rapporti contrattuali, di ordinamento delle imprese, sarà tutt'altro che compiuto e porrà, con la sua incompletezza, problemi difficili e soluzioni meno razionali. In quest'articolo, tuttavia, dedicato ad illustrare, per così dire, la conclusione secolare di una evoluzione secolare, su queste fasi intermedie e gli infiniti loro aspetti e problemi di proposito non ci si vuol fermare. ( 4 ) Questa duplice affermazione può apparire contraddittoria e non lo è. La caratteristica delle innovazioni tecniche in agricoltura, delle quali si è fatto cenno sopra, è, infatti, duplice. Da un lato esse sono capaci di dare tutto il loro rendimento solo se applicate con estrema diligenza, quale è appunto solo pensabile da parte di produttori autonomi, educati e personalmente interessati alla produzione come tali - ed è questo il caso della più gran parte delle operazioni colturali -; esse risultano cioè più efficaci se l'azienda in cui si attuano è piccola e sotto 'il continuo e diretto controllo del produttore. . ., Dall'altro, esse si riferiscono all'azione congiunta di tutti i produttori di un~ determinata zona, ossia ad operazioni su vasta scala. Come tali - ed è questo il caso Bibloteca Gino Bianco

oggi _praticamente non esistono nel Mezzogiorno, possono sorgervi - come sono sorte altrove - solo se saranno l'espressione di un processo educativo <li piccoli e medi imprenditori, sufficientemente solidi per poter guardare all'avvenire e sufficientemente omogenei per non temere d'esser schiacciati dai più grandi di loro. Il rafforzamento e la stabilizzazione delle imprese nel senso ora indicato non è, tuttavia, un processo facile, ma tale che può realizzarsi soltanto attraverso la selezione e il riordinamento delle imprese esistenti, ossia attraverso la revisione della loro stessa ampiezza e composizione, dei rapporti ' che le legano alla proprietà terriera, dell'impiego di mano d'opera che le • cara tter1zza. Entriamo così nel tema centrale di quest'articolo e ci ricolleghiamo all'articolo precedente. Il riordinamento delle imprese agricole del Mezzogiorno ed una sostanziale ri.duzione nell'impiego di mano d'opera da parte loro sono, come gli altri aspetti che sopra si elencavano - stabilità delle imprese e loro organizzazione cooperativa - le condizioni stesse del rinnovamento e dello sviluppo dell'agricoltura meridionale, ma nello stesso tempo debbono necessariamente essere il risultato di una specifica politica agraria. * * * Dopo questa premessa, che fissa i caratteri e le necessità dell'avvenire, possiamo finalmente trarre le conseguenze della lunga analisi esposta nell'articolo precedente. In quell'articolo si è dimostrato come, nello spazio di meno di due secoli, l'agricoltura meridionale abbia subìto un doppio processo evolutivo. Durante i primi 130 anni, dal 1750 al 1880, l'iniziativa della trasformazione è rimasta nelle mani della nuova proprietà borghese, che si è dimostrata capace non soltanto di liquidare le forme precedenti di possesso terriero dell'applicazione di alcuni mezzi tecnici (irrigazione, lotta• contro le cause nemiche) e principalmente della conservazione, collocamento e trasformazione dei prodotti - esse risultano efficaci solo se gli impianti e l'organizzazione sono ben ampi ed articolati e se, nello stesso tempo, questi riescono a combinare una tale loro caratteristica con la diretta, individuale partecipazione dei singoli, ossia se si organizzano nelle forme cooperative. Bibloteca Gino Bianco

• instaurando il regime giuridico della libertà e della certezza della proprietà privata, ma anche di essere la protagonista principale degli investimenti fondiari e della responsabilità dell'impresa agraria. Con graduale processo evolutivo contrario, tuttavia, negli ultimi settant'anni questa stessa proprietà borghese è venuta assumendo carattere di proprietà redditiera, è venuta cioè cedendo la responsabilità dell'impresa alle classi contadi11e, che sempre più chiaramente hanno assunto esse carattere di classi imprenditrici, · anche se solo limitatamente sono riuscite finora a trasferire nelle proprie mani la corrispondente proprietà terriera. Confrontando queste conclusioni dell'analisi passata alle condizioni indicate all'inizio del presente articolo come essenziali per il rinnovamento e lo sviluppo dell'agrisoltura meridionale, le conseguenze sono quanto mai :sen1plici ed evidenti. 1) Il processo di formazione e stabilizzazione dell'impresa contadina, principalmente per effetto della evoluzione dei contratti agrari, è ormai, anche nel Mezzogiorno, così avanzato da non poter essere più invertito,· salvo che in casi marginali. Esso, d'altra parte, corrisponde ad un a11alogo processo -yerificatosi (anche se attraverso processi evolutivi diversi) negli altri paesi a pieno e libero sviluppo economico ed è tale da potersi adeguare alle esigenze della moderna evoluzione tecnica e organizzativa della produzione agricola. Questo processo va, pertanto, sostenuto e accelerato sino a determinare, da una parte, mediante uno stimolato processo di esodo rurale, una riduzione di numero delle imprese stesse che consenta singolarmente loro una maggiore ampiezza e consistenza e, d'altra parte, mediante la riforma dei contratti agrari ed una esplicita azione di sostegno, la elirni11azione dell'attuale scissione tra impresa e proprietà, ossia la formazione della proprietà familiare contadina. 2) Malgrado il peso che si riconosce alle imprese familiari contadine e l'avvenire che si prospetta per esse, sarebbe un errore considerare chiusa l'epoca della media o anche grande azienda capitalistica in agricoltura. Uno dei principali danni dell'evoluzione << redditiera >>della proprietà borghese nel Mezzogiorno d'Italia è rappresentato appunto dal fatto che all'impresa capitalistica sono stati posti limiti di convenienza troppo ristretti e non sono state accordate condizioni di stabilità. Ridotta o eliminata la concorrenza delle forme << redditiere>> di godimento della proprietà, l'impresa .. Bibloteca Gino Bianco

capitalistica può riguadagnare un posto abbastanza grande nell'agricoltura meridionale. Tale posto può esserle assicurato, con generale vantaggio, grazie alla superiorità tecnica ed economica che la maggior dimensione del1'impresa, la maggior disponibilità di capitali, il più facile ricorso al credito e la più solida situazione rispetto all'instabilità dei mercati sempre assicureranno alla media e grande impresa rispetto all'impresa familiare. In particolare, nei luoghi nei quali deve ancora attuarsi un radicale processo di trasformazione fondiaria, ogni sforzo deve essere fatto per facilitare la ripresa e il consolidamento di questo tipo d'impresa, che meglio e più agilmente di altri si è dimostrato capace di attuare lo sforzo rapido e massiccio della trasformazione degli ordinamenti agrari. 3) Opportunità di determinare un processo di diradamento e stabilizzazione delle imprese familiari contadine ed opportunità di riguadagnare spazio alle imprese· capitalistiche non si contraddicono, ma solo convergono a dimostrare la convenienza per la collettività di scoraggiare e progressivamente eliminare le forme « redditiere » di godimento della proprietà terriera. La possibilità giuridica e pratica della scissione tra l'impresa e la proprietà terriera ha, infatti, progressivamente tolto a questa il carattere funzionale e ne ha di conseguenza accentuato il carattere di privilegio sociale e monopolistico. Le rendite e i valori fondiari, sotto la pressione di popolazioni agricole troppo dense e della periodica svalt1tazione degli altri beni, hanno assunto troppo spesso valori monopolistici ben diversi da quelli differenziali, che soli l'analisi economica giustifica, e in quanto tali hanno rappresentato ostacolo alla stabilità delle imprese e al progresso dell'agricoitura. La eliminazione della proprietà <<redditiera>>,privilegiata e senza alcuna funzione, se non accidentale, nel processo produttivo, è, pertanto, nell'interesse della collettività, anche se il processo, attraverso il quale essa si attuasse, dovrebbe tener conto del fatto che a una tal proprietà « redditiera >>sono oggi interessate vaste categorie sociali, che può non convenire di espropriare improvvisamente e unilateralmente. * * * Ho voluto dare alle tesi sopra esposte la formulazione più esplicita perchè ritengo che solo affrontando il problema alla radice è possibile eliminare gli equivoci nei quali continuamente ci si dibatte nella trattazione Bibloteca Gino Bianco

di questi argomenti e perchè vedo in esse il fondamento di una politica agraria capace di avviare a soluzione i difficili problemi di queste regioni - e non di queste soltanto - nell'ambito di una libera economia di mercato, che sola conviene alle agricolture complesse, differenziate e intensive, come è appunto e sarà quella del Mezzogiorno d'Italia. Mi rendo conto di aver dato così al problema una impostazione inconsueta e di rischiare, pertanto, d'essere frainteso e di vedere quelle tesi respinte, prima ancora che discusse. Non resta, tuttavia, altro che accettare quel rischio e tentare di ridurlo continuando il discorso, cercando, cioè, di dar concretezza alla formulazione della politica agraria, che è - come di- . eevo - implicita in quelle tesi fondamentali. Tre dovrebbero essere gli obiettivi e gli strumenti della politica agraria: a) la riforma dei contratti agrari; b) la più larga formazione e il riordino della proprietà familiare coltivatrice; e) la difesa dell'impresa capitalistica. La riforma dei contratti agrari dovrebbe avere lo specifico scopo di scoraggiare e limitare la proprietà fon diaria con esclusivo o prevalente carattere << redditiero » mediante la rigorosa regolazione delle disdette sulla base del principio della giusta causa: e mediante la sostanziale riduzione d'imperio dei redditi padronali a vantaggio dei redditi di lavoro. Al fine, quindi, di rendere effettiva questa duplice limitazione del diritto di proprietà, una legge di riforma dei contratti agrari dovrebbe non soltanto stabilire l'esatta procedura per la determinazione dei massimi canoni di affitto o delle massime quote padronali nel reparto dei prodotti e per il loro adeguamento alle diverse circostanze, ma dovrebbe anche costituire efficienti organi per il controllo dell'applicazione della legge e fissare le sanzioni per gli inadempienti (5 ). ( 5 ) Nel disegno di legge di riforma dei contratti agrari attualmente in discussione, con1e è noto, non è indicata la procedura per la determinazione del cosidetto << equo canone» e la determinazione delle quote di riparto è fatta con grossolano criterio empirico, che potrebbe non corrispondere· all'intento della legge, se questo dovesse essere la eliminazione dei redditi di carattere monopolistico. È evidente, a mio avviso, la necessità che a un tale inconveniente si metta rimedio, stabilendo esattamente il procedimento estimativo al quale le Commissioni per la determinazione · dell'equo canone dovrebbero attenersi. Nell' << Annuario dell'agri·coltura italiana» del Bibloteca Gino Bianco .,

Il risultato fondamentale dell'applicazione di una legge di riforma dei contratti agrari di questo genere dovrebbe essere, pertanto, una sostanziale riduzione dei redditi padronali e dei valori fondiari, tale da porre chiaramente ai proprietari l'alternativa: di vendere la loro terra, di assumere direttamente l'onere dell'impresa o di accettare le nuove condizioni, salvo a modificarle con contratti aggiuntivi nel caso in ct1i il proprietario riuscisse a stipulare con il coltivatore accordi speciali come corrispettivo di un suo apporto ·di capitali (6 ). 1950 (pag. 392) è detto al riguardo che <<qualcuno (e quel <<qualcuno», non foss'altri, ero io che scrivevo) ha anche osservato che, così come è formulato, l'articolo sull'equo canone non offre alcuna garanzia che il lavoro delle Commissioni possa effettivamente correggere la generale, talvolta gravissima sopravalutazione dei canoni d'affitto corrisposti dai coltivatori, perchè non indica il metodo per il calcolo dell'equo canone». <<Difatti - era anche detto - le Commissioni hanno stabilito dei metodi di calcolo e si sono appoggiate a periti professionali, tuttavia si ha spesso l'impressione che si tratti di metodi empirici, diversi da caso a caso, e che il controllo perequatore manchi~ mentre il disegno di legge non apporta a questo riguardo nessuna innovazione e indicazione. Il capoverso che chiude l'art. 29 sull'equo canone (si fa riferimento al progetto di legge Segni quale fu approvato dalla Camera), nella sua apparente determinatezza, a giudizio di alcuni, non dice nulla: affermare, infatti, che in ogni caso. il canone non potrà essere comunque superiore all'interesse annuo del quattro per cento netto del valore commerciale del fondo non ha senso, dato che il valore commerciale del fondo in realtà, fino a quando il fondo non è messo in vendita, è ignoto e per stima non è altro che il valore locativo capitalizzato. Più saggiamente il testo proposto sia dal Ministro che dalia Commissione non conteneva questa inutile aggiunta, interpolata durante la discussione degli articoli in Assemblea». Per quanto riguarda gli organi di controllo dell'applicazione della legge e le sanzioni contro gli inadempienti si dovrebbero adottare lo stesso realismo e lo stesso rigore usati nel secolo scorso in Inghilterra e altrove per l'applicazione delle leggi per la eliminazione del lavoro dei fanciulli. Non bisogna, infatti, dimenticare che il gioco delle forze in questo campo è tale da impedire il funzionamento di qualsiasi legge che non disponga degli strumenti e della procedura capaci di renderne . effettiva l'applicazione. Le organizzazioni sindacali, d'altra parte, che, nel campo del lavoro a salario nelle industrie, riescono, e non sempre, a imporre e far rispettare norme ed accordi, nel campo dei contratti agrari o non esistono o sono troppo deboli per· conseguire resultati corrispondenti, almeno nelle condizioni prevalenti nell'Italia Meridionale e nelle Isole. ( 6 ) È questa una proposta che m'è venuta spontanea nel ragionare, ma che non ho sufficientemente meditato. In altri termini a me sembra che, una volta BiblotecaGino Bianco

È evidente che, così concepita, la riforma dei contratti agrari no11solo limita il diritto di proprietà, ma elimina qualsiasi, libertà di contrattazione. Essa, infatti, parte dalla constatazione che la libertà di contrattazione ha per effetto sostanziale l'imposizione di redditi fondiari di carattere monopolistico (7 ) e il mantenimento in condizioni di precarietà •dell'impresa coltivatrice nel momento stesso in cui questa diviene esclusiva responsabile del processo produttivo. Essa parte, cioè, dalla constazione che tale libertà ha per effetto il mantenimento di condizioni contrarie all'interesse collettivo. Unica preoccupazione attenuativa della riforma potrebbe essere quella di consentire il ritorno della proprietà alla responsabilità dell'impresa o la partecipazione della stessa al processo di trasformazione e intensificazione deli'agricoltura, ciò che può essere appunto assicurato lasciando aperte le due alternative di cui sopra si è parlato. - È principalmente sulla base dei risultati di una legge di riforma dei contratti così concepita che diverrebbero possibili ed efficaci gli altri due obiettivi e strumenti della politica agraria precedentemente indicati. fissato in una certa modesta misura il canone o la quota di prodotti che il coltivatore deve corrispondere come semplice << reddito fondiario», si possono stipulare accordi complementari a compenso degli eventuali apporti in capitale per migliorie, scorte, anticipazioni, ecc. È evidente, tuttavia, che tale possibilità non dovrebbe tramutarsi in una scappatoia per non rispettare la legge e che gli organi di controllo dovrebbero esercitare una particolare vigilanza al riguardo. ( 7 ) Adopero qui, come ho già adoperato poco prima, il termine di redditi monopolistici. In questo dopoguerra si è parlato a lungo tra noi dei cosidetti << monopoli terrieri », ma con prevalente riferimento al fatto che la concentrazione della proprietà fondiaria impediva la formazione d'un mercato terriero e quindi l'accesso alla pro• prietà da parte dei contadini che avessero i mezzi per l'acquisto. Sul carattere monopolistico dei redditi fondiari derivati dall'applicazione dei contratti di affitto e colonia a coltivatori diretti, non soltanto nel caso delle terre nude, ma anche in quello delle terre trasformate, non possono esserci dubbii la conferma trovandosi tra noi nella stessa diffusione di quei contratti e nel confronto dei redditi fondiari malgrado che a quei contratti corrispondano spesso terre più povere e organizzazioni aziendali meno razionali e quindi tali da assicurare in teoria rendite fondiarie o nulle o assai modeste. Non c'è, quindi, bisogno, per giustificare l'uso del termine, di disturbare Carlo Marx e la sua teoria della rendita assoluta, ma basta riferirsi ad Alfredo Marshall, il quale esplicitamente riconosceva essere la rendita pagata dalle piccole imprese « sometimes at a scarcity value », ossia una rendita di monopolio. [15] Bibloteca Gino Bianco ,

Fino a quando il mercato fondiario resterà caratterizzato dalla sopravvalutazione dei terreni in conseguenza della concorrenza dei coltivatori e della capitalizzazione di redditi fondiari monopolistici, la formazione di proprietà coltivatrice potrà solo verificarsi - come è avvenuto in passato - o in conseguenza di eccezionali svalutazioni monetarie, o a così duro prezzo da lasciare la proprietà coltivatrice tanto indebitata ed esausta da potersi difficilmente consolidare e migliorare. La drastica riduzione dei canoni di fitto e di conseguenza dei valori fondiari è, perciò, la condizione prima di _ quella politica di espansione della proprietà coltivatrice che rappresenta la mèta finale del processo di formazione e stabilizzazione delle imprese contadine. ,I L'aumento dei redditi contadini e la spinta a vendere da parte dei molti proprietari, che non intendessero avvalersi delle altre alternative a loro lasciat~, rappresenterebbero, d'altra parte, condizioni favorevoli alla realizzazione di un tale obiettivo, il quale, naturalmente, avrebbe a11chebisogno di essere complementarmente perseguito mediante una apposita politica di credito e di assistenza tecnica. Qualcosa di analogo può anche dirsi nei riguardi del terzo degli obiettivi e strumenti della politica agraria proposta, ossia della difesa dell'impresa capitalistica. Non v'è dubbio, infatti, che una profonda modifica dei contratti agrari avrebbe anche l'effetto di un elevamento dei salari agricoli e di un miglioramento di q11ei contratti di compartecipazione a singoli prodotti, che si praticano nelle aziende ad impresa capitalistica; e che, sot~o questo riguardo, la_riforma potrebbe accrescere, almeno in alcuni luoghi, le difficoltà dell'imprenditore, ma la riduzione dei valori fondiari e dei canoni di affitto gioverebbe sempre all'imprenditore, sia nel caso del proprietario conduttore, che sarebbe certamente in grado di conseguire redditi. più elevati di quelli bloccati, sia, ed ancor più, nel caso dell'affittuario capitalista, la cui sorte è oggi spesso precaria proprio in conseguenza dell'eccezionale livello dei valori fondiari e dei canoni. È difficile, naturalmente, far previsioni sulle possibili conseguenze di un così vasto rivolgimento di valori, tanto più che esso va prospettato in un quadro futuro di cui non si conoscono nè il sistema dei prezzi nè le caratteristiche della tecnica produttiva, ma è certo che - ridotto anche il settore del!'agricoltura alla normalità economica, mediante l'eliminazione delle situazioni di privilegio connesse ai contratti agrari - la superiorità Bibloteca Gino Bianco

della media impresa capitalistica potrà dimostrarsi su scala assai più larga di quella consentitagli dalla situazione attuale. Una delle obiezioni che più spesso si sentono opporre ad una riforma dei cont~atti agrari è che questa interromperebbe quel flusso dei capitali dalle città o dallo stesso risparmio dei possidenti alle campagne, che è essenziale alla trasformazione dell'agricoltura in un paese arrestrato, quale è appunto il Mezzogiorno d'Italia. Se il flusso si riferisce ai terreni attualmente condotti da imprese coltivatrici legate ai contratti agrari, l'affermazione può essere vera, anche se la perdita risulterebbe modesta tanto modesti sono stati negli ultimi decenni gli investimenti di questo tipo. In ogni caso, tuttavia, una tal perdita - che almeno in parte sarebbe compensata dal maggiore risparmio e investimento contadino, reso più facile d'altronde dalla maggiore stabilità delle imprese - sarebbe più che ripagata dalla più larga attrazione esercitata sui -capitali cittadini dalla possibilità di espansione delle imprese capitalistiche. Va da sè che una tale possibilità di espansione non può risultare soltanto come un effetto indiretto della riforma dei contratti agrari, ma deve essere anche assicurata da una specifica azione di difesa dell'impresa capitalistica, che consenta a questa di muoversi liberamente alla ricerca del proprio equilibrio economico, una volta liberata dalle limitazioni e dai pesi che oggi l'appesantiscono. Quanto finora sono venuto dicendo si accorda con quanto ho detto all'inizio di questo articolo circa le vie del rinnovamento dell'agricoltura meridionale. È evidente che la politica prospettata, se anche cominciasse subito, potrebbe manifestare i suoi effetti solo nel corso di due o tre decenni, che sono anche quelli per i quali ci prospettiamo un generale processo di industrializzazione del nostro paese. Considerato dall'angolo visuale dell'agricoltura, un processo di indu- ' ·strializzazione si presenta anzitutto nelle vesti di un processo di esodo rurale, determinato dalla attrazione dei maggiori reddit~ di lavoro conseguibili nelle attività industriali rispetto a quelli inizialmente possibili nelle attività agricole. \ ,I Bibloteca Gino Sia.neo

..... Il processo di esodo rurale, a sua volta, è condizione indispensabile per lo sviluppo e l'ammordernamento dell'agricoltura, purchè esso non sia spinto oltre i limiti del conveniente dal persistere di condizioni eccezionalmente disagiate nelle campagne. Come tutte le agricolture povere e squilibrate, quella del Mezzogiorno potrebbe venire, infatti, travolta da un processo di rapida industrializzazione, invece di risultarne alleggerita e potenziata. Solo imprese di una certa consistenza e non sovraccariche di mano d'opera esuberante sono capaci di realizzare quel complesso di innovazioni,. delle quali abbiamo parlato all'inizio di questo articolo e nelle quali si sostanzia il progresso tecnico ed economico dell'agricoltura. Tuttavia tali imprese possono esser capaci del rinnovamento solo se hanno stabilità e sicurezza dell'avvenire e se, come tali, hanno potuto avviare un processo di organizzazione e di modificazione dell'ambiente. Ciò significa - ripetiamo ancora una volta - che l'agricoltura meridionale potrà avere un avvenire di progresso solo a patto di disfarsi al più presto e nel modo più completo possibile della proprietà redditiera di qualunque ampiezza e carattere, divenendo - come è quella dei paesi agrariamente più evoluti ed equilibrati - una agricoltura integralme11te affidata a stabili categorie di contadini e di agricoltori proprietari. È talmente ovvia una tal conclusione che non dovrebbe esserci alcuna esitazione nella immediata e coerente approvazione e applicazione della politica che sola vi corrisponde. Senonchè - e questo articolo non assolverebbe al suo compito se non lo dicesse esplicitamente - siamo ben lontani da questa unanimità di consensi ed è probabile che continueremo ad esserlo per molto tempo. La ragione di una tal previsione, infatti, è che, malgrado che nel Mezzogiorno, come altrove, prevalgano le forze sociali e politiche interessate a una tale impostazione e risoluzione dei problemi, queste sono oggi dominate dagli spettri del passato e cl.aiconflitti del presente e di conseguenza incapaci di guardare le linee di sviluppo e le prospettive dell'avvenire. I contadini e gli agricoltori, che dovrebbero muoversi nel senso indicato, si agitano e si muovono molto spesso in direzione opposta proprio perchè, dominati dalle preoccupazioni del passato e del presente, s0110 in-- certi e confusi nei riguardi -dell'avvenire. Gli agricoltori sono così dominati da quel che è avvenuto attorno a Bibloteca Gino. Bianco

loro da non saper riconoscere da qual parte stia il loro interesse. Invece di sentirsi, come imprenditori, sicuri di sè, vicini e solidali con i contadini, che sono oramai imprendit~ri come loro, si aggrappano alla difesa inte- ·grale della proprietà redditiera che nello spirito e nella sostanza rappresenta l'opposto di quel che essi sono e costituisce una minaccia e un ostacolo per la loro esistenza. I contadini, a loro volta - divisi tra loro, ancora stretti nella morsa - <lella precarietà e onerosità dei contratti, sovraccarichi delle eccedenze demografiche che ne riducono i redditi già modesti, ignoranti e i11capacidi quel miglioramento che già sarebbe possibile nelle loro imprese - non misurano la strada già da loro percorsa e non individuano in modo preciso le mète possibili della loro personale attività e della loro lotta collettiva, preferendo perdersi i_nuna protesta indifferenziata e inconcludente, che li allontana dalla risoluzione dei loro problemi invece di avvicinarveli (8 ). La conseguenza è, in questo campo come in altri, che, invece di lavorare concretamente alla risoluzione dei problemi, seguendo le linee che la stessa naturale evoluzione ha segnato e che la ragione addita, si batte il passo e ci si perde in azioni inconsistenti. L'evoluzione indicata, che io ritengo inevitabile, si realizzerà, pertanto, ma con ritardo, perchè, già matura, per co,sì dire, nelle cose, non lo è ancora nelle coscienze. ( 8 ) Quando si scriverà, col distacco che oggi non può esservi, la storia di questo decennio di vita democratica, molto ci sarà da dire su questo sviamento delle forze attive del Mezzogiorno dalle linee del loro naturale e ragionevole sviluppo e la responsabilità dei gruppi politici che hanno goduto in questi anni della fiducia di quelle forze apparirà in tutta la sua evidenza. Il partito comunista, in particolare - divenuto in questi anni, per i suoi meriti e per la tradizione e posizione i1npersonata, il portavoce e il centro di raccolta di molti degli individui più combattivi e capaci fra i contadini meridionali - ben poco ha potuto fare per migliorare gradualmente la sorte dei contadini e per far progredire quel processo di forn1azione e stabilizzazione delle loro imprese, nel quale è l'avvenire di una parte almeno dei lavoratori meridionali. La ragione di questo insuccesso va ricercata non tanto nel carattere delle agitazioni sviluppate, che pur rappresentano un mo1nento importante di quel processo; non tanto nella resistenza opposta dalle classi possidenti, quanto nel fatto che - respingendo una prospettiva riformistica - da parte del partito comunista non si sono potuti consolidare i resultati più notevoli di quelle agitazioni nelle uniche forme, moderate e riformistiche, nelle quali ciò sarebbe stato possibile. Bibloteca Gino Bianco

Perchè lo divenga occorre lavorare intensamente nel Mezzogiorno. La lotta per la riforma dei contratti agrari non si risolverà solo in parlamento, ma dovrà concretamente svilupparsi in ogni luogo con la moderazione e l'ostinazione di un'azione riformistica che le campagne n1eridionali ancora troppo scarsamente conoscono. L'azione diretta all'allargamento della proprietà coltivatrice, al s110 riordinamento, alla sua assistenza e trasformazione ha anche bisogno di un'azione capillare, di esempi, di iniziative individuali, del loro coordinamento, in modo da rendere sempre più efficace una legislazione che già esiste e potrà essere rafforzata. Lo stesso si dica per il co11creto avvio delle orga11izzazioni cooperative, dell'assistenza tecnica, dell'educazione popolare, campi tutti che richiedono accordi iniziali di piccoli gruppi, lavoro paziente, sviluppo graduale delle • • • • 1n1z1at1ve. Le strade di sviluppo del Mezzogiorno sono queste, non altre. Ma perchè siano molti coloro che si decidono a percorrerle, occorre anche avere una visione chiara di quel che è successo e di quel che succederà, del processo evolutivo nel quale viviamo, delle sue mète possibili, degli sforzi che occorrono per raggiungerle. È per questa convinzione e con questa intenzione che ho voluto tentare questo esame del passato e del possibile avvenire dell'agricoltura meridionale. Ora che l'ho finito, riconosco quanto di arbitrario e di incerto esso contenga, ma nè arbitraria nè incerta mi sembra la visione d'insieme dei problemi, e in ogni caso meritevole di ulteriore meditazione. BiblotecaGino Bianco

Successi e problemi del sindacalismo libero a Napoli ,, di Giuseppe Galasso ·Abbiamo sotto gli occhi il quadro completo delle elezioni sindacali svoltesi negli stabilimenti ed aziende napoletane dal gennaio 1954 all'aorile 1955. > È, questo delle elezioni sindacali, un argomento che da qualche tempo compare con inusitata frequenza nelle pagine dei nostri giornali, senza peraltro che, in generale, ciò stia a significare un più vivo ed intelligente interesse, anche umano, per quel che di diverso, se non proprio di nuovo, va indubbiamente fermentando in questo settore così importante della vita del Paese. Tutto si riduce, infatti, alla superficiale e soddisfatta constatazione che la C.G.I.L., e per essa il comunismo, va perdendo sempre più terreno fra le masse operaie. La circostanza elettorale e il dato numerico segnano così il principio e la fine di questo sguardo fugace rivolto al mondo delle officine e degli uffici. È tuttavia interessante constatare come impac- ~iate, e in sostanza non molto più intelligenti, siano al riguardo le reazioni degli organi dell'apparato comunista. Il che, d'altronde, non sorprende. È difficile parlare della potenza del nume, quando il nemico invade i pene- . . trali del tempio. E si sa che non c'è titolo del quale i comunisti vadano più orgogliosi di quello - peraltro gratuitamente assunto - di rappresentare - là sola genuina espressione politica della classe operaia. · Le recenti elezioni per le Commissioni interne negli stabilimenti torinesi della FIAT hanno segnato - per le inattese proporzioni della sconfitta subita dalla F.I.O.M. e per l'ambiente altamente qualificato nel quale essa si è verificata - il momento in cui il problema degli orientamenti ibloteca Gino Bianco

-sindacali del proletariato italiano e passato dalla fase della cronaca spicciola e del quasi indiscusso stato di fatto alla fase dinamica di una lotta per la supremazia, che entra fra i primi piani della vita nazionale. L'episodio torinese, infatti, mentre smentisce il mito dell'equivalenza proletariato-comunismo, e mentre dà nuovo slancio e disserra definitivamente un vasto campo d'azione a quel processo di espansione democratica, in cui sono riposte tutte le nostre speranze di conseguire un più alto livello civile, fornisce contemporaneamente alcune indicazioni politiche di ordine generale e di non trascurabile rilievo:· fra cui, certamente primeggiante, la rinverdita ,qualificazione democratica, derivante alle forze di centro-sinistra dal suc- ~cessoconseguito dalle liste dell'U .I.L.. I risultati delle elezioni sindacali napoletane vanno letti appunto a questa luce. Ne deriveranno istruttive indicazioni non solo nei riguardi degli attuali orientamenti del mondo operaio napoletano, ma soprattutto nei riguardi delle prospettive di una più intensa azione democratica in tutto il Mezzogiorno. Di questo l'anello suburbano di Napoli costituisce la zona più industrializzata, e come tale è zona di altissimo interesse nella strategia comunista di << alleanza fra :classe operaia del Nord e classe contadina del Sud>>.Non per niente ai comunisti napoletani l'on. Togliatti assegnava (or volge l'anno) particolari compiti: «espressione», egli diceva, « della politica che noi conduciamo nei confronti di tutta l'Italia meridionale » (1 ). Il comunismo 11apoletanodovrebbe, infatti ,avere il duplice ruolo di avanguardia della lotta sovversiva nel Mezzogiorno e di materiale anello di congiunzione, geografico ed umano, fra la campagna meridionale e il proletariato settentrionale. Un eventuale indebolimento delle posizioni del comunismo fra gli operai napoletani colpirebbe pertanto lo schieramento del P.C.I. in un punto molto sensibile, nella saldatura, cioè, fra le due ali da cui esso muove il suo attacco allo Stato democratico. Un tale indebolimento avrebbe, inoltre, ripercussioni rovinose non solo sulla strategia, bensì anche sulla tattica comunista, poichè - data l'accentuazione nel Mezzogiorno del metodo trasformista e frontista - porrebbe in termini più drastici le divergenze tra quella che si è convenuto di chiamare linea Togliatti e quella che si è convenuto di chiamare linea Secchia~Ma passiamo alle cifre. ( 1 ) Cfr. Cronache A1eridionali", anno I n. 6. Bibloteca Gino Bianco

Un particolare interesse - date le tradizioni sindacali della categoria anche qui a Napoli, dove la FIOM, insieme al sindacato dei tramvieri, formava il nerbo della Camera del Lavoro prefascista - offrono le elezioni delle Commissioni Interne negli stabilimenti del settore metalmeccanico. In esse l'incremento dei voti riportati dalla CISL è generale ed eviden~e. "'.\gli Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli (ex Ansaldo) la CISL ha guadagn~to, rispetto al 1953,202 voti; la CIGL ne ha perduti 266. Alle Industrie Meccaniche Napoletane (ex Siiurifiicio) la CISL è passata da 217 voti a 416; la CGIL da 632 a 471. Alle O.C.R.E.N., la CISL è passata da O a 152 voti; la CIGL da 292 a 247: Alle O.M.F., la CISL ha guadagnato 220 voti; la CGIL ne ha perduti 267. All'Alfa Romeo di Pomigliano d'Arco, la CGIL è discesa da 334 a 207 voti; la CISL da O a 251. Non infrequenti sono i, casi di contemporanea avanzata dei due avver-- sari, a scapito dei sindacati indipendenti e della CISNAL oppure per l'aumento dei votanti. Ma in questi casi l'aumento dei voti cislini è in genere, e specialmente in termini percentuali, più alto. A << La Precisa>>, ad es., la CGIL è passata da 285 a 327 voti, ma la CISL da O a 170. All'Ilva di Bagnoli la CGIL da 2528 a 2623 e la CISL da 304 a 393 voti. Alla Olivetti di Pozzuoli la CGIL da 38 a 90, la CISL da 48 a 119 voti. In qualche altro caso la CGIL mantiene le sue posizioni; ma la CISL avanza. Così alla Navalmeccanica (Castellamare di Stabia) la CGIL è ri1nasta ferma a 1186 voti, la CISL è passata invece da 293 a 468. In alcuni stabilimenti ,infine (Remington, Aerf er), la CISL è riuscita anche a raccogliere l'unanimità dei suffragi. Ma se i progressi cislini sono fra i metalmeccanici particolarmente significativi ed evidenti, essi non mancano anche in altri settori. Leggiamo anche qui qualche dato. All'Istituto Sieroterapico la CGIL da 143 passa a 108 voti, la CISL da 83 a 100. Alle Autostrade Meridionali la CGIL da 72 a O voti, la CISL da O a 67 voti. Al Linificio e Canapificio Nazionale di Frattamaggiore la CGIL da 244 a 202 voti, la CISL da 52 a 63. Alle Manifatture Cotoniere Meridionali la CGIL perde 137 e la CISL guadagna 45 voti. Alla Base Militare la CGIL ha riportato 134 voti in meno, la CISL 266 in più. All'Impresa edile V. Carola (cant. Vigliena) ad un aumento di 3 voti per la CGIL corrisponde un aumento cislino di 35 voti. I ComuBibloteca Gino Bianco •

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