Muzak - anno III - n.13 - giugno 1976

altri - ché Pintor, Castaldo, Renzi e gli altri sono uomini di cultura e di gusto, e anche gli altri, tutti uomini di cultura e di gusto - sono venuto a parlare in sua difesa. Giaime Pintor dice che De Gregori è ermetico ed è « tanto ermetico che le sue parole non si aprono a nessuna, ma nessuna interpretazione » (in Linus, marzo 1976). Stupisce tale ingenuità nel nostro direttore che sapevamo fine cultore di estetica, buon conoscitore di cose letterarie, assiduo nelle frequentazioni di umanisti e poeti. Ora, senza scomodare Galvano della Volpe, basterebbe Benedetto Croce (che nei buoni licei classici di una volta, quelli prima della contestazione, veniva ancora studiato) per sapere che non solo per quanto riguarda la poesia ermetica, ma per la poesia e la letteratura toutcourt, l'interpretazione delle parole (in versi o in prosa) non può essere quella ricavabile dalla attenta consultazione del Melzi, dalla comparazione sinottica tra testo e dizionario; versi e prosa hanno da essere colti oltre il loro stretto significato oltre la rigida connessione semantica tra parola e concetto. E perché, altrimenti, si farebbe letteratura? Basterebbero, e avanzerebbero, la politica, la sociologia o, che so? la geografia. E, d'altra parte, nemmeno la metafora - che pare essere l'unica concessione a una letteratura non convenzionale dei testi letterari che i critici in questione sembrano voler fare - copre tutte le possibilità che la parola (oltre ad essere, naturalmente, qualcosa di più della semplice proiezione figurata di una parola dal senso proprio) e nemmeno l'allegoria o l'analogia; la parola, in versi e in prosa, può essere piegata, e va piegata, a mille altre soluzioni, a molti usi, a svariate funzioni; può diventare suono, sciarada, nonsense; può esprimere strettamente un concetto o può negarlo, cosi come può stravolgerlo, distruggerlo, trasfigurarlo. Tutto questo è ancor più possibile (necessario?) quando la parola è costruita su una frase musicale, è testo di una canzone; è parte, cioè, di un'opera « letteraria • non immobile nè autonoma ma strettamente connessa e intersecantesi con una struttura che è quella musicale, per sua natura « ambigua », cioè variamente fruibile. E' per questi motivi che parlare di « interpretazione • a proposito della lettura di un testo cli canzone, già mi sembra operazione non so se più scorretta o ingenua. Da questo punto di vista, quindi, l'opera di distruzione sistematica e scientifica di \:'rancesco De Gregori messa in atto da codesta rivista, mi pare parta col piede sbagliato; in sostanza - si parva licei componere magnis - mi ricorda un po' l'atteggiamento di mia zia Maria Adelaide quando, sfogliando una raccolta di disegni di Picasso, diceva: « ma tutti questi segnacci, cosa vogliono dire?; questa, almeno, si capisce che è una colomba: c'ha le ali da colomba, la testa da colomba, è bianca come una colomba e rappresenta una colomba, parbleu! ». I nostri critici, quindi, l'illustre Pintor, il lepido Castaldo, l'aggrondato Renzi - ansiosi come sono di passare dall'arma della critica alla critica delle armi contro Francesco De Gregori - rischiano poi di farsi « scavalcare a sinistra » perfino dai più consunti vociani, alle loro tentazioni (zdanoviane?) verrebbe infatti da preferire Ar• turo Onofri quando dice: « la poesia non è né musica nè urna. nità né sentimento né nulla. La poesia tende ad eliminare da sé tutta la musica per ridarsi integrale sotto specie di immagine del verbo. Scandire le immagini: basta con le sillabe. Nella poesia non c'è nulla da capire, da st4diare, da spiegare, da tradurre, da commentare, da divulgare». Arturo Onofri è Francesco De Gregori? Francesco De Gregori è, dunque, un vociano? (consapevole o inconscio? innocente o malizioso?) Ma perché poi tulio questo casino? non sarà che in noi CO· mincia a serpeggjare l'ari,ma cattiva di quel Luzzatto Fegiz che, a proposito di una canzone di De Andrè, parlò di « un atto di nolontà nel senro ~chopenaueriano •? Francesco De Gregori è un cantautore, fa canzoni e k canta, cioè; spesso in sedi ,! occasioni politiche, perché uumo che si dichiara di sinistra e che vuole un rapporto col movimento. Ora è uscito il suo ultimo disco, « Bufalo Bill», che contiene alcune canzoni molto belle e altre meno belle. Alcune canzoni - quella che dà il titolo al disco, Giovane esploratore Tobia, Ipercarmela, Disa. stro aereo sul canale di Sicilia, rappresentano un passo in avanti nel lavoro di De Gregori; la metafora crepuscolare ha lasciato il posto a un'allegoria naturalistica, ironica e originale e si avverte una maturità - che si può chiamare « politica • - maggiore. Come dire, insomma, che questo ragazzo può fa. re molta strada. La colpa maggiore di De Gregori - in questo concordiamo con Pintor e gli altri - è di aver partorito i propri epigoni, quei mille e mille degregoriani che affollano il panorama musicale italiano. Ma possiamo attribuire a Carlo Marx la responsabilit:, dell'esistenza di Breznev, e a Gesù Cristo quella di Padre Eligio? Simone Dessì 8 Contrappunati fatti All'ombra dellelotte e dentrol'urne Fra poco, il 20 giugno, si voterà. E sarà, questo voto, forse il più significativo di 30 anni di Repubblica: simile (ma di segno opposto) a quello che il 18 aprile del 1948 permise alla DC la occupazione del potere. E' significativo non solo perché le masse popolari salderanno quel conto di cui il 12 maggio e il 15 giugno furono un acconto, ma perché emergenza della vita nazionale e degli equilibri internazionali stessi. Quella tendenza « a sinistra » che il '72 aveva in qualche modo invertito, è ripresa senza incertezze e ormai più che tendenziale è attuale. Certo, non è il caso di essere trionfalisti, di affermare cioè che certamente dalle urne il 20 giugno uscirà una maggioranza di sinistra, e dunque un nuovo governo, un modo popolare di governare, cioè una reale (o una più completa, almeno) applicazione dei principi democratici: ma certamente gli equilibri saranno mutati, e il paese avrà, anche al livello di istituzione (oltre che nella società civile) una dialettica maggiore e una maggiore possibilità di crescita. Non ci interessa davvero, qui, fare previsioni: né sui risultati, né sulle future maggioranze di governo. In realtà raggiunge la sinistra nel suo insieme il 49 o il 51% , quello che sicuramente le urne diranno è che non c'è spazio per avventure, per conculcazione delle libertà, per lo strapotere e l'arroganza incontrollata della Dc e dei padroni. Non c'è spazio, per esempio, per i vari Sogno, e non per l'intervento di questo o quel giudice, ma per intervento delle grandi masse, per loro diretta vigilanza. Emblematico e, a questo proposito il cas,0 Fiat: questo gigante della finanza italiana non solo è implicato nel tentato golpe di Sogno (a cui ha versato centinaia e centinaia di milioni) ma mentre impedisce al suo presidente di cambiar « cavallo » e di gestire, con la sua partecipazione diretta, il passagio di fiducia della borghesia della Dc al Pri, presenta l'altro Agnelli nelle liste democristiane. E tutto questo intrigo (che poi riporta sempre alla Dc e alle trame che essa coltiva nel suo grembo) mentre gli operai di Mirafio•

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