Muzak - anno III - n.13 - giugno 1976

Non ci risulta che Gramsci abbia inteso per nazionalpopolare il caratteristico interclassismo della stupidità. Legati come siamo a qualche noioso paleomarxismo, come dice spesso Quattrocchi, tendiamo a considerare la cultura come « conoscere il mondo per trasformarlo » e allora dove stanno i pornofumetti? Dalla parte di una visione subdola, falsante e falsamente liberata della sessualità, dalla parte della sessuofobia che vuole iI sesso solo nelle barzellette e 1'erotismo solo nelle parolacce, dalla parte insomma della non-conoscenza. E la trasformazione? Il mondo tutto diviso in chi ce l'ha grosso e chi ce l'ha piccolo, chi la dà e chi non la dà, chi scopa di più e chi scopa di meno, è un mondo assolutamente organico all'attuale sistema di potere, discriminante, oppressivo, sessualfascista. Nulla nella versione pornografica di Biancaneve stimola a cambiare il mondo più della tradizionale storiella dei sette nani, anzi, semmai lo rende solo ancora un po' più triste e un po' più squallido. Ma per Angelo Quattrocchi « cambiare il mondo » è una battaglia di retroguardia, quasi codina. Ben più importante, sul fronte della rivoluzione, l'opera dei vari Cardella e Balsamo, antesignani del pornosoffice (cazzi e fighe sfumati, spiega questo teorico della fregola) e del pornopesante (« primi piani di pompini, leccate di figa eccetera », la definizione è sempre sua), avanguardie da Vespasiano, militanti della masturbazione disperata, quella che non nasce dalla riconquista gioiosa del rapporto col proprio corpo e col piacere, ma dalla solita vecchia immagine del nudo da barzelletta, dal solito prurito da repressi, dalle solite fantasie proibite. E che la rivoluzionaria celestiale visione di braghette abbassale renda ai simpatici « editori barricadieri » fior di miliardi, non sminuisce la portata del loro gesto di rottura, la loro nobile battaglia contro questa società « sessuofoba ». « Infatti », dichiara poi la nostra volpe a sostegno della sua tesi, « quelli che scrivono i testi (dei pornofumetti e pornogiornali) sono sempre ragazzotti di sinistra ». e questo aggiungerebbe alla dura lotta per il cazzo integrale anche « la scintilla della ribellione ». Tocco da maestro, l'affermazione che si tratta di cultura democratica, perché « è la gente che decide quello che gli piace », corona questa provocazione al comun senso del dibattito. E, per non avere l'aria di quelli che nella provocazione ci sono cascati come pere, non sprechiamo altre parole per il signor Quattrocchi, augurandogli di sfuggire, altresì, al famoso Gruppo armato Rosaria Lopez, volante femminista punitiva. Resta da discutere il problema della liceità-piacevolezza-liberazione del nudo. degli organi sessuali dei rapporti sessuali descritti o riprodotti in immagini. L'impostazione classica - detta dei parrucconi illuminati - soleva distinguere fra « nudo d'arte » e nudo senz'arte, quindi Michelangelo sì e Sorchella no. Che cosa sia l'arte, quanto e quale idea del bello possa influenzare o debba influenzare il giudizio è dibattito astratto e antipatico. A noi tutto il nudo va bene, tutto il sesso, tutti i possibili primi piani di pelurie e cazzi erettissimi, ma a patto che sia riscoperta del proprio corpo, del corpo dell'altro/a, non merce, non feticcio, non sur· rogato di una sessualità che vogliamo vivere e non guardare, praticare e non comprare in edicola. A noi non va bene la pornografia, e per pornografia intendiamo l'inflazione di parti tradizionalmente destinate Due tavole tratte da giornaletti porno (In alto: carota meccanica; In basso: Blancaneve) 57 alle pratiche sessuali (ma tutto il corpo è erogeno, non solo il pube o il seno), del gergo triviale dei sinonimi e dei sottintesi, il tutto finalizzato alla sostituzione della pratica sessuale inte: sa come rapporto di amorepiacere reciproco, con fantasie orgasmatiche o anche con una sessualità tradizionale, quella, per intenderci, che dei due (o più) partner tende irrimediabilmente a sottometterne e reificarne uno, a ridurre al rango di oggetto funzionale a un piacere univoco ed egoista quello che è il corpo di una donna (quasi sempre) o anche di un altro uomo. Ci va bene invece l'erotismo, che viene da eros e che vuol dire amore, principio della vita contro la morte. L'erotismo non decontestualizza il sesso, non lo toglie dal corpo, dal rapporto per sbatterlo in faccia a chi legge o a chi guarda e ' farlo godere '. In Ernesto di Saba, per fare un esempio, il rapporto sessuale omosessuale fra il giovane protagonista e il suo amante, non è mai pura insistita descrizione di pratiche amatorie, non tralascia mai che cosa passa per la lesta del ragazzino mentre l'altro lo sodomizza, o dove guarda l'uomo e che cosa prova per quel corpo arrendevole più giovane ma uguale al suo, a cui vuole e non vuole fare violenza. A noi va bene Ernesto non perché è arte, ma perché è erotismo. L'erotismo non necessariamente è arte, ma non è mai pornografia. Anche la lettera di un ragazzo alla sua ragazza in cui lui le racconta quanto gli piacerebbe metterle due dita nella figa, non è pornografia, ma erotismo: è finalizzato a un rapporto, a due esistenze, presuppone un prima, un durante, e un dopo. Non presenta il sesso, ancora una volta, come territorio separato da tutto, cosa da usare, da rubare, da dare, da nascondere o da glorificare: mai da vivere.

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