Muzak - anno III - n.13 - giugno 1976

gli organizzatori di questa associazione sportiva tentano di dare il proprio contributo a quella discussione sul rapporto tra milizia politica e vita quotidiana che si è sviluppata quest'anno a partire dalla esperienza del movimento femminista: ribadendo con forza la centralità del valore materiale e culturale del corpo umano. L'importanza della sua incidenza su tutti gli aspetti dell'azione umana. « Un'altra questione che dobbiamo affrontare direttamente è quella che rimanda alla necessità di riscoprire, anche attraverso l'iniziativa sportiva, il valore pedagogico del gioco e della competizione non agonistica ». E' in questo modo che si vuole riferirsi ad uno sport non inteso come disciplina cui dedicare la propria esistenza, e da gratificare poi nella vittoria e col primato, ma in uno sport il cui perno sia il rapporto con gli altri, la collaborazione, la creatività e la fantasia. Non è affato casuale che lo sport « capitalistico » si sia trasformato, gradualmente ma inesorabilmente, in una attività finalizzata al rendimento e alla produzione di prestazioni e, quindi, abbia acquisito una serie infinita di meccanismi autoritari e repressivi (allenamenti faticosissimi, ripetizione per centinaia di volte dello stesso movimento, potenziamento artificiale del fisico con droghe e ormoni, istituzionalizzazione di figure paternalistico-coercitive come il « dirigente » l' « allenatore », il «giudice», ecc.) riducendo, di pari passo, gli aspetti più positivi della pratica sportiva. « Riconquistare il gioco coQuellarossaultimameta « ..• finché arrivammo alla fatidica partita con I fascisti ». Parla Claudio Plnuti, di mestiere lattaio, militante rivoluzionarlo e giocatore della squadra « Stella Rossa Rugby» di S. Benedetto del Tronto. Lo sport professionistico è un campo in cui non c'è posto per un discorso di classe, lo si vuole al di sopra dei contrasti politici, delle masse, insomma delle classi. Ciò che è successo a noi della Stella Rossa Rugby è significativo: nel momento in cui abbiamo rifiutato di giocare con le Fiamme Rugby (squadra di neri), e l'abbiamo motivato con un volantino antifascista, siamo stati squalificati a vita dal campionato come Società sportiva, senza poter incidere nella decisione della Fl R (Federazione Italiana Rugby), unico arbitro in questo campo. Se si vuole fare dello sport come professionisti, si deve quindi accettare la logica interclassista e qualunquista delle Federazioni. Quest'anno nel rugby sono accaduti due fatti analoghi al nostro, a Napoli e a Torino, dove due squadre democratiche si sono rifiutate di giocare con i fascisti. Per loro è andata meglio perché, più semplicemente, non si sono presentate alle partite. Purtroppo queste ancora minime iniziative non sono nemmeno sufficientemente propagandate a livello di massa. Quando noi abbiamo formato la Stella Rossa non avevamo le idee molto chiare, solo la volontà di fare lo sport in maniera diversa e di contendere questo campo alla borghesia e ai fascisti che ne avevano la completa egemonia (e, infatti, alcuni ragazzi che giocavano con le « Fiamme » sono immediatamente passati alla Stella Rossa). Però, anche se l'avevamo in mente, non avevamo ancora sviluppato un discorso sullo sport alternativo di massa. Così, siamo arrivati alla fatidica partita con i fascisti e al nostro interno rischiammo una spaccatura: c'era chi diceva che dovevamo giocare per non perdere i punti, che tanto i fascisti si potevano menare in campo, e c'era chi diceva che dovevamo fare un discorso antifascista e di classe anche rispetto allo sport e, quindi, dovevamo rifiutarci di giocare, con una presa di posizione pubblica. Passò la seconda linea ma, dopo le denunce e la squalifica a vita, è seguito un periodo di sfaldamento della squadra proprio perché non avevamo affrontato il discorso di fondo. Ora abbiamo proposto, a livello di massa, un torneo di rugby cittadino; e c'è stata un'adesione inaspettata. In palestra vengono ad allenarsi tanti ragazzi nuovi con un volontà veramente incredibile di fare le cose in maniera alternativa. Allora la risposta che viene più spontanea è che è giusto praticare lo sport autogestito e alternativo; eppure, secondo me, non bisogna abbandonare le Federazioni. E mi spiego: se noi quest'anno, ad esempio, riusciamo a formare più squadre che si presentano al campionato sarà più facile allargare il discorso. E non solo: si dovrebbe prendere contatto con tutte le squadre democratiche, a livello nazionale, e cercare di impostare un discorso unitario nello sport; in questa maniera forse si"riuscirebbe ad incidere anche negli ambienti del professionismo. S. D, ➔

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