Autocoscienza Lofareiper . ~ piacermio... In fondo è per questo che non ci si tocca. O lo si fa di nascosto, senza ammetterlo neanche con sé stesse. Nell'intimo dell'inconscio. Vietato anche solo pensarci a non funzionalizzare il piacere alla coppia. Anche a me succede, al primo languore, di pensare « Come sarebbe bello ce si fosse lui. Gli piacerei, penserebbe che sono una ragazzina sensuale ». Più che un senso di vergogna è un senso di inutilità. Io sono abituata a considerare la sessualità (la mia) come un mezzo, mai come un fine. Come la moneta di scambio per ottenere affetto, protezione, amore, campa• gnia, esistenza prestigio. Così, ritrovarmi fra le mani un sesso mio, saperne la fe. licità fisica, mi fa paura. L'orgasmo, questa bestia strana, mi sembra quasi un furto, se non è accompagnato dai « suoi » sguardi, determinato dal « suo» corpo che, come mi hanno insegnato, è il naturale completamento del mio. Masturbarsi (una parola antipatica anche solo a pensarla), è una grandissima solitudine. Ti puoi fare tutti i discorsi, i più avanzati, rimane la più grande delle solitudini; « Quello è uno che si fa le pippe », sottintende esclusione, essere brutti, emarginazione. Per questo anche noi, mai stati stupidi, non più cattolici, sessualmente attenti, anche noi donne (femministe) benemerite sostenitrici della centralità del sesso nella dinamica dell'oppressione umana, a starcene sdraiate sul letto con una mano nelle mutandine, abbiamo vergogna e pena, paura, timidezza. Sostanzialmente siamo paurose di rimanere zitelle, per aver osato questa piccola autarchia per aver usato il nosfro corpo invece di venderlo, affittarlo, lottizzarlo, mostrarlo. Per aver provato piacere invece di farlo provare da altri, invece di provocarlo. Io, per vincere questa solitudine, mi metto a pensare a qualcuno, in genere. Non bello, magari, e neppure mi metto a pensarlo nudo. Non ho bisogno delle forme piccanti da giornaletto, dei surrogati del partner che si danno agli uomini. Niente riviste pornografiche, né fantasie pornografiche, né sogni pornografici. Io posso pensare anche al mio professore di latino, che ho visto solo vestito, dietro la cattedra, o in piedi nei corridoi. Penso anche a qualcuno che non esiste. Chennesò? Un eroe. Un poeta. Un rivoluzionario molto bello, molto silenzioso, un po' sofferente, latinoamericano. La ver50 sione da letto del principe azzurro. Oppure penso a me, io bellissima, io bravissima, io che vinco un concorso, io che faccio un comizio e poi tutti corrono a fare la rivoluzione, io - molto - carina su una barricata che sembra regolarmente un raffinato oggetto design. Ma soprattutto io molto amata. Due uomini in una stanza: mi amano tutti e due. Si odiano fra loro per questo. La versio- - ne da letto del duello. Con l'aiuto della fantasia, mi finisce anche la vergogna. Cioè, c'è solo più la vergogna della fantasia, ma fantasticare è così bello, che ti dimentichi anche di vergognarti. Diventa un gioco, stare lì, nel letto. Non è neppure più quel peccato da zitelle di amarsi da sole. Tutti gli uomini che stai pensando prendono corpo (il tuo), non sei pitt sola. A giocare non si è mai soli. Piano piano ti addormenti, pronta a sognarti un marito. Che sia peccato non ci credo. Agli uomini si è visto che non cadono affatto le mani. Non si diventa affatto ciechi. Né stupidi. Non si perdono le forze. E poi (dove l'ho letto? Su qualche giornale liberato, credo, o forse in un libro americano, boh): pare certo che questa storia del peccato, della malattia, della mano che ti cade, sia tutta calcolata: è perché gli uomini se « vengono » accarezzandosi da soli, in un certo senso, sprecano il seme. Quello che dovrebbe fare i bambini. E allora, bisogna dissuaderli, in qualche modo. Di donne non se ne parla nemmeno. Che cos.a sprechiamo noi? Per quel che serve il nostro liquido .._. non metterebbe incinta una scimmietta. E gli ovuli di sicuro non cadono perché « ti tocchi lì », come si dice, te ne rimangono dentro abbastanza da continuare la stirpe, assicurare il collasso demografico e centuplicare la commovente popolazione dei giardinetti. Infatti né la Chiesa né nessun altro si è preso la briga di venirci a dire che mettendoci un dito nella vagina il dito si incendia, l'utero si ottura per sempre e si diventa, magari, sordomute. Anzi, della possibilità che una donna possa, in qualche modo, toccarsi non si fa neppure menzione. E' una specie di impossibilità morale. Il piacere, per le donne, non è contemplato. Non è roba da signore. La massima concessione è che una ci prenda un gu~to matto a farsi sbattere da suo marito (sposato), e, naturalmente, ogni minimo fremito va collegato con le future gioie della maternità, qualcosa come « Oh caro, quanti bambini mi stai mettendo dentro ». Toccarsi è bello. No, è vergognoso, è sessualità adolescenziale. E' « essere sessualmente immature ». Frigide. Insomma, ritardate. Lidia Ravera
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