Muzak - anno III - n.13 - giugno 1976

Libri Nelladonna c'eraun sogno Canzoniere femminista collana Donne contro, Molzzl edizioni pg. 136, lire 2800 Se Mariella Gramaglia non ci avesse avvisati, nella sua otti• ma introduzione, che le canzoni sono « strumenti di lotta labili come meteore » e che perciò hanno diritto di sfuggire alla« spocchia dei critici», scorrendo le pagine del Canzoniere femminista Nella donna c'era un sogno, avremmo detto, ingenuamente: « che brutte! ». Ma, come si dice, uomo avvisato mezzo salvato, e, rileggendo con minore anelito poetico ma mag. giore coscienza storica, scopriamo che in effetti « Dirindina la malcontenta / babbo gode e mamma stenta», oltre ad essere una brutta filastrocca è una tragica realtà, riprodotta, tra l'altro, proprio con i suoni bamboleggianti adatti a chi, da sempre, si perde fra culle e focolari (in linguaggio razionalizzato, leggi socializzazione dei fi. gli). Scopriamo anche che TI complesso di Antonietta Laterza e Una donna nella tua vita di Fufi Sonnino, prima di essere non-poesie con poco verso e poco ritmo, sono due tentativi, coraggiosi, di mettere in musica sessualità e omosessualità. Più belle certe vecchie ballate, come Lamento di una casalinga (americana, 1860): « Fissava il fango sulla soglia di casa (pioveva) / e scopando cantava questa canzone ». A fronte di ogni testo, la musica. Ha senso comprare questo libro, in fondo, soltanto se si ha voglia di cantare. L. R. Storia di unacoppia di Evelyne e Claude Gutman collana Donne Contro Moizzi edizioni, lire 3.500 L'idea è buona e anche utile: è il diario a due voci di una coppia di sposi ex maoisti, oppressi da due bambini desiderati ma liberticidi come tutti i figli, uniti da una consuetudin~ affettuosa ma divisi dalla fatica di esistere insieme quotidianamente, scaricando l'uno sull'altra gelosie, noia, frustrazioni, speranze. . Gli autori, reduci in effetti dal glorioso maggio parigino e veramente sposati, scrivono per ricominciare a vivere, per « dareun senso al loro disordine », per ravvivare con questa « cosa fatta insieme » un rapporto di coppia che soltanto le due gravidanze, amore oggettivato nella produzione di altri esseri umani, erano riusciti a rendere momentaneamente felice. Sempre sfondo e ogni tanto protagonista, il solito sessantotto perduto, simbolo, ad un tempo, di lotta e di adolescenza, amaramente rimpianto e criticato, presente, comunque, nell'intelligenza politica con cui i due scriventi vivisezionano il loro quotidiano, nella tensione etica alla politicizzazione di tutto. La sincerità dell'operazione fa perdonare più d'un difetto, ma non è possibile non notare un eccesso di sciatteria nella forma, un diffuso crepuscolarismo nell'aggettivazione, una pacata monotonia di accenti che assimila Storia di una coppia più alla categoria della lunga testimonianza (magari registrata nelle sedute di autocoscienza di coppia menzionate nel libro) che a quella, più difficile ma più affascinante, del romanzo di una generazione. L. R. Donne . . . 1mmag1n1 a cura di Marcella Campagnano Moizzl editore pg. 100 lire 5.600 Donne in bianco, in lungo, in corto con calze nere, donne incinta con premaman e sorriso materno, donne che si truccano una con l'altra come le bambine, donne troppo truccate, con parrucche sintetiche, eleganze copiate dai giornali. Donne tristi, bambine a due a tre in piedi contro i muri, adolescenti ingoffite dai primi seni, ragazzine senza fianchi patetiche negli impossibili sguardi seducenti. «Diecimila finzioni e/o diecimila sottili comunicazioni di verità mai raccolte. Diecimila bisogni e alcuni desideri coscienti», questo, secondo Lidia Campagnano che ha curato il libro, è quanto si è voluto fotografare in Donne immagini. I ruoli e i travestimenti che l'eterna « coazione a sedurre » impone alle donne cambiandole e rendendole ciononostante uguali, espropriate 48 della loro immagine reale, occupano la prima parte del volume. Sono fotografie senza enfasi, senza sfondi, bianche e nere, piene di imbarazzo nelle pose non mistificate da false naturalezze patinate. Sono veramente fotografie, e sono veramente fotografie anche i ritratti, volti che occupano lo spazio di una fototessera, cosi pieni di pensieri, o di sorrisi, o di stanchezza da sembrare tutti belli, facendo superare a chi guarda, d'un colpo, e senza ideologia, tutti i radicatissimi canoni dell'estetica da rotocalco. E poi ancora donne per strada, bloccate in un'istantanea del loro quotidiano, al negozio, coi bambini, con la sporta della spesa. Anche donne vecchie, le più dimenticate, con i loro corpi mai fotografati, e anche loro, come tutte le altre, anzi, forse, più delle altre, in uno sguardo, con una smorfia o un gesto o un sorriso, stabiliscono un contatto con l'altra donna, quella che sta dietro all'obiettivo, quasi ad accettare e incoraggiare un rapporto, quasi a raccontare, dietro la propria immagine, anche la propria vita. « Se alcune donne decidono di fotografarsi. di parlarsi, di cercarsi, significa che qualcosa è successo, qualcosa di diverso dal oassato ... », conclude l'autrice. Ed è vero. L. R. Sognai chela neve bruciava Antonio Skarmeta Feltrinelli L. 3.000 Scritto dopo il golpe da un intellettuale cileno in esilio in Germania, Sognai che la neve bruciava è un romanzo frustrante. Per due motivi. Il primo: perché il libro rievoca quella primavera di speranze che fu il triennio allendista, anzi gli ultimi tempi di esso, e questo rende tristi, dato che il pensiero corre irresistibi~ mente ai compagni, ai proletari, ai giovani massacrati di Pinochet e portatori di quelle speranze, tanto più perché ci si attende pagina per pagina che i personaggi del romanzo, cui pian piano ci si va affezionando, possano finire nelle grinfie dei boia, come di fatto accade per quasi tutti. Il secondo è più frivolo: si sarebbe voluto su tanto argomento un romanzo di altro peso e altro impegno che non questo, grazioso, simpatico, spigliato, ma un tantino facile. Skàrmeta infatti ci narra di un ragazzotto di provincia, gran calciatore che va a Santiago in caccia di successo e con la molla esplicita di perdere infine una ormai insopportabile verginità; egli finisce in una stramba pensione - come in tutta la grande letteratura spagnola, dove le pensioni e gli incontri che vi si fanno e le storie che vi si raccontano e ci si intrecciano sono infinite - a contatto con un'umanità bizzarra e affettuosa, fatta di compagni proletari - il Ciccione, il Nero, Susana, lo stesso proprietario don Manuel, la stessa vecchia cameriera Juana - sempre in mezzo a discutere, cazzo, di fabbrica e rivoluzione e manovre della destra, cazzo, e fatta di buffi e strampalati altri, come il duo artistico-furfantesco costituito dal nano Piccolo e dal gigantesco La Bestia. Perderà la verginità, il nostro goffo sbruffone Arturito, grazie alla bella e rivoluzionaria Susana, e si convincerà che le idee di sinistra sono le migliori, ma appena in tempo per vedere massacrati tutti i suoi amici. Per quanto sincero, Skàrmeta abusa di riferimenti superficiali, da giovane Holden e da commedia di costume alla « neorealismo rosa», e non sempre ci convince e ci fa entrare dentro

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