simile a Il mio uomo è un selvaggio, film di disimpegno alla francese, cioè gradevole, senza le grevità sessuofobiche della commedia all'italiana, né gli insopportabili Pozzettismi ormai di prammatica, dove i ricchi sono ridicoli e cattivi, le donne sono ridicole e appetibili e i proletari ridicoli e scemi. Ciò che si racconta è la storia di due fughe, quella assolutamente maschile di un uomo dal peso degli affari, del potere e dei miliardi, e quella, assolutamente femminile, dall'amore geloso, possessivo, egocentrico di un amante dagli occhi neri e focosi. Il dimmi da che cosa scappi e ti dico di che sesso sei risulta un po' irritante, tradizionale, scontato e perfino ghettizzante per queste povere donne, capricciose e ribelli magari, anche avventurose, ma sempre per scampare a un matrimonio, mai per scelta, per ideologia o per divertimento. La corsa verso l'emancipazione in cui l'eroina affonda barche, si concede poi si rifiuta, poi impara ad arrangiarsi (in un isola deseria un uomo e una donna riescono perfino a divorziare) e a non cercare sempre di farsi sposare, è resa dalla deliziosa Catherine Deneuve, più con le movenze civettuole della bambolona professionista che con la determinazione ben più tragica della donna in lotta per la sua indipendenza morale e materiale. Ma tant'è, da un fil. metto cosl, quasi una fiaba, ci si aspetta senza indignazione una visione graziosa dell'esistenza e perfino il lieto fine. Anche se, quando il lieto fine arriva e lui e lei si ritrovano, si baciano, si sposano, si rimane, nonostante la buona disposizione d'animo, _irrimediabilmente, un po' stomacati. L.R. La bestia Regia di W. Borowczyk Un film allegramente immorale e di tecnica raffinata, anzi ,fii. rei sofisticata. Narra di una giovane eriditiera inglese che, per aver diritto all'eredità deve spo. sare il figlio del marchese del1 'Esperance, un signorotto un po' volgare e non certo raffinato. Officiante del matrimonio l'arcivescovo De Baio, zio del giovane. Alla vigilia delle nozze la ragazza apprende una storia di famiglia, secondo la quale un'antenata del promesso sposo sarebbe stata violentata da un mostro e, dapprima resistendo, poi via via apprezzando la violenza, riesce infine a uccidere la bestia usando tutte le arti amatorie possibili e immaginabili. Scossa da questo racconto la giovane inglese lo rivive in sogno masturbandosi con accanimento: al suo risveglio il promesso sposo, per una contaminatio fra sogno e realtà, è morto, come la bestia del sogno e si scoprirà, poi, che ha anch'egli tratti ferini (una mano da gorilla e la coda). Di per sé la storia, come si vede, non merita tanto. Ma, in positivo, il film è percorso da un erotismo non banale e non volgare e, inoltre, ha una serie di divertenti e ironici contorni sia di personaggi che d'ambienti. In negativo, invece, dimostra una confusione di stilemi, di ricordi rabberciati, che vanno da Freud alla mitologia, all'antropologia, alla fiaba, a Bunuel alla commedia francese, all'onirismo, etc. etc. Erotismo non banale e non volgare, pur 47 nel realismo estremo delle scene più spinte, realismo che se avvicina questo film a una vera e propria pellicola porno, lo riscatta per l'ironia che a queste scene si accompagna e il tono favolistico sottolineato da una ossessiva sonata di Scarlatti al clavicembalo; e personaggi di contorno divertitamente bunueliani, come il cameriere negro costretto continuamente a interrompere gli amplessi con la fi. glia del marchese, o il vecch;o zio Ramondello o il vecchio parroco. Quanto invece alle !llOlte derivazioni letterarie filosofiche o chissà che il risultato è un pasticcio senza né capo r.é coda. Probabilmente si potrebbe dire di questo film che è un buon film pomo, senza pretese ma confezionato con grande eleganza e con un linguaggio a tratti felice. I telefoni bianchi Regia di Dino Risi G.P. Può capitare a qualche sfortunato frequentatore delle terze visioni, a qualche ingenuo amatore di revival o a chi, come noi, si trova un sabato sera senza soldi e con i Telefoni bianchi nel cinemino sotto casa. Può capitare soprattutto perché gli industriali del rincoglionìmento (ottenuta la commessa, come si dice, dal regime tardodemocristiano, continuano a far girare nelle piazze d'litalia questo prodotto ignobile per scioccheria e cattivo gusto, ma, per questo, tanto più utile nella strategia dell'anticultura. Dunque un'attricetta (che Agostina Belli si vergogni: neanche quando si è così graziose si ha il diritto di essere così stronze) la dà a Mussolini (in omaggio al quindici giugno presentato come un satiro campagnolo) e diventa (tanto per rifriggere ::::enerentola) una cagna di grido, con il boa di struzzo e, per l'appunto, i telefoni bianchi. Nell'ascesa abbandona il solito proletariogoffo-idiota, per la caricatura del grande-attore-umiliato dal continuo articidio commesso dalla dittatura. (e già qui lo spettatore corr.~ il rischio di essere più intelligente del regista e del soggettista messi insieme. Chissà se ci avevano pensato?) Ma, ahimé, il tasc1smo cade e la bella diva si trova costretta a scambiare i residui della sua virtù per un copertone nuovo da mettere al camioncino che la porta a Salò. Perché non manchi niente alla fine tre partigiani di marzapane (fin. ti) giocano coi fucili invece di occuparsi della liberazione e la graziosa troia finisce di sposare il capitalismo americano e con lui figliare nell'agiatezza, dando prova di possedere le sorti del paese perfino con un po' di anticipo. Il tutto, come è evidente, non ha nulla a che fare né con la ricostruzione di un'epoca cinematografica (quella appunto dei Telefoni bianchi), né con iJ fascismo e le donne, o il fa. scismo e la cultura, o con la cultura o con le donne e neanche col prezzo del biglietto, ormai basso, ma mai abbastanza. I ragazzi irresistibili Regia di E. Ross L.R. Tratto da una commed;a, del tipo (tipicamente americano) di comicità un po' zuccherosa, / ragazzi irresistibili è un film da vedere o non vedere a seconda dell'umore. Certo da non vedere in prima visione, né aspettandosi moito. E' una commediola brillante che narra di due vecchi attori di varietà che dopo aver recitato insieme per più di 40 anni, si separnno. Dopo una lunghissima assenza dalle scene viene loro proposto, per una discreta somma, di rifare coppia per uno special in Tv. Ma il rapporto fra i due è di amore-odio e così il progetto sembra fallire: alla fine, di fronte alle telecamere, la lite esplode la trasmissione è interrotta e uno dei due (Whalter Matthau) viene colto da infarto. Nel finale c'è uno sorta di riappacificazione, anche perché ambedue gli attori, in disarmo ormai definitivo si ritroveranno nella casa di riposo per vecchi attori. Come si vede un filmetto leggerino, illuminato da qualche battuta e, soprattutto, da due grandi comici: Whalter Matthau, appunto e George Burns. Ma non esce dal genere: comicità e lieto fine americano, buona tecnica e recitazione brillante. G.P.
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