Muzak - anno III - n.13 - giugno 1976

Riprendiamoc..i. Lottaai conservatòri Chiudere Beethoven nei conservatori è uno dei tanti strumenti borghesi di dominio e privilegio. Vogliamo Toscanini al Parco Lambro Licola Marina, settembre. Radio Licola onde rosse ha appena chiuso le sue trasmissioni quotidiane, sono quasi le sette, gli ultimi bagnanti tornano dalla spiaggia verso le tende, comincia la coda alle cucine e la coda ai cancelli: comincia ad arrivare la gente per lo spettacolo serale. A un certo punto, dietro la palazzina della radio e dell'infermeria, cominciano a sfilare verso il Palco I un centinaio di signori, in nero, con strani strumenti sotto il braccio: violini, viole, violoncelli, contrabbassi, poi flauti, ottavini, oboi, corni inglesi, fagotti e controfagotti, trombe, tromboni, corni francesi, tube. Sul palco qualcuno sta montando timpani, due arpe, un piccolo podio. Fra lo stupore generale, i signori in nero salgono sul palco, estraggono gli strumenti dalle custodie, li montano, si sistemano sulle sedie. E nella sera licoliana comincia a diffondersi un suono strano, stonato e flebile, poi sempre più intonato, quasi un rincorrersi di strumenti all'unisono o all'ottava: stanno accordando gli strumenti. La folla davanti al palco è diventata grossa, quella delle grandi occasioni, cinquanta-sessantamila persone, sdraiate o sedute sulla sabbia, qualche spinello che gira, un po' di chiacchiere, poi il silenzio e un applauso, quando Rostagno annuncia l'entrata del direttore. Il direttore entra, anche lui vestito di nero, la bacchetta in mano: sale sul podio, si inchina al pubblico, poi ali 'orchestra, batte con la bacchetta sul leggio, alza le mani, fa quattro movimenti rapidi con il braccio e l'orchestra attacca ... ». Naturalmente è una cronaca di fantasia, ma non da fantascienza (anzi da fantacultura). Se è vero che negli ultimi tempi la musica cosidetta (e così mal detta) classica (chiamiamola piuttosto: colta, o accademica o tradizionale o seria o come vi pare, ma non classica che è la musica che va dai figli di Bach al primo Beethoven ed è una classificazione puramente metodologica), la musica colta insomma va riscuotendo successi clamorosi. E non certo i successi piccoli e non significativi di personaggi a metà strada come quelli scoperti dalla Cramps (i vari Hidalgo, Marchetti, Cardew etc. etc.), né quelli insopportabili delle rielaborazioni per juke-box, magari a ~amba, ma i successi grandiosi riscossi dalla musica tradizionale più nota e più, fino a qualche tempo fa, snobbata dalle nuove generazioni. Significativi e clamorosi gli episodi di Roma, dove in varie occasioni il pubblico giovanile ha letteralmente preso d'assalto o l'Auditorium di via della conciliazione (l'episodio degli sfondamenti per ascoltare la Nona di Beethoven diretta da Karl Bèihm è stranoto e ne abbiamo già parlato). .3{l Significativo il successo ottenuto l'ànno scorso a Milano da Luigi Nono, con una presenza di giovani incredibilmente alta. E allora il discorso sulla musica colto alle feste non è poi così fantascientifico: perché, invece di far suonare e cantare sempre gli stessi, alla prossima festa, a Parco Lambro o a Licola 2 non chiamiamo Pollini? O qualche quartetto o quintetto, ce ne sono di bravissimi. non molto conosciuti fatti da compagni, all'interno dei conservatori (è significato, a questo proposito che anche queste scuole vecchie e cadenti stiano vivendo un momento importantissimo di lotta e di battaglia politica al loro interno, ma questo ~ un altro discorso). Insomma non è necessario far salire un'intera orchestra come quella che abbiamo descritto nella fantacronaca dell'inizio: la musica dotta ha moltissima varietà e non è affatto vero che sia solo sinfonia o opera lirica. Ma c'è di più: uno dei motivi non marginali dello scarso interesse per la musica colta è l'atmosfera che si respira nelle scale da concerto, nei teatri, negli auditorium, luoghi fisici della musica colta e di tutti i reazionari del mondo. Se per il pop, per la musica antiaccademica il luogo d'ascolto e l'atmosfera è importante, perché non dovrebbe esserlo per la musica colta? Che bisogno c'è di incravattarsi e impellicciarsi, di star composti e scomodi, di fare il colpo di tosse solo fra un tempo e l'altro? In realtà c'è una ragione: ed è quella di chi vuole mantenere il previlegio della ricca borghesia su un fenomeno culturale, più per prestigio che per reale amore della musica. Il concetto di previlegio dell'arte rimane ormai, in questi anni, solo nella musica: toglierlo di mezzo è, pur sempre una soddisfazione. E inserire la. musica colta neÌle feste e nei concerti accanto al pop e al jazz vuol dire proprio abbattere questo privilegio e, tutto sommato, impossessarsi di nuovi strumenti e nuove capacità espressive. Giaime Pintor

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