Muzak - anno III - n.13 - giugno 1976

C'erano una volta i cantautori. Si chiamano Gino Paoli, Umberto Biodi, Luigi Tenco, Sergio Endrigo, Bruno Lauzi. Essi stabilirono un precedente, crearono una moda, affermando il nuovo personaggio dello chansonnier. Usarono la canzone con tutta la ammiccante ambiguità del mezzo, ma portando un dignitoso distacco affatto nuovo, un serioso e introverso riserbo da eroi che sanno di essere perdenti in partenza. Legioni di trentenni poterono così riconoscersi in queste canzoni che scovavano insolite pieghe di verità malinconiche nel grigiore della vita quotidiana. Tanti si riconobbero in situazioni di amori desolati, di amanti lunatici e soprattutto in quel rifiuto appena sussurrato, tale cioè da non intaccare seriamente le istituzioni vitali, ma sufficiente a viverle questa volta come vittime, e non come anonimi ingranaggi. Fu il momento d'oro della introversione· di massa che con la sua filosofia negativa opposta all'ottimismo di regime non mancò di lasciare il segno, oltre che sui trentenni, su foltissime schiere di adolescenti alle prime armi con la vita, pienamente disponibili a coglierne tutti i risvolti più amari e a turbarsi per quel grande mare di incertezza che i cantautori sostenevano forse l'esistenza. Si creò il terreno fertile affinché i giovani, fattisi un po' più forti, ma non ancora abbastanza per diventare protagonisti delle sorti politiche della storia, potessero crearsi una moda tutta loro, ad esclusivo uso e consumo. Al fenomeno fu dato anche un nome: Fabrizio De Andrè, l'unico vero tramite tra la vecchia generazione e la nuova in linea di continuità. Dei vecchi condivideva il riserbo e il distacco (quel guardare la tempesta da lontano ...); ma mentre quelli si limitavano Speciale cantautori Cantami,oDivo... Una volta i cantautori erano gli intellettuali della canzone, adesso siamo tutti cantautori. ad offrire incertezze, lui incominciò o dare certezze, nascoste nella leggenda di un mondo tutto fatto di prostitute, galantuomini, assassini, re infelici, impiccati ecc., ma pur sempre certezze. Era la marea politica del movimento giovanile che cominciava a montare, ovviamente, ma nella sua veste più superficiale e deteriore, e cioè con quel moEdoardo Bennato 20 ralismo di chiara marca piccolo-borghese, bieco e pruriginoso come tutti i liquami non ben espulsi. De Andrè, comunque, è l'ultimo dei cantautori della prima generazione, quella degli introversi puri, ad è anche il primo dei nuovi, che potremmo chiamare della terza generazione. De Andè serve a mantenere la continuità, ma non è lo unico esponente di questa seconda tormentata generazione di passaggio. Molti altri fatti concorrono a preparare il terreno ai nipotini del doposessantotto. Un grosso insegnamento (chissà poi quanto realmente raccolto) veniva da una altra area di influenza, quella milanese, che in Gaber e Jannacci aveva le sue punte di diamante, temperate dalla scuola jazzistico - cabarettistica - popolare, e pertanto capaci di sopravvivere ai tempi in maniera così brillante e puntuale da essere due casi completamente a se, ognuno a modo suo. C'era moltÒ da imparare anche dalla scuola della nuova canzone politica (Marini, Della Mea, Pietrangeli) che però si muoveva, e si muove tuttora, su un binario completamente diverso, lavorando nelle lotte politiche e per le lotte politiche. Per completare il quadro manca solo Lucio Dalla, in realtà· un cane sciolto, che per comodità faremo rientrare in questa seconda generazione. Dalla, anche lui ben presto schieratosi sul fronte della militanza (ancora oggi perfettamente a suo agio come cantautore di sfondamento), è quello che, forse più di ogni altro, è riuscito a sviluppare in avanti lo stile italiano del fare canzoni, adeguandosi a1 vari testi che di volta in volta ha utilizzato, con un eclettismo e un'elasticità assolutamente unici. Dalla, comunque, è l' Jltimo esponente di quella tradizione italiana della canzone d'autore che si rinnovava, si apriva alla satira e alla politica, ma sempre restando in un'area culturale autonomamente italiana. Già da tempo, infatti, America e Inghilterra avevano riversato sull'Italta valanghe di miti, già bell'e confezionati, prontamente raccolti da migliaia di giovani. Il nuovo vangelo non poteva non sortire effetti sui cantautori e del resto

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