Muzak - anno III - n.12 - aprile 1976

Contrappunatiifatti Violenti nolenti In Italia, come si sa, la pena di morte vige ancora. E peggio della pena di morte: ché cittadini inermi e magari innocenti vengono con frequenza allarmante giustiziati per le pubbliche vie senza processo. E' accaduto così al Pincio dove la polizia ha sparato con freddezza ammazzando un signore che passeggiava guardando il tramonto, è successo il 7 aprile davanti il ministero della giustizia (quale giustizia?) quando una guardia ha sparato uccidendo un giovane compagno. Ma è successo altre molte, troppe volte. Contro ladruncoli o compagni. E succede continuamente sui luoghi di lavoro, dove non la polizia, ma i padroni, che questa polizia difende con le armi facili, uccidono centinaia di proletari, magari minorenni, non rispettando norme minime di sicurezza e di rispetto per la vita altrui. Ecco, questo è l'aspetto osceno del capitalismo: la violenza bestiale che impesta tutto e l'ideologia della violenza. Ma proprio perché anche ideologia (puntellata dai deliri aberranti filosofici e scientifici sull'aggressività come naturalità) la violenza non è solo nella borghesia e nei suoi servi: essa permea ormai tutti i rapporti, è entrata nel proletariato, non solo nel pubblico ma anche nel privato, nei rapporti umani, nella famiglia, dappertutto. Ed esce sempre più in tutte le occasioni di massa: accade con la violenza ai concerti, con la violenza persino alle feste. Ha detto bene Fosco Diotallevi « dobbiamo essere noi a dire che la quantità di violenza che oggi c'è nelle città - nella vita sociale - è intollerabile. Possiamo dirlo - noi - senza avere alcun interesse ad aumentarne o diminuirne la reale portata, essendo tra quelli che conoscono l'origine di questa violenza e che possono denunciarne i responsabili ». Ecco noi, in prima persona, e tutto il movimento, ci dobbiamo far carico del problema della violenza e non certo la borghesia che arma con leggi liberticide le mani ai poliziotti, non certo la borghesia nel cui seno maturano la violenza fascista come quella del Circeo o quella che si è abbattuta bestialmente su se stessa nel caso di Olga Julia Calzoni. Non certo la borghesia che prospera sulla violenza, ne è impestata, ne porta intera la responsabilità politica e culturale. Non certo la borghesia il cui partito guida impedisce la legge sull'aborto imponendo la violenza quotidiana per migliaia di donne dell'aborto clandestino. Che uccide e reprime con la violenza i diversi, con la violenza delle droghe dure e delle istituzioni totali, carceri, manicomi, caserme. Non certo la borghesia il cui unico fine è il massimo profitto e per conseguirlo impone la violenza della emigrazione, della disoccupazione, del caro-vita, dello sfruttamento. Dobbiamo essere noi, dunque. Non negandoci la violenza che è anche in noi, nel movimento, nei rapporti interpersonali, nei momenti di festa o di lotta. Noi che sappiamo e possiamo renderci conto che esiste una violenza giusta e una ingiusta, una necessaria una non necessaria, senza condanne in blocco della « violenza senza aggettivi e senza colori » che nasconde invece la volontà di far passare una violenza che anche quando si maschera è indubbiamente violenza borghese e nera. Troppo a lungo, credo, non abbiamo colto questo nuovo che la situazione geneViolenti scontri con la polizia dopo f"ucclslone del giovane compagno Mario Sa,vl. raie ha posto. Troppo a lungo abbiamo lasciato la gestione del problema-violenza alla borghesia stessa, magari sotto la forma dei pianti e dei lamenti della borghesia illuminata o delle menzogne dei ministri di polizia. E' vero: il problema-violenza è nel movimento ben vivo e ormai riconosciuto, ed è per questa presenza vivace nel movimento che anche su Muzak è sempre più presente, dalla controinformazione sulla violenza delle droghe dure, ai fatti del Circeo, all'abbecedario, al servizio militare, all'aborto, all'omosessualità. Ma una presenza (ed è giusto autocriticarsi) che non è stata capace di farsi organico discorso, organica indagine, organico dibattito. Un'autocritica che è anche promessa e proposta: promessa di allargare e organizzare il discorso sulla violenza e le sue manifestazioni e una proposta di agitare in ogni sede, in ogni occasione, il dibattito su questo problema. Dobbiamo essere noi, fino in fondo, a parlare della violenza e per far questo dobbiamo essere consapevoli che oggi, in questa fase e sempre di più con l'aggravarsi della crisi del sistema dominante, il problema della violenza, in ogni suo aspetto e nella sua generalità, è centrale nella pratica e nella teoria di tutto il movimento. Giaime Pintor

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