Risponde Bellocchio Muzak: Che raooorto esiste fra « Marcia trionfale » ed i tuoi film precedenti? Bellocchio: Innanzi tutto a scanso di equivoci, bisogna vedere la caserma come un emblema. Un microcosmo all'interno del quale scoppia una serie di contraddizioni. In questo c'è un filo diretto con i miei film precedenti. Il personaggio del soldato, appena arriva in caserma è convinto di trovarsi in manicomio. La assurdità dei gesti, delle forme della vita militare lo sconvolge. L'ambiguità nasce dall'essere carico di rabbia, come può esserlo un laureato di questi ultimi anni. Disoccupato in partenza, che si ritrova in divisa privato di uno status che pensava privilegiato, raggiunto mediante la laurea e che, naturalmente, non viene riconosciuto dagli altri commilitoni. E' facile per il capitano riuscire a convogliare questo potenziale di violenza verso valori reazionari, a staccarlo dalla massa dei soldati, a lanciarlo verso la scalata: insomma a tentare di farne un ufficiale modello. Muzak: Non pensi che nel tuo film esista una mancanza di aderenza con la realtà attuale nelle caserme? Bellocchio: Io non ho voluto fare un affresco sui militari, in Italia, oggi. Volevo raccontare una storia. Nel film la caserma è un'istituzione, come poteva essere un manicomio o una scuola. Un'istituzione dove esiste una pratica di obblighi assurda, che ti abbrutisce. Io volevo far vedere questo. In partenza, comunque bisognava operare una scelta: decidere se fare un film militante o un film « d'autore » (come dicono i produttori). Fare un film militante, e « Matti da slegare » è un esempio chiaro, necessita ed esiste solo in quanto è un'opera collettiva, fra compagni. Fare un film con trenta milioni è una cosa, lavorare in un'industria, in un mercato cinematografico è un'altra. Ed a questo i compagni quando vanno al cinema non pensano, e di conseguenza molte volte i giudizi che sparano i militanti su di un film non c'entrano per niente col film. Non ci si rende conto che per fare un film bisogna fa. re i conti con chi tira fuori i soldi: i produttori, i distributori e la tua libertà viene in qualche modo compressa. Il produttore ti dice una cosa pensandone un'altra e tu dici una cosa pensandone un'altra. C'è in questi due modi di fare cinema (militante o attraverso i canali tradizionali) una contraddizione insanabile. Certo è, che alla lunga, non si può camminare con i piedi in due staffe. Alla fine bisogna fare una scelta. Muzak: Ti si accusa di aver fatto vedere poco e male la lotta dei soldati e la vita nelle caserme. Bellocchio: Certamente la presa di coscienza e le lotte dei soldati sono un fatto molto importante. Chi lo può negare? Bisogna ricordarsi, però, che nella maggioranza delle caserme i soprusi dei « nonni », la vfo. 60 lenza gratuita, le speculazioni dei superiori per isolare gli elementi « pericolosi » sono un qualcosa di molto vivo. Le cose che si vedono nel film riguardo la vita quotidiana nelle caserme nascono da ricerche che ho fatto massimo due o tre anni fa. Se il film è datato è datato di due o tre anni. Sbaglia chi si aspettava da « Marcia trionfale » un bel documento sulla vita militare, proprio perché in partenza questa non era la mia intenzione. Te l'ho già detto; volevo raccontare una storia, per realizzarla ho avuto un produttore, un circuito ufficiale di distribuzione con tutto ciò che comporta: dalla scelta degli attori ai manifesti pubblicitari per strada. Se poi in alternativ.a a « Marcia trionfale » si mettono film come « La collina del disonore» credo che ci si debba schiarire le idee e ragionare un po' di più. E' logico che un film come « La collina del disonore », film intendiamoci nobilissimo, appare in televisione, proprio perché parla di cose che sono molto lontane e quindi non pericolose. « Marcia trionfale » non sarà mai ammessa alla TV. Lo stesso metro di giudizio porta ad osannare Nashville o Mean Street, film molto belli ed importanti, ma che a noi in Italia non servono quasi a niente. Questo atteggiamento verso la cinematografia americana, che non c'è dubb10 è ptù avanti e più viva di quella italiana, è solo un sintomo del nostro provincialismo culturale. Muzak: Sono passati 10 anni da « I pugni in tasca » molto è cambiato nella società cos'è cambiato nel cinema? E come vedi la tua esperienza nel 68? Bellocchio: Chiaramente il cinema è rimasto indietro rispetto ai cambiamenti della società, italiana in particolare. Sembra voler rincorrere le mode e la realtà, e si rifiuta di analizzarla né tanto meno di anticiparla. Se ci si accorge che vanno di moda il Liberty e le squadre antiscippo si rovesciano sul mercato decine di film di questo genere. Quanto al '68, fummo in molti durante quegli anni a mettere da parte il cinema per cercare di fare la rivoluzione. Alcuni erano in buona fede, altri di meno. Quanto a me, il gruppo con il quale lavoravo io (Unione dei M-L, ndr.) non era riuscito àd elaborare una linea culturale che mi permettesse di lavorare con intelligenza. C'erano delle responsabilità reciproche, ai loro errori si accumulavano i miei. Mi si chiedeva di fil. mare manifestazioni ed i risultati erano insoddisfacenti per me e per loro. Di quegli anni comunque mi è rimasta, credo, la capacità di capire il valore del no. In « Marcia trionfale » c'è l'assoluta negazione di cose assurde come il dovere verso la patria, l'efficientismo nell'esercito, l'obbedienza ad occhi chiusi. Così in « Matti da slegare » c'era il rifiuto di considerare il matto come matto. Credo che questo sia lo spirito del '68, mi riconosco e sono convinto di questo no assoluto. Anche se per questo non voglio bluffare, creando un ruolo politico che non ho. a cura di Gianfranco Giagni
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