Muzak - anno III - n.12 - aprile 1976

Militari A marcia indietro Muzak ha invitato in redazione tre soldati per discutere del film di Bellocchio. Il verdetto è stato duro e Bellocchio si è difeso. « E' una caserma di dieci anni fa», dicono i soldati. « Non è un documentario, è una metafora di violenza istituzionale », si di/ ende il regista. Oggetto del contendere Marcia trionfale, l'ultimo film di Marco Bellocchio, sulla vita militare. La storia è semplice: un soldatino laureato-disoccupato molto individualista subisce la violenza militaresca, fascistizzandosi. La complicità fra lui e l'insopportabile (e incredibile) capitano Asciutto, se gli permette di sopravvivere isolato dalla massa e salvo dalle sevizie dei sottufficiali, fiscalizza la sua debolezza e la sua subalternità. Sfondo della storia: la naia. Occasione della trama: l'amorazzo con la bella moglie f rustrata e perseguitata del capitano fascista. Le polemiche sono nate feroci, non dalle colonne dei giornali specializzati, ma dal vivo di chi l'esperienza militare l'aveva appena passata, o neppure ancora terminata, dai Proletari in divisa (Pid), organizzazione di lotta nelle caserme. Il Bellocchio non sa che il potere nasce dalla canna del fucile? Il motivo è che Bellocchio non sa cosa sia il fucile, né cosa sia il potere, dicono i soldati. Massimo - Il film è presentato dalla pubblicità con due frasi, quelle quindi per cui uno dovrebbe vedere il film. Il primo slogan pubblicitario è « E venne il giorno del signor-nò » (che fa pensare immediatamente alle lotte dei soldati), ma di questo non c'è nessuna traccia nel film. Il secondo slogan pubblicitario è « Non trattare la tua donna come un caporale, chiedile di amarti e non di ubbidirti, non fare della tua casa un caserma » (e fa pensare che sia un film sulla sessualità, sull'oppressione della donna) e questo c'è nel film, ma è raccontato solo come una barzelletta; la seconda parte poteva essere un film sull'oppressione della donna a patto che i personaggi avessero una motivazione, una storia, una dialettica, un chiaro-scuro, ma siccome tutto questo manca diventa poco credibile persino quello che è vero (cioè il rapporto sado-masochista tipico della mentalità dei militari, più ancora che di altri). Per quello che riguarda la prima parte del film e il finale, che ci interessa qui perché descrive « la vita in caserma », la barzelletta è ancora più accentuata, e i personaggi ancora più senza motivazioni. Come la scena dell'ufficiale di picchetto che se ne va sotto la pioggia (e che somiglia volutamente a certi comici del non-senso, come quel Mike Rooney che si vedeva anni fa al sabato sera in tv). Ci sono particolari irreali, come la descrizione dello spaccio (che è stupendo, perfetto, pulito, grande, etc.) e cose vecchie (l'adunata libera-uscenti da anni è stata tolta), mescolati a tentativi di « attualità »; per esempio la canzone « Tornerò » e i soldati con la lacrimuccia che l'ascoltano è uno dei pochi pezzi « veri » del film, mentre il capitano A58 sciutto che ritaglia l'articolo sul regolamento di disciplina da « Il corriere della sera » non è proprio in carattere né col personaggio, né con la caserma che descrive. Per tutto il film non si capisce assolutamente la vita che fanno i soldati, a parte i gavettoni e pisciarsi addosso. Giorgio - Ci sono nella prima parte alcune cose che possono interessare chi lo vede, sull'addestramento, ma sono troppo caricaturali. Poi manca completamente la « risposta », sia individuale che collettiva dei soldati a quelle umiliazioni, etc. Il film apre lo stesso però, con tutti i difetti che ha, un dibattito, perché non si è abituati a vedere queste cose. Certo che se lo si va a" vedere prima di partire militare, e si pensa che è davvero così, si rimane sconvolti ... Ma non è assolutamente così una caserma. Daniele - Secondo me è un film di dieci, quindici anni fa; nel senso che mio fratello (ha fatto il militare nel '60) probabilmente può riconoscere alcune cose che succedevano nelle caserme di allora. Noi invece assolutamente no; non è che non siamo d'accordo con Bellocchio, diciamo che quel. mondo lì non esiste più. Ma anche a collocare il film dieci anni fa (però allora Bellocchio doveva dirlo o farlo capire), il regista-sceneggiatore avrebbe potuto spiegare meglio tante cose: i meccanismi del controllo borghese che attraverso il servizio militare si cercano di far passare; il rapporto 'tra fa. scismo latente e fascismo esplicito; il meccanismo dell'alienazione e dell'isolamento e quindi le reazioni « regressive » (il gavettone e queste stronzate); quello che accade al singolo che si chiude in se stesso; le motivazioni complessive che stanno dietro una macchina (militare) che mangia miliardi, che magari funziona poco - come dice il PCI (e io dico « meno male») - che magari è anche ridicola, grottesca, orrida, ma che rimane sempre il posto in cui ci sono le armi, in cui la disciplina, l'isolamento, la separatezza, i regolamenti fascisti sono messi al servizio di interessi precisi. Ma Bellocchio lo sa cosa è successo in Cile e in Portogallo, e cosa è successo nelle forze armate italiane da De Lorenzo in poi? Quando il capitano Asciutto legge « Il corriere della sera » e taglia un articolo (mi pare sia un fa. moso articolo di Canestrini che aprì un sacco di polemiche in alcune caserme i soldati hanno anche ciclostilato) fa pensare in qualche modo al grosso scontro che c'è oggi, alla fine della « separatezza » e della « falsa neutralità » per cui tutti, o da una parte o dall'altra, si devono schierare. Ma questo è un breve cenno che

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==