scuole dei doppi e tripli turni: cosa possono offrire a adolescenti che nascono con intelligenza più duttile e con sensi più aperti di quelli di cento anni fa e vengono sottoposti alla tortura di un sistema sociale e culturale che, nello stesso tempo, sollecita la loro curiosità ma ne mortifica l'applicazione pratica, attivizza i loro sensi ma ne impedisce la piena soddisfazione? La voglia di socializzazione dei bambini e degli adolescenti viene negata, giorno dopo giorno, dalla desolazione dei miniappartamenti· affogati in megapalazzi e, insieme, da un'organizzazione sociale che ha prodotto un'ideologia incapace di rinnovare il rapporto bambino-adulto e di ripensarlo in termini di libertà; di creare quel terreno comune che può essere costituito solo dall'incontro tra la sfera infantile dell'adulto, non più repressa, e la maturità del bambino e dell'adolescente non più forzatamente contenuta, deformata, negata; solo questo può consentire di superare l'antagonismo che divide generazioni ed età, per riconciliarle, attribuendo ad ognuna uguale dignità e analoghi diritti. Attualmente, i luoghi e i modi della comunicazione tra generazioni differenti sono segnati, all'interno della famiglia e fuori di essa, dalla violenza e dalla brutalità. Questa società rende infatti la paternità e la maternità - per la maggioranza degli uomini e delle donne - errore imprevisto, obbligo non voluto, convenzione sociale; scelta non volontaria che viene fatta pagare al più debole: la donna prima, il bambino poi. L'intollerabilità della vita nel sistema capitalistico viene, da chi innanzitutto la soffre, divisa con i propri intimi, comunicata, ripartita « equamente». La famiglia, non più riserva di tenerezza, è ridotta a semplice luogo di sfogo dell'aggressività repressa. Così nella scuola materna, in quella elementare, in quella media, dove la straordinaria intelligenza e generosità di migliaia di insegnanti non impediscono che migliaia di altri, giovani e vecchi, esercitino il loro sadismo sui bambini, con la pratica pedagogica del terrore, della menzogna, dell'ignoranza. Solo il considerare i bambini come diversi, sottosviluppati, incompiuti, può indurre a ritenere che la violenza di cui sono oggetto, e che quotidianamente respirano, possa, sostanzialmente, rimanere loro estranea; e che, quindi, la possano subire (e di questo, magari, ci rammarichiamo) ma che non la possano esercitare (perciò quando succede ce ne stupiamo) se non in forma ridotta e, appunto, « infantile ». Se, al contrario, proviamo a considerare il bambino come un indivièluo già a suo moManifestazione contro la morte, per Pietro Bruno 53 do compiuto e realizzato, capace quindi di amare, di soffrire l'altrui brutalità (subita direttamente o vista), di odiare, diventa comprensibile che il bambino e lo adolescente siano capaci di manifestare amore e odio, speranza e disperazione, siano capaci, quindi, di uccidere e di uccidersi. In una ballata, « Compagno, ti conosco», Ivan Della Mea narra, con questi versi, un fatto di cronaca: « Una donna s'affaccia al balcone ... Milano minicasa di lusso moquette ... Milano Piano sette ed figlio tre anni per mano lo solleva e lo schianta dal set...timo piano Bella madre trent'anni si volta ...Milano torna in casa, ritorna, un sorriso ...Milano con un figlio leggero quattr'anni. .. per mano lo solleva e lo schianta dal set...timo piano ». Se ci concediamo un ragionamento un po' schematico e supponiamo che uno dei due bambini fosse sopravvissuto alla caduta, quanti anni pensiamo che avrebbe lasciato passare prima di vendicare il, fratello e se stesso? E non è - quello dei bambini buttati già dalla finestra - un caso-limite: sono forse pochi i bambini e gli adolescenti che ogni giorno sfuggono a stento all'omicidio, ma quanti invece sfuggono a stento (o non sfuggono) alla violenza fisica, al rancore, all'insofferenza di genitori esasperati, frustrati, desolati? E allora, perché non dovrebbero ubriacarsi? Perché non dovrebbero essere stanchi della vita, a tredici anni? Rispetto ai bisogni e ai desideri di un bambino di tredici anni, la vita può essere intollerabile come rispetto ai bisogni e ai desideri di un vecchio; può negarli totalmente, con uguale spietatezza e brutalità; senza offrire scampo, vie d'uscita, speranza. Perché non dovrebbero uccidersi e uccidere? Noi non abbiamo, evidentemente risposte da dare nè soluzioni da offrire. Ci sentiamo, con lancinante impotenza, solidali coi tredicenni che si .suicidano, « come fossero vecchi pensionati». Anche noi abbiamo sentito la tentazione della morte, anche noi abbiamo, qualche volta, pensato al suicidio. Chi afferma di non averci mai pensato, o è un truffatore o è uno sciocco. Questa tentazione della morte così come questi suicidi infantili, li aggiungiamo al conto che questa società mostruosa e questa classe dominante abbietta dovranno, un giorno, pagare. E siamo certi che pagheranno: il futuro non può appartenere che a gente come Antonio, vecchio pensionato bolognese, sopravvissuto, in settanta anni di vita, a chissà quanti suicidi pensati e a chissà quanti tentati omicidi subiti. Sono sue queste parole: « Noi abbiamo fretta di vedere qualcosa prima di morire; non possiamo accettare che rimanga un sistema che fa crepare un uomo quando non serve più». Fosco Diotallevi Bertolt Brecht, Libro di devozioni domestiche, Einaudi 1964, L. 1400. Ivan Della Mea, Fiaba Grande, I Dischi del Sole, DS 1060/62.
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