monia delle voci erano il bagaglio che il CdL portava già in giro nelle frequenti esibizioni nelle feste popolari. Tutta la carriera del gruppo è sempre accompagnata da una costante di spettacoli dal vivo che sono poi anche il momento riconosciuto dal gruppo come quello di maggiore verità. I dischi sono uno strumento per fissare gli elementi formali dello stadio in cui il gruppo si trova e da questo punto di vista si può affermare che il secondo album, Lassa Sta' La Me' Creatura, è l'album dell'interpretazione più fantasiosa e energica dei moduli popolari. Il gruppo si avvicina alla tradizione perché ne riconosce l'importanza come base di partenza per una musica eventualmente nuova. In questa fase di avvicinamento non si trat!a però di ricalcare quanto di interpretare in maniera spontanea e ispirata quelle melodie che conservano richiami ancestrali nella struttura armonica e ritmica. In questo nuovo Spirito Bono il CdL compie, con estrema coerenza al discorso fin'ora svolto, un ulteriore passo avanti e si distacca addirittura da quei moduli conservanl:lone i colori solo a livello di ispirazione. Spirito Bono è « ispirato » a melodie popolari ma la musica che scaturisce dai suoi solchi è in realtà creazione del gruppo. L'esercizio alla musica popolare, prima, la verifica della corrispondenza di tale pratica sulla persona musicale dei singoli musicisti poi. L'esperimento, che lo ripetiamo ha valore solo in quanto verifica di una fase della vita del gruppo, si svolge in quattro movimenti nel corso dei quali l'organico originale del gruppo (con Gianni Nebbiosi in meno e Pietro Avallone alla batteria in più) libera la propria capacità creativa soprattutto a livello strumentale. Spirito Bono è infatti molto più dei due precedenti un album essenzialmente strumentale in cui le parti cantate servono da collegamento nella lunga suite. La parte del leone è rivestita dunque dal violino di Siliotto, il sax di Cinque, la chitarra elettrica di Minieri e l'organetto di Giannattasio oltre ai vari altri strumenti che ogni componente del gruppo suona. Una novità interessante è la produzione di Peter Kaukonen, chitarrista fratello del più famoso Jorma. Il brano più interessante a nostro avviso è il funerale di Pulcinella. Si tratta di un funerale caratterizzato da elementi propri della concezione meridionale. Dalla melodia alla figura del morto partecipe delle proprie esequie il Funerale Di Pulcinella è un esempio raro di vero «blues» italiano. Nel suo complesso l'album offre una visione di un gruppo in evoluzione e sotto questo profilo ci sembra che il CdL attraversi una fase di passaggio. C'è ad esempio la scelta di avere un batterista purtroppo non corrisposta a livello di qualità da una particolare perizia o ispirazione di Pietro Avallone che svolge il suo ruolo con dignità ma senza sprazzi geniali. Al momento comunque questo elemento è stato sostituito da Marcello Vento ex Albero Motore e le ultime esibizioni dal vivo hanno dimostrato l'utilità dello strumento nell'idioma di questo che assieme a pochi altri (NCCP, Napoli Centrale etc.) ha dimostrato di essere un gruppo in grado di creare sonorità nuove con radici melodiche affondate nella tradizione più genuina. Danilo Moroni Oregon « In concert » Vanguard (Ricordi) Un adeguato panorama delle nuove tendenze del jazz dovrebbe necessariamente tenere conto del gruppo Oregon, specialmente se si vuole vedere cosa avviene al di fuori della nuova musica afro-americana. In molti sensi gli Oregon costituiscono un'eccezione. Sono tra i pochissimi ad essersi mossi sul terreno acustico pur ricercando una autonomia sana e corretta al gigantismo qualitativo del jazz nero, essendo i più, al contrario, attratti dalla elettrificazione selvaggia e da tutto ciò che ne consegue. La formazione strumentale degli Oregon è già in sé motivo di interesse. Sono composti da Ralph Towner (chitarra, tromba e piano), Paul Mc Candless (oboe e altri fiati), Glen Moore (basso flauto e violino) e Colin Walcott (tabla, sitar e altre percussioni). Composizione atipica, quindi, già di per sé fonte di soluzioni inedite. Il tutto è giocato, come dicevamo, sul terreno acustico, alla ricerca di una poesia, oltretut42 to, che, in mancanza di quale siasi pesantezza ritmica (lontanissimi i pericoli del funky o della rigidità ritmica), levita molto in alto dando continuamente l'impressione di libertà, di pulizia, di limpidezza e di fluidità. Questo « In concert » rende perfettamente quella che è l'immagine globale degli Oregon, a tal punto da far pensare che per loro ci sia poca differenza tra il suonare dal vivo e in sala di registrazione. Gino Castaldo Stanley Clarke « Joumey to love» (Wea) Prima di mettersi m proprio Stanley Clarke era già discretamente noto per aver suonato, con molta personalità, il basso nei l!ruppi di Pharoah Sanders, Gato Barbieri, Airto Moreira ecc.... E soprattutto, in tempi più recenti, per essere uno aei componenti regolari dei « Re- ·turn to forever » di Chick Corea. Con « Journey to love » Clarkc è al suo secondo LP a suo nome. Continua cosl a sviluppare il suo personale jazz-rock che solo approssimativamente può essere riportato a quello proposto dal gruppo di Core11. Alcuni brani del disco ne condividono ampiamente la perfetta godibilità (fortemente sospetta di commercializzazione) rivolta ad un pubblico tant,J vasto quanto non specializzato e, inoltre, di chiara marca giovanile. Lo aiutano in questo due grossi nomi del rock: Jeff Beck e George Duke. Più interessanti, invece, i brani di più ampio respiro, e soprattutto la parentesi acustica di « Song to John », dedicato a Coltrane, in cui oltre a Clarke al contrabbasso acustico, suonano Chick Corea al piano e John Mc Laughlin alla chitarra. Il pezzo è realizzato ~ circolarmente». Gli assoli, cioè, ruotano ininterrottamente dall'uno all'altro dei tre musicisti, intrecciando un dialogo strumentale pieno di intelligenza e fantasia. Interessante è anche • Concerto for jazz/rock orchestra », in cui gli stilemi del jazz-rock vengono adattati ad un ensemble più complesso del consueto gruppo, con arrangiamenti più elastici ed articolati. Roberto Renzi Terry Riley Persian Surgery Dervishes (Sbandar) L'album è la massima espressione di uno dei più grandi artisti contemporanei. Interprete di musica reiterativa • a fasi », Riley ha evoluto la propria concezione sonora da In C, lavoro che prevedeva una partitura fissa di base, un ~ pulse » unificatore delle parti scritte e una indispensabile interazione fra i musicisti che eseguono il brano. Attraverso Rainbow in a Curved Air, opera solista di confronto fra compositore, esecutore e pubblico, egli elabori i cardini di quest'opera ai limiti della creatività seriale, registrata dal vivo nell'arco di due concerti a Parigi e Los Angeles; nel 1972. L'esecuzione parigina di Persian Surgery Dervishes è più distesa, aperta, meditativa, e la preferiamo all'altra per la sottigliezza delle variazioni, per la continua ricerca di modulazioni sui tasti dell'organo, per lo studio della forza d'azione delle dita della mano sull'intensità, il timbro, il colore della nota emessa. Dove si potrà sviluppare la musica del futuro Persian Surgery Dervishes è -:sempio. Maurizio Radice
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