Muzak - anno III - n.12 - aprile 1976

della corda tesa, sono cose misurabili sul nostro corpo sulla sua contrazione e distensione, sulle pulsazioni naturali. Allora la nota non è più solo una citazione chiusa nel rapporto gerarchico con il centro. tonale o la scala a cui appartiene, è anche sintesi di quello che sta succedendo, è un fatto. Jimi Hendrix è la personificazione di questo rapporto ed è essenziale notare come i suoi assoli sfruttino perfettamente le possibilità della distorsione svolgendosi spesso per naturali momenti di tensione e sfogo: gruppi di note brevi, veloci e concitate che si scontrano nel clima cupo del pedale wah wah chiuso poi. .. lo scoppio della nota grido, lunga e tiratissima nel timbro lancinante del pedale improvJlml Hendrlx visamente aperto, la nota che dice tutto. Queste immagini prendono tanto più peso drammatico quando massima è la natura elettrica delle forze in campo, cioè nell'effetto larsen, nel segnale sonoro dello strumento che entra . in risonanza: è il massimo del fatto perché è il massimo della tensione, si scontra con la struttura sottostante che può essere il 6/8 di un blues o qualsiasi altra base armonica e ritmica e la travolge con la forza assoluta propria del « materiale estraneo », « non musicale ». Questa forza fa paura, non è classificabile all'interno del nostro sistema musicale e non possiamo controllarla, non possiamo prenderla semplicemente come momento melodico come oggetto musica che stiamo ascoltando, è qualcosa che mette completamente in crisi le aspettative ovvie e ci scopre, è un urlo tecnologico e umano insieme, pilotato solo dalla leva del vibrato cioè da un gesto e non da una fase tee40 nica: la pressione fisica sulla leva, stanca, consuma o eccita quella saturazione di energie e le dà un linguaggio ancora più viscerale. La forte elettrificazione degli strumenti appiattisce la dinamica dei timbri e Ii rende meno mobili all'orecchio umano, più pesanti e statici; non è una semplice nozione di elettroacustica poiché anche su questa particolarità molto del pop elettrico ha costruito una sua immagine, che è quella di un corpo denso appoggiato alla profondità appunto statica dei bassi e che si muove in maniera uniforme e compatta eccitando un rapporto emozionale caldo e totalizzante. A questa immagine vanno ricollegati il gusto per i forti volumi e per i suoni distorti ed allungati l'attenzione per l'effetto di ampiezza ed anche, in certa misura, particolari accorgimenti come per esempio la rotazione suggestiva del Ieslie applicato generalmente all'organo oppure la forte compressione timbrica sempre più presente nelle moderne tecniche di registrazione. Questi sono solo pochi tra gli elementi di una caratteristica propria della nostra cultura musicale, ma nessuno può diventare di per se stesso un giudizio di valore nel senso che oggi non bastano più essi soli ad esprimerci. Comunque già appena analizzata, l'elettrificazione dei suoni non è più quel colore « innaturale » per cui si è parlato addirittura di artisticità o antiartisticità in assoluto; direi invece che è stato un momento espressivo con cui una generazione ha scoperto a se stessa il suo corpo imprigionato in questa civiltà urbana e tecnologica è stato il segno di questa scoperta, ed ora, piuttosto, è importante vedere se la sorpresa diventa dialettica, se il corpo riesce ad essere tutt'uno con l'attività mentale. Certo l'estetica del suono elettrico ha rappresentato per alcuni un modo vero di comunicare e per altri non più che un camion pieno di amplificatori da trascinarsi dietro per aggredire e rapinare il pubblico, ma cosl come il piacere del suono puro e leccato ha contribuito spesso a introdurre certo jazz vecchia maniera tra i velluti del night club. Insomma si può rimanere fuori del mondo sia schiacciati da un altoparlante che solleticati dai graziosi martelletti di un pianoforte e una volta fuori dal mondo puoi incontrare Keith Emerson che fa le gare di velocità su tastiera oppure anche uno che ti dice che la musica è arte quando non fa rumore. Bruno Mariani

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