Musica Pane,amore efestasia Alla base di tutto c'è il risultato di un semplice sillogismo: festa = musica più movimento. Fin qui niente da dire. E' sul come e quando che c'è ancora da dire tutto. Che cosa deve essere questa festa (= musica più movimento)? Uno psicodramma della rivoluzione, uno spazio aperto in cui crescere e moltiplicarsi, una comune utopica da opporre al capitalismo cattivo (una specie di città del sole), un'isola di pace e amore fuori dal tempo e in piena armonia con le grazie del signore, un momento di aggregazione qualificante o infine lo sballo dello sballo degli sballati (magari attraverso il ballo da sballati)? Sembra urgente arrivare ad una maggiore chiarezza soprattutto se è vero, come tutti dicono, che l'estate calda delle feste '76 sarà la più calda di tutte, quella che in fin dei conti potrebbe essere la decisiva. Crescere o finirla per sempre. Su questo terreno si misurerà la capacità politica degli organizzatori al momento, pare, tutti pienamente consapevoli della gravità del momento. Non a caso non solo si prospetta la continuazione di esperienze già fatte, ma se ne faranno delle nuove. Nessuno vuole restarsene a casa ed evitare lo scontro. Tutti (partiti, gruppi, giornali, collettivi, circoli culturali, sballati e mistici di varie provenienze, pacifisti dell'ultima ora, ecc....) stanno elaborando progetti, discutono selvaggiamente, cercano luoghi e musicisti, si preparano insomma al duro scontro delle feste, verso il contratto nazionale con la cultura e la politica per le grandi masse del proletariato giovanile. E' per questo forse che parlare di feste oggi crea tensione e polemiche di ogni genere proprio come quando si discute sulle grandi scadenze politiche. Una sola cosa sembra accomunare tutte le iniziative ed è la volontà di finirla per sempre con le feste isolate, staccate da ogni contesto. Basta con lo scegliere un luogo e bombardarlo di suoni e colori, stravolgerlo, imporgli uno spazio finto e transitorio; basta col « popnome » di grido che arriva non si sa da dove, suona, e se ne va non si sa dove. Basta con il mass-media di evasione alternativa. Sono tutti d'accordo. l'aggregazione non è più quella di una volta, nessuno la riconosce più. Tutti, vogliono cambiarla, qualificarla su basi nuove. L'aggregazione tout court non la vuole più nessuno; l'alone magico e il brivido dello « stia- '- 23 mo ms1eme» sono decisamente tramontati, salvo a ritornare in modo radicalmente diverso. Che fare? Le modalità di questo processo possono essere tante, almeno quante sono le differenti analisi politiche del fenomeno. Un fatto è certo. I giovani questo nuovo modello di incontro di massa lo pretendono, ed è su questa scia, (fortemente energica) di bisogni, che si muoverà l'esercito degli organizzatori. Quest'estate, si può esserne certi, ci sarà un frastuono incredibile; l'Italia giovane sarà messa a rumore (con suoni di « musica » e con • suoni di« movimento»). Un gran casino che, si spera, chiarirà a molti le idee su come si fa una festa. A Muzak, per predisposizione all'utopia, piacerebbe che le feste diventassero una sola festa, grande e duratura tanto quanto serve che lo sia, anche sapendo di cadere in un vecchio errore, che è quello di considerare come una classe il proletariato giovanile. Gino Castaldo
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