Contrappunatiifatti Candelotti e coriandoli « La madonnina ha pianto! » Con questo ridicolo titolo che ricorda le periodiche liquificazioni del sangue di san Gennaro a Napoli, un quotidiano milanese commentava in prima pagina (nove colonne nove) gli incidenti avvenuti domenica 22 febbraio nel capoluogo lombardo. Cos'era successo? Semplicemente che alcune decine di giovani e giovanissimi su un corteo di circa duemila persone si erano scontrati con la polizia di « guardia » al Duomo dove l'arcivescovo teneva un'omelia contro l'aborto. Fin qui la cronaca « ufficiale ». Quella vera (noi c'eravamo) è diversa. Giovedì 19 febbraio doveva svolgersi al Palalido un concerto organizzato dal Coordinamento dei circoli giovanili (che raccoglie una decina di circoli giovanili soprattutto dell'hinterland) con l'adesione di Re Nudo. In seguito a pressioni di vario tipo, tutte con l'autorevole appoggio di Borruso, consigliere di Comunione e Liberazione (I 'ala giovanilintegralista della Dc lombarda), contro i circoli giovanili e la sinistra in genere, questo concerto era stato proibito. (Le stesse pressioni che hanno portato non poche difficoltà a Re Nudo con il ricatto imposto dalla Curia milanese alla tipografia dove il giornale si stampa). Una proibizione tanto immotivata, pretestuosa e pericolosa per la stessa espressione democratica dei giovani milanesi, non poteva essere accettata: e non lo è stata. Così sia il Coordinamento che Re Nudo, hanno deciso di tenere una festa in Piazza della Scala per domenica. Badate bene: una festa, con un po' di musica improvvisata, creatività e animazione, nulla di pericoloso per nessuno, tranne per chi ha deciso che deve essere impedito l'uso della città ai giovani proletari ( « che se ne tornino nei ghetti ! »). A questa iniziativa, di lotta e di principio, hanno aderito anche Il Pane e le Rose e Muzak. Nulla di strano: i giornali giovanili di sinistra erano tutti presenti nelle loro diverse realtà e nella diversa rappresentanza, nel diverso ruolo che essi coprono all'interno del proletariato giovanile. In breve: Piazza della Scala è vietata (anche in concomitanza con il raduno clericale in Duomo) e viene concessa Piazza Vetra. Il corteo fa per raggiungere la nuova destinazione. Infastiditi da duemila giovani, per lo più proletari, i poliziotti caricano la coda del corteo con un fittissimo lancio di candelotti, in mezzo a una folla (domenica di carnevale, ore 16,30, piazza Duomo) ignara e spaventata di donne e bambini in maschera. Gli incidenti continuano e si aggravano: alcuni fra i manifestanti accettano la provocazione, la grandissima parte si reca a Piazza Vetra dove tiene la sua festa in santa pace. Questa è teoricamente una rubrica di commento. Ma ci pare che questa minicronaca si commenti da sé. E da due punti di vista. Il primo (il più sconcio, ma il più « normale » è questo attacco poliziesco a difesa non dell'ordine, ma della « pulizia » del centro di Milano: la madonnina (era in alto, non l'abbiamo vista) può darsi che abbia pianto. Certamente, se lo ha fatto, è stato per il lancio indiscriminato e folle dei lacrimogeni su un corteo che dirigeva in tutt'altra direzione. Quello che si è difeso non è stato l'arcivescovo o i ragazzi invecchiati del servizio d'ordine di Comunione e Liberazione, ma la concezione di una Milano reazionaria e ordinata, vecchia e clericale, insofferente e benepensante: e insieme a questa difesa a oltranza di ciò che inesorabilmente tramonta, si è colpita la Milano nuova del 15 giugno e dei giovani che non hanno nessunissima intenzione di morire nei ghetti, nella periferia dove l'unica « distrazione » si chiama eroina e si paga con la morte. Ma c'è una seconda lezione dai fatti di Milano che va presa e su cui meditare. La provocazione poliziesca, sebbene intollerabile, poteva essere respinta con fermezza e compattezza. Che qualcuno, invece, l'abbia accettata è grave, non tanto per alcune automobili bruciate (e anche per questo: non erano tutte Rolls Royce o • .. .... .. Bentley, c'erano anche 500! ...), vetrine rotte, o per qualche sasso tirato contro la protervia poliziesca. Ma è grave perché è un sintomo di più di una violenza, non giusta e non necessaria, sciocca perché non paga nemmeno sul breve periodo, pericolosa perché l'avventuturismo dà fiato alla reazione e va distinto senza mezzi termini dalla giusta risposta e dal giusto sdegno di massa. Una violenza che assume le caratteristiche di una leggerezza, tanto più nel momento in cui, con l'appoggio quasi unanime anche delle forze democratiche, si tenta di far passare progetti di « autoregolamentazione » e « disciplinazione », in buona fede ma dai pericolosi risvolti se usati dai reazionari (e i questori, fino a prova contraria, non sono proprio il fior fiore della rivoluzione). Non si tratta di condannare o deprecare. Si tratta di confrontarsi, di non rinunciare ad affermare l'esigenza che la città (non solo Milano, ma Roma e tutt'Italia) sia un momento del « vissuto » quotidiano dei giovani, un luogo di riaggregazione e 'non, come vorrebbero lor signori e i loro poliziotti mascalzoni, un luogo ulteriore di disgregazione, di atomizzazione in ghetti in cui si usa la violenza quotidiana (sulla quale aspettiamo che la madonnine pianga e l'arcivescovo tenga una omelia) dell'espropriazione dei bisogni e la violenza fascista delle droghe dure. Giaime Pintor
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