Posta Si fa ma non si di~e Vi scrivo un po' da incazzato per i motivi che tra breve vi esporrò, ma mi riprometto di essere il più sereno possibile; infatti ho da poco terminato di leggere e commentare gli ultimi numeri del giornale, in parti• colar modo le interviste e 1e statistiche sul sesso nelJe scuole. Ho 19 anni e frequento l'ultimo anno di Liceo, ho verificato negli anni di scuola e di militanza politica, attraverso amicizie e confidenze, il comportamento sessuale di molti miei amici e vorrei portare la mia testimonianza in merito, in appoggio alJe donne (anche se non totale) ed in dissenso con il gallismo all'italiana che, anche se a parole sembrerebbe superato, vive o sopravvive nei ragazzi, anche i più maturi. Infatti io, per vari motivi, ho avuto una vita sessuale abbastanza travagliata, con un lungo periodo di omosessualità esplicita e vissuta senza vergogna. A causa di questa mia condizione ho potuto verificare sulJa mia peJJe, in senso metaforico e non, quanto il maschilismo italico sia una statua d'oro con i piedi di coccio. Le percentuali che avete pubblicato, circa il « solo ,. desiderio di avere rapporti con giovani delJo stesso sesso, secondo me sono molto riduttive e false, in quanto credo che moltissimi ~.110 » sono in realtà dei « si » coperti dal terrore di essere considerati « culi ». Studio in un liceo che per vari motivi può essere considerato medio, dal punto di vista della composizione sociale e culturale, pertanto sono convinto di non aver vissuto esperienze anomale, di conseguenza posso affermare, se non altro in base alla mia esperienza, che moltissimi ragazzi hanno rapporti omosessuali, specialmente dai 15 ai 17-18 anni. E' chiaro che la maggior parte di queste esperienze vengono vissute ad un livelJo che non scomoda nemmeno l'amicizia, non parliamo poi dell'amore tra ragazzi; nella maggior parte dei casi si tratta di rapporti abbastanza nevrotici, che si instaurano tra il cosiddetto «culo" (vizioso, !rupe adescatore, corruttore e chi più ne ha ne metta) e il ragazzocompagno di classe che, stanco di masturbarsi e senza l'altro « oggetto » (la donna), trova la scusa di andare a studiare in montagna o in mansarda per chiedere ali'« amico» di svolgere lui la parte dell'oggetto, cioè di farsi fottere. In classe con me e nel mio liceo ho avuto molte esperienze del genere; di solito il partner era il fusto della classe, l'atleta senza donna, il tipo che, in compagnia di donne, afferma di desiderare un genocidio di omosessuali, che ride per ore per un gesto poco virile fatto dall'amico, proprio questo genere di maschio italico, che non risponderebbe mai ad un questionario: si, ho desiderato. Non risponderebbe mai perché in molti casi non lo confesserebbe nemmeno a se stesso, colpevolizzato ed autocolpevolizzato, frustrato per essere andato a letto qualche volta con un compagno • che in fin dei conti era belJo e poi ci sapeva fare » {frase riportata da un discorso tra il vecchio ed il nuovo maschio italico che mi corteggiava). Voi tutti direte: « Cosa ci viene a raccontare questo finocchio? Le sue palle se le porti al diavolo! •· Ebbene io le ho raccontate non perché mi possono far piacere o far pubblicità, vi ho solo trasmesso una squallida esperienza di vita, squallida e vera, da sfruttato ed usato come uno straccio, per dire a quelJe quattro sceme di ragazze che fanno le fusai ai supermaschi (carattere incrolJabile, fisico olimpico, scarpe a punta ed arie da dominatori di polJai) di smetterla di comportarsi da servette (mi scusino le serve) nel rincorrere i signorini, cerchino piuttosto di maturare e diventare donne nel senso più autentico e rivoluzionario invece di far gli occhi languidi a questi ricercatori di buchi. Temo di aver messo a fuoco un argomento scottante nel modo peggiore, cioè ·senza una analisi seria, spero di essere perdonato; vorrei solo che su questo problema si sviluppasse un dibattito o quantomeno un ripensamento da parte di tutti. Riccardo - Milano Sebben che siamo maschi Compagni di redazione, ciao a tutti velocemente, e veniamo al nocciolo: io sono un ragazzo (compagno, chiaramente) di venti anni, ed è più di tre anni che mi considero femminista. Agli anizi, si sa, ho avuto un sacco di casini, perché, senza accorgermene, ricadevo spesso in quelle contraddizioni che nascevano da tantissimi anni di condizionamenti maschilìsti. Comunque, grazie anche ai molti errori, ai conseguenti ripensa6 menti, a numeros1ss1me ed appassionatissime discussioni, a letture varie ecc., posso dire di essere a un discreto livello di autocoscienza. Quindi, sono della convinzione che il femminismo sia un abito che stia benissimo addosso a quei ragazzi che si sono sempre sentiti a disagio nel loro ruolo tradizionale. Solo che, leggendo Muzak 9, salta fuori Giaime Pintor che dichiara l'incompatibilità fra il sesso maschile e il femminismo; su Muzak 10, di rimando, Lidia Ravera, ci definisce « feldmarescialli di pura razza ariana in lotta per la liberazione della Polinesia ». Sul settimanale « Tempo» del 22 febbraio leggo addirittura che iJ maschio femminista è il p1u pericoloso nemico della donna (la dichiarazione è di Emma Bonino, quindi è abbastanza autorevole); su un rotocalco borghese (non so se Oggi, Gente, o giù di Il) di circa un anno fa, c'era addirittura un'inchiesta che attribuiva a remote frustrazioni, inconsci complessi di colpa e ad altre cosaccie terribili, le motivazioni che spingono un uomo a essere femminista. Ora, se escludiamo il rotocalco borghese, le dichiarazioni che ho riferito sono da considerarsi senz'altro degne di attenzione, anche se tutte erano buttate Il in tre righe senza successivi chiarimenti. Perciò vorrei che sulle pagine di Muzak fosse chiarita meglio la questione, magari attraverso un dibattito aperto a tutti; in primo luogo vorrei fosse chiarito che cosa si intende per femminismo (mi sembra che i nostri disaccordi risiedano soprattutto neJJa definizione). Se per femminismo, infatti, si intende la liberazione della donna dall'oppressione del maschio, individuando nella categoria dei maschi una specie di casta privilegiata, compatta, i cui interessi corrispondano in pieno con l'oppressione dell'altro sesso, capisco la definizione di « marchesi barricadieri » rivolta a quegli uomini che, incomprensibilmente, agiscono contro i propri interessi. Ma se per femminismo si' intende invece lo sforzo comune di • esseri umani " contro una morale che ci ha divisi in due ruoli contrapposti, se accettiamo la tesi che solo nelJ'ambito della morale tradizionale l'uomo ha l'interesse a opprimere la donna, se pensiamo che sia possibile (e lo è senza dubbio), che un ragazzo cerchi di realizzarsi non secondo lo schema di uomo di successo con denaro e moglie bòna da morì, con pelliccia, ma piuttosto attraverso rapporti umani più veri ed equilibrati, allora non vedo perché si debba rifiutare la categoria di maschio femminista. E' pacifico che non penso che basti decidere di essere femminista, per esserlo veramente. Occorre vivere in prima persona la realtà quotidiana della coppia, occorre che le compagne si incazzino quando un compagno si comporta da stronzo; in poche parole, il femminismo è una conquista lenta e difficile, specialmente per un uomo, ma non certo impossibile. Spero che queste righe servano a qualcosa e saluto a pugno chiuso. Alessandro - Lido di Camaiore La liberazione sessuale non è - e non deve essere - marginale nella lotta: queste due lettere ci sembra aprano un dibattito che vale la pena di continuare. Libere di essere schiave Siamo due compagni di Pistoia impegnati nell'ambito della sinistra rivoluzionaria e ci preme mettere in luce un fatto che ci è accaduto e che riguarda da vicino il problema della libertà di espressione e in particolare delJe •così dette Radio Libere che stanno sorgendo come funghi in tutta Italia (nella nostra città ce ne sono già tre). Noi eravamo. appunto stati chiamati sotto nostro interessamento in qualità di discjockey a una di queste radio e chiaramente con l'intento di portare avanti un programma non solo musicale ma politicamente impegnato in un senso più vasto. Ma già nei primi giorni di programmazione, quando trasmettevamo solo musica, con particolare riguardo alla musica popolare italiana e cilena ci siamo accorti di come crrta cultura può dar noia al sistema clerico-fascista imperante in Italia. Infatti colui che si è preso la responsabilità di questa radio (un avvocato giornalista) e che in seguito si è scoperto essere (guarda caso!) un democristiano, fortemente scandalizzato dal fatto che avevamo trasmesso canzoni quali « L'inno dei pezzenti » « E quando muoio io » di Leoncarlo Settinelli « Talkin' sul sesso" di F. Guccini « Aria di rivoluzione " di Battiate « El pueblo unido" degli Inti lii imani e altre, ci ha fatto capire, tramite gli altri collaboratori della radio che per elementi « sovversivi » come noi Il dentro non c'era posto. Ora, al di là di fare del nostro un caso di vittimismo individualistico ci preme far notare a tutti i sinceri democratici come il potere sta cercando di incanalare il fenomeno delJe radio libere nate da
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