Autocoscienza Paura divolere Ti voglio perché sei uguale a me e perché sei diversa, ma non voglio fare con te partite a scacchi. Perché è cosi difficile amarsi fra donne, amarsi fra uomini? Vorrei offrirle una sigaretta. Aprirle la porta dello ascensore. Pagare io il conto in cremeria. Farle un complimento, passarle le braccia attorno alle spalle e guardarla negli occhi. Mi piace come si passa le mani nei capelli, come sa stare zitta e quel modo così femminile di mettersi a disagio (« Parla parla, se hai bisogno di far rumore per esistere »). E' che la parte di spazio che occupo io non la occupo se s10 zitta. Guarda: se taccio, mi squaglio. Io non ho la tua presenza, cosi liscia e bella e ordinata. E ti guardo con la coda dell'occhio, io agitata e tu imperturbabile. Io assatanata e tu serafica. Quando ci « facciamo le confidenze » mi viene una specie di brivido nelle spalle, soprattutto quando siamo tristi tutte e due. Perché siamo diverse per questo mi piaci, ma siamo simili e per questo mi piaci anche di più. Tanto continuo a controllare l'effetto dei miei interventi su di te che non crolli la testa e non prendi appunti e non ridi, ma stai Ii seduta con le gambe incrociate e quella tua bocca enorme e incazzata. So bene che se ti chiedo « sei in crisi?», mi risponderai con sciatteria, senza posare a dramma e senza scegliere le parole, perché non sono un uomo e non è il caso, dunque, di conquistarmi. So anche, abbastanza bene (ce lo siamo detto tante volte) che è più reale lo spoglio e anche un po' meschino malumore che confessi a me. Molto più profondo del ciarlatano dubbio esistenziale cronico cosmico che monti con belle parole definitive per quel cretino di L. per essere consolata. Anche tu lo dici « A te sono legata, con L. è soltanto come giocare a scacchi ». Ma quando usciamo io e te, è soltanto perché lui t'ha dato il bidone? E me lo dici anche, immusonita, come se io fossi una specie di oggetto-specchio, di quelli che ti ci inginocchi la sera e ti confessi. Io incasso e ti prendo un po' in giro, cosi, per esorcizzare la malinconia: « Se andare al cinema con una donna è, per te, così un ripiego, non sarà una specie di ripiego politico anche la tua militanza femminista? » Ti arrabbi senza energia e mi dici: « Che c'entr·a, io di L. sono innamorata ». Già sei innamorata: e vediamolo un po' quest'amore così selvaggio, che l'abbiamo fatto a pezzi tante volte e resta sempre in piedi, demistificato e misterioso, come se invece di criticare la società degli uomini, fossimo state due anni al bar a sentire Lucio Battisti. Ha sempre le stesse caratteristiche, quelle che ami lui perché è diverso e non ami me perché sono uguale e ti ricordo i tuoi difetti e le tue debolezze. In me detesti te stessa. Se tu ti accettassi, accetteresti me, non come una comare da cui si può anche farsi vedere con i bigodini in testa e l'anima in disarmo, ma come un essere umano con cui confrontarsi e farsi la corte. Magari è solo gelosia: ma io lo vedo come ti muovi quando entra un uomo, sembri un gatto, hai maledette movenze gattesche, ti snodi e ti acciambelli sulla sedia e tintinni. E' tutta una coreografia an56 tagonistica, un « ehi, ci sono anch'io» carico di seduzioni e di battaglia. Ma l'amore è quella cosa lì? E la voglia che ho io di aiutarti e accarezzarti dove so (e lo so molto meglio di un uomo, se permetti) e baciarti e studiare con te qual'è il modo più giusto di vivere? Questo è meno amore di quell'altro? Di quello che ti palpeggia a parole, a occhiate e a teorie, che ti e studiare con te qual è squadra, ti presenta gli amici sottolineando il possesso, e dopo aver fatto l'amore con te ha sempre l'aria di chiederti un attestato di benemerenza per la sua abilità? Certo tu e lui insieme potete fare un figlio, mentre io e te possiamo, in fondo, soltanto allevarlo e crescerlo senza l'esempio educativo di un padre ganzo e vittorioso, senza modelli maschili di sopraffazione. Ma qual'è, dei due, il progetto più avanzato? Ecco: e adesso che ti sei accorta che ti guardo? Dicono che incominci a sospettarlo questo mio desiderio un po' irregolare. Che fai, strizzi gli occhi? Perché dici a Francesca che non hai i cerini scuotendo i capelli in quel modo? Mi arriva una bordata di sguardi suadenti. Sono diretti a me. Possibile? Per un attimo, ma proprio per un attimo, sono felice e sento un grande sapore di conquista. Distratta ormai per tutta la riunione mi perdo in fantasie tradizionali: questa sera la invito a cena, beviamo qualcosa di buono, parliamo con quell'intimità speciale che arriva con la fine di una cena... Non ci metto molto a rendermi conto che è una variazione sul tema dell'invidia del pene. Non mi avete fatta nascere uomo? E io faccio l'uomo lo stesso, come quando, da piccola, mi mascheravo a Carnevale con le penne da indiano e per un giorno, almeno, mi permettevano di • rompere un bicchiere. Rimosso il primo blocco, tutto si srotola lento e sicuro come una inarrestabile matassa. Anche quell'occhiatina così tenera e lusinghiera diventa la dolce spia di un latente massacro: attraverso il processo squisitamente maschile del corteggiamento ho ottenuto la resa squisitamente femminile dell'ammiccamento. Purtroppo i metodi non hanno più possibilità di es-
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