ad influenzare decine e decine di musicisti. Sarebbe molto difficile esaurire in una breve analisi la portata storica della musica davisiana. Vale comunque la pena di fissare alcuni punti-chiave della sua opera e della sua poetica. Il potere di sintesi di una nota Una delle accuse più frequentemente rivolte al Davis recente è quella di frammentare il fraseggio, di limitarsi a suonare solo poche e discontinue note, parsimoniosamente sovrapposte all'intreccio di suoni costruito dal suo gruppo. E' un discorso decisamente irrilevante. Si tratta, invece, della piena attuazione, o se non altro della logica evoluzione, di una tendenza che ha sempre caratterizzato la musica di Davis, come elemento fondamentale della sua poetica. Prendiamo come esempi alcuni brani emblematici: « Embreaceble you » (1947) inciso insieme a Charlie Parker, « So what » (1959), con Bill Evans e John Coltrane, e il celebre « Bitches brew » (1969). Tre pezzi che rappresentano simbolicamente tutta l'evoluzione di Davis. In tutti troviamo lo stesso atteggiamento prevalentemente di sintesi, per certi aspetti opposto alla tendenza più diffusa nei maggiori solisti jazz, che è invece descrittiva, analogica, analitica. Davis, al contrario tende a caricare ogni singola nota della maggiore forza simbolica possibile. Sembra addirittura che le note di Miles, anziché essere i pezzi di un mosaico, dal valore, quindi, allegorico, tendano ad essere ognuna un simbolo a se stante. Da qui si può capire l'evoluzione stilistica di Davis, dapprima a suo agio nelle complicazioni armoniche del bebop, rivolto poi al jazz modale e infine al tappeto sonoro del suo personalissimo jazz-rock. Per Davis la sequenza di note non ha valore di per sè, ma in quanto serve a caricare di forza ogni singola nota, che viene arricchita ancora, poi, dal contesto globale delle sonorità di gruppo. Si potrebbe addirittura distinguere in ogni assolo di Davis una serie di note che hanno solo una funzione di passaggio, preparatoria a quella che è invece la nota essenziale che sintetizza, a livello di simbolo, il significato. Si può, anzi, concepire l'evoluzione stilistica di Davis come un successivo alleggerimento di queste note di passaggio, che nelle sue cose più recenti, sono quasi completamente assenti. Nel Davis di oggi ogni singola nota si identifica col tutto. Tendenza, peraltro, riconoscibile anche in altre situazioni jazzistiche, ma che in Miles raggiunge un grado di assolutizzazione inedito. Da qui lo spessore storico e artistico del fin troppo esaltato timbro della sua tromba. Un timbro particolarissimo che ha in sè la memoria del blues e delle sue implicazioni. Un timbro che è esso stesso simbolo di una ipersensibilità frustrata, di una visione del mondo lirica, da outsider angosciato. Jazz-rock e continuità stilistica Si è molto parlato di questa recente evoluzione della musica davisiana, ma quasi mai in termini analitici. Se n'è parlato, piuttosto, in termini scandalistici e moralistici, per rilevare una presunta commercializzazione, o un presunto cedimento alle facili atmosfere del rock. Da qui appare chiaro come la stessa definizione di jazz rock sia da rivedere, quando non la si usi solo in funzione di comodo. Del rock Davis può aver colto solamente, e in parte, certe suggestioni sonore. 11 nucleo centrale della sua musica rimane profonda- ➔ Miles Davls (Cenni biografici) Nasce ad Alton (lllinois) nel nel 1926 da famiglia benestante. Molti hanno voluto vedere in questa agiatezza familiare le ragioni di molti suoi atteggiamenti e anche di molte sue scelte artistiche. Fu, comunque, malgrado le sue origini, ben accettato dallo ambiente newyorkese dei beboppers agli inizi del '40. In questi anni Miles per la prima volta manifesta la sua statura musicale (ad appena venti anni) a fianco, nientedimeno, del «maestro» del bebop: Charlie Parker, che spesso lo preferiva al più squillante ed esuberante Dizzy Gillespie. li binomio Parker-Davis, malgrado la relativa immaturità del giovane trombettista, non è certamente né casuale né approssimativo. Lo stile di Miles, medidativo, cupo, a mezzo registro sui tempi lenti, e circospetto, essenziale su quelli veloci, è esattamente il tipo di compensazione di cui Parker aveva bisogno. Insieme Davis e Parker hanno realizzato delle cose estremamente importanti, tra le migliori del periodo bebop, ma in alcune delle improvvisazioni risulta chiara già la direzione che Miles avrebbe preso. Da questo momento diventa uno dei protagonisti indiscussi della storia del jazz. Sono del '49 le prime incisioni che per consuetudine vengono considerate come l'inizio del « cool jazz ,. (il termine « cool» freddo, non deve assolutamente essere preso alla lettera). Le prime incisioni del « cool » furono caratterizzate dall'impiego di una vastissima gamma di fiati (e dalla massiccia presenza di musicisti bianchi, con una conseguente tendenza all'intellettualismo e alla rarefazione, in cui peraltro Davis si trovava perfettamente a suo agio). Dal '50 al '55 Miles amaversa una fase assai delicata e discontinua; un periodo di difl'icoltà varie ma anche di assestamento stilistico e di transizione. Nel '55 inizia un altro importante sodalizio, quello con John Coltrane che, con molte interruzioni, durerà fino al '59. Curiosamente, questa collaborazione inizia proprio nel 1955 (Coltrane era allora nella sua prima maturità!) che è l'anno della morte di Parker. Nello stesso anno Miles chiama Coltrane nel suo gruppo e ricrea quello stesso tipo di compensazione emotiva e stilistica che anni prima aveva realizzato con Parker (la differenza è che ora è lui ad essere il leader climatico e « ideologico»). Sono molti i capolavori di questo periodo. Il maggiore di questi è anche quello conclusivo: « Kind of blue» del 1959. Un disco che conclude un periodo, ma che soprattutto ne apre un altro. « Kind of blue» è il manifesto del azz modale (attento cioè, più alle sequenze di note che non alle armonie). Vanno segnalati, di questo periodo, anche i capolavori realizzati con l'arrangiatore Cii Evans (con cui collaborava fino dal '48): «Sketches of' Spain» « Porgy and Blues», « Ascenseur pour l'échafaud » basati per lo più su un sound orchestrale compatto ed omogeneo, sul quale emerge, come voce solista, la tromba di Davis. Ancora un periodo di transizione e poi nel 1963 Miles risorge mettendo in piedi uno dei migliori gruppi della storia del jazz. I nomi sono: Wayne Shorter (sax), Herbie Hancock (piano), Ron Carter (basso) e Tony Williams (batteria), tutti in un modo o nell'altro protagonisti delle vicende più recenti del jazz. li quintetto rimase compatto fino alla fine degli anni '60, diventando un vero e proprio emblema di modernità (relativamente cauta, però, considerando che il « free jazz» già da molti anni aveva indicato strade diverse). E poi lo scandalo, la svolta radicale del jazz-rock, preannunciata da dischi come « Filles de Kiiimangiaro » e « In a silent way » e poi pienamente realizzata nel capolavoro « Bitches brew », vero e proprio best-seller jazzistico, venduto in centinaia di migliaia di copie in tutto il mondo. Ritmi allucinati, timbri distorti, elettrificazione, ensemble magmatici ecc... sono alcuni degli elementi di questa svolta che ha allontanato da Davis un grandissimo numero di puristi, di appassionati tradizionalisti, di critici all'antica. In compenso, Davis ha acquistato un pubblico nuovo e foltissimo, quello dei giovani.
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