I misteri diNapoli Soffocata dalla presenza dominante della canzonetta napoletana e ignorata dagli studiosi, la tradizione partenopea è ancora tutta da riscoprire. Ma già subentra la nuova canzone di lotta, coscienza dei disoccupati organizzati. Benché la Campania sia considerata una delle regioni italiane più ricche di espressività musicale popolare tradizionale, tuttavia esistono relativamente pochi documenti discografici che ne diano documentazione. Questo fatto può essere fatto risalire, in linea di principio, a due ordini di cause. Da un lato, abbiamo la presenza dominante, soffocante, della canzone « napoletana ». Si tratta di un fenomeno complesso e certo interessante, ma che si pone in termini interclassisti e prevalentemente piccolo borghesi, e tende a dare un'immagine unificata e sentimentale del « popolo napoletano » come di un tutto indifferenziato socialmente. Per quel tanto di credibilità che essa mantiene, vi si identificano dunque componenti popolari non indifferenti; ma la canzone napoletana nel suo complesso, nella sua gestione, esprime un punto di vista sicuramente più vicino a quello delle classi egemoniche che a quello della classe operaia e delle masse di sottoccupati e disoccupati che costituiscono il proletariato napoletano. Vale comunque La pena di conoscerla, e a questo scopo può servire l'antologia di Roberto Muralo, da anni cultore raffinato ed esperto di questa tradizione musicale. La serie dei dischi di Murolo è degna di rispetto soprattutto perché presenta il materiale per quello che è, per quello che vale,· senza cercare alibi culturali che non siano quelli dei valori musicali e poetici insiti nelle canzoni che canta. Perciò ne viene fuori un discorso interessante anche per capire fino a che punto la tradizione colta, semicolta e popolare si siano intrecciate e scambiate, come è avvenuto con frequenza e regolarità a Napoli. L'altro ordine di motivi della relativa scarsità di documentazione originale sulla Campania, sta nel fatto che questa regione è stata relativamente trascurata negli studi etnomusicologici in passato. Questo vale, per esempio, per l'Istituto Ernesto De Martino, la cui collocazione ed il cui prevalente orientamento settentrionale hanno fatto sì che, per esempio, nella doppia antologia « Italia-Le stagioni degli anni '70 ») figurino solo due brani della Campania, e per di più registrati uno da un gruppo di mondine salernitane in Piemonte e l'altro da un gruppo di tifosi napoletani allo Stadio Olimpico di Roma. D'altra parte, anche tutta la fase cosiddetta « meridionalistica » della etnomusicologia e delle scienze antropologiche italiane si è concentrata prevalentemente su altre regioni (Lucania, Puglia, Sardegna) piuttosto che sulla Campania. Questa lacuna sta comunque venendo colmata abbastanza rapidamente, per le ricerche di Roberto De Simone, Silvio Costabile, Annabella Rossi, il Teatrogruppo di Salerno, ed altri. L'unico disco specificamente dedicato a materiali musicali popolari della Campania registrati su campo è, per il momento, un disco curato da Alan Lomax per la Folkways, e che non mi risulta sia edito in Italia (il n. di catalogo è Folkways JO Fe 4265). Si tratta di registrazioni effettuate insieme con Diego Carpitella negli anni 'SO, e messe insieme senza un particolare progetto, più che altro con criteri di documentazione dei vari generi e stili, ed evidentemente anche con criteri estetici. E infatti si tratta di registrazioni spesso splendide, soprattutto alcune canzoni di lavoro, balli e pezzi strumentali. C'è poi una registrazione della « Zesa Viola », la rappresentazione teatrale popolare di Carnevale, che adesso è abbastanza conosciuta perché la ripropone il Gruppo Operaio di Pomigliano d'Arco nei suoi spettacoli. Per il resto, bisogna andare a cercare all'interno di antologie più generali. Altri materiali provenienti dalla campagna di ricerca di Lomax e Carpitella negli anni 'SO sono nel volume XVI della « Columbia World Library of Folk and Primitive Music », curato appunto da Carpitella e Lomax, e recentemente riedito in Italia. Trattandosi della prima (e ancora fondamentale) antologia della musica popolare italiana, concentrata in due dischi, dedica a ciascina regione pochi brani, scelti anche qui con criteri antologici. Materiali di livello eterogeneo si trovano in un altro disco della Folkways, « ltalian Folk Songs and Dances », curato da Ralph Costantino, che mescola mandolinate da posteggiatori a canzoni come « Cicerenella » e il gioco dello « scarrafone » di Capri. Altri quattro brani della Campania - una ninna nanna, una canzone di lavoro, degli stornelli salentini e una tarantella - stanno in un altro disco curato da Lomax e Carpitella e edito in America, con i materiali della loro ricerca (« Music and Song of ltaly, tradition TLP 1030). Una documentazione forse musicalmente meno brillante, ma assai interessante da un punto di vista culturale è costituita dalle canzoni popolari italiane registrate da Carla Bianco tra gli emigrati negli Stati Uniti, e pubblicate in un altro disco della Folkways (tutta questa lista di dischi americani sta ad indicare come fino a pochissimi anni fa la nostra musica popolare ricevesse più attenzione all'estero che da noi). Quanto alle antologie italiane, l'altra serie di dischi importanti, quella curata da _Roberto Leydi per la Albatross (« Italia 1, 2, 3, - I balli, gli strumenti, i canti religiosi; La canzone narrativa, lo spettacolo popolare; Il canto lirico e la polivocalità ») sono ancora più poveri di materiale della Campania dei Dischi del Sole: in tutto, un paio di canti religiosi contenuti nel primo disco, certo non abbastanza da rappresentare adeguatamente una regione di tale ricchezza musicale. In parte, naturalmente, questa lacuna è stata colmata anche dalla ondata di dischi
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