Muzak - anno III - n.11 - marzo 1976

fanno abitualmente, due esempi: quello relativo alla coincidenza, presso alcuni popoli economicamente sottosviluppati, del concetto di bellezza con quello della obesità, e quello relativo alla camusità degli africani. Ambedue gli esempi mi sembrano deboli: nel primo caso si accredita come criterio estetico valido e assumibile una concezione che ne è, invece, l'esatta negazione: il criterio estetico implica, infatti, la libera scelta perché non sia frutto deforme di alienazione ideologica e sociale: ora, come può essere ritenuto liberamente scelto un criterio estetico che è strettamente dipendente da una condizione di sottoalimentazione, di penuria, di carestia; dalla necessità, cioè?; come può essere presentato come alternativo all'ideale di bellezza del capitalismo un ideale di bellezza proprio di un sistema sociale che è precapitalistico in quanto medioevale, arretrato, sottosviluppato? Nero .è bello, donna è bello, tutto è bello E non vale nemmeno l'esempio degli africani e degli afro-americani; « nero è bello », l'urlo di orgoglio dei milintanti rivoluzionari neri negli Stati Uniti, non voleva dire che tra i neri americani non ci fossero belli e brutti e che bastasse essere neri per essere belli; voleva dire innanzitutto, negare qualunque dignità al criterio estetico bianco, negare al bianco il diritto di formulare un criterio estetico per i neri e rinviare questo criterio (la sua definizione e la sua applicazione) all'interno della comunità nera - così come là, e solo là, si intendeva collocare ad esempio la fonte del diritto (la emanazione delle leggi). Non diversamente, mi pare, anche la parola d'ordine: « Donna è bello » del primo femminismo, questo sottintendeva: negare alla società maschilista la possibilità di usare contro gli oppressi (le donne) criteri estetici che non dagli oppressi (non dalle donne) sono stati formulati; non voleva e non poteva pretendere che dei criteri estetici, comunque, non permanessero e, all'interno della« popolazione donna », non venissero applicati per giudicare le belle, le mediocri, le brutte; ed erano (e sono) criteri che, almeno parzialmente, corrispondono a quelli della borghesia (e a quelli dell'intera popolazione, si può dire). Stiamo affermando, in sostanza, che - contrariamente a quanto, per una nuova forma di pigrizia e di conformismo intellettuale, ci siamo abituati a credere (utilizzando, a tale scopo, malamente il marxismo) - esiste un ideale di bellezza che, all'interno di una società determinata, si può considerare come assoluto; che tale ideale di bellezza è il 17 risultato di secolari processi storici, culturali, biologici, penetrati così in profondità nell'universo culturale dell'uomo (nel nostro caso, dell'uomo bianco) da diventare, appunto, pressoché generali, assoluti, non relativizzabili; che tale criterio estetico è sempre più omogeneamente esteso alle diverse classi sociali e, via via, comune a un maggior numero di paesi di aree geografiche e culturali differenti ma limitrofe. Questo, evidentemente, a causa dello sviluppo delle forze produttive e della diffusione, dell'informazione, dei mezzi di comunicazione di massa, dei modelli culturali. Ecco, ci sembra che attribuire la omologazione del modello di bellezza presso strati sempre più larghi di uomini e donne al capitalismo sia parziale e, ormai, pressoché superfluo; cosi come ci sembra pietismo (che può anche essere solidaristico e collettivo ma sempre pietismo rimane) pensare che la bruttezza dell'uomo brutto la si modifichi negandola, oppure affermando che i brutti sono belli e i già belli sono capitalisti. L'abbattimento del capitalismo e la costruzione del comunismo potranno consentire di sconfiggere lo individualismo e potranno creare una nuova solidarietà, potranno mettere le basi economiche e sociali perché aumenti la proporzione dei belli (cioè dei sani, degli armoniosi, dei forti, degli equilibrati) e perché questi dialetticamente trovino una sintesi con i brutti (cioè con i malati, gli sgraziati, i deboli); ma non ribalteranno, certamente, i criteri estetici che oggi abbiamo, non potranno, ad esempio, affermare la superiorità estetica dei seni flaccidi o di un ventre maschile concavo. Potranno, evidentemente, fare molte altre cose; come scriveva, ancora giustamente, « Il pane e le rose »: « Anche la bellezza è un bene comune e deve essere redistribuita. Dopo la rivoluzione, quando carne e frutta ce ne sarà per tutti, e tutti lavoreranno meno, e si potrà respirare, e nessuna donna avrà dieci figli, forse, la bellezza non sarà più così rara; sicuramente non sarà più così discriminante; i valori saranno definitivamente altri, per gli uomini come per le donne ». Il coraggio del proprio culo Oggi, nelle occasioni e nei luoghi di aggregazione culturali, politica, ricreativa delle giovani generazioni, la enorme maturazione complessiva conquistata dalle masse giovanili, ha consentito che venissero ribaltati non i criteri estetici (che, come dicevamo, sono ormai patrimonio irreversibile dell'uomo bianco contemporaneo) della bellezza maschile e femminile ma gli atteggiamenti rispetto ad essa. Le ragioni e le espressioni di questo sono molteplici. Un esempio, il più semplice: ~

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