A scatenare l'indignazione è stato un articolo del quotidiano torinese La Stampa, pubblicato il 15 aprile 1971. Era la recensione di un famoso barone della medicina (il professor Romer~), di_ quelli che la domenica s1 dilettano di letteratura, su un libro che trattava il « tema scottante » dell'omosessualità. « Si trattava di quattro coglionate », ricorda Angelo Pezzana, che già allora era omosessuale, ma non faceva ancora della sua sessualità una bandiera ideologica, « ma non abbiamo saputo resistere al disgusto per la ennesima idiozia razzista e codina della nostra città. Abbiamo mandato una lettera al quotidiano torinese, per scriverla ci siamo incontrati e contati, noi, un gruppo di amici, che già da anni si vedeva negli stessi salotti, per la prima volta abbiamo confrontato la nostra rabbia». La stampa, naturalmente, non ha pubblicato la lettera, con una motivazione degna della sua rubrica paleo-perbenista « Specchio dei tempi »: « spiacenti, ma di queste piaghe sociali si parla già fin troppo sui giornali». E' stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: il gruppo di amici ha deciso di trasformarsi in gruppo politico, di rivendicare le proprie abitudini sessuali non come « tollerabili » ma come «naturali», di partire da queste per rivendicare la libertà di usare il proprio corpo secondo i propri desideri e non secondo regole dettate da una società basata sulle leggi dell 'eterosessualità, della monogamia, della famiglia, cioè della riproduzione a tutti i costi. All'inizio erano una decina, tutti omosessuali, tutti più o meno interni a quella stessa buona borghesia torinese che li rifiutava come malati o fingeva di non accorgersi dei loro « vizietti », nel caso che, come Angelo Pezzana, si trovassero per Inchiesta CarissimoFinocchio... Per sconfiggere la paura, per liberare la sessualità, per conquistare il diritto di amarsi senza fare figli, gli omosessuali sono usciti Fuori! Pezzana propone che si federino tutti col Partito Radicale, molti non sono d'accordo. Si vedrà al congresso di aprile. esempio ad essere i proprietari di una lussuosa e qualificata libreria nel centro della città. « Una cosa è stata chiara subito: nascondersi era esasperante, bisognava venir fuori, usci re dal ghetto della vergogna e venire fuori », spiega Pezzana, ed è stata proprio la frequenza con cui la parola « fuori » ritornava nei discorsi e negli sfoghi di tutti a dare un nome al primo nucleo del movimento omosessuale in Italia. Ma doveva diventare anche una sigla e si è cercata una parola adatta per ogni iniziale: per Fronte rivoluzionario e omosessuale non è stato difficile, restava la U, e si è dovuto ripiegare su Unitario, che non significava niente e ha causato anche alcuni equivoci, ma il gruppo è stato battezzato. A novembre è uscito, con questo nome, anche il primo numero di un giornale che, pur coi limiti dell'autobiografismo e spesso della lamentela, è stato il primo coraggioso tentativo di dare alla liberazione della sessualità, « dignità di stampa ». Fuori! Non ha mai venduto più di mille copie e la distribuzione è stata sempre un problema di difficile risoluzione: gli edicolanti lo nascondono sotto pile di riviste pornografiche e la vendita militante all'inizio gravitava, con grande vergogna, attorno ai vespasiani più « malfamati », allungando una copia con un sorriso guardingo a chiunque non avesse un'aria « troppo virile ».Era anche questo un modo di accettare il ghetto, e lo ammettono anche i compagni del Fuori!, ma il rischio di allungare una rivista così a un eterosessuale maschio e orgoglioso dei suoi attributi non tutti avevano voglia di correrlo. La situazione oggi si sta sbloccando, ma le difficoltà psicologiche restano e sono pesanti. Perfino la spedizione postale è impossibile: quasi nessuno ha voglia di affront:ue gli sguardi ironici della portinaia, i commenti dei vicini, i pettegolezzi di tutto il palazzo. Un bisogno radicale « Molti omosessuali non vengono mai fuori, ma conducono esistenze disgraziate e solitarie incapaci di funzionare come normali ed ugualmente incapaci di accettare la loro forza omosessuale», scrive Dènnis Altmann, del ·Gay movim~nt (il movimento omosessuale americano che, insieme al Fahr francese, ha aperto la strada all'omosessualità organizzata) nel suo libro Omosessuale: oppressione e liberazione. E parlando della sua vita racconta di aver inventato una « lunga e pretestuosa » relazione con una ragazza, prima di riconoscere la liceità dei suoi desideri: insieme detestando il contatto fisico, sentivano
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