Muzak - anno III - n.11 - marzo 1976

novita' POPINTERNATIONA Martinho Da Vila /Canta canta,minhagente 33 giri -Stereo 8 -Stereocassetta TPL1 /TPS1/TPK1·7043 George & Gwen Mc Crae / Together 33giri /Stereo a/ Stereocassetta DXL 1 / DXS1/ DXK 1·4015 The Kinks/Schoolboys in disgrace 33 giri- Stereo 8 - Stereocassetta LPL1/ LPS1/ LPK1 •5102 Vangelis / Heaven and hell 33 giri- LPL 1•5110 Hot Tuna / Yellow fewer 33giri - BFL1-1238 Lou Reed / Coney lsland baby 33giri-Stereo 8 - Stereocassetta APL1 /APS1 /APK1 ·0915 STATIONTOSTATIONDAVIDBOW David Bowie I Station to station 33 giri - Stereo 8 -Stereocassetta APL1 /APS1/APK1-1327 Cli

Redazione romana: Via Valenzlanl, 5 • 00198 Roma • Tel. 4956343-3648.Glaime Pintor (direttore). Lidia Ravera (con• direttore). Carlo Rocco (capo redai• toro), Danilo Moronl (capo servizi mu• sica), Diana Santosuosso (Impaginazione). Marcello Sarno. Simone Dessi, Renzo Ceschl, Antonio Belmonte, Gino Castaldo, Sandro Portelli, Mauro Radice. Daniel Caiml. Gianfranco Binari, Agnese De Donato. Redazione MIiano: Glalme Pintor. Paolo Hutter, Giovanna Paletta. Coordinazione editoriale: Lidia Tarantini. Copertina di Ettore Vitale Contrappunti ai fatti, Carissimo Finocchio ... Amore senza pene lii ••• Hanno collaborato: Goffredo Fofl, Mario Schifano, Roberto Renzi. Marco Danl. Nino Vento, Bruno Mariani. Jacques Borrelli, Antonio Pescettl, Fosco Dlotallevl. Annalisa Usai, Carlo Capitte. ATTENZIONE: sul prossimo numero di Muzak, in edicola il 15 aprile, i nomi dei vincitori del 2° Referendumuzak. Compagni di scuola compagni di sesso Abbecedario Per chi suona la campanella Speciale Napoli Musicanalisi, Miles Davis Elettronica Enzo Jannaccl David Bowie Schede Recensioni Libri Cinema Il compagno e il potere Potere bambinesco Autocoscienza Inserto Linus-Altan Hifi Planet Waves Compra vendi & Informa Edizioni: Publisuono • Via A. Valenzlanl. 5 • 00184 Roma • lei. 4956343-3648 - Amministrazione: Patrizia Ottavlanl - Pubblicità: lydla Tarantini - Se• greterla editoriale: Elvira Sallola - Direttore responsabile: Luciana Pensutl - Abbonamenti (12 numeri): L. 5.500 - ccp n. 1/55012 Intestato a: Publisuono • Via Valenzlanl. 5 • Roma - Un numero L. 500; arretrato: L. 800. Diffusione: Parrlnl & C.• Piazza Indipendenza 1 t/b • Roma • Tel. 4992 - linotipia: Velox • Via Tiburtina, 196 • Roma - Fotolito e montaggi: Cfc • Via degli Ausoni. 7 • Roma - Stampa: SAT • Roma. Giaime Pintor 9 Lidia Ravera 10 Annalisa Usai 13 Marcello Sarno 15 Fosco Diotallevi 16 19 23 Bruno Mariani 35 Gino Castaldo 36 Mauro Radice 38 Simone Dessì 40 Danilo Moroni 41 42 44 48 49 Goffredo Fofi 51 54 56 58 Carlo Capitta 60 63 64 In questo numero le foto sono di: Andrea Puccini. Aldo Bonasla, Sandro Becchetti, Carlo Rocco, Dfp Milano. Darlo Bellini. Tano D'Amico. Fabio de Angelis. Per me si va ... ... Innanzi tutto verso la primavera,

ACC280 - Potenza RMS continua a 1000Hz indistorta 2 x 16W - Curva di risposta da 20 Hz a 20 KHz : ± 1 db - Distorsione armonica da 20 Hz a 20 KHz : 0,2 - Ingressi : Pick up magnetico, pick up ceramico, tape, tuner. L. 105.000, IVA compresa ACC340 - Potenza RMS continua a 1000Hz indistorta 2 x 30 W - Curva di risposta da 20 Hz a 20 KHz : ± 0,5 db - Distorsione armonica da 20 Hz a 20 KHz : 0, 1 - Ingressi : Pick up magnetico, pick up ceramico, tape 1e tape 2, tuner, aux, 2 micro. L. 158.000. IVA compresa ACC540 - Potenza RMS continua a 1000Hz indistorta 2 x 40 W - Curva di risposta da 20 Hz a 20 KHz : ± 1 db - Distorsione armonica da 20 Hz a 20 KHz : O,12 - Ingressi : Pick up magnetico, pick up ceramico, tape 1e tape 2, tuner, aux, 2 micro. L. 215.000, IVA compresa AmplificatorAi ugusta:la alprezzocheti piace

musicacheti piace Tre amplificatori: una gamma differenziata per soddisfare esigenze diverse, dove ogni modello presenta, in adeguato rapporto al prezzo, caratteristiche ottimali di resa. Per questo, nel di un complessç, gli am~lificatori Au_gustaoffrono • ~ • e momènto di scegliere una delle parti più delicate ~ -~ sempre la soluzione m1gl1oreper ogni «caso H1-Fi». ' ' Augusta, la qualità italiana nell'alta fedeltà PSA Sintes,s

Posta Si fa ma non si di~e Vi scrivo un po' da incazzato per i motivi che tra breve vi esporrò, ma mi riprometto di essere il più sereno possibile; infatti ho da poco terminato di leggere e commentare gli ultimi numeri del giornale, in parti• colar modo le interviste e 1e statistiche sul sesso nelJe scuole. Ho 19 anni e frequento l'ultimo anno di Liceo, ho verificato negli anni di scuola e di militanza politica, attraverso amicizie e confidenze, il comportamento sessuale di molti miei amici e vorrei portare la mia testimonianza in merito, in appoggio alJe donne (anche se non totale) ed in dissenso con il gallismo all'italiana che, anche se a parole sembrerebbe superato, vive o sopravvive nei ragazzi, anche i più maturi. Infatti io, per vari motivi, ho avuto una vita sessuale abbastanza travagliata, con un lungo periodo di omosessualità esplicita e vissuta senza vergogna. A causa di questa mia condizione ho potuto verificare sulJa mia peJJe, in senso metaforico e non, quanto il maschilismo italico sia una statua d'oro con i piedi di coccio. Le percentuali che avete pubblicato, circa il « solo ,. desiderio di avere rapporti con giovani delJo stesso sesso, secondo me sono molto riduttive e false, in quanto credo che moltissimi ~.110 » sono in realtà dei « si » coperti dal terrore di essere considerati « culi ». Studio in un liceo che per vari motivi può essere considerato medio, dal punto di vista della composizione sociale e culturale, pertanto sono convinto di non aver vissuto esperienze anomale, di conseguenza posso affermare, se non altro in base alla mia esperienza, che moltissimi ragazzi hanno rapporti omosessuali, specialmente dai 15 ai 17-18 anni. E' chiaro che la maggior parte di queste esperienze vengono vissute ad un livelJo che non scomoda nemmeno l'amicizia, non parliamo poi dell'amore tra ragazzi; nella maggior parte dei casi si tratta di rapporti abbastanza nevrotici, che si instaurano tra il cosiddetto «culo" (vizioso, !rupe adescatore, corruttore e chi più ne ha ne metta) e il ragazzocompagno di classe che, stanco di masturbarsi e senza l'altro « oggetto » (la donna), trova la scusa di andare a studiare in montagna o in mansarda per chiedere ali'« amico» di svolgere lui la parte dell'oggetto, cioè di farsi fottere. In classe con me e nel mio liceo ho avuto molte esperienze del genere; di solito il partner era il fusto della classe, l'atleta senza donna, il tipo che, in compagnia di donne, afferma di desiderare un genocidio di omosessuali, che ride per ore per un gesto poco virile fatto dall'amico, proprio questo genere di maschio italico, che non risponderebbe mai ad un questionario: si, ho desiderato. Non risponderebbe mai perché in molti casi non lo confesserebbe nemmeno a se stesso, colpevolizzato ed autocolpevolizzato, frustrato per essere andato a letto qualche volta con un compagno • che in fin dei conti era belJo e poi ci sapeva fare » {frase riportata da un discorso tra il vecchio ed il nuovo maschio italico che mi corteggiava). Voi tutti direte: « Cosa ci viene a raccontare questo finocchio? Le sue palle se le porti al diavolo! •· Ebbene io le ho raccontate non perché mi possono far piacere o far pubblicità, vi ho solo trasmesso una squallida esperienza di vita, squallida e vera, da sfruttato ed usato come uno straccio, per dire a quelJe quattro sceme di ragazze che fanno le fusai ai supermaschi (carattere incrolJabile, fisico olimpico, scarpe a punta ed arie da dominatori di polJai) di smetterla di comportarsi da servette (mi scusino le serve) nel rincorrere i signorini, cerchino piuttosto di maturare e diventare donne nel senso più autentico e rivoluzionario invece di far gli occhi languidi a questi ricercatori di buchi. Temo di aver messo a fuoco un argomento scottante nel modo peggiore, cioè ·senza una analisi seria, spero di essere perdonato; vorrei solo che su questo problema si sviluppasse un dibattito o quantomeno un ripensamento da parte di tutti. Riccardo - Milano Sebben che siamo maschi Compagni di redazione, ciao a tutti velocemente, e veniamo al nocciolo: io sono un ragazzo (compagno, chiaramente) di venti anni, ed è più di tre anni che mi considero femminista. Agli anizi, si sa, ho avuto un sacco di casini, perché, senza accorgermene, ricadevo spesso in quelle contraddizioni che nascevano da tantissimi anni di condizionamenti maschilìsti. Comunque, grazie anche ai molti errori, ai conseguenti ripensa6 menti, a numeros1ss1me ed appassionatissime discussioni, a letture varie ecc., posso dire di essere a un discreto livello di autocoscienza. Quindi, sono della convinzione che il femminismo sia un abito che stia benissimo addosso a quei ragazzi che si sono sempre sentiti a disagio nel loro ruolo tradizionale. Solo che, leggendo Muzak 9, salta fuori Giaime Pintor che dichiara l'incompatibilità fra il sesso maschile e il femminismo; su Muzak 10, di rimando, Lidia Ravera, ci definisce « feldmarescialli di pura razza ariana in lotta per la liberazione della Polinesia ». Sul settimanale « Tempo» del 22 febbraio leggo addirittura che iJ maschio femminista è il p1u pericoloso nemico della donna (la dichiarazione è di Emma Bonino, quindi è abbastanza autorevole); su un rotocalco borghese (non so se Oggi, Gente, o giù di Il) di circa un anno fa, c'era addirittura un'inchiesta che attribuiva a remote frustrazioni, inconsci complessi di colpa e ad altre cosaccie terribili, le motivazioni che spingono un uomo a essere femminista. Ora, se escludiamo il rotocalco borghese, le dichiarazioni che ho riferito sono da considerarsi senz'altro degne di attenzione, anche se tutte erano buttate Il in tre righe senza successivi chiarimenti. Perciò vorrei che sulle pagine di Muzak fosse chiarita meglio la questione, magari attraverso un dibattito aperto a tutti; in primo luogo vorrei fosse chiarito che cosa si intende per femminismo (mi sembra che i nostri disaccordi risiedano soprattutto neJJa definizione). Se per femminismo, infatti, si intende la liberazione della donna dall'oppressione del maschio, individuando nella categoria dei maschi una specie di casta privilegiata, compatta, i cui interessi corrispondano in pieno con l'oppressione dell'altro sesso, capisco la definizione di « marchesi barricadieri » rivolta a quegli uomini che, incomprensibilmente, agiscono contro i propri interessi. Ma se per femminismo si' intende invece lo sforzo comune di • esseri umani " contro una morale che ci ha divisi in due ruoli contrapposti, se accettiamo la tesi che solo nelJ'ambito della morale tradizionale l'uomo ha l'interesse a opprimere la donna, se pensiamo che sia possibile (e lo è senza dubbio), che un ragazzo cerchi di realizzarsi non secondo lo schema di uomo di successo con denaro e moglie bòna da morì, con pelliccia, ma piuttosto attraverso rapporti umani più veri ed equilibrati, allora non vedo perché si debba rifiutare la categoria di maschio femminista. E' pacifico che non penso che basti decidere di essere femminista, per esserlo veramente. Occorre vivere in prima persona la realtà quotidiana della coppia, occorre che le compagne si incazzino quando un compagno si comporta da stronzo; in poche parole, il femminismo è una conquista lenta e difficile, specialmente per un uomo, ma non certo impossibile. Spero che queste righe servano a qualcosa e saluto a pugno chiuso. Alessandro - Lido di Camaiore La liberazione sessuale non è - e non deve essere - marginale nella lotta: queste due lettere ci sembra aprano un dibattito che vale la pena di continuare. Libere di essere schiave Siamo due compagni di Pistoia impegnati nell'ambito della sinistra rivoluzionaria e ci preme mettere in luce un fatto che ci è accaduto e che riguarda da vicino il problema della libertà di espressione e in particolare delJe •così dette Radio Libere che stanno sorgendo come funghi in tutta Italia (nella nostra città ce ne sono già tre). Noi eravamo. appunto stati chiamati sotto nostro interessamento in qualità di discjockey a una di queste radio e chiaramente con l'intento di portare avanti un programma non solo musicale ma politicamente impegnato in un senso più vasto. Ma già nei primi giorni di programmazione, quando trasmettevamo solo musica, con particolare riguardo alla musica popolare italiana e cilena ci siamo accorti di come crrta cultura può dar noia al sistema clerico-fascista imperante in Italia. Infatti colui che si è preso la responsabilità di questa radio (un avvocato giornalista) e che in seguito si è scoperto essere (guarda caso!) un democristiano, fortemente scandalizzato dal fatto che avevamo trasmesso canzoni quali « L'inno dei pezzenti » « E quando muoio io » di Leoncarlo Settinelli « Talkin' sul sesso" di F. Guccini « Aria di rivoluzione " di Battiate « El pueblo unido" degli Inti lii imani e altre, ci ha fatto capire, tramite gli altri collaboratori della radio che per elementi « sovversivi » come noi Il dentro non c'era posto. Ora, al di là di fare del nostro un caso di vittimismo individualistico ci preme far notare a tutti i sinceri democratici come il potere sta cercando di incanalare il fenomeno delJe radio libere nate da

esigenze di controinformazione e di smascheramento delle cazzate impartiteci giorno dopo giorno dalla RAI TV. Del resto quando sorge una radio veramente giusta e gestita dai compagni il potere interviene con le maniere forti e non esita a farle tacere. Saiuti a pugno chiuso Paolo e Umberto di Pistoia Tenero, violento e ... fosco Protesto per il titolo della mia precedente rubrica: « Teneri ma violenti». Era evidente che dovesse essere, eventualmente, « Violenti ma teneri». Evitate che questo sia: « Poveri ma belli ». Grazie. Fosco Dio/allevi • Sassari Elementare, Watson! La schizofrenia è sacrosanta, l'alcool è sacrosanto, come ciò non è follia, è sacrosanto. La follia è assenza di volontà; qualora la nostra carica energetica accumulata alla pressione della paranoia si riversa senza la possibilità di un controllo lucido si ha pazzia; la schizofrenia è irrazionalità liberata cori il diretto comando della volontà. Essa è scelta e necessaria. Ogni nostra azione artistica o poetica è guidata dalla schizofrenia, poiché, mentre viviamo in una società priva di stimoli artistici esterni, noi li creiamo liberandoli irrazionalmente, quindi arte oggi nasce dall'irrazionalità, ovvero dalla schizofrenia, ma poiché tale schizofrenia è direttamente controllata dalla volontà, il suo fine non è irrazionale (o schizofrenico), tuttaltro. Se così non fosse il fine sarebbe, o meglio non sarebbe, la follia. Quindi la schizofrenia è cultura e quindi la schizofrenia ha un valore ed esso è dato dal rapporto tra paranoia (l'energia potenziale) e la fantasia (il mezzo espressivo). Poiché la fantasia è una intrinseca proprietà dell'individuo-uomo, o più raramente della collettività umana, il risultato è che la schizofrenia o arte o cultura è direttamente proporzionale alla paranoia. Ma essendo, per ipotesi, la paranoia non altro che il risultato del plagio della borghesia sull'intelletto umano, o meglio sui mezzi espressivi. di tale intelletto (la fantasia), anche la cultura deriva dal plagio borghese. Quindi se oggi è accettabile la schizofrenia come mezzo culturale, e quindi eversivo, dobbiamo domandarci quale sarebbe la fine di tali valori qualora non esistesse più una società paranoico-borghese. D'altronde non esistendo più tale paranoia e invece permanendo inevitabilmente la schizofrenia, dobbiamo supporre che essa venga generata da un altro fattore, probabilmente anch'esso alienante (data per scontata l'esistenza della fantasia). Quindi o anche in una società non borghese esiste alienazione, o la schizofrenia non ha valore culturale ma solo eversivo {poiché per ora affermiamo che non può esistere una cultura alternativa che sia accettabile oggi e non più proponibili domani). Ammeno che non si voglia supporre che in una società socialista non esista schizofrenia: ma tale ipo• tesi è talmente lontana, incredibile irrazionale e inspiegabile che mi rifiuto di sostenerla. Andiamo quindi per ipotesi. Abbiamo già detto che diamo per scontata l'esistenza della fantasia, poiché la società può « nasconderla » ma non eliminarla; quindi se la schizofrenia esiste ancora, o esisterebbe alienazione, o essa deriverebbe da altri fattori, o da una molteplicità di fattori; oppure essa non esisterebbe. Ma se non esistesse, cosa che tra l'altro ho già detto impossibile a mio parere, questa non possiederebbe nemmeno oggi valore artistico. quindi la nostra non sarebbe controcultura ma solo rivoluzione. Perciò tale ipotesi è troppo remota da prendersi in seria considerazione. Oppure in una società socialista esisterebbe alienazione, o paranoia, ma ciò va contro alla definizione stessa di socialismo (se il socialismo provocasse alienazione esso sarebbe capitalismo), quindi anche questa possibilità è da scartarsi. Perciò la schizofrenia verrebbe causata da un insieme di fattori a noi per ora ignoti, ma talmente immaginabili da potersi considerare inesistenti, o perlomeno possibilì da verificarsi solo nel socialismo. Ma allora la schizofrenia borghese, causata dalla paranoia. e quella socialista causata da fattori a noi ancora sconosciuti, sono due diverse schizofrenie. Ma ciò è impossibile, perché la schizofrenia è una sola e unica, quindi poiché la schizofrenia è quella borghese per definizione, quella socialista non è schizofrenia, quindi essa è uno dei molteplici aspetti di un'unica causa, cioè la complessità dell'energia umana a livello intellettivo. La cultura varia col variare della situazione sociale, quindi la cultura non è un insieme di valori permanenti ma di valori che mutano con la società, il che va contro ad ogni logica filosofica; ma a noi co~a 7 ce ne frega? Oppure, infine, la cultura non deriva dalla schizofrenia, ma in tal caso quella che per noi è falsa cultura o pseudo-cultura borghese sarebbe in realtà l'unica vera cultura. Ma noi non ci crediamo. Altrimenti, o esistono più culture, o tutte queste sono palle. Morig An End Manuel Rossini L'applicazione della logica aristotelica alla geometria euclidea quand'abbia per oggetto il patrimonio semiologico della moderna psicanalisi, genera, per lo meno, paradossi. Si salva, il simpatico psicotico di La Spezia, svelando, nel sovraccarico di concetti e nel « tutte queste sono palle» del finale, la sua autoironia, o meglio, l'ironia sulla teoria. Ci resta un dubbio terribile: chi voleva prendere in giro? Napoli (centrale) milionaria L. R. Su Muzak di Febbraio (pag. 61) c'era scritto che « Napoli Centrale » per una tournèe per i Circoli Ottobre ha preso 350.000 lire a sera ( 18 date!) più le spese per l'albergo e vitto per 8 persone [...). ora vogliamo precisare che il nostro compenso era di 230.000 lire a sera più solo le spese per l'albergo e che dove gli spettacoli sono andati male (2 spettacoli in Sardegna e uno in Sicilia) non abbiamo preteso una lira. Napoli Centrale Dieci e lode in strage di stato Caro Muzak, sono un vostro lettore, anche se da poco tempo. Vorrei rispondere al fascista Luca P. a proposito di Valpreda da lui definito, un assassino rosso. La prima cosa che vorrei chiedergli è se si è mai chiesto il motivo per cui questo processo si rinvia sempre. Se ha seguito bene gli sviluppi della vicenda, e se sa dirmi che fine hanno fatto Casile e Aricò, due importanti testi, che fine ha fatto Cudillo, il tassista ·che ha deposto a futura memoria, che fine ha fatto Calabresi, che ormai sapeva troppo, e che fine •h-a fatto il fascista Gianni Nardi, che fermato dalla polizia viene poi rilasciato, successivamente, accusato dell'omicidio di Calabresi, viene ricercato e salta fuori che ormai è in sud America. Poi dovresti sapere che il 28-8-72 il giudice D'Ambrosio accusa i nazisti Freda e Ventura, ufficialmente, della strage di piazza Fontana e che questi sono in attesa di processo il quale se non eseguito entro il 75 verra•rno messi in libertà provvisoria, ed è quello che i fascisti stanno tentando di fare. -Considera tutto questo e dimmi se sei sicuro della colpevolezza di Valpreda. Un rivoluzionario. Dopo tanti interventi ideologici sul tema « sprangare o no il signor Luca Personemi », pubblichiamo volentieri /'essenziale contributo del lettore che si firma (modestia o superbia?) « un rivoluzionario». Talvolta i fatti sostituiscono degnamente le opinioni. Onde medie anzi mediocri L. R. Radio Montevecchia rifiuta la etichetta di emittente appartenente lll gruppo cattolico integralista Comunione Liberazione si definisce un'emittente demografica antifascista aperta alle esigenze della classe operaia del movimento popolare delle donne dei giovani e di tutte le classi sociali subalterne. Radio Montevecchia

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Contrappunatiifatti Candelotti e coriandoli « La madonnina ha pianto! » Con questo ridicolo titolo che ricorda le periodiche liquificazioni del sangue di san Gennaro a Napoli, un quotidiano milanese commentava in prima pagina (nove colonne nove) gli incidenti avvenuti domenica 22 febbraio nel capoluogo lombardo. Cos'era successo? Semplicemente che alcune decine di giovani e giovanissimi su un corteo di circa duemila persone si erano scontrati con la polizia di « guardia » al Duomo dove l'arcivescovo teneva un'omelia contro l'aborto. Fin qui la cronaca « ufficiale ». Quella vera (noi c'eravamo) è diversa. Giovedì 19 febbraio doveva svolgersi al Palalido un concerto organizzato dal Coordinamento dei circoli giovanili (che raccoglie una decina di circoli giovanili soprattutto dell'hinterland) con l'adesione di Re Nudo. In seguito a pressioni di vario tipo, tutte con l'autorevole appoggio di Borruso, consigliere di Comunione e Liberazione (I 'ala giovanilintegralista della Dc lombarda), contro i circoli giovanili e la sinistra in genere, questo concerto era stato proibito. (Le stesse pressioni che hanno portato non poche difficoltà a Re Nudo con il ricatto imposto dalla Curia milanese alla tipografia dove il giornale si stampa). Una proibizione tanto immotivata, pretestuosa e pericolosa per la stessa espressione democratica dei giovani milanesi, non poteva essere accettata: e non lo è stata. Così sia il Coordinamento che Re Nudo, hanno deciso di tenere una festa in Piazza della Scala per domenica. Badate bene: una festa, con un po' di musica improvvisata, creatività e animazione, nulla di pericoloso per nessuno, tranne per chi ha deciso che deve essere impedito l'uso della città ai giovani proletari ( « che se ne tornino nei ghetti ! »). A questa iniziativa, di lotta e di principio, hanno aderito anche Il Pane e le Rose e Muzak. Nulla di strano: i giornali giovanili di sinistra erano tutti presenti nelle loro diverse realtà e nella diversa rappresentanza, nel diverso ruolo che essi coprono all'interno del proletariato giovanile. In breve: Piazza della Scala è vietata (anche in concomitanza con il raduno clericale in Duomo) e viene concessa Piazza Vetra. Il corteo fa per raggiungere la nuova destinazione. Infastiditi da duemila giovani, per lo più proletari, i poliziotti caricano la coda del corteo con un fittissimo lancio di candelotti, in mezzo a una folla (domenica di carnevale, ore 16,30, piazza Duomo) ignara e spaventata di donne e bambini in maschera. Gli incidenti continuano e si aggravano: alcuni fra i manifestanti accettano la provocazione, la grandissima parte si reca a Piazza Vetra dove tiene la sua festa in santa pace. Questa è teoricamente una rubrica di commento. Ma ci pare che questa minicronaca si commenti da sé. E da due punti di vista. Il primo (il più sconcio, ma il più « normale » è questo attacco poliziesco a difesa non dell'ordine, ma della « pulizia » del centro di Milano: la madonnina (era in alto, non l'abbiamo vista) può darsi che abbia pianto. Certamente, se lo ha fatto, è stato per il lancio indiscriminato e folle dei lacrimogeni su un corteo che dirigeva in tutt'altra direzione. Quello che si è difeso non è stato l'arcivescovo o i ragazzi invecchiati del servizio d'ordine di Comunione e Liberazione, ma la concezione di una Milano reazionaria e ordinata, vecchia e clericale, insofferente e benepensante: e insieme a questa difesa a oltranza di ciò che inesorabilmente tramonta, si è colpita la Milano nuova del 15 giugno e dei giovani che non hanno nessunissima intenzione di morire nei ghetti, nella periferia dove l'unica « distrazione » si chiama eroina e si paga con la morte. Ma c'è una seconda lezione dai fatti di Milano che va presa e su cui meditare. La provocazione poliziesca, sebbene intollerabile, poteva essere respinta con fermezza e compattezza. Che qualcuno, invece, l'abbia accettata è grave, non tanto per alcune automobili bruciate (e anche per questo: non erano tutte Rolls Royce o • .. .... .. Bentley, c'erano anche 500! ...), vetrine rotte, o per qualche sasso tirato contro la protervia poliziesca. Ma è grave perché è un sintomo di più di una violenza, non giusta e non necessaria, sciocca perché non paga nemmeno sul breve periodo, pericolosa perché l'avventuturismo dà fiato alla reazione e va distinto senza mezzi termini dalla giusta risposta e dal giusto sdegno di massa. Una violenza che assume le caratteristiche di una leggerezza, tanto più nel momento in cui, con l'appoggio quasi unanime anche delle forze democratiche, si tenta di far passare progetti di « autoregolamentazione » e « disciplinazione », in buona fede ma dai pericolosi risvolti se usati dai reazionari (e i questori, fino a prova contraria, non sono proprio il fior fiore della rivoluzione). Non si tratta di condannare o deprecare. Si tratta di confrontarsi, di non rinunciare ad affermare l'esigenza che la città (non solo Milano, ma Roma e tutt'Italia) sia un momento del « vissuto » quotidiano dei giovani, un luogo di riaggregazione e 'non, come vorrebbero lor signori e i loro poliziotti mascalzoni, un luogo ulteriore di disgregazione, di atomizzazione in ghetti in cui si usa la violenza quotidiana (sulla quale aspettiamo che la madonnine pianga e l'arcivescovo tenga una omelia) dell'espropriazione dei bisogni e la violenza fascista delle droghe dure. Giaime Pintor

A scatenare l'indignazione è stato un articolo del quotidiano torinese La Stampa, pubblicato il 15 aprile 1971. Era la recensione di un famoso barone della medicina (il professor Romer~), di_ quelli che la domenica s1 dilettano di letteratura, su un libro che trattava il « tema scottante » dell'omosessualità. « Si trattava di quattro coglionate », ricorda Angelo Pezzana, che già allora era omosessuale, ma non faceva ancora della sua sessualità una bandiera ideologica, « ma non abbiamo saputo resistere al disgusto per la ennesima idiozia razzista e codina della nostra città. Abbiamo mandato una lettera al quotidiano torinese, per scriverla ci siamo incontrati e contati, noi, un gruppo di amici, che già da anni si vedeva negli stessi salotti, per la prima volta abbiamo confrontato la nostra rabbia». La stampa, naturalmente, non ha pubblicato la lettera, con una motivazione degna della sua rubrica paleo-perbenista « Specchio dei tempi »: « spiacenti, ma di queste piaghe sociali si parla già fin troppo sui giornali». E' stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: il gruppo di amici ha deciso di trasformarsi in gruppo politico, di rivendicare le proprie abitudini sessuali non come « tollerabili » ma come «naturali», di partire da queste per rivendicare la libertà di usare il proprio corpo secondo i propri desideri e non secondo regole dettate da una società basata sulle leggi dell 'eterosessualità, della monogamia, della famiglia, cioè della riproduzione a tutti i costi. All'inizio erano una decina, tutti omosessuali, tutti più o meno interni a quella stessa buona borghesia torinese che li rifiutava come malati o fingeva di non accorgersi dei loro « vizietti », nel caso che, come Angelo Pezzana, si trovassero per Inchiesta CarissimoFinocchio... Per sconfiggere la paura, per liberare la sessualità, per conquistare il diritto di amarsi senza fare figli, gli omosessuali sono usciti Fuori! Pezzana propone che si federino tutti col Partito Radicale, molti non sono d'accordo. Si vedrà al congresso di aprile. esempio ad essere i proprietari di una lussuosa e qualificata libreria nel centro della città. « Una cosa è stata chiara subito: nascondersi era esasperante, bisognava venir fuori, usci re dal ghetto della vergogna e venire fuori », spiega Pezzana, ed è stata proprio la frequenza con cui la parola « fuori » ritornava nei discorsi e negli sfoghi di tutti a dare un nome al primo nucleo del movimento omosessuale in Italia. Ma doveva diventare anche una sigla e si è cercata una parola adatta per ogni iniziale: per Fronte rivoluzionario e omosessuale non è stato difficile, restava la U, e si è dovuto ripiegare su Unitario, che non significava niente e ha causato anche alcuni equivoci, ma il gruppo è stato battezzato. A novembre è uscito, con questo nome, anche il primo numero di un giornale che, pur coi limiti dell'autobiografismo e spesso della lamentela, è stato il primo coraggioso tentativo di dare alla liberazione della sessualità, « dignità di stampa ». Fuori! Non ha mai venduto più di mille copie e la distribuzione è stata sempre un problema di difficile risoluzione: gli edicolanti lo nascondono sotto pile di riviste pornografiche e la vendita militante all'inizio gravitava, con grande vergogna, attorno ai vespasiani più « malfamati », allungando una copia con un sorriso guardingo a chiunque non avesse un'aria « troppo virile ».Era anche questo un modo di accettare il ghetto, e lo ammettono anche i compagni del Fuori!, ma il rischio di allungare una rivista così a un eterosessuale maschio e orgoglioso dei suoi attributi non tutti avevano voglia di correrlo. La situazione oggi si sta sbloccando, ma le difficoltà psicologiche restano e sono pesanti. Perfino la spedizione postale è impossibile: quasi nessuno ha voglia di affront:ue gli sguardi ironici della portinaia, i commenti dei vicini, i pettegolezzi di tutto il palazzo. Un bisogno radicale « Molti omosessuali non vengono mai fuori, ma conducono esistenze disgraziate e solitarie incapaci di funzionare come normali ed ugualmente incapaci di accettare la loro forza omosessuale», scrive Dènnis Altmann, del ·Gay movim~nt (il movimento omosessuale americano che, insieme al Fahr francese, ha aperto la strada all'omosessualità organizzata) nel suo libro Omosessuale: oppressione e liberazione. E parlando della sua vita racconta di aver inventato una « lunga e pretestuosa » relazione con una ragazza, prima di riconoscere la liceità dei suoi desideri: insieme detestando il contatto fisico, sentivano

Affanculononti manderò « Vaffanculo non è un insulto, perché è una cosa bella! » Così un omosessuale commenta lo slogan estraparlamentare « la classe operaia ripete in coro: vaffanculo governo Moro! ». li linguaggio, anche nella sinistra e anche per i compagni più avanzati risente sempre della sessuofobia e del disprezzo per il diverso: figlio di puttana, prendersela in culo, andare a farsi fottere, chi se ne fotte, etc. « Abolire queste espressioni, e soprattutto il senso dispregiativo che gli viene dato, sarebbe già un passo avanti: a meno che anche i compagni non abbiano bisogno di esorcizzare i loro tabù sessuali ». E di recente in un numero monografico sull'omosessualità della rivista Recherches alcuni compagni omosessuali del F.A.H.R. (fronte d'action homosexuelle revolutionnaire) francese proponevano di abolire il termine dispregiativo « masturbazione intellettuale •: « Quando ,;i dice "smettete di masturbarvi intellettualmente" si compie una repressione atroce quanto quella di dare a qualcuno del "rotto in culo" ... non ammetteremo più che qualcuno tratti qualcun altro da "rotto in culo " e questo vuol dire non ammettere più che le parole sega, segarolo. masturbazione intellettuale, masturbarsi siano usate in senso dispregiativo ... •· « Se il comportamento degli individui sta anche nell'uso che essi fanno del loro linguaggio è senz'altro importante stabilire - scriveva Mauro Bertocchi sul Fuori! - il significato che assume l'uso di un gergo pornolalico (pornolalia = parlare di cose sporche, oscene) all'interno del discorso politico complessivo elaborato dai gruppi rivoluzionari ... significa forse assumere il gergo « volgare » - popolare per avvilinarsi alle masse, per fondersi con le classi proletarie e per sventolare cent'anni dopo la frusta bandiera del populismo? O non significa piuttosto vivere uno significa piuttosto vivere uno squilibiro fra momento ideologico e momento erotico, tra momento politico e momento individuale, tra la sfera pubblica e quella p1 ivata, frutto di una educazione inibita che considera «sporche», «peccaminose», le attività legate all'eros?» Uoperadatremilalire Con le canzoni di Salve signori, sono anormale, Alfredo Cohen, 28 anni, insegnante di italiano, poeta e omosessuale (insieme ad Angelo Pezzana è stato fra i fondatori del Fuori!) esprime con molta ironia, ogni tanto con dolcezza, ogni tanto con durezza e tensione, con partecipazione sempre, l'estraneità profonda dell'omosessuale ai valori dati, ai valori su cui si basa questa società. Lo accompagna un pianoforte che sembra una pianola, riproduce stacchi da cinema muto, arie da cortile creando un sonoro disincantato, epico, alla Kurt Weill. Niente di casuale: anche Cohen, con i suoi capelli cortissimi, il viso largo e gli occhiali cerchiati di tartaruga, ma soprattutto con le movenze esagerate, i gesti caricati e l'espressione «indicativa» (occhi tragici su sorrisi troppo allegri) si rifà, apertamente, al cabaret del primo novecento tedesco, da Wedekind allo stesso Bertolt Brecht, a cavallo fra espressionismo e teatro epico. Tra una ballata e I'altrn, un breve recitativo: si parla sempre di « un amico » (realtà ammesse cantando, fanno vergogna a parlarne), un amico omosessuale, un amico normale, un amico che va dallo psicanalista perché gli piacciono le donne. E qui c'è un vero e proprio pezzo di bravura, di un umorismo feifferiano, demistificazione dei miti da borghesia illuminata, anzi di quello, fra tutti, più sottilmente ridicolo, più integratorio: lo psicanalista (o lo strizza cervelli, come lo definisce Erika Jong), il santone della normalità, quello che dietro a ogni libertà sessuale trova il trauma (« Madre autoritaria, padre inesistente? Sei frocio! » e via esemplificando). E' una critica, fra un lazzo e un frizzo, estremamente radicale: è IJ rivendicazione infatti della normalità di essere anormale, in ullima an~lisi la negazione del concetto di norma. Ma quello psicotraumatico non è l'unico ambito considerato: c'è anche la condizione sociale, il vecchio omosessuale sulla panchina a masturbarsi sotto un foglio di giornale, a guardare i ragazzini e desiderarli, a essere deriso. E poi la checca da cinema, quei piccoli asfissianti sale parti1,;olari che le famiglie evitano con indignazione, e dove i ragazzi di borgata si fanno toccare e guardare, giù in fondo, nell'ultima fila, per Tre mila lire: Arrestato, braccato, schifato, e- - __ vitato, ucciso, deriso, « sorpre- >' ""31 so », indifeso, pestato, annui- ,, -,,/"'- lato, violato, castrato ... me ne • j sono andato per i fatti miei in , , un cinemino di periferia . J Manitestazione degli omosessuali , appartenenti al Fehr nelle vie di Parigi. • Vado con le « marchette », ragazzi sbandati, ventenni ammaz. zati nel giorno dei nati. Con loro mi trovo ed altri emarginati: gli dò, mi danno quello che potete immaginare ... • Ehi, tu, che vuoi fare l'amore con me? Mi devi dare tremilalire sì, tremilalire, tremilalire, tremilalire mi devi dare, tre:nilalire devi pagare, tremilalire e stai con me! Tremilalire se vuoi toccare, tremilalire se vuoi sapere tremilalire e stai con me . • L'ultima f'ila è riservata: là nessuno ti vedrà, nessuno parlerà, né ti denuncerà! • Tremilalire devo trovare, tremilalire! devo mangiare tremilalire devo aver! ono arrivato l'altra mattina, soon arrivato l'altra stagione, io sono nato e vivo qui. Tremilalire, per stare un po' con tre: dovunque puoi toccar. Io non ti guarderò: la faccia volterò! Ehi, tu, che vuoi fare l'amore con me? Mi devi dare tremilalire. Sì, tremilalire, tremilalire, tremilalire, tremilalire ... Alfredo Cohen

Tchaikovsky e leggevano trattatelli di psicologia. La storia di tutti gli omosessuali, raccontano al Fuori!, passa per lo stesso calvario di ostinazioni eterosessuali, sofferenze e autocoercizioni, tentativi disperati, alla fine, di convincersi, almeno, di essere bisessuali: « Quando ti accorgi che alle donne al massimo ti viene voglia di offrire un caffé è il panico: incominci a frequentare bar speciali, club privati e gabinetti, proprio quell'angolo e proprio in quella strada: ti ghettizzi da solo, ed è un momento disperato ». racconta Paolo, 27 anni, occhiali cerchiati di tartaruga, capelli cortissimi e sorriso dolce. Distruggere questa fase di autoemarginazione e sensi di colpa è, per Pezzana, l'obiettivo più importante: « Abbiamo bisogno di non essere più minoritari ». Per questo il Fuori! si è federato nel dicembre del 1974 con il Partito radicale (« Ci serviva un partito e quello radicale era l'unico disposto a darci questo spazio »), organizza congressi e riunioni, accetta inviti a tutti i meeting sulla sessualità, a Torino ha organizzato una manifestazione di piazza contro il documento dei vescovi e nel convegno che avrà luogo a Roma, in aprile, presenterà un documento in cui si invitano tutti gli omosessuali ad aderire al Partito di Pannella e Spadaccia. La vita pubblica è diventata più facile: militanti del Fuori!, da quando il partito radicale dà ai loro « vizi » un crisma politico tradizionale, sono invitati a tenere conferenze e dibattiti, ma il disprezzo è radicato. A un omosessuale invitato a tenere una conferenza in una scuola gli studenti si sono presentati con le cartelle piene di finocchi, li hanno tirati fuori alla fine, dopo averlo ascoltato, brandendoli come oggetti da esorcismo o simboli oscurantisti. Ma i Fuori!, resistono: tutti i venerdl sera a Torino organizzano, in una saletta speciale, nella sede del Partito che li ha federati, delle serate danzanti per omosessuali maschi e femmine. E' una specie di Gay club, soffuso e stereofonico, ma ci può entrare chiunque « se gli va, anche Berlinguer ». Il Fuori è dentro Il nemico principale è la paura. Paura degli altri, di essere derisi ed emarginati, ma anche paura di sé stessi, di essere sbagliati e peggiori, poco adatti a vivere. Per questo anche i militanti del Fuori!, spesso, quando sono in una situazione esterna al movimento che li organizza in quanto omosessuali smettono di accettare la loro « diversità », ricominciano a mistificare, a nascondere, ad adeguarsi. E' il caso di Marco Bianchini del Pdup per il comunismo che, delegato al congresso, doveva tenere un intervento nf.M'J'~ "I Omoaessuall al pop festival di Cagglaro. sulla sessualità. « Gliel'hanno rimandato fino all'ultimo minuto dell'ultimo giorno», si lamenta Pezzana, « poi gli hanno chiesto mille scuse e gli hanno detto che non c'era più tempo. Credete che abbia reagito? niente, in quella sede accettava anche lui che il problema delle elezioni è più importante di quello del corpo. Non ha protestato e ha difeso il suo partito perfino con noi ». E' come avere due anime, confessa un militante extraparlamentare aderente anche al Fuori!, nel gruppo omosessuale ci si sfoga, si è se stessi, si politicizza anche la propria oppressione, ma la politica la si fa fuori. Fuori anche dal Fuori! Per gli omosessuali legati al partito radicale si tratta di una lunga marcia, che passa e che deve passare all'interno di tutti i partiti e i gruppi della sinistra, dovrebbero nascere cellule di liberazione omosessuale come sono nate le commissioni femminili. Il partito radicale, in realtà, è solo la tappa più facile. « Se non sono ancora nate centinaia di comm1ss1oni omosessuali, se ancora non siamo riusciti a portare in piazza ventimila omosessuali, è solo perché essere froci fa più vergogna ancora che essere donne», dichiara Fabio, studente romano. In una società che mette il maschio al vertice della piramide e la virilità in testa alla scala dei valori, se essere donne è un'inferiorità, essere uomini e rifiutare il ruolo maschile è addirittura un delitto. La gogna sembra l'unica possibile punizione, quasi l'unico rapporto tra i « normali », il grosso, il gregge e i fuggitivi, i « feticcicidi », assassini del Cazzo come valore assoluto e trascendente. E l'unico modo di resistere al disprezzo diffuso come agli attacchi aperti, agli sberleffi e all'emarginazione è unirsi: « Unirsi sì, ma non federarsi », protesta un giovane omosessuale dissidente, uscito, insieme ad altri dall'organizzazione per fondare un Fuori! autonomo (ce n'è un collettivo a Milano e uno a Roma), quando il gruppo di Angelo Pezzana si è legato al Partito radicale. Dissensi? « La battaglia per la liberazione sessuale non è la lotta per un diritto civile, ma per una nuova morale. Se ci si deve legare a un partito deve essere un par·- tito rivoluzionario, sano: i nostri tempi sono diversi, la nostra un 'altra « rivoluzione più lunga. Restiamo autonomi». Secondo Pezzana non si tratta di contrapposizioni di linea politica: « Sono compagni bravissimi e le loro iniziative io le approvo tutte», dichiara e aggiunge, magnanimo: « Che cento fiori fioriscano ». Solo il gruppo milanese gli suscita qualche perplessità:

« Con quelle pailettes e quegli atteggiamenti da checca, con i loro gesti provocatoriamente femminili non fanno che incoraggiare l'immagine che la borghesia vuole farsi di noi ». Lidia Ravera Bibliofilia A chi è un pochino omosessuale e ha paura di essere vizioso, a chi dice « d'accordo ma non è un problema» perché a lui (lei), per sua fortuna, piacciono soltanto esemplari dell'altro sesso, a chi ha voglia di capire perché tra due uomini o tra due donne l'amore non è più amore ma « zozzeria », a chi crede che la lunga rivoluzione per la liberazione del corpo dal sacrificio, dalla miseria, dalla norma inventata creare gli anormali, dalla paura del piacere è già iniziata, a chi è convinto che cultura è cercare di capire con il dibattito collettivo, l'esperienza, la lotta e anche i libri, proponiamo una piccola bibliografia sull'omosessualità e i movimenti omosessuali. Quattro titoli (in ordine di bellezza) Rapporto contro la normalità a cura del Fahr, ed. Guaraldi, lire 3.000 Omosessuale: oppressione e liberazione di Dennis Altmann, ed. Arcana, lire 1.900 • La politica del corpo a cura di Angelo Pezzana e Alfredo Cohen - Ed. Savelli, lire 1.900 I movimenti omosessuali di liberazione a cura di Mariasilvia Spolato, ed Savelli, lire 1.200 • Tre titoli (in ordine sparso perché non ancora letti) I fuori legge del sesso di W. Simon e J. Gagnon Collana Informazione sessuale, ed. Bompiani La repressione sessuale di J. van Ussel, collana Ini'orma• zione sessuale, ed Bompiani L'omosessualità di K. Freund, Informazione sessuale, Bompiani. Amoremio nonporta pene Femminismo è anche cercare di avere rapporti profondi e complessivi con le donne. Scegliere, spesso, di stare fra donne. Molta è la paura, perché molta è la novità. Ne parlano a Muzak Cecilia, Francesca e Maria, femministl;\. All'interno del difficile discorso sull'omosessualità, sulle componenti personali e psicologiche che stanno dietro a una scelta del genere, si colloca un altro problema: come un momento così apparentemente « personale » si colloca in un discorso politico più ampio? •Si può parlare non tanto più di omosessualità individuale, quanto di pratica fra donne all'interno del Movimento, come pratica politica rivoluzionaria? Muzak ha chiesto a tre ragazze, tutte impegnate - se pure in maniera diversa - nel movimento femminista, che ne pensano dei rapporti omosessuali, che peso ha questo problema nella loro pratica politica. Stare fra donne Francesca - Inizio raccontandovi una cosa che mi hanno detto. Pare che questa estate un gruppo di femministe siano state al mare da sole, circa in 50. Di queste, parecchie stavano assieme, cioè avevano anche rapporti sessuali. Quando me lo hanno raccontato, il modo di parlarne era come di una cosa molto importante, una cosa quasi rivoluzionaria. Io mi sono chiesta cosa volesse dire. Cecilia - E' un problema molto difficile da affrontare. lo, ad esempio, ho dei problemi nei confronti di quelle donne del movimento che hanno fatto una scelta omosessuale. Sento la loro vita molto lontana dalla mia, e soprattutto le sento un po' « sulle loro », quasi diffidenti. Che è comprensibile, perché per loro la sessualità come la viviamo noi è. una cosa pazzesca. Però non riesco a capire bene cosa vogliano proporre. Stare sempre senza un uomo? Non fare mai l'amore? Io una cosa del genere non posso accettarla, e mi sembra che non abbia niente a che vedere con la lotta delle donne. Noi non dobbiamo crearci- 4n mondo separato dal resto, nè sessualmente nè come vita, non dobbiamo dimenticarci che tendiamo, a una ricomposizione •dei problemi e delle contraddizioni tra uomini e donne. Queste donne invece, la contraddizione tendono a portarla alle massime conseguenze. Maria - Non sono molto d'accordo con Cecilia. E' vero che quella di queste compagne è proprio una proposta. E non è, come dici tu, stare senza uomini, non fare l'amore con gli uomini. E' stare con le donne, fare l'amore con le donne. C'è una differenza in questo: se tu dici « stare senza un uomo » sembra un fatto di solitudine, di disperazione, vuol dire essere-mancantidi-qualcosa. Ma non è così. E' riuscire a capire e a vivere che un'altra donna non è più qualcosa che va bene in mancanza d'altro. Francesca - Io solo ora comincio vagamente a capire quello che vuoi dire. Lo ho capito sulla mia pelle. Stavo con un uomo e contempbraneamente facevo le riunioni con le donne (stavamo parlando di mettere in piedi un consultorio in quartiere). Stavo un po' con le donne, ma pensavo sempre che quello era la politica, e che poi con il mio ragazzo c'era tutto il resto. Poi questo rapporto mi è andato in crisi, ci siamo lasciati, e stavo molto male. Ho visto che delle donne avevo proprio bisogno, e che alla sera non avevo più il ragazzo con cui uscire, ed ero sola. Ho cominciato a essere invidiosa e a odiare le donne che dopo la riunione « avevano un appuntamento ». Maria - Questo che dici, per me vuol dire che un uomo divide le donne. La sua semplice presenza crea già delle inimicizie. Se una donna ha un uomo, vuol dire che è bella, oppure che è simpatica, oppure che è intelligente. Se una non lo ha? Vuol dire che è brutta, antipatica e cretil)a? Non mi sembra proprio, però è così che si pensa. Oppure si dice che è lesbica. Non dobbiamo accettare questa divisione. E' anche per questo che diventa importante e politico stare tra donne. Cecilia - C'è un altro fatto però: a me sembra che da quando è venuto fuori ➔

questo fatto dell'omosessualità, negli incontri, nei convegni femministi, non si riesce più a parlare d'altro. E questo è sbagliato, perché nel mentre la borghesia, con l'aiuto del PCI, fa leggi sull'aborto che sono contro le donne. Insomma, mentre si parla di sessualità, le donne continuano a morire. Una pratica rivoluzionarla Maria - E' vero, mentre si parla di sessualità si continua a morire. Ma d'aborto, non di sessualità. Nel senso che un tipo di lavoro politico con le donne, non necessariamente esclude questa pratica tra donne. Se mai, approfondire le tematiche della sessualità delle donne, potrebbe arricchire il discorso sull'aborto, sui contraccettivi. Cecilia - Non si può pensare che questa sia una pratica politica, perché non è proponibile alle altre donne, le donne delle borgate, le operaie, che hanno il problema dell'aborto, che hanno il problema dei figli. Loro hanno bisogno di consultori di contraccetivi. Anche di capirne di più della loro sessualità, certo, ma nel senso non di rifiutare l'uomo, ma di trovare con lui un modo di fare l'amore che vada bene a tutti e due. Le femministe, non tutte, che vanno in giro a dire « basta con la penetrazione », « amiamoci tra noi », oppure « più devianze, meno gravidanze ", mi sembra facciano una operazione scorretta, perché questo della sessualità delle donne non è un problema facile da trattare. Se una donna sta bene con un uomo, non si può andarle a dire che sbaglia. Maria - Da quello che dici si ha l'impressione che, in fondo tu ritenga le donne che hanno una pratica omosessuale, delle « strane », « anormali ». La cosa importante che il Movimento sta capendo in questi anni, è proprio che lo stare male nel rapporto sessuale con un uomo, non è sintomo di malattia, di essere diverse, è proprio giusto, in fondo. Voglio dire, non possiamo pensare di fare una critica radicale a questo sistema sociale parlando solo di consultori e di asili, di mense e di contraccettivi, e lasciando accuratamente fuori la sessualità. Facendo così noi rischiamo di fare una operazione che piace molto agli uomini, proprio perché non li esclude. Rischiamo di fare un sindacato delle donne, che si occupa di rivendicare i bisogni delle donne. Dobbiamo fare di più. Proporre un modello alternativo, un sistema di valori diverso, all'interno del quale c'è anche che iniziamo a rifiutare di avere una sessualità solo con gli uomini. Cecilia - lo non voglio affermare che questa di queste donne sia una deviazione, né che sono problemi loro e che se li devono vedere loro. Però non posso 14 imporre a tutte noi, che questi problemi non li abbiamo, il loro problema come generale. Insomma se finora il mondo è andato avanti con rapporti tra uomini e donne, non credo che sia compito del Movimento femminista capovolgere totalmente la cosa. Francesca - Il problema però non è che « loro » sono in un modo, e cioè non gli va bene il rapporto con l'uomo, e «noi» siamo in un altro modo, e cioè ci va bene. Credo che in una certa misura non vada bene a nessuna donna, almeno così sembra parlando con le donne. lo non le sento mai dire « ma come sto bene». Il fatto è che non riesco a vedere un'alternativa. Sto male, ma continuo a starci, perché anche se per certe cose va male, è sempre stare con un uomo, e mi sento più sicura. Però è importante dire che stare tra donne è rivoluzionario. E' la cosa che disturba di più, più del divorzio, più dell'aborto. Li fa sentire spiazzati, e allora diventano violenti, come è successo alla manifestazione del 6 dicembre. Io non ho creduto alle motivazioni che portavano ( « nel proletariato non c'è divisione, donne e uomini per la rivoluzione»): credo invece che a loro non gliene importasse nulla né del proletariato né della rivoluzione. Gli rodeva il culo che le donne stessero fra di loro, e che stessero bene, anche in un modo diverso. Io fin qui accetto il discorso, cioè lo sento anche io. Ma quando si parla di metterci dentro anche il sesso, allora comincio a non capirci più nulla. La sessualità - Il corpo Maria - Infatti, su questo punto della sessualità, non ci capiamo quasi nulla. Io stessa che difendo l'omosessualità, poi, quando mi trovo di fronte ad una donna, mi viene il panico. Ho sempre l'impressione che il corpo di una donna non mi dica molto. E' che siamo abituate a rapportarci a una cosa che, più o meno, conosciamo. Con un uomo, si sa cosa fare. Si sa dove toccarlo. Se penso di accarezzare una donna, l'immagine che mi viene in testa sono i gesti che fa un uomo quando accarezza me. Non riesco mai ad uscire da questo. Mi sento che dovrei creare un modo di stare con una donna, non ripetere cose che già conosco. Ma credo che questa sia anche una bella scusa per non innamorarmi mai / ino in fondo di una donna. Dico fino in fondo, perché, a livelli diversi, regolarmente mi innamoro. Di donne che siano più importanti di me, che io possa stimare, da cui possa essere affascinata. Mi sembra che se una donna « vale meno di me» allora non valga la pena amarla. Sono tutte donne che mi danno delle cose che assomigliano a quelle che mi prendo dagli uomini. Sicurezza, importanza

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