segue da pag. 6 né, infine, si può dimenticare così totalmente che la coscienza non è un processo individuale ma un processo di acquisizione di grandi masse, della classe segnatamente. Ribadiamo un punto per noi irrinunciabile. li disprezzo (per le masse e per gli individui) ce l'ha chi afferma che bisogna francescanamente negare la propria cultura in nome di una comunicazione apparente, monca e dunque falsa. Come sempre il problema non è "deculturare " gli intellettuali, ma dare agli oppressi le capacità e gli strumenti per creare (essi in prima persona, certo, non noi) una nuova cultura. G.P. Dare etichette è sempre da coglione .. Caro Muzak se mi son deciso a scrivere è perché, con quello che si legge su questa rubrica, è impossibile non sentirsi coinvolti o, se più vi piace, provocati. La polemica nata a seguito della lettera dell'« anticomunista convinto » è la riprova, per chi ancora non se ne fosse reso conto, del clima da « notte dei lunghi coltelli » che caratterizza le discussioni in questo campo della nobile razza italiana. Queste anime (quelli che scrivono) trovano poco « alternativo » o troppo « sovversivo » (a seconda del colore della camicia) lo sforzarsi di capire le motivazioni delle altrui idee e convinzioni. Io credo che se l'incontro, invece che sulle colonne di un giornale, si svolgesse su una piazza, la disputa « orale » lascierebbe ben presto posto ad argomenti più consistenti e anche più contundenti. Che l'! talia sia in una fase di recessione è dimostrato, inequivocabilmente, dal fatto che concetti come « rispetto reciproco » sono ormai receduti nel limbo delle utopie. Comunque, è consolante rilevare come ormai si stia affermando il concetto secondo cui tutti gli antifascisti sono comunisti mentre tutti gli anticomunisti sono fascisti; le conseguenze di tale principio sono naturalmente molto positiv.:: innanzitutto finirà la confusione di tutti quei partiti che non sono « né carne né pesce », tutta quella marmaglia che non si vuol decidere ad adottare il pugno chiuso o il saluto romano, finalmente sparirà; potremo picchiarci senza l'angosciante qubbio che l'avversario possa hon essere, a seconda dei casi, un vero fascista o un vero comunista. E dire che si potrebbe, una volta ogni tanto, fermarsi a pensare che sarebbe più costruttivo pensare agli altri come ad esseri umani prima d'appiccicare loro addosso un'etichetta. Etichetta che dimostra come noi si sia poco disposti ad usare la materia grigia nel catalogare il prossimo, preferendo affidarci a questo semplicismo che, in fondo, ci dispensa da eccessivi problemi di coscienza. Vorrei, se possibile, prevenire l'accusa di umanismo qualunquista che, credo molti m'avranno già lanciato; io non sono sostenitore degli opposti estremismi (almeno non nei termini usuali), neppure sono per la pace sociale, l'amore universale o altri astrattismi di questo genere (dato che l'umanità sembra nata per sbranarsi), semplicemente, visto che i biologi si ostinano a definire l'uomo il gradino più alto della scala evolutiva, penso che si potrebbe cercare di mettere a confronto le nostre idee, per quanto opposte esse possano essere in maniera un po' meno animalesca (senza offesa per le bestie che, almeno, ammazzano per necessità). In questo triste panorama lettere come quella di Lidio Mortale (sul numero 8) dovrebbero far pensare agli irriducibili avversari che forse persone serie e responsabili disposte a bàttl!rsi solo su un piano dialettico, co!'lvinti, in buona fede. della superiorità delle proprie idee (d'altra parte è indiscutibile che chi ricorre alla violenza lo fa perché non ha argomenti per sostenere in altro modo le proprie idee e il fascismo è sempre stato un esempio lampante a questo proposito) potrebbero trovarsi da entrambe le parti della barricata. Un ultimo appunto (col che alle etichette che già mi saranno state affibiate si potrà aggiungere anche quella del bigotto): vorrei dire a Fabio (lettera sul numero 8) che anche se io non sono comunista (nonostante sia antifascista n.d.a.) non per questo quando scrivo i nomi di Marx o di Lenin li faccio precedere da complimenti tipo «porco » come tu invece fai per Dio; e questo sempre per quella sciocchezzuola di cui accennavo prima e cioè il rispet'to. Grazie per la pazienza e ciao a tutti. Enrico Frattini - Piazza XI Febbraio, 7 - Faenza. D'inviti al dialogo, come si dice, sono lastricate le strade dell'inferno. li principio di per sé non è sbagliato, per chi, come noi, crede più nei valori dell'intelligenza che in quelli della forza. E gli argomenti « contundenti » sono, sicuramente, meno progressivi di un bel dibattito. Resta un dubbio: perché partigiani della chiacchierata non violenta si trovano sempre ad essere umanisti a oltranza, 8 sostenitori della divisione del mondo in « pugni chiusi e saluti romani,. con tutta l'irritante equivalenza di gesti che formula sottintende, socialdemocratici affossatori della bestemmia inutile (« se io non dico porco Marx, perché tu dici sempre porco dio? » Oh bella: perché Marx non è sussumibile alla categoria dei suini, neanche per bestemmiare ... »), fautori del rispetto reciproco? Etichetta è una brutta parola: la usano sempre quelli che non riconoscono all'ideologia nessun valore discriminante, quelli che dicono « per me destra o sinistra sono tutti figli del signore», quelli che, in definitiva, usano la dialettica come se fosse il metodo del giusto mezzo e il dialogo come categoria morale, funzionale al mantenimento dello stato di cose presente. L.R. Per la critica Caro Muzak, vorrei dire qualcosa sulla musica e la politica. La musica è secondo la definizione classica: « un'arte che, per mezzo dei suoni, può tradurre sentimenti e impressioni sia coi propri mezzi, sia con l'ausilio di altre arti ». Penso che questa sia la migliore definizione di musica: allargando il concetto di "suono", si può reinterpretare come « Un flusso di vibrazioni acustiche che possono far provare determinate sensazioni ». Quindi, tralasciando subito l'inevitabile discorso della soggettività della musica che non entra direttamente in merito al discorso, si può affermare che la musica è un'arte compiuta in sè stessa. Però già dall'antichità si è notato che la musica si poteva ottimamente fondere con ·un'altra arte, la letteratura: la naturale sintesi di ciò è il canto. Il canto riflette subito la difficoltà di tale connubio. Difatti si possono cantare bene delle cose stupide o senza senso, e in questo modo viene offesa la letteratura ma non la musica o viceversa si può cantare male delle cose intelligenti. Quando poi oltre al canto coesistono altre fonti di suono, cioè di musica, l'equilibrio è ancora più difficile. A questo punto vorrei fare una altra distinzione fra musica e letteratura: la prima è un'arte di impressione, cioè essa evoca sensazioni e impressioni non codificate e quindi strettamente soggettiva, la seconda è un'arte di espressione cioè un modo stabilito di comunicazione e quindi legato alla volontà di dir qualcosa. Si ricorda forse nella storia sia musicale che letteraria un perfetto connubio? No, i capolavori di questa o di quella arte sono o solo musica o solo parole gli unici esempi non sono certo eccezionali: le opere liriche in cui solitamente la storia è estremamente fragile o le varie sfumature di ballate, canzoni, ecc. dove a far le spese è la musica. Anche ai giorni nostri la situazione non è molto rosea: da una parte capolavori di suono regalatici oltre che dalla classica contemporanea, da Oldfield, da Riley, da Bo Hannusonn, dai Tangerine Dream, dai Popol Vuh e dall'altra parte canzoni impegnate o di lotta come la West Coast o tantissimi conosciuti o sconosciuti cantautori nostrani. Certo la situazione è migliore vi sono molti complessi che cercano di trovare un certo equilibrio e in parte vi riescono: basti ricordare i Pink Floyd, i Soft Machine, i V.D.G.G. i Gong per non parlare dei nostrani BMS e Osanna e cosl via. Ma a mio parere la perfezione quasi assoluta è raggiunta da due soli complessi: i Genesis e i King Crimson. . I primi sono riusciti ad ottenerla attraverso una preparazione tecnica a livello eccezionale, una fervida fantasia e al tanto criticato Gabriel. Costui, accusato di istrionismo, gigioneria, mistificazione e qualunquismo politico è invece riuscito a entrare perfettamente con la sua voce nella musica dei Genesis e a cantarvi testi di notevole impegno sociale, anche se nascosti dalle metafore e dai giochi di parole a lui tanto cari. Chi non lo crede può leggersi i testi di Harold the Barre!, di The Knife, di Get'am out by Friday, di The Battle of Epping Forest, di Dancing with The Moonlit Knight, di Counting out Time e cosl via per citare solo quelli di più facile comprensione. Per i King Crimson il discorso è diverso. Se nei Genesis l'inserimento dei testi nel tessuto musicale è avvenuto per merito della voce di Gabriel, qui il merito non è del cantante o perlomeno solo in piccola parte. Il merito va a Pete Simfield che è riuscito a creare dei versi che invece, diciamo, di parlare di un fatto si esprimono per immagini e ciò li rende particolarmente adatti alla musica. Tralascio di parlare dei musicisti e in particolare di Fripp che comunque mi sentirei di poter difendere da tutte le accuse mossegli. Penso di essere andato un po' fuori tema ma penso abbiate capito che il mio giudizio sulla musica politica è piuttosto negativo (dal punto . di vista musicale!) (e anche poetico). Carlo Donzella - Genova
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