li, ispirazione, frutto di una commistione tra patrimonio popolare e veicoli culturali delle classi dominanti, che riduce l'alterità formale del primo ma non la sua. carica di opposizione e di rivolta. (Non è questo che viene fuori proprio da quella « vola, bandiera rossa, vola » che la Marini canta?). Questo discorso mi pare sia presente, in qualche modo, nel lavoro attuale di Giovanna Marini. Si indovina però come una esitazione a tirarne a fondo tutte le conseguenze, in termini di rinnovamento del proprio repertorio e del proprio stile interpretativo. Il secondo elemento di dissenso dalla Marini è quello più strettamente di linea politica. Su questo, dopo aver visto il suo più recente spettacolo « I pari e i dispari », non possiamo che confermare il nostro accordo con quanto scriverà nel n. 7 della rivista « Ombre Rosse », Luigi Manconi ( ...) i suoi contenuti vanno rarefacendosi e restringendosi intorno a una unica contraddizione dominante e assillante: quella del rapporto tra cultura e politica, tra milizia di partito e ricerca artistica. II « sia lode al dubbio » viene tramutato da legittima rivendicazione alla verifica ostinata e impietosa, in illuministica e compiaciuta precarietà di scelta e di comportamenti, in permanente ambiguità e incertezza da cui, evidentemente, non può essere ricavata nessuna indicazione positiva, nessuna « proposta » che non sia appunto il « dubbio » stesso. Ora, non si contesta la legittimità dell'essere sommamente perplessi (e abborriamo inoltre, l'ottusa si~ curezza di troppi) ma riteniamo che, quando a questo si limita l'unico contributo dato1 si affondi or'!1ai nella palude dell'esercitazione letteraria, decisamente interessante ma politicamente marginale se non superflua. (...) E' una contraddizione che va oltre e più a fondo della subalternità organizzativa e strat~gi_ca a~ revisionismo. Perche mfatt1 la Marini non canta canzoni di lotta « revisionista » di strategia « revisionista », di socialismo « revisionista», ma piuttosto solo (o almeno prevalentemente) canzoni sul proprio rapporto col revisionismo? Perché - crediamo - il nodo fondamentale da sciogliere è ancora quello delle relazioni tra individualismo piccolo borghese dell'intellettuale di agitazione e propaganda e di elaborazione culturale del partito e dell'organizzazione di massa". Possiamo aggiungere che è questa una contraddizione che presenta al suo interno altre, più complesse contra?- dizioni: la ballata « Reggio Calabria », ad esempio, pare superare in avanti i limiti delle altre opere; pare esprimere una diversa maturità politica. E non perché - come riduttivamente dice la Marini stessa - è una cronaca di manifestazione operaia (quindi canto « consolatorio » e « trionfalista »: sostanzialmente arretrato, cioè) ma perché, qui, le contraddizion·i di cui soffre la Marini (e molti altri come lei) le sue lacerazioni, \ suoi dubbi vengono letti non all'interno della propria angusta condizione di intellettuale, ma dentro i comportamenti delle masse, le loro debolezze, le loro esitazioni; e, quindi, dentro anche le loro certezze e le loro vittorie. Simone Dessì 56 Radiolibere Ondemedie,anzimediocri Alcune si .distinguono dalla Rai solo per la marcata inflessione anglolombarda. Altre si impegnano per una informazione divers~. Per ora _solo a Milano ce ne sono già nove, ma pnma o poi Radio Cefis le spegnerà tutte. Non si sente ancora una voce che dice: «a-wana-gana», per puro caso, e si ha sempre la sensazione di averla scampata bella, ma, tutti gli altri ingredienti ci sono: dagli ululati di centoventi sillabe, alla famigliarità mielosa che dovrebbe far sentire l'ascoltatore parte di un gruppo d'amici placando i suoi problemi d'identità, fino all'inserimento rapido e indolore di un paio di paroline americane. Per capire che a trasmettere non è radio Montecarlo ma una radio libera, una delle nove « emittenti povere » milanesi, bisogna concentrarsi sull'accento lombardo che sbatte la West coast dritta dritta sulle rive del Lambro. « Ué pirla hai sputato sul pick-up » è espressione non infrequente e salva le trasmissioni « liberate » dalla assoluta mimetizzazione nelle vesti dell'idiozia dominante, quella che dai mass media, via etere, raggiunge e condiziona milioni di disperati radioutenti. Anche l'artigianalità garantisce qualche ventata di freschezza: è il caso di radio Montestella che in attesa di un delizioso programmino di « classic rock », dà, per ben tre volte, un segnale orario spiazzato di 55 minuti rispetto al meridiano di Greenwic. « Il povero J ames che puliva la puntina non ha avuto la gloria », tenta Io speaker, per darsi un tono. J ames (probabilmente Giacomo Brambilla) bofonchia e parte la musica. Non mancano, né a Radio Montestella né alle altre, formule di tipo tassativamente professionale come il magico « vi parla dallo studio-regia il vostro ... » Ma non basta: il massimo del1'« effetto mass media» resta appannaggio di Milano International, la seconda emittente libera in Italia, dopo Radio Parma, che dal marzo dell'anno scorso, trasmette con agghiacciante regolarità 24 ore di musica. Mandano in onda di tutto, dal soul, al jazz, alla musica brasiliana, tutto, fatta esclusione soltanto per la musica classica, perché « non tira ». E al principio del più rigoroso •codismo nei co~- fronti dei gusti del pubblico si ispira tutta quanta
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