fare il ponte lungo fra le vacanze estive e quelle di Natale. Tutto questo perché il professore fascista dilettante è un piccolo borghese, e della piccola borghesia ha tutti i difetti di fondo. E' rissoso, goffamente individualista, perbenista, presuntuoso e stupido. E' uno sfruttato, naturalmente, perché fa un lavoro piuttosto faticoso (anche se a mezzo tempo) con uno stipendio da fame, ma non se ne rende conto. Se è . donna, ha un marito che lavora, ed il suo stipendio di professoressa serve solo per la cameriera; oppure vive in famiglia in attesa di trovarne uno. Se è uomo, deve passare il pomeriggio a dare lezioni, a ricopiare i libri di testi altrui, a scrivere bigini (a meno che, come spesso succede, non abbia una moglie professoressa). In ogni caso, maschio e femmina, è « pericolosamente » vicino al livello d 'esistenza della classe operaia, e la cosa lo manda in bestia. «Tanti operai - si sente dire in sala-professori - stanno meglio di me, e ancora vogliono scioperare, quei disgraziati? ». I professori italiani sono come gli operai bianchi degli Stati Uniti: razzisti perché l'esistenza dei negri è la loro unica consolazione, la prova che non sono al più basso scalino della scala sociale, che c'è qualcuno più sfruttato di loro. I nostri professori fascisti vengono da un piccolo-medio ceto parassitario, che la razionalizzazione industriale sta distruggendo; non posseggono nemmeno un paio di mutande di riserva, ma sono spiritualmente dei padroni. Per questo pai:lano sempre dello spirito e mai della materia. I padroni veri non hanno più bisogno di loro: la nuova classe intermedia è quella dei tecnici, dei manager e degli operatori qualificati; ma loro sono ancora legati ai bei tempi passati, quando il professor Fregonazzi passava per le vie di 21 Mantova all'ora del passeggio con una bella barba bianca, la giacca a doppio petto con il panciotto e lo orologio d'oro, e tutti lo riverivano e lo ossequiavano, ed il sindaco, che ricordava d'essere stato bocciato da lui in latino, si faceva premura di scambiarci qualche parola. Adesso gli resta soltanto l'odio ed il risentimento. Non possono odiare i padroni, perché si sentono loro pari: odiano gli operai, perché le loro lotte possono distruggere il poco che resta della loro società spirituale, odiano gli studenti - sotto sotto - perché sono disinvolti, non lavoràno, hanno il pomeriggio libero, sanno tante cose di cui loro non hanno la minima idea, e soprattutto non li rispettano. Soprattutto perché non rispettano la scuola, le materie, le bocciature, i voti: quell'universo chiuso fuori dal mondo, nel quale ancora si esercita il loro illusorio p_otere. In realtà, se non fossero fa. scisti sarebbero patetici. Ma sono fascisti: ed i loro colleghi professionisti lo sanno bene, e finiscono sempre col dargli ragione. Nel loro odio sconsiderato contro tutte le rivoluzioni e contro tutte le riforme, non c'è soluzione né possibilità di vittoria: il mondo che sognano non esiste più, non è mai - veramente- - esistito. Ma nella loro opposmone tenace, nella loro puntuale e costante difesa di strumenti e di metodi di valutazione che anche dal punto di vista borghese sono superati e nocivi, c'è la possibilità di acuire la tensione, di impostare il caos, quel caos da cui solo « un uomo forte potrà infine portarci fuori ». Sfruttati e servi sciocchi, cornuti e mazziati, anche loro fanno inconsciamente la loro parte, agli ordini di chi ha veramente il potere. Illudendosi di comandare finiscono sempre con l'ubbidire.
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