Muzak - anno III - n.10 - febbraio 1976

grafia, di nuovo gli occhi di Fausto brillano. Anche Franco è felice: è diventato così famoso che la ragazza a cui faceva la corte senza successo da mesi, ha accettato finalmente di mettersi con lui; « Invece la mia mi ha piantato perché non sono maturo come credeva lei », commenta Fausto, poi alza le spalle: « ma ormai ne trovo quante ne voglio. Del resto le donne non mi sono mai mancate: e poi quel sabato. è stato più divertente di venti scopate ». In galera la musica è cambiata: niente fotografi, mangiare cattivo, paura e solitudine: « Gli altri detenuti ci pigliavano in giro: era tutta gente che aveva fatto sul serio, che era lì per una rapina, per soldi, ci hanno subito dato dei cretini e dei figli di papà ». Cominciano anche i primi dissapori: in fondo se eravamo tutti dentro lo dovevamo tutti al Musmano ». Era uno scherzo, ma tu hai cantato Arrestare Carlo Musmano non è stata una brillante operazione di polizia: i due sequestri erano stati fatti a bordo della sua A111, un passante si è segnato il numero di targa. Per rendere il gioco più eccitante e soprattutto meno pericoloso, avrebbero potuto rubare una macchina, ma hanno preferito usare quella della vittima « Eravamo brilli », dice Franco, « avevamo festeggiato il compleanno del Campagnoli con una bottiglia di spumante ». Nessuno, secondo loro, si era reso conto di rischiare la galera: « Abbiamo perfino t'!lefonato al 113 da una cabina telefonica a sequestro avvenuto ». E' stato Fausto, con una formula impeccabile: « Abbiamo rapito un raga;,;- zo: domani nome e modalità del rilascio » e poi giù la cornetta. Verso sera, smaltita la sbronza (una bottiglis in cinque?), qualche dubbio è cominciato ad affiorare: Fausto ha preso la sua macchina è andato fuori città e ha buttato via pistola, passamontagna e bastoni, poi è tornato al bar e ha consigliato al Musmano di parcheggiare la sua A111 e non usarla per un po' « Non mi ha ascoltato, sto scemo. E' andato a casa e l'hanno beccato ». Per non fare brutta figura coi vicini, si è tirato dietro i poliziotti fino alla prima parallela con la freddezza di Humphrey Bogart e le preoccupazioni di un democristiano osservante. Poi ha vuotato il sacco: ha fatto subito nome e cognome di tutti, ha fornito gli indirizzi per sveltire le operazioni d'arresto: « Il mio indirizzo non se lo ricordava », dice Franco risentito, « ma piuttosto di lasciarmi fuori si è fatto portare una guida del telefono e l'ha ricostruito». Figli di noia Muzak: Perché l'avete fatto? Franco: Per divertirci, per fare qualcosa di diverso. Il cinema, ballare e qualche ragazza sono cose che facciamo tutti i giorni. Non si può fare tutti i giorni le stesse cose." Fausto: Una volta abbiamo fatto una finta sparatoria con le scacciacani, inseguendoci da due Opel Kadett. Era il pomeriggio di Natale, salivamo sui marciapiedi, facevamo finta di puntarci addosso. Un'altra volta avevamo il davanti della macchina ghiacciato siamo scesi e abbiamo, uno per uno, slacciato i pantaloni, poi tutti insieme abbiamo pisciato contro il vetro. Abbiamo riso come matti perché avevamo fatto una cosa che gli altri non avrebbero fatto. che gli altri non fanno. Muzak: Ma perché proprio un sequestro? Fausto: Vuoi mica -=indarea •·chetzare in banca, che ti sparano subito addosso. . ., Muzak: Ma tu che ne pensi dei sequestri? Fausto: E' l'unka forma di criminalità che è rimasta, l'ultima forma vincente della malavita. Il sistema più semplice per fare quattrini. E' facile, ma bisogna essere gente coi coglioni. I soldi prima o poi si beccano sempre. Muzak: Lo faresti un sequestro vero? Fausto: per dieci milioni, può darsi clie accetterei, magari prendo il grano e poi ti sputo in faccia ... Franco: Comunque non è solo per i soldi: è per fare qualcosa. Muzak: Lo rifareste lo scherzo che avete fatto sabato? Lo rifareste di nuovo? Rispondono di sì in coro, ridendo. Da quindici giorni vivono esclusivamente dei racconti ripetuti della grande avventura. Ma Fausto non ammette nessun tipo di aggressività, niente di cui pentirsi: « E' stato un divertimento, non uno scherzo », Franco è d'accordo: « Una cosa fra noi, inventata da noi, fatta da noi, e anche pagata da noi. Gli scherzi sono cose che si fanno contro qualcuno ». Muzak: Ma voi non vi siete mica messi a mimare il sequestro in una stanza chiusa? Avete coinvolto la gente della strada. Fausto: Se eravamo soli mica ci si divertiva, come quattro pirla in una stanza. « Esibizionismo? » Tutti ti guardano, ti senti qualcuno. La domenica soprattutto è una pena « Io mi sveglio sempre alle undici, il pomeriggio lo passo al bar, gioco a carte, sento il jukebox, si bacia qualche ragazza », racconta Fau- ~to: dice che non è una bella vita, ma per fare un'altra vita ci vogliono i soldi. I giornali non li legge mai. Solo fumetti, anzi, solo Diabolik. Per Franco non è molto diverso: finito il lavoro in officina, va a casa, si cambia e va al bar a raggiungere gli amici: « E' quando non lavoro che darei le testate nei muri. La domenica soprattutto è una pena: gli altri giorni al bar c'è più gente, la domenica invece se ne vanno fuori con la macchina e ti ritrovi che non sai con chi stare ». La domenica si vede la ragazza: « Tutte sbarbate, tutte mezze sceme. Dopo che le hai portate a letto; al pomeriggio, a casa degli amici, non sai più che fare ». Una domenica che il bar alle nove ha chiuso, Franco, Fausto e gli altri tre hanno passato due ore a camminare attorno al palazzo: non potevano andare in un altro locale: « Se avessimo avuto voglia di bere, sì, avremmo potuto andare da un'altra parte, ma noi . avevamo bisogno dell'ambiente, noi è lì che siamo ambientati. E' per non stare soli che stiamo al bar». Fuori dal bar c'è solo il cinema, ma soltanto film violenti. I più belli, quelli da vedere anche due volte, sono Roma violenta, Banditi a Milano, La mala ordina, L'arancia meccanica e tutti quelli del cittadino che si fa giustizia da sé: « Mi piacciono perché mi identifico con l'eroe, mi concentro sulle sue avventure, mi dimentico di tutto», spiega Fausto, « è bello quando tirano giù gli sbirri, mi piaccionc da matti le armi ». Solo l'emozione e il rischio salvano dalla noia. Fausto conta i giorni che lo separano dal servizio militare: « Almeno cambio vita, vado nei parà ». Perché proprio nei parà? « C'é più rischio, più divertimento e poi si impara qualcosa. A cadere e a picchiare. Se mi avessero accettato sarei andato nei lagunari, nel battaglione S. Marco, ma sono di Milano e non mi hanno

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==