le scarpe a punta. Sembra proprio un figlio di papà. L'abbiamo fatto scendere due isolati prima della fermata dell'autobus. Quando è arrivato, abbiamo aspettato che fosse in mezzo alla gente, poi: frenata, scendiamo io, pistola lanciarazzi in pugno, il Bellini Giuseppe e il Campagnoli Paolo. Velocissimi. Fantastico. Anche la polizia si è congratulata». , L'effetto è stato raggiunto: un cittadino su una 128 rossa li ha inseguiti. Tutti gli agenti consegnati in caserma. Stato d'allarme. Telefonate anonime. « Cià, ué, non c'è l'uno senza il due », hanno detto i cinque·amici, tornando, eccitatissimi, al Baby bar, loro ritrovo abituale. E sono ripartiti per il secondo sequestro. Per aumentare il divertimento hanno scelto « la fermata dei paesani », in corso Lodi, come chiamano la partenza degli autobus che riportano i pendolari fuori Milano. « Più sono zucconi, più si spaventano ». Previsione azzeccata: un uomo ha tentato di arrampicarsi su una finestra, una bambina si è trovata di fronte· al rudimentale manganeJlo di Fausto, si è messa a piangere. La madre, terrorizzata, l'ha buttata in terra. Fausto ha colpito la falsa vittima con un fendente reale. Un'intera collezione di nastri è caduta dalla macchina, il sequestrato (proprietario sia della macchina che del mangianastri) si è fermato a raccoglierli. Ma questa strana attenzione per le proprietà degli aggressori, non è stata notata. Tutto si è svolto in pochi secondi. « Un panico della madonna, la gente urlava, c'era uno che si sarebbe nascosto nel selciato, tanta paura ci aveva addosso», commenta Fausto soddisfatto. Franco, l'autista, tace. Gli altri tre (tutti operai: uno all'azienda tranviaria, l'altro alla Montedison, il terzo lattoniere) dopo il rilascio sono scomparsi. Campagnoli non si fa pm vedere neppure dagli amici, ma .pare che faccia così per abitudine. (« Tutte le volte che tira aria cattiva », dice Fausto, « sparisce per un anno »). Bellini è stato sequestrato dalla famiglia: quando va al cinema deve mostrare alla madre il biglietto, non esce quasi mai, gli controllano gli orari di lavoro ( « Ma quello è un tipo alla buona»). Musmano ha messo su un bel po' di arie: va al bar nelle ore di massimo affollamento e chiama ad alta voce i suoi compagni d'avventura, col cognome per farsi riconoscere. Ha firmato parecchi' autografi. Porta sempre i raiban, « fa il divo del cinema ». Tutti e tre si sono rifiutati di parlare con Muzak. Motivazioni? « E' che in fondo non han coraggio», sostiene Fausto, « si sono presi paura ». Il rischio che hanno corso è stato grosso: con le nuove leggi sull'ordine pubblico qualsiasi Giulia della polizia che li avesse intercettati dopo una delle telefonate, mentre scorazzavano per la città giocando al sequestro, poteva aprire il fuoco e ammazzarli. Hanno rischiato anche di non essere creduti: li hanno accusati di far parte dei Nuclei armati proletari, poi di essere dei terroristi immaginari da perizia psichiatrica. In galera se la sono cavata con dieci giorni perché incensurati, ma poteva andare peggio (come è successo ad altri incensurati, magari meno scherzosi). Ciononostante si dichiarano soddisfatti: « era ut'I pezzo che non ci si divertiva così ». La vita è spettacolo « Tutto ci ha divertito », spiega Fausto, « vedere tut- • Per fare la vittima abbiamo scelto Carlo Musmanno (nella foto) perché porta I ray,ban e sembra proprio un figlio di papà •. ta sta gente in ballo per noi: prima la polizia, poi addirittura la televisione. In piedi: entra la corte. L'imputato eccetera eccetera: era come stare al cinema: scene di malavita. Solo che gli attori eravamo noi. Noi gli eroi. Noi quelli che rischiavano». Muzak: « Non avete avuto mai paura?» Franco: « Sì: hanno cominciato a leggere la condanna dicendo che eravamo colpevoli, solo alla fine hanno detto che ci facevano uscire subito. Se restavamo dentro un anno e quattro mesi, saremmo stati dei carcerati, dei pirla qualsiasi, non degli attori, perché gli attori in galera ci vanno solo per finta ». Fausto: « Dovevate vedere che scena: mentre stavo a via Moscova (N.d.A.: dove ha sede la questura) hanno telefonato due volte al Quirinale. Una telefonata anonima ha detto che eravamo dei Nap e allora hanno scambiato per una bomba i sali da bagno che la ragazza del Musmano aveva dimenticato in macchina. Hanno chiamato gli artificieri. Prima di trasportarci a San Vittore ci hanno riuniti in una stanza e un signore gentilissimo ci ha detto « ragazzi, non fatemi fare brutte figure, perché c'è fuori la televisione ». Ai carabinieri che ci scortavano li ha raccomandati di stare quattro metri uno dall'altro, faccia marziale, e a noi: « Su con la testa ». Ero· accecato dai flash: fuori ci aspettavano quattro alfette, siamo partiti a sirene spiegate». Tutto come nei film, è lo slogan che ripetono soddisfatti, però la testa alta non l'hanno tenuta. Vergogna? « No, ma non siamo delinquenti, noi siamo gente che il suo lavoro l'ha sempre fatto ». Il tono risentito comunque dura poco: nel rac~ contare come i giornalisti ·dei quotidiani più famosi, imploravano per una foto- +
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