Posta Tra donne è bello Sono un militare in forza nella caserma Piave di Udine. Come saprete i militari « dicono » che vivono per le licenze e per la posta. Invece io e altri compagni stiamo cercando di introdurre un altro concetto (che non è un concetto) la lotta. Ma veniamo al dunque della mia leÌtera. Dopo aver letto l'intervista a Antonietta Laterza (Muzak 8) ci sono state da parte mia alcune contestazioni alle dichiarazioni di Antonietta e questo mi ha spinto a dirti anche il mio e non solo il mio punto di vista sul movimento femminista e in particolare su Parco Lambro. A Parco Lambro c'ero anch'io insieme a un gruppo di compagni che più o meno la pensano come me e ricordo benissimo che perdemmo più o meno tutti la voce a forza di urlare e di fischiare. Perché abbiamo fatto questo? Di fatto siamo scoppiati quando le compagne hanno cominciato ad attaccare il maschio in quanto tale passando poi a identificarlo quasi con il nemico di classe. Tengo a precisare che con noi c'erano anche compagne che fischiavano più di noi, e che inoltre noi stessi siamo femministi e che anche noi abbiamo preso in considerazione la possibilità di un atteggiamento provocatorio a fine buono. Ma ci siamo detti che è inconcepibile e scorretto in una situazione come quella prendere certe posizioni o atteggiamenti. Perdio, intendiamoci bene anch'io sono il primo a dire che molti « uomini » e purtroppo anche compagni tengono nei confronti delle femministe e delle donne a loro diretto contatto dei rapporti diciamo poco giusti, femministi ugualitari: insomma picchiare tua moglie o prendere atteggiamenti tipo « questa sera cura il bambino perché io ho un impegno politico». Insomma tutto questo esiste e ne sono cosciente ma questo non autorizza né giustifica le compagne ad assumere certi atteggiamenti tantomeno in occasioni tipo Parco Lambro. Giorgio - Udine I modi, si sa, non sono separati dai contenuti nella lotta di un movimento: e i modi nel caso del movimento femminista spesso irritano, hanno una carica provocatoria che imbarazza. Il maschio non è il nemico fondamentale, ma sicuramente la contraddizione uomo-donna è una contraddizione fondamentale. Personalmente, e come maschio, non sarei convinto che un maschio possa definirsi femminista. Purtroppo questo mese Lidia Ravera è assente e tocca a me rispondere. Rispondo allora aprendo la discussione, cosciente che nemmeno io, come neanche il compagno di Udine, abbia il diritto di dire una parola conclusiva. Penso che sia troppo facile ghettizzare il movimento di massa delle donne, affermando la sua sostanziale correllezza ma negandone, di fallo, l'autonomia e la carica eversiva. Dire, come fa il compagno militare a Udine, che anche i « compagni tengono nei confronti delle donne ... comportamenti poco giusti» è dire una verità, ma aggiungere che « questo non autorizza né giustifica le compagne ad assumere certi alleggiamenti » vuol dire trarre da premesse giuste conseguenze terribilmente pericolose: qual'è in/alti la scala di giudizio in base alla quale noi maschi giudichiamo la giustezza degli atteggiamenti delle donne? Come si può, in sintesi, giudicare la forza fondamentale del movimento delle donne nella sua autonomia (non dalla lotta di classe, ma dai maschi) e poi sin6 dacare sui modi in cui questo movimento avanza? Credo, ma il problema è Lungi dall'essere chiuso, che come maschi abbiamo il dovere e il diritto di confrontarci e scontrarci con le donne (altrimenti la contraddizione fondamentale sarebbe già risolta ...) ma senza dimenticare che siamo pur sempre l'antitesi di quella contraddizione e che dunque ciò che giudichiamo inaccettabile per noi non è in assoluto inaccellabile e non spetta a noi giudicarlo nello specifico. Essere femminista per un uomo sarebbe come decidere d'aver risolto il problema prima ancora di averne definito i termini: e questo mi sembra fortemente riduttivo di un movimento di massa (quello delle donne) che è di importanza grandissima nelle lotte di questi anni e anche di quelli (per lungo tempo} a venire. G. P. Muzaklesto? Comincio da una breve noticina sulle « lettere » che, anche se vengono chiamate semplicemente « posta » e non « lettere al direttore» o « palestra dei lettori » contribuiscono fortemente a dare al giornale quella veste di apertura che può piacere tantissimo, ma che alla fin fine, concedendo sempre l'ultima parola a chi risponde (al giornale) assume un'aria definitiva ed « autoritaria»: non credo che vi possano essere veri « dibattiti » effettuati mediante lettere ad un giornale, ma solo quelli derivanti da un confronto diretto (più politico) hanno un sugo ed un risultato. Va da sé che questo è un problema di scarso rilievo in confronto ad altri; ad esempio: sarei curioso di sapere quale pubblico voi pensate come vostro destinatario e quale (invece?) raggiungete in effetti. Dal tono vagamente « letterario » e comunque « moderno » e giovanilistico che hanno alcuni vostri articoli mi par di capire che raggiungete il vostro scopo se il vostro lettore medio è il liceale o l'universitario tra i 14 e i 22 anni. Compro o leggo Muzak da quando usci nella veste editoriale diversa e con i diversi collaboratori ed in effetti ho sempre sottolineato con rammarico parlando di Muzak con amici vari l'atmosfera di vago « radical-hippysmo autonomo » (scusami l'arzigogolo), pur avendo notato che coll'andar del tempo e delle situazioni politiche (anche al vostro interno, o sbaglio?) molte cose sono mutate; ma molti « vezzi » (è un po' troppo forte?) sono rimasti: ferma restando l'utilità di una voce come la vostra alla portata di chi, tra i giovani fa. tica a trovare strumenti di orientamento e di stimolazione a guardarsi intorno (ottima l'idea di « per chi suona la campanella »), come mai rarissimamente o mai vi siete occupati di argomenti del mondo del lavoro, sindacale e politico più specifico, al di là dello slogan, della parola d'ordine di votare no, o della battuta? come mai i vostri argomenti « politici » sono spessissimo riferiti alla sfera delle sfighe e dei problemi personali o interpersonali (sesso, liberazione sessuale etc.)? perché continuate, pare con ostinazione a parlare in termini di « proletariato giovanile », definizione marxisticamente quanto mai sballata e perché vi lasciate andare a certe facilonerie tipo Renudo o Stampalternativa quali l'identificazione automatica del proletariato con gli « incazzati » dei festival pop e dei raduni giovanili di massa (riprendiamo la musica!!)? perché talvolta dalle vostre righe traspare l'idea che il socialismo sia una cosa facile da fare, quasi che la politica fosse un bel gioco, in cui si è tutti compagni, ci si vuole tanto bene, tanto, quando hai mandato Fanfani affanculo tutto è risolto? Valerio Tura - Bologna Penso che la vostra rivista sia l'unica che affronta seriamente ed alternativamente il discorso sulla musica e sui problemi dei giovani. A mio giudizio, però, la rivista è attualmente riservata ad un gruppo di giovani già precisamente collocati politicamente e coscienti, per cui, almeno nella mia città, non effettua quella rottura nei confronti del discorso sulla musica, accettato cosl come è presentato dai giornali pseudo-progressisti, tipo « Ciao 2001 ». Occorrerebbe, invece, che la rivista fosse diffusa in modo più capillare nelle scuole, ai giovani che si avvicinano ad un discorso sulla musica e no, ma che· credono: innanzitutto che questo sia portato avanti dalle riSegue a pag. 8
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