Muzak - anno III - n.09 - gennaio 1976

spinto che è dentro di lui, lo spirito esorcizzato insomma. Questa è la musica gnawa. Muzak: Ma le cerimonie ci sono ancora? E tu suoni durante le cerimonie? Pacca: Certo che ci sono, soprattutto ad Essaouira e Marrakech e man mano che ci si avvicina al Ramadam aumentano sino a quatrro o cinque al giorno poco prima dell'inizio del digiuno. Poi durante il Ramadam finisce tutto perché in questo periodo non ci sono gli spiriti, il Corano dice che le porte del cielo sono aperte a tutti mentre quelle dcli' inferno sono chiuse. lo sino a quattro anni fa partecipavo alle cerimonie come mallahim, ma ora suono con i Nass, e sono cambiate delle cose. Ero uno dei primi mallahim bianchi, perché i gnawa sono di origine africana, poi questa musica non interessava la gente, la consideravano strana, distante. Solo da poco è entrata nell.:1 vita di tutti, cioè soprattutto i giovani riconoscono nei gnawa una parte della storia del Marocco. Muzak: Per te quindi i gnawa sono molto importanti. ma per i Nass e/ Ghiwane come complesso nuovo, che ha rotto in un certo senso con la tradizione musicale araba, cosa rappresentano ora i gnawa? Pacca: Due cose fondamentalmente. La prima è l'aspetto musicale, cioè il riconoscimento della matrice africana in questa musica, i ritmi, i tempi i suoni che ci avvicinano alla storia dell' Africa non solo a quella araba quindi. li secondo aspetto è legato al perché di questa musica. lo credo al valore liberatorio della trance attraverso la musica, non pil'.1per esorcizzare gli spiriti del male così come li considerano i gnawa, ma simbolicamente gli spiriti del XX secolo; la società industriale, le nevrosi delle città, i ritmi dell'uomo moderno. Muzak: E gli spiriti della politica? Pacca: I giornali ci definiscono pericolosi per i giovani, ci censurano molte canzoni. non siamo graditi insomma. Le nostre parole sono sia religiose che politiche, dipende da chi le ascolta. Non parliamo di spiriti metafisici: è la nostra società che bisogna esorcizzare da molte cose. Muzak: Quando avete formato il gruppo? Pacca: Nel '70 qui a Casà. La spinta iniziale è venuta da un testo teatrale che parlava di un ragazzo come noi con i suoi problemi: per noi è stato fondamentale perché abbiamo capito che potevamo creare un nuovo modo di esprimerci, di comunicare. Prima di allora c'era una ne11a divisione tra le forme espressive tradizionali, soprattutto per quanto riguardava la musica, e la vita quotidiana, noi abbiamo cercato di unire questi due aspetti, mi capisci? Muzak: Parliamo di Boujmih: tutti lo conoscono, sia al nord che al sud del Marocco. cosa mi dici di lui? Pacca: C'era bisogno di una persona che fosse in grado di catalizzare con la sua so59 la presenza l'attenzione di tutti e questo è stato Boujmih. L'ho conosciuto per mezzo di Taieb es Sadiki che ora è il direttore del teatro nazionale. anche Boujmih veniva dal teatro. Era eccezionale, con una carica umana travolgente: scriveva molte delle nostre canzoni che parlavano di cose nuove, della vita di tutti noi, canzoni nostre, insomma. Inoltre aveva una voce incredibile. Poi una settimana dopo aver scritto una canzone, che tradotta più o meno vuol dire «portami via», è morto. Dopo averlo incontrato nel '70, abbiamo deciso insieme di provare a fare qualcosa di nuovo e così sono nati i Nass e/ Ghiwane. Muzak:' Ora cosa fate? Pacca: Che domanda: suoniamo. Ora però studiamo anche. Ognuno di noi (dopo la morte di Boujmih siamo rimasti in quattro), ricerca e studia le varie correnti musicali che esistono in Marocco. La musica gnawa, quella berber, l'andalusa del Rif, le montagne del nord, la musica da trance h 'madcha, una confraternita molto antica del Marocco, anche questa è da trance, non per esorcizzare ma per raggiungere un'estasi divina. Ci sono molte cose da scoprire ancora. Muzak: Suonate solo in Marocco? Pacca: el '71 siamo stati a Parigi. E' stato incredibile, non ci stavamo più con la testa e mi piacerebbe tornarci. Quest'anno siamo andati in tournée in Algeria, in Francia e in Medio Oriente. Comunque ancora non siamo a posto, ognuno di noi fa un altro lavoro, io continuo a fare il falegname come prima. Non è per soldi che suoniamo ma per stare insieme alla gente, perché è bello. Paolo Castaldi Antonio Pescetti Aurelio D'Angelo

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