Muzak - anno III - n.09 - gennaio 1976

Autocoscienza Noinonsiamo piùnellecucine Un serv1z10 d'ordine senza marzialità. Slogan interrotti dal racconto di un'esperienza. Aborto in piazza: finalmente protagoniste. Sembra di essere tornati nel sessantotto: la gente sta in due file ai lati del corteo; « Siamo donne, siamo tante » gridiamo noi, con una strana tensione « quanta grazia di Dio » risponde un soldato dai bordi ed è così accorato, così serio, così tutto eccitato che ci si dimentica di odiarlo, di fargli pagare il malizioso sottintendere ad alcove cariche di femministe carine e indulgenti, che sicuramente gli occuperà tutta la libera uscita. O forse in fondo ci fa piacere il suo sogno stralunato che in un altra occasione (per esempio la solita: io che passeggio e lui che mi cammina dietro mormorando a fior di labbra se voglio compagnia) ci avrebbe fatto rabbia e paura, nel rapporto rovesciato di cinquantamila a uno diverte e fa anche un po' pena. Stuzzica. Si ride di lui nei cordoni. Sensazione di potere, sensazione per me e per tutte le altre così nuova da suscitare stupore, esaltazione e poi ancora stupore. Siamo in piazza, siamo donne e lottiamo per noi. Il servizio d'ordine siamo noi: nessuna faccia marziale ( « Per favore vien i a reggermi la spranga che ho sete»), fra la milizia rivoluzionaria femminile che, legata per mano fa da orlo a tutto il corteo, e manifestanti che stanno nei cordoni c'è un rapporto piuttosto rilassato. Ogni venti passi qualcuna ferma e riforma un cordone particolarmente sgangherato, c'è una ricerca di armonia che sostituisce il gusto ginnico della parata. Nessuna segna il passo dell'oca. Per la pri57 ma volta non ho la sensazione di non saper dove stare, di dover stare dietro a qualche striscione a qualche bandiera, alle tute bianche degli operai della Pirelli che mi guardano con simpatia dall'alto del loro orgoglio di fare la storia, agli studenti che hanno i libri e hanno sonno e hanno scioperato... e se sei soltanto la moglie di qualcuno, o una segretaria in un ufficio dove nessuno si sogna di lottare, o la compagna madre di due bambini che siccome ha due bambini veste la tuta invisibile delle madri di due bambini che lavorano senza avere una classe ... allorii non hai striscioni né bandiere, se sei una che aspetta di trovare un lavoro, una che lavora in casa, una che non lavora perché nessuno la vuole e non va a scuola perché le hanno detto che non è importante andarci per lei, allora nelle manifestazioni sei un fronzolo inutile che quasi non ha il coraggio di urlare gli slogan, che si strapazza nei blue-jeans e nell' eskimo verde e nel cappellino-coppola modello Gasparazzo, nel tentativo di sembare almeno un po' metalmeccanica, almeno un po' studente, almeno un po' militante di professione (provare una smorfia dura davanti allo specchio la mattina. Come lo vogliamo Almirante? A testa in giù, naturalmente), almeno un po' qualcosa di diverso da sé stessa che abbia il diritto di lottare, magari per il Portogallo. Oggi è diverso: entro e esco dai cordoni come se fossi a casa mia. Mi assomiglio, mi sto bene addosso e assomiglio anche alle donne di Palermo che anche loro non sono a casa a guardare i figli ma a Roma a urlare che « decidere sta a noi ·e non al padre eterno e neanche a quel fottuto del governo ». Manifestiamo per l'aborto. Qualcuna vicino a me interrompe il ritmo aggressivo degli slogan perché urlare « aborto » le ha fatto venire in mente il suo e lo racconta alla sua vicina di cordone: le donne hanno più facilità a passare dal politico al personale e poi di nuovo al politico, a ricollegare le spaccature, le schizofrenie che il capitalismo ci ha imposto, ad andare dal particolare al generale, dal concetto alla esperienza e poi ancora al concetto per riproporre l' esperienza. Sono contenta. Non è sentirmi la coscienza rivoluzionaria a posto come altre volte che sono stata in piazza e neanche la soddisfazione tutta politica di contare quanti operai e quanti studenti e quanti occupanti di case e quanti cordoni. E' una specie di felicità: un senso di protagonismo. Cosa rara per chi ha come fabbrica le mura domestiche e come nemico il salumaio dell'angolo che mette troppa carta quando pesa il prosciutto, o un marito che vuole far l'amore anche se non ne hai voglia. Un gruppo di commesse si stacca a grappolo da una vetrina e si infila senza timidezza fra il mio cordone e quello dietro: ridono. E' come se si fosse rotto I'incantesimo che le teneva incatenate. Lidia Ravera

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