Muzak - anno III - n.09 - gennaio 1976

tito parlare, un'immagine con le immagini, un'idea con le idee. Ma le idee non sono le nostre ma quelle prese a prestito da Gramsci, Brecht, Majakovsky, Ho Chi Minh e Agnelli, solo per citare i più noti; le citazioni, per quanto belle e forse significative, non hanno riferimento con la sequenza delle immagini che scorre piattamente da uno scontro con i fascist, a uno con la polizia. L'immagine di come eravamo consegnata alla storia e alle nuove generazioni è un po' umiliante: un gran casino di urla e botte, una girandola di scontri, di pugni alzati, di saluti fascisti, di facce di poliziotti. (I poliziotti sono i più brutti, ma questa è sicuramente l'unica cosa che non è cambiata da allora). Tutto il resto dov'è? Eravamo così? Storiadelrock di Cari Belz Oscar Mondadorl, pag. 228, Lire 1.500 Il buono di questo libro è, più che nei dati storici, negli spunti critici, anche se discutibili, che esso propone. Nel tracciare la storia del rock dagli anni '50 ai giorni nostri, Belz infatti ha un punto di vista certo e verificato per tutto il saggetto: che il rock debba essere definito come arte folk. « La musica è emersa in conseguenza di un mutamento di valori e di bisogni vitali, a questa gioventù e al suo mutato modo di vivere. Ma lo fece con le sue capacità come una voce Uno studio completo e appassionante dellamusicarock cW 19SOa oggi della gente più che come una arte che parlasse loro in base a un utilitarismo senza pregiudizi e autodeterminato. Sia a livello i;,,mediato che nei suoi significati ultimi la musica rock si è confrontata con la realtà più che con l'arte. Questa caratteristica della sua funzione qualifica il rock come arie folk più che come arie dotta ~- Come si vede, dunque, siamo ben lontani dai deliri e dalle good vibrations, ma si tenia in questo libro di definire dal punto di vista della funzione il movimento « artistico» che chiamiamo rock. li che, indipendentemente dalle conclusioni o da alcune interpretazioni (o dalla fatiscente appendice di Santucci sulla situazione italiana), è fondamentale crediamo in questo momento di crisi e di dibattito. G.P. Donnainguerra di Dacia Maralnl Einaudi, pag. 269, Lire 3.000 Apatica maestrina sposata con operaio noioso ed egoista, incontra durante una vacanza siciliana, donne meridionali dalla torbida immaginazione sessuale, maldicenti, ossessive, scarmigliate e cariche di superstizioni. Si aggiungono, dopo poche pagine, rivoluzionari presuntuosi, prepotenti e parolai, paralitiche dal volto bellissimo e l'infanzia infelice con fratellini quattordicenni tutti presi dal difficile compito di scoparsi l'istitutrice. E, dulcis in fundo, intere famiglie di pescatori dediti allo stupro e al M.4CIA MAR,11.\"I IHJ.V,\;t '1\' (;IJEHR.4 51 ricatto, allo sfruttamento intensìvo delle tedesche villeggianti, a lunghi pasti silenziosi con la faccia ovviamente offondata nella scodella e un frasario da clan dei delinquenti. Nonostante le scarse seduzioni di una sinistra isterica facile al sequestro dimostrativo - filmico (le brigale rosse viste da Alberto Sordi) e di un proletariato meridionale alquanto animalesco, la maestrina prende coscienza: cioè rimane a Napoli con la femminista paralitica invece di seguire a Roma il marito (ma il lutto dura pochi giorni) e fa all'amore con un guaglioncello affetto da un male incurabile e per giunta dodicenne, tutta felice di riuscire, finalmente, a guidare lei il rapporto (il ragazzino morirà in ospedale prima della fine del romanzo). Alla fine ritorna dal marito avendo fatto « esperienza della vita e della storia » nei termini della seduzione di minore (e minorato), di una inchiesta-lampo fra le lavoranti a domicilio dei bassi napoletani (più simile a quella fiscale che a quella maoista), del sequestro di un dirigente carcerario vigliacco e mafioso, più un pizzico di omossessualità femminile e la richiesta dose di masturbazione. La racconta Dacia Maraini in Donna in guerra, nella forma talvolta felice e talvolta insopportabile, facile sempre, di un diario estivo. Le intenzioni sono probabilmente ottime, ma la resa è scadente: si sente quasi in ogni pagina un'ansia eccessiva di dimostrazione, la pretesa di elencare i problemi di una epoca tutta di fila (malafede o disinformazione?) una sostanziale, irritante falsità. ~gendarossa1976 1,. - Ed. Savelli, Lire 2.000 Se non sbagliamo questa dovrebbe essere l'ottava Agenda Rossa della Savelli. Mutala assai quest'anno, l'Agenda del '76 propone alcune buone idee e alcune meno buone realizzazioni. Si tratta infatti di 366 schedine (una al giorno) e più di cento fotografie che dovrebbero illustrare la nostra musica, i nostri film, i nostri libri, la nostra vita quotidiana, i nostri eroi, etc. Un'impresa dunque di grande interesse che però mostra un'affrettata preparazione per cui molte di queste schedine risultano inutili, alcune puramente agiografiche, altre spassose, raramente tutte capaci di costruire un discorso unitario sulla condizione giovanile. Molto per studenti di sinistra (i proletari non tengono la agenda?), risulta però impaginata con scarsa fantasia. Certo un'agenda istruttiva. Ma si poteva far meglio. I!_paneelerose n. 12, pag. 24, Lire 250 Questo che esce è un numero speciale del famoso giornale milanese di recente rilanciato su scala nazionale (vedi Muzak n. 2) anche se con periodicità disordinata. Si tratta di un numero monografico sulla questione degli incidenti alla manifestazione femminista del 6 dicembre a Roma, con interventi di femministe, un dibattito fra una femminista e la responsabilità della commissione femminile di Lotta Continua (com'è noto fu una sezione di L. C. di Roma a tentare di forzare il corteo delle donne per imporre i propri striscioni). lettere di donne e collettivi e anche interventi di compagni uomini. Un numero interessante per il dibattito su femminismo e comunismo, tirato in una quantità limitata di copie a uso dei militanti ma anche di chiunque voglia ascoltare altre voci su un argomento tanto rilevante. Chi fosse interessato può richiederlo a: Circoli Ottobre - Via Mameli, 51 - Roma, telefono 5892954. •

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