Dal maestro, Wilder ha preso tulio il negativo: la situazione che vorrebbe essere assurda e non-sensistica ed è, invece, solo inconcludente. fino ad alcune volgarità difficilmente digeribili. Poche le battute che vanno a segno fino in fondo, quasi sempre il bersaglio (che pure si in1rnvede) è clamorosamente fallito. Le poche idee comicamente interessanti (al livello di spunti, se non altro) sono iterate con un 'insistenza che scopre la pochezza del tutto: esempi eclatanti la rifacitura « ammodernata » del Ballo in Maschera e la figura della protagonista a cui l'eccitazione sessuale fa da siero della verità. Sottoccupati tutti gli attori costretti a far da macchiette in un film povero che si poteva risolvere in due o tre battute sufficientemente azzeccate. Chiaro che si rimpianga non solo Totò o Buster Keaton, ma persino Franchi e Ingrassia. almeno impegnali in un'operazione la cui pochezza non è coperta da presunzioni di sorta. Anche perché la regia è totalmente latitante, e il film risulta di una penosa slegatezza: così che non è il non-sense come forma di comicità a uscire fuori, ma il non senso filmico più completo. G. P. Itregiornidelcondor Regia di Sidney Pollack Coinvolto suo malgrado nel gioco spie1a10 delle spie multinazionali a sfondo petrolifero, un modesto intellettuale al servizio della Cia (sembra impossibile ma anche loro ne hanno, magari in stretta collaborazione con un cervello elc11ronico, più preciso e meno problematico) è cos1rc110 a utilizzare tulle le risorse della tecnologia e dell'intelligenza per salvarsi da un metodico professionista dell'assassinio su ordinazione che, senza perdere un filo della sua eleganza europea, passa dal servizio di una fazione al servizio di quella opposta. Entrambe le bande lo vogliono mono cd entrambe sono interne alla Agenzia. Tra mitragliate di finti postini e secchi colpi di silenziatore, lui, l'intellelluale. antieroe di stampo Chandleriano, si aggira, impaurito dal suo stesso coraggio, sbalordito dal primo all'ultimo morto (e sono parecchi) per il disprezzo della vita umana che incombe al modo Cia di far politica, confuso, agitalo, evidentemente cos1re110 alla violenza e non automaticamente dedito al massacro come i suoi predecessori. Contraddizioni interne alla Cia? Meccanismi inceppati che degenerano dal patriottismo alla delinquenza grave? 11 punto di vista, se è questo, è da socialdemocrazia post-wa1ergate. fra patriottismo e indignazione. li film però è bellissimo: bello il taglio delle sequenze, veloce, imprevedibile, senza enfasi né falsificazioni. Jello soprattutto lui, .il protagonista, che ripete nervoso « io sono un impiegato, non sono un agente», porta gli occhiali e non si serve di accendisigari con cortina fumogena. né di Aston Martin con le mitragliatrici ai fari, che non scopa venti volle procaci spie giapponesi ma si innamora un po' di fotografie Splelberg durante le riprese de • Lo squalo • malinconiche, sequestrate p~r fona, per salvarsi la pelle, in un momento di panico. L. R. Ladonna delladomenica Regia di Luigi Comencini Sullo sfondo fatiscente della Torino altoborghese, cantilenante e moscia nelle ville precollinari, un delittuccio di interesse assume le irritanti caratteristiche dell'imprevisto che inierrompc la noia atavica dei ricchi. Diventa un gioco di società, come tutti , giochi di società sospeso fra imbecillità e massacro. Al centro una storia di sesso fra il commissario un po' sofisl ica10 e la signora mollo « signora », ricalcata, sembra, sulle avventure galanti del commissario. torinese, con una dama del bel mondo, immediatamente prima del suo trasferimento in piazze meno pettegole. Fragile la trama, presuasivo il dialogo, fedele fino a provocare una SOi· tilc. ma continua insofferenza, la ricos1ruizone della vacua borghesia nordica, chiusa a clan, come una corte sabauda bruttata dall'industria ma ancora nostalgica di blasoni e salotti (altra cosa dal democratico Brambilla milanese). La satira è abbastanza feroce, ma resta nell' eleganza dell'accento esagerato, del provincialismo, del bovarismo da vizie11i nascosti e contemporaneamente esaltati. L' odio c'è, e anche un tentativo di vilipendio: ma il punto di vista espresso, soprattutto nelle battute contro l'ereditiero omosessuale. resta quello della pieGli attori prlnclpeli de • Lo squalo • cola borghesia, un po' invidiosa. in fondo, dei begli occhi della bella moglie del padrone. L. R. 11padronel'operaio Regia di Steno on c''! mollo da dire su questo osceno film. La trama, se di trama si può parlare, è ,:,resto detta: un padrone (Renato) è ossessionato dalla spensierata potenza virile di un suo operaio (Teo Tcocoli). Gags non ,nai .-iuscite, ,101azioni ~alsamenle psicologiche, una morale sola: gli operai scopano meglio perché non hanno tanti problemi come i padroni, i quali, come sanno tutti. siccome « rischiano non risicano », cioè non scopano. Filosofia che Agnelli apprezza mollo: infatti probabil- ,nente lui scopa lo stesso (non lo sappiamo per esperienza, ma è probabile) ma gli fa piacere che qualcuno (Steno, nel caso specifico) sostenga che i suoi problemi sono mollo più grossi di quelli di un operaio per 40 ore alla catena di montaggio. A un certo punto lo psicanalista (tedesco of course) dice una frase destinata a rimanere celebre: « sintetizzando il pensiero di Sigmund Freud. e come dicono i napoletani, 'o cazzo non vuole penzieri »: mollo ben detto. Infatti è 11010che in periodo di cassa integrazione, di recessione violenta, di inflazione galoppante. di aumento di tutti i generi primari solo il «cazzo» non ha pensieri: o meglio, solo •e teste di cazzo. G. P.
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