Muzak - anno III - n.09 - gennaio 1976

on è certo genuina cultura popolare, Città Frontale a mio avviso non fa cultura, piuttosto una denuncia semplice ed immediata del malgoverno dei Cava e democristiano, di un'edilizia legata alle clientele che Città Frontale colpisce, parlando agli strati popolari, nel linguaggio consapevole e comunicativo di un rock chiaro, solido, privo di sperimentazioni azzardate, retto unicamente dalla poesia del proprio « essere ~ sociale. Questo viene dai testi, molto belli di Lino Vairetti, che ricordiamo negli Osanna alternarsi alle « fughe mentali• di Elio D'Anna con stile e gusto, e dalle musiche realizzate con Massimo Guarino (anche lui ex Osanna). Proprio da questa discendenza, che Città Frontale mi sembra rinneghi recisamente, nasce « El Tor~. un'opera che è della Napoli del colera e del lasciar passare, ma anche il frutto di una umiltà entusiasta e sincera, che non impedisce naturalmente la presenza di qualche smagliatura nel suono, che in Città Frontale preferisco accompagnato dalle parole - acquista cosl fascino e forza - anziché lasciato a se stesso, come in alcune sezioni <!ella seconda parte. Maurizio Baiata Supertramp E' il nuovo simbolo della vecchia generazione inglese. Il gruppo esiste dal 1970, quando Roger Hodgson (canto, chitarra, tastiere) e Rick Davies (tastiere, canto) riunirono alcuni musicisti al fine di realizzare il primo album Supertramp. Ve ne erano di assai maggior talento, e Supertramp passò inosservato anche nel seguente / ndelebly Stamped. Fu nel 1974 che il duo decise di rivedere l'organico e preparò un singolo, Land Ho, e una raccolta, Crime of the Century. Con l'esasperazione dei caratteri musicali tipici a Jethro Tull, Pink Floyd, Genesis e ultimi Gentle Giant - che nessuno è più in grado di riassumere con tanta abilità - Crime of the Cenlury va nelle classifiche inglesi, ed il gruppo fa una tournée, trentamila spettatori, un'altra, settantamila paganti. Quando esce Crisis, what Crisis, Supertramp è pronto al successo internazionale. Di tutte le tracce presenti vanno preferite Sister Moonshine e Poor Boy, mentre A Soapbox Opera tenta di chiarir la faccia più vicina ai IOcc e, tramite loro, ai Beach Boys. Resta da elo_8iare il rifiu• to di scenografie artificiali e complesse, la serietà con la quale il gruppo elabora gli arrangiamenti di studio, in modo da riproporre ogni brano nell'impostazione più vicina all 'originale. La causa del pieno successo di Supertramp va ricercata nella poca disponibilità di gruppi leggermente « progressive» a impatto di massa, se escludiamo (per la scena inglese) Carnei e lo cc. In altre parole è presto detto: Supertramp è un'idea solita ma sicura, la carta dei musicofili appena reduci da un osannar di canzonette. facques Bore/li BobDylan Si è conclusa in· America la Rolling Thunder Revue, una parata di nostalgici musicisti a nome Bob Dylan, foan Baez, Mick Ronson (ex pupillo di David Bowie). Accadde che vecchi musicisti dei caffè del Greenwhich Village di New York, Bob Oylan Todd Rundgren 47 fra cui Dylan, si riunirono in uno di quei locali, l'Other End di Paul Colby, e suonarono alcune canzoni a turno, in una specie di jam session priva di copione scenografico. Un ritorno alle origini, il volontario esilio dallo show business, dirà qualcuno. Invece no. Gli artisti, anche persone apprezzabili quali Logan English, Rambiin' Jack Elliot e Bobby Neuwirth decisero di portare lo spettacolo in teatri di mille duemila persone di capienza, annunciandolo poche ore prima dello svolgimento in modo di evitare la ressa ai cancelli. Poi Bob Dylan con una bottiglia di vino bianco fra le mani propose di trarne un film e un'incisione, presto in commercio. Poi si decise di far spettacoli di fronte alle solite trentamila persone, anche al Madison Square Garden. L'ambiente che si creava a ogni concerto era quello di una vecchia riunione fra amici divisa fra un gran numero di persone entusiaste, uno studio discografico e uno cinematografico. Avvenimento che piacque molto agli americani che risentiron dal vivo Blowin' in the Wind, We Shall overcome e Life on Mars tutte insieme, ma che a noi non può fare a meno di suscitare una tal ombra di dubbio. Todd Rundgren Un approcci_o a Todd Rundgren per via discografica è ormai possibile - la casa discografica Wea ha stampato i suoi ultimi albums - ma l'ascolto di « Utopia », « Initiation » o « Another Live » non basta a farsi un' idea della personalità di questo mago dell'alchimia elettrica, né a stabilirne bontà e limiti. La sua attività ormai decennale interessa infatti il rock americano nel segno di un'espressione che da sociale è diventata razziale, da aperta si è trasformata in nuovo ghetto intellettuale e muzak. Rundgren rappresenta la sconfitta di valori e contenuti rock nei confronti del sistema, perché, alla maniera di McLaughlin, nasce da una musica libera e diviene strumento delirante, forte di una potenza incontrollabile che è propria del suono amplificato, o meglio della sfera emotiva di questo: in lui notiamo il sorgere a simbolo fallico della chitarra - non nel gesto hendrixiano, ma superomista - cioè lo strumento come mezzo di sopraffa. zione della ragione, il sesso come superamento del pensiero, soprattutto politico. E' quanto awiene nella musica americana di oggi, ricca di simbologie catastrofiche, di allarmismi creati dall' esplosione tecnica, di non semplicità, di non immediatezza che sono costanti importanti nel rock come idea sociale. Da qui le condanne che gli si rivolgono, perché dall'alto di una musica micidiale, come impianto elettroacustico e come « interpretazione » del messaggio, il suono e la persona di Rundgren non diventino simboli di nuova schiavitù, ma tornino ad essere un modo di crescere e sentirsi insieme ... il tocco delle cose semplici che già in « Another Live » Todd cerca di dare, nei salti mortali tra muzak ed avanguardia. M. B.

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