Muzak - anno III - n.09 - gennaio 1976

mamento vagamente paramilitare dei servizi d'ordine, sullo scippo, sulle rapine e sui caschi da moto. Sui fatti di violenza nazista come la strage del Circeo. Sembra che la violenza sia solo nei fatti di cronaca, e che la moda dei film di pugni e stupri sia un effetto dei gusti degenerati del pubblico e non una accusa che i giovani siano protagonisti di tutti gli estremismi e quindi di tutte le violenze. Nella pericolosa confusione che accomuna la gratuità delle bravate fasciste all'uso di mezzi violenti per fini politici, che si ferma alle apparenze, agli scandali e agli effetti più visibili di una violenza che è infinitamente più profonda e organica alla società borghese, il rischio è di non capire più niente, di non riuscire più a distinguere, a discernere, a giudicare. Muzak dedica, a partire da questo numero tre, Per chi suona la campanella a inchieste, interviste e interventi sul problema della vioLa tavola rotonda a Muzak lenza. Incominciano tre studenti romani: Isabella del liceo linguistico privato Sacro Cuore e Antonella del liceo Mamiani, di 16 anni e Luigi dell'istituto tecnico Fermi di 18. Muzak: Per una risposta che Muzak ha dato a un lettore di destra, « parole poche, sprangate tante », abbiamo ricevuto più di cinquanta lettere di protesta e al trettante di congratulazioni. Alcuni hanno rincarato perfino la dose con la descrizione dettagliata di tortute da infliggere ai fascisti, senza dargli il tempo di parlare. Voi che cosa ne pensate? La violenza è giustificata da fini politici, oppure è un valore sbagliato in sé? Luigi: lo forse ho una specie di deformazione professionale perché sono un militante antifascista, ansi un antifascista militante. Non ho dubbi: se vengono i fasci davanti a scuola a· fare le loro incursioni il nostro compito è picchiare prima e più di loro. Se questo non • mi andasse bene, sarei un 30 intellettualino e non un militante. Mi rendo conto però che c'è il problema di gestire questi scontri, giusti ma duri, quindi d'avanguardia, con gli studenti con quelli che non capiscono, e ci dicono che siamo rozzi e brutali. Antonella: Non è tanto che non capiscono. Magari se viene massacrato un fascista in Cile o in Portogallo, gli va bene. Ma se rimandi in classe col naso che sanguina il loro compagno del terzo banco che vota Msi, si insultano, si commuovono e ti dicono « ma è un bravo ragazzo, mi presta sempre la penna». Muzak: Ma secondo te hanno ragione o hanno torto? Antonella: Hanno torto. In linea di massima non è il caso di commuoversi su quelli che sono d'accordo con le stragi. Però neppure a me piacciono quei professionisti dell'antifascismo, che non vanno mai alle riunioni, e si muovono soltanto quando c'è da andare a menare. Non mi piacciono insomma quelli che ci prova~ no gusto, picchiare può essere necessario ma non deve mai essere divertente. Luigi: La violenza è nostra quando serve ad abolire altra violenza, quella dello sfruttamento, delle dittature, della proprietà privata. E' sbagliata quando invece di essere un mezzo è un fine. _ Allora è lo sfogo irrazionale del frustrato. Muzak: Credete che esista in tutti noi un coefficiente di violenza allo stato potenziale? Luigi: A me non è mai capitato di menare a un fascista come avrei rotto a cazzotti un tavolino da notte. Per me la violenza è una scelta meditata, non un istinto. Antonella: Frustrati e sfruttati lo siamo tutti, chi più, chi meno e quindi violenti lo siamo tutti, chi più, chi meno. Muzak: Ma se fosse vero che più sei sfruttato più sei violento, i più violenti do-

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