Muzak - anno III - n.09 - gennaio 1976

accademico, era anche il suo limite. li rischio di Tatum è stato l' indeterminatezza dei contenuti, riscattata però da una prodigiosità tecnica ed espressiva che, se non altro, ha mostrato ad una intera generazione di musicisti le enormi possibi1ità dello strumento. Con Tatum viene sancito un ruolo di protagonista al pianoforte. Molti dei più importanti musicisti degli anni '30 e '40 saranno dei pianisti anche se, in alcuni casi, col ruolo principale di direttori d'orchestra. Basti citare Duke Ellington e Count Basie. L'avvento del bebop, negli anni '40, ha portato alla ribalta due grandissime personalità: Bud Powell e Thelonious Monk, gli iniziatori del piano-jazz moderno. II bebop si basava su una complicazione delle armonie che permettesse agli assoli di essere più variati, con una maggiore gamma di passaggi e di intervalli, con una evidente funzione espressiva. II pianoforte era, evidentemente, la base di questa innovazione: sia come strumento accompagnatore, sia come strumento solista. Bud Powell, di cui è rimasto celebre il sodalizio con Charlie Parker, ha approfondito le nuove indicazioni armoniche, ma soprattutto ha tradotto sulla tastiera quello che gli strumenti a fiato (e Parker soprattutto) svolgevano negli assoli; riprendendo così quella tendenza di sviluppo orizzontale che era stata iniziata da Earl Hines. Thelonious Monk, ancora attivo oggi, è diventato fa. moso per un uso delle armonie spregiudicato e personalissimo che, sebbene irripetibile, ha esercitato una notevole influenza su molti jazzisti e ha anticipato alcune conclusioni a cui più tardi arriverà l'avanguardia. L'influenza di Monk è consistita nelle inedite possibi1ità che i suoi passaggi armon ici consentivano; il tutto però, e questo vale anche per Bud Powell. esaltando l'espressività afro-americana, anche se nell'ambito di una complessità e modernità stilistica inedite. In sintonia con quello che il bebop aveva rappresentato, Powell e Monk rivitalizzano con nuove soluzioni la tradizione afro-americana, svilita dalla commercializzazione dell'èra swing. Più intellettualistici, invece, e quindi anche più vicini al pianismo europeo, sono gli altri due colossi armonici degli anni '50: Lennie Tristano e Bill Evans, ambedue bianchi. Il loro ruolo è stato analogo a quello degli altri due. Egualmente hanno contribuito alla creazione di schemi armonici sempre più aperti ed elastici, tali da consentire il passaggio al free-jazz che avverrà agli inizi del '60. Ma la loro voce è stata sempre filtrata da un atteggiamento interiorizzante e astrattizzante, che solo in parte riCecll Taylor 28 entra nelle esperienze p,u vitali della cultura afro-àmericana. In sintesi, comunque, il lavoro di questi quattro giganti del piano moderno è stato la base della successiva evoluzione culminata nella liberazione totale portata avanti da Ceci! Taylor. Il pianoforte e le innovazioni e.Ila relativa « diversità » del pi~noforte sta anche la sua importanza. Per le sue caratteristiche il piano non si è semplicemente evoluto insieme al jazz. Ha creato, più degli altri strumenti, una struttura nella struttura con delle sue sottoleggi che si sono intrecciate e dialettizzate con quelle più generali. Si può dire anche che il pianoforte abbia condizionato la storia del jazz fornendole alcuni strumenti necessari alla sua evoluzione. Innanzitutto perché il pianoforte è uno strumento pochissimo malleabile timbricamente, a differenza degli altri strumenti che più hanno subito l'impostazione della « voce » afro-americana. E inoltre perché il pianoforte è stato portatore di una complessità preesistente al jazz, quella della musica « dotta » occidentale. Un patrimonio specifico che non ha potuto non influenzare, se non altro come memoria remota o come sedimentazione tecnico-espressiva, i pianisti jazz. on• a caso Scott Joplin, James P. Johnson, Art Tatum e tanti altri pianisti, hanno spesso amoreggiato con i moduli classici. Se invece vogliamo trovare un analogo patrimonio preesistente al sassofono o alla batteria, per esempio, possiamo al massimo rifarci alle bande militari e alle fanfare, anch'esse, non a caso, ricorrenti nel la storia del jazz. Gli strumenti musicali, anche se usati in modo autoctono dagli afro-americani, hanno conservato una loro memoria con una corrispondente funzione. li pianoforte, con tutte le riserve che possono derivare da questa generalizzazione, ha avuto un ruolo « dotto », non tanto in eventuali riferimenti diretti, quanto per una sua complessità tecnica che gli afro-americani hanno potuto strumentalizzare per una diversa funzione espressiva. Non è difficile, da questo, comprendere come il pianoforte sia stato fondamentale in alcuni momenti cruciali dell'evoluzione del jazz. 11 lavoro di pianisti come Jelly Roll Morton, Thelonious Monk, Bill Evans, Ceci! Taylor e tantissimi altri, non è stato semplicemente quello di abilissimi solisti, o perlomeno non soltanto quello, ma soprattutto di « innovatori ». Ognuno di questi, in alcuni momenti decisivi, grazie alla complessità specifica dello strumento, ha potuto indicare determinati sviluppi, determinate trade da percorrere. Cino Castaldo

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