Muzak - anno III - n.09 - gennaio 1976

el jazz quella del pianoforte è una storia nella storia. L'evoluzione specifica di questo strumento è « interna » al jazz, ma per determinati aspetti ne costituisce anche un fatto a se stante. Caratteristiche tecniche li pianoforte è effettivamente uno strumento « diverso » dagli altri. Ha possibilità allo stesso tempo armoniche e melodiche. Si possono suonare, cioè, più note contemporaneamente e con una notevole complessità di combinazioni determinate dall'interdipendenza dei ruoli che le due mani possono assumere sulla tastiera, sviluppando linee orizzontali o verticali, a piacimento. Più di ogni altro strumento, ovviamente, il pianoforte riesce a svolgere da solo un discorso completo, oltre che essere il più ricco strumento da accompagnamento. Un pianista può, da solo, produrre la melodia, le armonie di base, il ritmo, il pedale ecc.; può costruire un tappeto sonoro complesso e articolato come base al canto o all'improvvisazione di altri strumenti. Può avere, in sintesi, il ruolo di un'orchestra, con un'autonomia che generalmente manca· agli altri strumenti. Alla base di questa complessità (tanto varia quanto possono esserlo le combinazioni reciproche delle dieci dita) c'è il rapporto delle due mani sulla tastiera, così importante che si potrebbe analizzare tecnicamente la storia del pianoforte jazz, limitandosi a studiare come questo rapporto si è evoluto da un musicista ali' altro. Unico limite tecnico del pianoforte è l'aspetto timbrico, più rilevante in altri strumenti come il sassofono, ad esempio, su cui il musicista riesce ad ottenere un'emissione di suono Storiadeljazz Pianopianoneltempo molto variabile e quindi una voce molto personale. A caratterizzare un pianista, invece, c'è un particolare « tocco » che insieme agli altri elementi determina lo « stile ». E forse è proprio a questa limitata variabilità timbrica che bisogna riportare il successo che stanno riscuotendo le tastiere elettroniche. Brevissima storia del pianoforte jazz Tutto comincia col ragtime e Scott Joplin, a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. Siamo alla preistoria del jazz. li ragtime non fa altro che manipolare mazurke, marce militari, polke e tutti gli altri generi della musica pianistica euBud Powell 27 ropea dell'Ottocento, innestandovi uno swing tipicamente negro-americano; il tempo sincopato basato sulla contrapposizione di accenti ritmici tra le due mani. E' una base indispensabile per il jazz di là da venire. Ma già il pianoforte ha un suo ruolo del tutto particolare. E' scomodo per le prime bands jazzistiche, che spesso ne fanno a meno, e per altro verso, in alcuni locali « particolari », viene usato da solo come sufficiente fonte di intrattenimento. Pianoforte e jazz si intrecciano e si influenzano reciprocamente. C'è bisogno, evidentemente, di un raccordo: e questo è Jelly Roll Morton, bizzarro e poliedrico personaggio, sedicente inventore del jazz, fondamentale figura del primo Novecento. Nelle sue mani il ragtime si trasforma e viene sfruttato come base per variazioni armoniche e melodiche, spesso adattate ad una band. Si cominciano a delineare delle linee di tendenza, generalmente identificate con i luoghi in cui si svilupparono: New Orleans, Harlem, Chicago. A New Orleans nasce, per la prima volta Earl Hines, la tendenza del) 'adeguamento dello stile pianistico a quello degli strumenti a fiato, sottolineando quindi l'aspetto orizzontale rspetto a quello verticale, più specificamente armonico. Ad Harlem si diffonde, invece, lo « stride piano » lanciato da James P. Johnson, e poi ripreso e ampliato da altri pianisti come Willy « The lion » Smith e Fats Waller; uno stile più complessivo e allo stesso tempo essenziale, schematico, di quello New Orleans. A Chicago, infine nasce e si sviluppa uno stile che è diventato celebre anni dopo attraverso successive edulcorazioni: quello del piano « boogie-woogie ». Tutte e tre queste tendenze sono legate, in un modo o nell'altro, al ragtime e allo stesso tempo individuano delle tendenze che rimarranno come delle costanti fisse, anche se rinnovate al punto da essere quasi irriconoscibili, negli sviluppi futuri. Ma già negli anni '30 compare sulla scena il personaggio della sintesi, il pianista capace di fondere e portare a maturazione tutto ciò che era stato già espresso. Si tratta di Art Tatum, il più celebrato virtuoso della storia del jazz. In realtà, il virtuosismo di Tatum, che gli consentiva indifferentemente il rielaborare Dvorak e Massenet e di suonare blues, e che gli ha portato unanimi riconoscimenti, perfino dal mondo ➔

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