Interviste Neljazz dipintodiBley Musicista d'avanguardia, capo di una prestigiosa casa discografica, Carla Bley ha suonato con tutti i grandi del jazz, ma preferisce definire la sua musica pop. « Se suonano coi jazzisti e non con gli altri », ha dichiarato a Muzak, « è solo perché sono più bravi ». Carla Bley ha passato questi ultimi tre mesi in Inghilterra a supervisionare l'uscita dell'ultimo diisco che divide a metà con suo Carla Bley marito Michael Mantler e una schiera foltissima di musicisti e a produrre The Hapless Child ancora di Michael Mantler in cui Robert Wyatt canta tutti i brani. Quando Muzak l'ha intervistata, Carla era di partenza per Woodstock negli Stati Uniti dove abita con la sua famiglia e aveva da fare tutte le cose che non aveva fatto nei tre mesi di permanenza: vedere tante persone che aveva rimandato fino all'ultimo, andare a trovare Robert Wyatt che si è rotto una gamba ed è ricoverato per tre mesi, comprare dei regali per sua figlia « che tanto ormai non crede più che mamma tornerà a casa ». Carla ha trentasette anni e suona il pianoforte da più di venti oltre ad aver cominciato il primo esperimento di casa discografica autosufficiente (senza un capitale di partenza) la Jazz Composers Orchestra Association, in cui hanno militato praticamente tutti i più bei cervelli della scena jazz da dieci anni a questa parte, da Ceci! Taylor ad Archie Shepp, da John McLaughlin a Gato Barbieri. L'intervista si è fatta in una sala della Virgin, che distribuisce i dischi della Jcoa. Carla Bley, una donna musicista di musica progressiva e oltretutto capo di una delle più interessanti case discografiche alternative, non sembra particolarmente condizionata dal suo mito: non Ùn cenno, nella figura snella e quasi acerba, della maturita di donna e di musicista, nel modo di parlare entusiasta e gioioso neanche l'ombra di tante esperienze. La conversazione comincia subito spedita. Sa esattamente quello che vuole dire e prima di passare a raccontare della Jcoa vuole subito precisare una cosa: « Io non sono una musicista jazz. Preferisco definire la mia musica pop non popolare ... Sembr~ una contraddizione ma non lo è. 25 Quanto alla Jazz Composers Orchestra Association tutto è cominciato circa dieci anni fa con la Jazz Composers Guild. C'erano Cecii Taylor, Archie Shepp ... Chiunque facesse qualcosa di interessante. Tutti eccetto Omette (Coleman naturalmente!) che cercava ancora di barcamenarsi nel grosso biz. Cominciammo con richieste semplici e fondamentali come che non volevamo suonare concerti di quaranta minuti o che non avremmo più suonato fino alle quattro di mattino. Volevamo che fossero le regole dei night-clubs ad adattarsi a noi e non viceversa. E' durata sei mesi ed è finita con grosse liti ... veramente: urla e strilli. La Jcoa è nata dall'unione di alcuni dei musicisti della JCG e ancora va avanti oggi, a tanti anni di distanza, sopravvivendo sui fondi di qualche fondazione. E' distribuita in Inghilterra dalla Virgin e in Giappone dalla Trio. Per il resto distribuiamo i nostri dischi direttamente con il New Music Distribution service. Riguardo a quanto dicevo prima, che non sono una musicista jazz: perché allora suono sempre con musicisti jazz? E' semplice: i musicisti abituati a suonare il jazz sono migliori, suonano meglio. I musicisti con cui lavoro in genere sono anche molto differenti tra loro, prendiamo ad esempio Jack Bruce e Gato Barbieri, ma anche questo non è un problema. Si tratta di suonare la mia musica; e io dirigo le sessions come un regista, facendo lavorare tutti i caratteri differenti, i vari personaggi. E' raro che li lascio improvvisare, a meno che non siano "grandi", quello che fanno in genere è "parafrasare" le note che ho scritto io. Le note di base rimangono quelle solo che vengono "incatenate" tra loro con delle variazioni di passaggio. E' come aggiungere spezie al minestrone. I jazzisti leggono meglio degli altri" musicisti. Gato per esempio... legge come un figlio di puttana ». Ha parlato speditamente, tutto d'un fiato. E il suo gruppo con Jack Bruce e Mick Taylor? Un'altra sua . impresa che è durata pochissimo ma già porta il velo di mistero della leggenda. Come è nato il gruppo, come è finito? « Io avevo preso Jack per Escalator Over The Hill in cui suonava il basso e cantava tutti i brani », risponde Carla Bley, « ci è piaciuto suonare insieme, così quando lui ha formato il "suo" gruppo ha pensato a me come pianista. Era una bella band. Peccato... Il fatto è che personalmente non andavamo proprio d'accordo. Purtroppo non abbiamo inciso nessun disco; dovevamo entrare in studio proprio il giorno dopo in cui io me ne sono andata. Mick se n'era andato il giorno prima. Sul palco facevamo brani da Armony Row, Song For A Taylor e qualcosa da Out Of The Storm. Tutta roba di Jack. Io e Mick avevamo provato a scrivere qualcosa insieme ma Mick sembra avere un grosso problema ad esprimersi. Dopo tutti gli anni accanto alla egomania di Mick Jagger non c'è da meravigliarsi: ma Carla Bley non ha detto niente sulle ragioni dello scioglimento della band molto di più di quanto non avrebbe potuto dire una qualsiasi agenzia di stampa. Su Èscalator Over The Hill, l'opera della Bley che rappresenta l'impronta più importante di tutto il suo lavoro, l'autrice si dichiara molto soddisfatta: « Potete scrivere addirittura che quello è il massimo che Carla Bley può fare. Non ho voluto avere nessuna restrizione economica, nessun problema di soldi nell'incidere il disco tant'è vero che sto ancora pagando tutti quelli che mi hanno presta- ➔
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