cale, e infatti il suo strumento preferito è abbastanza insolito: il trombone. Suona canzoni che compone lui stesso, insieme a sua moglie e ad altri compagni di Torre, e parla dei giovani marittimi, degli artigiani del corallo, delle lotte politiche di Torre del Greco. Due delle sue canzoni, « Peppino 'o Ricciulillo » e « Nanninella 'a Bucatora » sono entrate nel repertorio della Colonia Cecilia dopo che Pasquale le ha insegnate a Silvio Costabile, uno del gruppo. Un altro è Silvio Pattume, ex contadino, operaio emigrante a Milano e oggi autista della nettezza urbana del suo paese, Moiano, in provincia di Perugia. Silvio conosce molto bene tutto il repertorio della canzone politica e di protesta di oggi: una delle sue canzoni è basata sull'aria di« O cara moglie », e questo mi sembra importante perché dimostra come il lavoro di Ivan Della Mea e degli altri compagni del Nuovo Canzoniere Italiano non sia affatto rimasto limitato ad un pubblico borghese urbano, ma sia penetrato anche ai livelli di base e di periferia. Le canzoni di Pattume mostrano soprattutto uno straordinario gusto di linguaggi musicali. Infatti, a differenza di gran parte della tradizione del canto operaio, basata sulla parodia della canzonetta, Pattume si serve quasi esclusivamente di motivi di canzoni popolari o politiche. All'interno di questi materiali, non innova per il solo gusto di innovare, ma introduce elementi che servono a chiarificare il discorso di classe già esistente nella canzone popolare. Così, quando canta « Mamma mia dammi I00 lire », aggiunge una strofa in cui ricorda che, fra le cose che l'emigrante troverà in America, c'è anche l'assassinio di Sacco e Vanzetti. Un altro ancora è Armandino Liberti, che certo non canta e non suona come un professionista, ma ha espresso con efficacia, chiarezza e assoluta onestà in certe canzoni la rabbia e anche le contraddizioni dei proletari 22 romani di borgata. Una di queste « Noi de borgata » è secondo me la più bella canzone politica dal '68 in qua: « Questurini, giudici, avvocati / pilastro primo de 'sta società / siete i nemici nostri più accaniti / perseguitate miseria e povertà. / Cani fedeli alle istituzioni / le rogne nostre ve stanno a fa' sciala' / ve sete fatti grosse posizioni / ma la borgata non se lo scorderà. / Se scoppiasse la rabbia qua in borgata / che ognuno se porta dren to al cor / gente bene, onesta, raffinata / la vostra vita 'n avrà nessun valor / la giustizia, quella popolana / el giorno vié che ve raggiungerà / la borgata allora s'arisana / col lavoro nella libertà ». Naturalmente, continua poi - e cresce con le lotte - la creatività diretta, collettiva, ai livelli di fabbrica. Il disco « Milano - Lotta operaia alla Crouzet », dei Dischi del Sole, ha già messo in circolazione il ricco repertorio di canzoni nuove, parodie, innodia politica delle operaie di questa fabbrica milanese. Un nuovo disco, sull'occupazione della Filati Lastex di Bergamo, confermerà i dati di questa ricerca: e cioè che nelle situazioni di lotta si verificano quelle condizioni di aggregazione, di rapporti interpersonali, di necessità di informazione e di comunicazione che ridanno un ruolo al canto, e allora la classe operaia non soltanto crea materiali nuovi, ma recupera anche tutto il repertorio tradizionale ereditato dall'esperienza contadina. Un altro fatto che emerge da queste ricerche è la penetrazione all'interno della fabbrica del lavoro del Nuovo Canzoniere Italiano: non a caso gran parte del repertorio delle operaie della Crouzet veniva proprio dalle canzoni dello spettacolo e del disco di « Bella ciao». Altri materiali di elaborazione sulla nuova canzone e musica operaia - dalle canzoni e racconti degli edili romani della Tecnedile in lotta a una discussione fra Luigi Nono e un gruppo di operai della Fiat - sono nel numero più recente della rivista del « Nuovo Canzoniere Italiano », che è appunto .dedicato alla questione del rapporto fra fabbrica e cultura operaia. Un' u I ti ma considerazione vorrei fare, rispetto allo stile ed al modo di fare canzoni di questi nuovi cantanti proletari - ed è che, senza bisogno di conoscerla, applicano fino in fondo la lezione di Woody Guthrie. In primo luogo, si tratta di un uso e di una funzione collettiva, di gruppo e di classe, delle canzoni che fanno: ogni tendenza individualistica, di promozione sociale, _.finisce con il ridurli al silenzio. In secondo luogo, queste canzoni sono sempre storie e poesie, mai editoriali e volantini; la presenza degli slogan è minima rispetto alle canzoni dei cantanti militanti non operai. Terzo, il punto di vista di classe è espresso non in astratto ma attraverso un punto di vista narrativo e poetico, circoscritto e concreto (un esempio è la canzone sulla « Flobert », la fabbrica scoppiata di cui cantano i compagni di Pomigliano: il racconto procede seguendo il modo in cui uno di loro, che si trovava per caso a passare da quelle parti, vede l'esplosione e partecipa al soccorso, e tutti i dettagli vengono fuori a mano a mano che lui li vede). Infine, c'è un grande eclettismo musicale, senza pregiudizi; evidentemente siamo in una fase di ricerca, di stabilizzazione di un nuovo stile proletario. Ma mi pare già assai chiaro che la funzionalità, la fruibilità, la possibilità di essere usata da tutti e facilmente e senza bisogno di apparecchiature costose e ingombranti è uno dei criteri principali attorno a cui ruoterà la nuova musica operaia. Sandro Portelli
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