fondo a comprendere gli strumenti popolari autentici. La ciaramella, per esempio, è uno strumento difficile, che è rilevante anche perché è legato a « riti », ma al nostro orecchio per esempio il suo suono è stonato. Allora c'è un rapporto dialettico fra strumenti e improvvisazione, non sono cose separate, che puoi vedere in contesti diversi. Così se oggi noi sentiamo l'esigenza di riprendere gli strumenti popolari, l'uso che ne facciamo è diverso, risente di questo passaggio per la chitarra elettrica o il sax. Muzak: Credo, ed è apparso anche al dibattito sull'Unità, che se è vero che non può darsi una « riproposizione », cioè riprodurre tale e quale la musica popolare come schemi musicali, ma si deve ricercare una possibilità di « continuazione », cioè di situazioni reali e di lotta che rendano possibile una musica « altra », Ecco, in questo senso, in quale situazione sociale, di lotta, voi affondate per poFrancesco Gianattasio ter « continuare » una musica popolare? Luigi: Qui, è chiaro, c'è tutto il discorso sulla musica urbana. Cioè dalle campagne che si spopolano ormai non può venire nessuna musica popolare senza essere straniata, perché i contadini emigrano o si inurbano ... così, per esempio, a Roma se i baraccati vanno al Campidoglio e si mettono a ballare una tarantella, te la fanno veloce il doppio ... perché anche i ritmi cambiano. O per esempio quando i metalmeccanici nelle manifestazioni battono sui bidoni, riproducono una matrice ritmica popolare e contadina, ma ci mettono quella durezza, quei mutamenti ritmici che gli vengono proprio dalla vita in città e dal lavoro delle fabbriche ... cioè vivono una diversa alienazione rispetto a quella dei campi e dunque anche diversi modi d'espressione, la musica usata per una socializzazione diversa. Basta guardare il gruppo di Pomigliano, per esempio, un Carlo Siliotto t 1 gruppo che mantiene legami strettissimi con la cultura contadina ma immette soprattutto nella ritmica, più ancora che nei tessuti, la nuova realtà industriale. E perché, se non perché Pomigliano è una zona vicina a Napoli (e dunque a cultura essenzialmente popolare) ma con gli stabilimenti dell'Alfa, e dunque ormai fortissimamente industrializzata? Ora è evidente che noi viviamo la cosa diversamente. Non abbiamo con la musica popolare che un rapporto culturale, appunto, e ci torniamo con la nostra sensibilità... Per farti un esempio: io ricordo ancora, le ninne-nanne di mia nonna, io sono siciliano, e questa è in qualche modo cultura mia, che mi appartiene anche se poi il tipo di vita e di socialità che mi è propria ha ricevuto influssi molto maggiori nella città e negli ambienti studenteschi. in una certa cultura giovanile di questi anni. Un episodio che mi ha colpito è quello del venerdì santo nel mio paese, in Sicilia, un'esperienza affascinante e terribile; una processione lunghissima, tre voci femminili che ripetono continuamente « ave Maria, santa Maria » e dei bambini che portano delle grandi palle di carta viola cpn una candela accesa dentro ... questo continuo lamento, queste palle, il senso della morte che in queste manifestazioni è presente e quasi tattile, beh io l'ho vissuto in un particolare momento della mia vita e era una cosa come i Pink Floyd! Ma, voglio dire, a parte l'impatto di questo tipo di tradizioni, nell'ultimo disco (Spirito bono) abbiamo inciso quel pezzo che si chiama La morte di Pulcinella, in cui questa processione e comunque i funerali, il senso della morte, che insiste è una costante al livello di cultura popolare, ed è molto diverso dal nostro) sono sempre presenti, come memoria, come cultura personale rivissuta... ma non come operazione intellettualistica, ma proprio come riconoscimento di una cultura « altra », che viene rivissuti!' attraverso la nostra particolare «oppressione», quella del « riprendiamoci la vita », per dire, il « quotidiano » sfruttato, il fatto che questa generazione di cui noi facciamo parte, e come lotte e come coscienza, è un po' come i neri, qui da noi, e come i neri rappresenta la alternativa politica ... Muzak: Ma se definiamo la musica popolare come quella che è legata alla classe e alla lotta, come si pone il CdL? Luigi: Ma infatti la nostra non è musica popolare! All'inizio pensavamo che avremmo potuto definirla musica « popolare - contemporanea », ma le etichette non risolvono i problemi di fondo ... allora credo che la nostra sia una sintesi fra materiali popolari e l'esperienza concreta del movimento: noi siamo interni a questo movimento, a un movimento di lotta, dunque, e se non siamo legati specificamente alla classe, tuttavia possiamo dire che la nostra musica è un momento di gioia nella lotta ... basta vedere la Tarantella, che è il momento di massimo coinvolgimento del pubblico, dei compagni che ci ascoltano. Ebbene nella tradizione popolare la tarantella è un modo per guarire i malati, un rito di gruppo per curare, attraverso questo ballo frenetico i cosiddetti « tarantolati », una liberazione delle forze del male, una sorta di esorcismo, non delegato alla chiesa o agli stregoni, ma vissuto socialmente dalla comunità. E chi sono in questa società i « malati », i «tarantolati»? I diversi, gli emarginati, gli esclusi ... e noi tacciamo rientrare i malati in una « socialità » diversa al traverso lo stesso rito (la tarantella) che è stato usato per secoli dalla cultura contadina e popolare. Ciaime Pintor
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