Muzak - anno III - n.09 - gennaio 1976

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Muzakconcorso dal al estratto un favoloso impianto hi-fi giradischi Lenco L 65 amplificatore Revac serie Classic 70 casse acustiche ESB 70 L una piastra di registrazione al 50 un giradischi della stereo a cassetta della Akay mod. Cs 30 d Akay modello Ap/001 dal7° al 30° mod. 930 una cuffia della Superex 3ro d. un ISCO dal a 33 giri 130 ° della al produzione Emi (il mese prossimo l'elenco dei dischi) al 60 una discografia completa Pink dei Floyd. 13l 0 una dal cassetta 2oo odella al TDk al cromo di 60 minuti Nome ..................................... . Cognome .............................. . Via ....................................... . C.A.P. .................... ..'............. . Città .................................... . • Età: meno di 16 anni o dal 16 anni ai 20 anni o più di 20 anni o • Professione: studente o studente lavoratore o lavoratore o altro specificare ................ . • Professione del padre e della madre: (Sbarrare con M. e P.J operaio o impiegato o dirigente o lmprenditore commerciante o Insegnante o libero professionista o o o o o disoccupato O O Come si vince E" un concorso: vince chi ha più fortuna, è controllato dal ministe• ro delle finanze per cui non po•• slamo fare vincere chi ci pare. Come si partecipe Rispondete come volete ma since· ramante. Le schede debbono per· venirci 11ntro e non oltre il 10·3-76. Tagllate questa pagina, compii■• tela In ogni parte e Inviatela ■: REFERENDUMUZAK Via Valenzia• ni 5 . 00198 Rom■. La pagina deve essere quella del giornale, non sano ammesse fotocopie o copie.

2°ReferenduMuzak Come vorreste il giornale? Sul n. 8 vi abbiamo fatto alcune domande, su questo numero vi invitiamo a confrontarvi con il grave problema del "facciamo il giornale". Quello che vedete qui sotto si chiama "timone" e ogni casella rappresenta una pagina del giornale. Prima di cominciare a scrivere noi facciamo una riunione di redazione in cui appunto riempiamo il "timone", approssimativamente stabilendo dove andrà l'editoriale, dove il sommario, la musica, l'inchiesta, le recensioni, la pubblicità etc. Infatti, il nome stesso lo dice, il timone è quello che guida tutta la realizzazione futura del giornale. Bene, vi invitiamo a compilarlo per vostro conto: fate il giornale così come vi piacerebbe (senza scherzare troppo: vietato mettere paginoni pornografici). E' un lavoro: ma se volete cambiare il qiornale, sprecateci un po' di tempo! 3 4 5 6 7 11 12 13 14 15 19 20 21 22 23 27 28 29 30 31 35 36 37 38 39 43 44 45 46 47 51 52 53 54 55 59 60 61 62, 63 7 .. .. - a, ~10R\A JI-U. ') Tlf.Uou,. ~OA VloW-llA .. .. .. ., St0/JI O SUO (S.ll-'EC 8 9 10 16 17 18 24 25 26 32 33 34 40 41 42 48 49 50 56 57 58 64 65 66

Redazione: Via Valenzlanl. 5 • • • 00198 Roma • lei. 4956343-3648. Gioirne Plntor (direttore). Lidia Ravera (vice direttore), Carlo Rocco (capo redat· tore). Danilo Moronl (capo servizi musica), Diana Santosuosso (impagina• zione). Maurizio Balata, Marcello Sarno, Collettivo di via Anfossl di Milano, Fernanda Pivano, Roberto Silvestri, Renzo Ceschl. Antonio Belmonte, Gino Castaldo, Sandro Portelli, Mauro Radice, Danlel Caìml. Gianfranco BI· nari. Agnese De Donato. Coordinazione editoriale: Lydia Tarantini. Copertina di Ettore Vitale Posta Contrapp_unti ai fatti Droga - La nuova legge Il Canzoniere del Lazio Tangerine Dream Il jazz ital iano Folk - •La canzone operaia L'ascolto Intervista a Carla Bley Storia d_el jazz - Il pianoforte J-ianno collaborato: Corrado Sannuccl, Goffredo Fofl, Mario Schifano, Simone Dessl, Roberto Renzi, Marco Oanl, N(no Vento, Bruno Mariani, Jacques Borrelll, Antonio Pescettl, Emanuele Bevllacqua, Mauro Neri. Foto di: Sandro Becchetti p. 8·9-10. lslo Saba p. 18-20-21. Tano D'Amico p. 21·22-24-29-3031-32-33-57. Carlo Rocco p. 34-35-36-60. Francesco De Donato p. 40. Antonio Pescettl p. 58-59. Speciale scuola Tavola rotonda sulla violenza Speciale scuola Spazio aperto Speciale scuola Il XX Congresso della Fgci Speciale scuola Il '68 Speciale scuola Scandalo al Visconti di Roma Recensioni dischi Schede Cinema Libri e rivisJe Voce 'e lotte Teatro Autocoscienza Fumetti Viaggi Il pop in Marocco Planet Waves Hi-Fi Compra vendi & informa Edizioni: Publlsuono • Via A. Valenzla• nl, 5 • 00184 Roma • lei. 4956343-3648 - Amministrazione: Patrizia Ottavlanl - Pubblicità: Lydia Tarantini - Segreteria editoriale: Elvira Sallola - Direttore responsabile: Luciana Pensutl - Abbonamenti (12 numeri): L. 5.500 - ccp n. 1 fl 55012 Intestato a: Publl• suono • Via Valenzlanl, 5 - Roma - Un numero: L. 500: arretrato: l. 800. Diffusione: Parrinl & C. • Piazza Indipendenza, 11/b • Roma • lei. 4992 - Linotipia: Velox • Via Tiburtina, 196 • Roma - Fotolito e montaggi: Cfc - Via degli Ausoni, 7 • Roma - Stampa: SAT • Roma. 6 Giaime Pintor 7 9 Giaime Pintor 12 Danilo Moroni 14 Gino Castaldo 17 Sandro Portelli 21 Bruno Mariani 23 25 27Lidia Ravera 29 34 Marcello Sarno 36 Paolo Pietrangeli 38 40 41 46 48 50 Simone Dessì 52 53 Lidia Ravera 56 57 Antonio Pescetti 58 60 Mauro Neri 63 64 s Muzak non accetta pubblicità redazio• nale. Gli articoli. le recensioni, le Immagini e le foto di copertina sono pubblicate a unico e Indipendente giudizio del collettivo redazione. Regi• strazlone Tribunale di Roma n. 15158 del 26-7-1973. Per me si va ... ... In galera o In manicomio: questo potrebbe essere Il sottotitolo della nuova legge-truffa sulla droga. La sottoponiamo a vaglio attento: Il risultato è la verifica déll 'ennesima Incapacità (o non volontà?) di colpire veramente I grandi spacciatori e della violenza continuata contro I consumatori. senza distinzione di • droga •. Violenza nella quale del resto tutti viviamo e subiamo ogni giorno: apriamo un dibattito su questo problema della violenza, cominciando da un colloquio con tre studenti. Continueremo nel prossimi numeri con un'Inchiesta approfondita sul tema. Dopo Il Circeo, Pasolini, dopo la grande vittoria femminista del 6 dicembre scorso, la questione della violenza della criminalità, dell'aggressività è quanto mal all'ordine del giorno. Ed è la violenza subita quotidianamente In fabbrica, quella che si esprime nella nuova realtà della musica popolare urbana, nella canzone operaia di cui cl parla Sandro Portelli. O quella che quotidianamente si riversa sul giovani, sugli emarginati e che li Canzoniere del Lazio (che Intervistiamo In questo numero) tenta di esorcizzare con le sue tarantelle. Da un anno all'altro continua Il referendum, con la seconda proposta di collaborazione fra noi e voi, affinché almeno Il giornale non sia subito come ennesima violenza (magari culturale). E, mentre violentemente cl strappano Il foglio dalla macchina perché il giornale sta andando In stampa, pacificamente vi auguriamo buon anno!

Posta Tra donne è bello Sono un militare in forza nella caserma Piave di Udine. Come saprete i militari « dicono » che vivono per le licenze e per la posta. Invece io e altri compagni stiamo cercando di introdurre un altro concetto (che non è un concetto) la lotta. Ma veniamo al dunque della mia leÌtera. Dopo aver letto l'intervista a Antonietta Laterza (Muzak 8) ci sono state da parte mia alcune contestazioni alle dichiarazioni di Antonietta e questo mi ha spinto a dirti anche il mio e non solo il mio punto di vista sul movimento femminista e in particolare su Parco Lambro. A Parco Lambro c'ero anch'io insieme a un gruppo di compagni che più o meno la pensano come me e ricordo benissimo che perdemmo più o meno tutti la voce a forza di urlare e di fischiare. Perché abbiamo fatto questo? Di fatto siamo scoppiati quando le compagne hanno cominciato ad attaccare il maschio in quanto tale passando poi a identificarlo quasi con il nemico di classe. Tengo a precisare che con noi c'erano anche compagne che fischiavano più di noi, e che inoltre noi stessi siamo femministi e che anche noi abbiamo preso in considerazione la possibilità di un atteggiamento provocatorio a fine buono. Ma ci siamo detti che è inconcepibile e scorretto in una situazione come quella prendere certe posizioni o atteggiamenti. Perdio, intendiamoci bene anch'io sono il primo a dire che molti « uomini » e purtroppo anche compagni tengono nei confronti delle femministe e delle donne a loro diretto contatto dei rapporti diciamo poco giusti, femministi ugualitari: insomma picchiare tua moglie o prendere atteggiamenti tipo « questa sera cura il bambino perché io ho un impegno politico». Insomma tutto questo esiste e ne sono cosciente ma questo non autorizza né giustifica le compagne ad assumere certi atteggiamenti tantomeno in occasioni tipo Parco Lambro. Giorgio - Udine I modi, si sa, non sono separati dai contenuti nella lotta di un movimento: e i modi nel caso del movimento femminista spesso irritano, hanno una carica provocatoria che imbarazza. Il maschio non è il nemico fondamentale, ma sicuramente la contraddizione uomo-donna è una contraddizione fondamentale. Personalmente, e come maschio, non sarei convinto che un maschio possa definirsi femminista. Purtroppo questo mese Lidia Ravera è assente e tocca a me rispondere. Rispondo allora aprendo la discussione, cosciente che nemmeno io, come neanche il compagno di Udine, abbia il diritto di dire una parola conclusiva. Penso che sia troppo facile ghettizzare il movimento di massa delle donne, affermando la sua sostanziale correllezza ma negandone, di fallo, l'autonomia e la carica eversiva. Dire, come fa il compagno militare a Udine, che anche i « compagni tengono nei confronti delle donne ... comportamenti poco giusti» è dire una verità, ma aggiungere che « questo non autorizza né giustifica le compagne ad assumere certi alleggiamenti » vuol dire trarre da premesse giuste conseguenze terribilmente pericolose: qual'è in/alti la scala di giudizio in base alla quale noi maschi giudichiamo la giustezza degli atteggiamenti delle donne? Come si può, in sintesi, giudicare la forza fondamentale del movimento delle donne nella sua autonomia (non dalla lotta di classe, ma dai maschi) e poi sin6 dacare sui modi in cui questo movimento avanza? Credo, ma il problema è Lungi dall'essere chiuso, che come maschi abbiamo il dovere e il diritto di confrontarci e scontrarci con le donne (altrimenti la contraddizione fondamentale sarebbe già risolta ...) ma senza dimenticare che siamo pur sempre l'antitesi di quella contraddizione e che dunque ciò che giudichiamo inaccettabile per noi non è in assoluto inaccellabile e non spetta a noi giudicarlo nello specifico. Essere femminista per un uomo sarebbe come decidere d'aver risolto il problema prima ancora di averne definito i termini: e questo mi sembra fortemente riduttivo di un movimento di massa (quello delle donne) che è di importanza grandissima nelle lotte di questi anni e anche di quelli (per lungo tempo} a venire. G. P. Muzaklesto? Comincio da una breve noticina sulle « lettere » che, anche se vengono chiamate semplicemente « posta » e non « lettere al direttore» o « palestra dei lettori » contribuiscono fortemente a dare al giornale quella veste di apertura che può piacere tantissimo, ma che alla fin fine, concedendo sempre l'ultima parola a chi risponde (al giornale) assume un'aria definitiva ed « autoritaria»: non credo che vi possano essere veri « dibattiti » effettuati mediante lettere ad un giornale, ma solo quelli derivanti da un confronto diretto (più politico) hanno un sugo ed un risultato. Va da sé che questo è un problema di scarso rilievo in confronto ad altri; ad esempio: sarei curioso di sapere quale pubblico voi pensate come vostro destinatario e quale (invece?) raggiungete in effetti. Dal tono vagamente « letterario » e comunque « moderno » e giovanilistico che hanno alcuni vostri articoli mi par di capire che raggiungete il vostro scopo se il vostro lettore medio è il liceale o l'universitario tra i 14 e i 22 anni. Compro o leggo Muzak da quando usci nella veste editoriale diversa e con i diversi collaboratori ed in effetti ho sempre sottolineato con rammarico parlando di Muzak con amici vari l'atmosfera di vago « radical-hippysmo autonomo » (scusami l'arzigogolo), pur avendo notato che coll'andar del tempo e delle situazioni politiche (anche al vostro interno, o sbaglio?) molte cose sono mutate; ma molti « vezzi » (è un po' troppo forte?) sono rimasti: ferma restando l'utilità di una voce come la vostra alla portata di chi, tra i giovani fa. tica a trovare strumenti di orientamento e di stimolazione a guardarsi intorno (ottima l'idea di « per chi suona la campanella »), come mai rarissimamente o mai vi siete occupati di argomenti del mondo del lavoro, sindacale e politico più specifico, al di là dello slogan, della parola d'ordine di votare no, o della battuta? come mai i vostri argomenti « politici » sono spessissimo riferiti alla sfera delle sfighe e dei problemi personali o interpersonali (sesso, liberazione sessuale etc.)? perché continuate, pare con ostinazione a parlare in termini di « proletariato giovanile », definizione marxisticamente quanto mai sballata e perché vi lasciate andare a certe facilonerie tipo Renudo o Stampalternativa quali l'identificazione automatica del proletariato con gli « incazzati » dei festival pop e dei raduni giovanili di massa (riprendiamo la musica!!)? perché talvolta dalle vostre righe traspare l'idea che il socialismo sia una cosa facile da fare, quasi che la politica fosse un bel gioco, in cui si è tutti compagni, ci si vuole tanto bene, tanto, quando hai mandato Fanfani affanculo tutto è risolto? Valerio Tura - Bologna Penso che la vostra rivista sia l'unica che affronta seriamente ed alternativamente il discorso sulla musica e sui problemi dei giovani. A mio giudizio, però, la rivista è attualmente riservata ad un gruppo di giovani già precisamente collocati politicamente e coscienti, per cui, almeno nella mia città, non effettua quella rottura nei confronti del discorso sulla musica, accettato cosl come è presentato dai giornali pseudo-progressisti, tipo « Ciao 2001 ». Occorrerebbe, invece, che la rivista fosse diffusa in modo più capillare nelle scuole, ai giovani che si avvicinano ad un discorso sulla musica e no, ma che· credono: innanzitutto che questo sia portato avanti dalle riSegue a pag. 8

Contrappunatiifatti Strettalaf~lia, largalafiala C'è chi dice che l'afghano è meglio del marocchino. Chi preferisce l'olio di hashish al più tradizionale dei pani. C'è, nel movimento, un'accesissima (e un po' marginale) litigata sull'Lsd. Qualche hippie naturista sostiene persino che il sole è la miglior droga. Ma per la nostra cosidetta classe dirigente la migliore droga è la repressione. Di fronte a carceri pieni, ospedali psichiatrici (chiusi a doppia mandata) straboccanti, essi hanno una sorta di « viaggio »: non gli par vero aumentare pene, e mandare, magari in manicomio, qualche indesiderabile. Questa legge, passata con i voti di quasi tutti (i fascisti fanno i puri: l'eroina la spacciano) è una mostruosità giuridica, non ci piove. E' un'idiozia scientifica, è altrettanto scontato. E ha un solo· lato ineccepibile: colpisce indistintamente consumatori e spacciatori, con la discriminante che i primi può decidere se mandarli in galera o al manicomio, i secondi teoricamente li manda in galera ma in realtà li lascia prosperare sulle vene degli altri. Questa legge non cambia nulla, in positivo, mentre ha alcune sottigliezze che peggiorano (e di molto!) la normativa passata. Il concetto di « malattia » (il drogato è un malato, non un delinquente) è difficile da definire e arbitrario, affidato a concetti astratti, a mille interpretazioni. Anche la 7 tossicomania non vuol dir molto: perché se è vero che difficilmente un tossicomane può passare per non-tossicomane è altrettanto vero che un non-tossicomane può esser fatto passare per tossicomane. Colpo di genio è anche quella delle « modiche » quantità: altra formulazione ambigua che lascia margini enormi di discrezionalità al repressore. Generoso (e ipocrita) l'articolo 81, una vera e propria perla: l'obbligo del consumatore a denunciare non già lo spacciatore, ma chi (chiunque) gli abbia procurato, venduto, regalato o ceduto un po' di roba o qualche grammo d'eroina. E' una formula abissalmente stupida. Da che mondo è mondo c'è il dovere di « denunciare » gli spacciatori: chi ne conoscesse uno che è andato in galera e c'è rimasto, alzi la mano. Ma guarda caso non vengono denunciati e se denunciati rilasciati. Cosa vorrà dire allora questo benedetto « dovere » di denuncia? ient'altro che: tutto uguale per chi spaccia eroina e peggio di adesso per chi fuma o regala agli amici un po' di roba. La roba, infatti, se nessuno te l'ha ceduta, regalata, venduta o procurata, la puoi solo aver trovata per strada: in quel caso non arresterebbero il marciapiede-spacciatore, ma te, per falsa testimonianza. Pare il relatore abbia affermato che questa è fra le leggi più « efficaci e moderne » del mondo. Perché nulla cambi, salvo la discrezionalità di giudici e poliziotti: in perfetta linea con l'ordine pubblico. Questa droga che si chiama repressione (e sui cui effetti sta vivacchiando da tossicomane il governo Moro) fa uno strano effetto a questa classe dirigente: invece di espanderla restringe loro la coscienza, a tal punto che, quando votano, non se la trovano più. Giaime Pintor

Segue da pag. 6 viste che ho menzionato prima, e in secondo luogo, che il di• scorso musicale sia scollegato da quello sui problemi sociali. Infatti personalmente credo in un giornale come Muzak per• ché non è aperto solo alla musica in modo alternativo, ma principalmente a tutti i problemi dei giovani, ponendoli in modo nuovo ed estremamente reale. Con questo intendo riferirmi in particolare alla recente rubrica sulla scuola: « Per chi suona la campanella », posta in modo nuovo e veramente interessan• te nei confronti dei giovani. Ma su certi problemi, come quelli del femminismo, dell' aborto, della droga ecc... mi è parso che l'informazione fos• se appunto rivolta a quei com• pagni già coscienti e ben infor• mati sui problemi. Cioè certi articoli presentano come scontato che a tutti i com• pagni siano chiari certi discor• si, e che leggano gil articoli di Muzak come un complemento. Infatti gli articoli, se pur pia• cevoli, facenti capo alla rubri• ca « Contrappunti ai fatti », sono appunto esclusivamente dei contrappunti, rivolti a chi ha già chiaro gli appunti ed è aper• to alla discussione, dato che co• nosce la materia. Per questo, a mio avviso, certi articoli sono riferiti ad un pubblico da avanguardia, già co• sciente di un discorso politico di base, che a volte manca alla massa giovanile, se pur informata. Questi giovani non sono legati ad organizzazioni politi• che e nonostante si trovino d'ac• cordo con l'aborto, l'emancipa• zione della donna, la liberazione sessuale, hanno ancora molte contraddizioni che non possono risolvere perché scollegati da una organizzazione politica, e che perciò devono essere dis• sipate dai mezzi di controinformazione ed alternativi da noi gestiti, che devono accogliere dibattiti e discussioni, concorrenti alla formazione politica di ognuno. Tutto questo discorso sta per essere risolto nella rubrica sulla scuola, che sta affrontando in modo positivo i problemi dei giovani e può suggerire come sviluppare il discorso all'interno delle scuole. Ad esemipo il ses• so, di cui è molto difficile par· lare nelle scuole della mia città, in termini politici. E cosl per molti altri problemi che avreb· bero una capacità dirompente nei confronti della struttura scolastica, ma che sono ancora ta• bù, per l'incapacità di tramu• tarli in un discorso politico giu• stamente gestito. Rivelava la difficoltà nel parlarne, già in una copia, un compagno di Palermo nel n. 8, immaginiamoci questo a livello di massa; e per giovani proletari senza ancora un ap• poggio politico ed organizzativo. Per questo buona parte del gior• nale deve prendere questa « pie• ga » di massa non solo nel contenuto, ma anche nella diffu• sione. Saluti rossi: Monica - Mantova Per la critica Questa « lettera » è a carattere esclusivamente (ma lo sarà?) musicale. Vorrei insomma porvi un quesito che mi assilla da pa• recchio tempo, ma al quale an• cora, pur leggendo e ascoltando musica e gente, non ho trovato risposta. Perché è in atto un vasto movimento di boicottaggio nei confronti di Genesis, Gentle Giant, King Crimson, (Jethro Tull), e anche Banco & Alan Sorrenti, e altri gruppi inglesi? A cominciare da Popoff fino a Muzak (Ciao 2001 e Nuovo Sound esclusi). lo sono un loro ammiratore (non svi• scerato né ammaliato) e non mi pare di cogliere nel loro di• scorso musicale incrinature: anzi, specie i K.C. di In The Court ... e Starless ... e Red mi paiono veramente grandi, veramente « trasportori ». E i Gene• sis di Selling ...? Va beh, forse era commerciale (perché ha venduto), ma non era bello quanto Nursey ..., già « opera summa »? E il Banco (a parte l'ultimo LP)? E i Gentle Giant? Boh, vabbé, forse saran• no « i mezzi del sistema » (ma perché?) (sono ingenuo?!): ma il loro discorso musicale, la trac• eia da cui muovono, gli intenti che dichiarano voler seguire, la popolarità della loro musica (e la universalità, mi sembra) non sono cose vere, tangibili, valide? lo sono per l'impegno politico (e credo di essere impe· gnato più di tanti altri), ma non c'è solo la politica, no?! O sì? Ditemelo. Maurizio - Cattolica Il problema è scollante. Stiamo conducendo un diballito pro• 8 prio su questo. Per ora - pur• troppo - molto interno, ma speriamo si allarghi. Non parlerei di boicottaggio, comunque, ma di stanchezza. O, se prefe· risci, di indecisione su quali SO· no gli strumenti con i quali in• tervenire. E' un problema tutt' altro che marginale: per questo abbiamo deciso di dedicare uno dei prossimi numeri alla crisi del pop. La discussione è aper· tissima. Mezzogiorno poco a fuoco Sono molto contento della im• postazione complessiva di Mu• zak. Riesce spesso ad essere uno strumento reale di conoscenza e di trasformazione di quella serie di fenomeni che caratte• rizzano il movimento e la cultura giovanile in Italia. Sotto questo punto di vista può essere definito un giornale « am• bizioso ». Infatti l'intervento giornalistico risulta multicentrico. E questo è un elemento di grossa soddisfazione. L' indagine condotta sul sociale è vitale per la riu• scita della rivista. Spesso par• lando con i compagni il « pensiero di Muzak » viene analiz. zato sempre, spesso criticato (ed è un indice di buona salute) anche condiviso (bravi!). Tutto ciò, a parte la ovvia gra• tificazione, investe il collettivo redazionale di più grosse re• sponsabilità (l'avete voluto voi infine!) che vanno necessariamente assolte (e di questo sono sicuro). Però, compagni, il Mezzogiorno? Mi sembra esista una grossa sproporzione tra gli articoli che hanno riferimento territoriale « piemontese» e quelli che guardano alle « due Sicilie ». A parte gli scherzi il problema esiste ed è grave. Muzak arriva anche al Meridione e lì forse sono un po' stanchi di leggere di situazioni che stanno a Milano, a Roma e qualche volta a Na• poli. Lo sappiamo tutti e sarebbe anche inutile scriverlo: il Mezzogiorno presenta dinamiche sociali complesse, tra loro dis• simili, con situazioni che rasen• tano il limite dell'atipia. I giovani sono inquieti, pongono domande culturali e politiche in modo pressante. C'è il bisogno della vita, dell'emancipazione, del lavoro. li Sud non è solo Napoli che pure è un buon indicatore. Ma sono i mille e mille paesi che ai giovani non offrono niente. E che potrebbero offrire, un lavoro? La crisi non l'abbiamo mica inventata noi. La lotta con• tro la noia diventa nei fatti lotta politica. L'essere un « non allineato» nel fare politica, nei costumi, nello stile di vita com• porta rischi, determina preclusioni non facilmente immaginabili. Contro queste cose si batte un sacco di bella gente che merita di essere presa in conside• razione. E diamogliela una buona mano finalmente! Penso perciò che Muzak debba stabilire rapporti con questo ti• po di realtà. Fate dei giri al Sud, pubblicate inviti per quei collettivi, per quei compagni che agiscono al Sud, che collaborino con voi. E le belle cose salteranno fuori. Ah! Fate che gli articoli, i contributi vari li diano gente del Sud. E' estremamente importante. Per evitare distorsioni, svi• sature e per battere la logica « piemontese» presente in tanti giornali che porta a esaltare fa. cilmente (troppa grazia ...) le varie situazioni e altrettanto fa. cilmente porta confusione e pes· simismo quando la realtà diventa non corrispondente al mondo delle idee che alberga in qual• che piccola scatola cranica. E adesso al lavoro! Salvo Inglese • Bologna P.S. lo sono calabrese. Critica meritata (anche se qual• cosa da Palermo, per esempio, c'era sul numero 8). Comunque giriamo l'invito ai collettivi, ai compagni, a chi crede di aver qualcosa da fare per collabo• rare con noi. Roma è al centro, in fondo, ma purtroppo non sia• mo onnipresenti. Una marcia per banda armata Nell'articolo « Una marcia per banda armala» (Muzak 8, pa· gina 15) ad un certo punto si legge: « la fabbrica illuminata» di Nono ha solo il titolo « illuminato» non la musica. Si trai· la di un refuso tipografico la frase andava /ella « ha solo il titolo illuminante». Ci scusiamo con i lettori, con Giovanna Marini e Luigi Nono.

Il ministro di Grazia e Giustizia, Reafe (repubblicano) si « dimentica » di far pubblicare la legge sulla Gazzetta ufficiale (senza questa formalità la legge non è valida). I radicali strillano, i socialisti presentano interrogazioni, e la legge viene pubblicata. Però nessuno esce lo stesso. I procedimenti burocratici sono lunghi e noiosi, si sa. E i magistrati devono pure fare le loro vacanze. I radicali fumano pubblicamente marihuana davanti alla procura di Torino e il giudice (di Magistratura democratica) si affretta a tornare dalla montagna. I nsomma: tira-e-molla, mentre Muzak va in stampa sono pochissimi quelli usciti di galera. E questo sarebbe l'unico aspetto « positivo » della legge. Perché per gli altri. .. quasi tutti i giornali hanno scritto, almeno in una prima fase, che l'uso personale di droghe è depenalizzato, che solo i grandi spacciatori sono perseguitati, che i « drogati » verranno curati. Anche il partito radicale (vedi riquadro che ha premuto in tutti i modi perché la legge venisse approvata al più presto, e una parte della sinistra extra - parlamentare (quella della « caccia al drogato ») sono stati di questo parere, contribuendo a creare questa opinione (favorevole o moderatamente favorevole alla legge tra la gente. Non è così. Prima di dimostrarlo, con un esame analitico della legge almeno per i suoi Parlamento Lamiadrogasi chiamarepressione Il fatto più strombazzato da chi è d'accordo con la nuova legge sulla droga approvata dal Parlamento prima di Natale è la depenalizzazione: cioè « fumare » non è più un reato, e chi è in galera ne esce. Anche chi considera la legge pessima era d'accordo: l'unico pregio di una legge che presenta aspetti davvero inquietanti è proprio questo. Già ci si preparava a far Natale con i 700 compagni che da mesi ( o da anni) marcivano nelle patrie galere per qualche grammo di erba. Passa Natale, passa capodanno, e nessuno esce. Cos'è successo? articoli più importanti, vediamo come si è arrivati alla sua elaborazione e approvazione. Che la legge in vigore finora (varata nel 1954) andasse modificata, erano d'accordo tutti. Era stata scritta in una situazione completamente diversa, quando l'uso di sostanze stupefacenti non era certo un fenomeno di massa. Ci hanno provato una prima volta, al tempo del centro-destra di Andreotti e Malagodi, il ministro della Sanità Gui (oggi felicemente agli Interni, dove fa uso di un'altra legge « spe9 ciale » per sparare alla gente) e quello della Giustizia Gonella, un vecchio arnese democristiano degli anni '50. La legge, subito soprannominata « fermo di droga », non è passata per la mobilitazione di tutti i democratici. Gli articoli che avevano destato più scalpore erano quelli che permettevano di mandare in galera i proprietari di appartamenti, tende, roulotte, bar, ecc. e i responsabili di sedi di partito, circoli politici, ecc. nei quali qualcun altro avesse fumato. Si ipotizzò giustamente che questi articoli avrebbero permesso alla polizia di montare provocazioni continue contro le comuni, i circoli e i club di giovani e contro i partiti e i gruppi di sinistra. Nella nuova legge c'è un articolo (art. 73, comma lf) praticamente identico, ma questa volta nessuno si è scandalizzato troppo. Forse alle leggi speciali si fa il callo. Avremo dunque migliaia di irruzioni in comuni e partiti, al grido di « fermi tutti, faccia al muro! » e con la scusa di un grammo di hashish «tro- ➔ -

vato» per terra decine di persone in galera, come del resto è successo dal 1968 ad oggi utilizzando la vecchia legge. Questa nuova ha anche degli articoli in più: per esempio anche chi non parla male della marihuana (il direttore responsabile di Muzak e il sottoscritto, tra gli altri) va dritto in galera. Naturalmente la legge viene applicata con discrezione, di• pende dalla situazione politica, chi sono le persone coinvolte, ecc. Però gli articoli ci sono, e possono essere usati. Nell'estate del 1975 è cominciata la campagna per arrivare a una nuova legge. li motivo pressante c'era: la vecchia legge lasciava campo libero agli spacciatori di eroina, e la gente di eroina cominciava a morire. Non studentelli annoiati, ma meccanici, baristi, benzinai, portuali, giovamss1m1. A giugno, in una conferenza stampa del comitato « Libertà e droga » il sociologo Guido Blumir spara dati sconvolgenti: 10.000 eroinomani, 10 morti di eroina in pochi mesi (a ottobre saranno già il triplo), 300.000 fumatori regolari di marihuana. Secondo un sondaggio, il 37 per cento degli studenti sono favorevoli alla liberalizzazione della marihiuana. li dato viene confermato due giorni dopo a Roma. 50.000 dicono no all'eroina e si alla depenalizzazione della marihuana, alla prima manifestazione-concerto su questo tema promossa da Muzak. A questo punto il progetto di legge, che sonnecchiava da tempo nelle aule riceve una spinta e comincia a trottare. Per accelerarlo ancora, Marco Pannella fuma pubblicamente hashish Con la nuova legge facili le provocazioni da parte della polizia 10 e viene arrestato. La droga è ormai in prima pagina, e ci resterà per molti mesi. Una spinta decisiva all'approvazione della legge viene dai radicali, che annunciano digiuni e si fanno ricevere dai democristiani. Alla fine, il 24 settembre, salta fuori il testo definitivo della legge. Delusione. Stampa alternativa, in una conferenza-stampa, afferma che la legge è peggiore della precedente, mentre i radicali continuano a inviare telegrammi per la sollecita approvazione e per l'emissione, da parte del governo, di un decreto legge che la anticipi. Il deputato socialista Signorile, a novembre, presenta un pacchetto di emendamenti che migliorerebbero di molto la legge. Quasi nessuno viene approvato in comm1ss1one alla camera, e la legge passa, espurgata soltanto di una enormità: il ricovero obbligatorio in manicomio per i fumatori di rnarihuana (300 mila in manicomio?). Un giudice di Pescara fa in tempo ad « anticipare » la legge e prima che sia approvata a spedire due ragazzi, che detenevano qualche grammo di hashish, in clinica per una bella curetta a base di elettroshock. Ora la legge c'è, vediamo com'è fatta. Le droghe sono divise in cinque tabelle: in due le pesanti, in due le leggere (c'è chi preferisce chiamarle « non-droghe ») e in un'altra tabella i farmaci che contengono droghe (da questa tabella sono stati cancellati una serie di pericolosissimi barbiturici e psicofarmaci, prodotti da grosse industrie farmaceutiche). Tabella I: a) oppio, eroina, morfina e derivati; b) coChiè d'accordeochino Radicali. Dopo aver tanto premuto per l'approvazione della legge, si sono trovati davanti a un nuovo fermo di droga. Ma a quel punto non potevano più dirlo: « la legge è stata approvata grazie ai nostri sforzi » avevano dichiarato con soddisfazione; come potevano ora ammettere che si trattava di una cattiva legge? ». Comunisti. I deputati e senatori hanno presentato emendamenti giusti, ma dopo la bocciatura di questi il Pci non ha iniziato una campagna contro la legge: al contrario, ha detto che era « uno strumento da usare». Sinistra extraparlamentare. E' spaccata in due. Da una parte c'è il Movimento studentesco della Statale di Milano (il gruppo Toscano) che ha lanciato una campagna « contro la droga arma della borghesia », senza distinzioni fra pesanti e leggere. con dubbie «vigilanze» nelle scuole e nei quartieri. Ha lanciato un Comitatone, con la consulenza « scientifica » del prof. Madeddu, grossi nomi, la (titubante) adesione di Avanguardia operaia e la (proclamata) adesione di Psichiatria democratica. Poi il Comitatone si è sfaldato, prima Camilla <:;ederna, poi Giulio A. Maccacaro, lo hanno abbandonato. Psichiatria democratica ha subito smentito la stia adesione e preso posizione contro la legge. I dirigenti del Ms prima hanno detto che la legge andava bene, poi hanno cambiato posizione. Dall'altra parte ci sono Lolla continua e il Pdup. Per prima e con più vigore Le ha precisato la sua posizione sulla legge e sulla droga in genere. li Pdup ha avuto dapprima qualche esitazione, ma poi ha fatto un documento in cui lancia una campagna con argomenti simili. Cli ultragruppi. Renudo e Stampa alternativa sono sparatissimi. Sostengono non solo che« si può» essere buoni militanti e fumare erba (e anche prendere Lsd, su questo Le e Pdup non sono d'accordo) ma che la vera rivoluzione passa attraverso (anche) la liberazione delle coscienze, e non attraverso il• « marxismo liofilizzato di Toscano, Corvisieri e Capanna ».

caina; c) anfetamina; d) tutti i prodotti simili; e) Lsd e allucinogeni; /) Thc (derivato chimico del l'hashish). Tabella Il: canapa indiana, hashish, marihuana. Tabella III (droghe pesanti): barbiturici con notevole capacità di indurre dipendenza. Tabella IV: psicofarmaci con capacità di indurre dipendenza fisica e psichica minore delle sostanze indicate nelle tabelle I e 111. Tabella V: farmaci; psicofarmaci (ne sono rimasti pochi). A decidere quali sostanze andavano messe nelle tabelle III e V è stato il Consiglio superiore di Sanità, un organo formato da una sessantina di baroni della medicina, molti con agganci con le case farmaceutiche. I risultati si sono v1st1. Vediamo altri articoli imInvecepure portanti. Per l'art. 79 non è punibile chi detenga per uso personale modiche quantità di sostanze stupefacenti, o chi detenga sostanze per uso terapeutico in quantità che non ecceda in modo apprezzabile la necessità della cura. Ma chi decide quali sono le quantità modiche o apprezzabili? Siamo da capo. L'emendamento socialista fissava questa quantità: 20 grammi per la marihuana e l'hashish (non è molto, in alcuni stati americani la quantità è stata fissata in 30 grammi), due dosi per la morfina e l'eroina. Non è stato approvato. Dunque, una depenalizzazione molto ambigua. Ma c'è di più: « chiunque, senza autorizzazione, produce, fabbrica, estrae, offre, pone in vendita, distribuisce, acquista, cede o riceve a qualsiasi titolo, fuori dalle ipotesi previVECCHIA NUOVA (1954) (1976) PENE MINIME per il consumatore sin- 3 anni 2 anni golo di droghe leggere PENE MASSIME 10 anni per il consumatore sin- 8 anni (possibili aggravanti fino golo di droghe leggere 20 anni) PENE MINIME E MAS- 5 anni SIME 3 anni 15 anni per il consumatore di 8 anni (possibili aggravanti, fidroghe pesanti no a 30 anni) FERMO DI DROGA NO SI (giudiziario e di polizia) REATO DI OPINIONE NO SI (da I anno a 15 anni) TERAPIA COATTA NO SI il giudice la può ordinare Il ste dagli articoli 72 e 79, sostanze stupefacenti o psicotrope, di cui alle tabelle I e 111, è punito con la reclusione dai quattro ai quindici anni e con la multa da lire tre milioni a lire cento milioni ( ...). Se taluno dei fatti preveduti dai precedenti commi riguarda sostanze stupefacenti o psicotrope classificate nelle tabelle Il e IV, si applicano la reclusione da due a sei anni e la multa da lire due milioni a lire cinquanta milioni ». Questo è l'artico/o-chiave. Infatti è evidente che per « detenere » modiche o non apprezzabili quantità di qualsiasi sostanza, sia pure rosmarino, bisogna averla prima « acquistata » o « ricevuta » in regalo o in prestito, o « prodotta ». I senatori del Pci Petrella e Argiroffi avevano proposto un emendamento che depenalizzava questi atti indispensabili all'uso. Nell'art. 71 si sarebbe letto « non è punibile ... » ecc. Ciò tra l'altro sarebbe stato una jattura per la mafia che monopolizza il mercato nero della droga. L'emendamento comunista è stato respinto. li magistrato Michele Coiro, presidente di collegio alla I sezione del I tribunale penale di Roma, che ha giudicato decine di processi per droga, è stato molto duro nel giudicare questo articolo. A questo punto, stabilito che la tanto sbandierata « depenalizzazione » non c'è affatto, gli altri pur gravi articoli sono uno zuccherino. La « cura » (fonti scientifiche molto serie affermano che è un assurdo parlare di cura per i consumatori di sostanze stupefacenti, si può al massimo parlare di cure mediche in caso di deterioramento fisico) avviene in centri medici che dovrebbero essere istituiti dalle regioni; per ora non ci sono. L'articolo 73 è il famoso « fermo di droga » n. 2 di cui abbiamo parlato più sopra. L'art. 76 manda in galera chiunque non parli male della droga o « favorisca» l'uso. Si può favorire l'uso di qualche cosa anche dicendo che essa non fa male, o scrivendolo su un giornale. In questo caso c'è un'aggravante, perché leggono il giornale anche minori di 14 anni. E' super penalizzata la «fumata in gruppo» (chi fuma da solo?) bollata come «associazione a delinquere». E' obbligatorio deporre come testimoni, anche nei confronti di parenti stretti. Altrimenti si va in galera, da sei mesi a tre anni. Infine, c'è l'ebbi igatorietà del mandato di cattura (tutti in galera subito, poi al processo, fra due, sei o dieci mesi, se si stabilirà che eravate innocenti, fuori con tante scuse) e una serie di facili aggravanti che permettono un abuso praticamente illimitato. G. F.

Interviste Siamoinballo balliamo La musica popolare deve essere riproposizione di riti passati o continuazione che tiene conto del nuovo, verso il futuro? « Dalle campagne che si spopolano ormai non può venire nessuna musica popolare che non sia straniata» ha dichiarato Luigi Cinque sassofonista del Canzoniere del Lazio, all'avanguardia del nuovo pop italiano, « sei baraccati baIJano al Campidoglio la tarantella, la fanno su un ritmo più veloce, che esprime la durezza della nuova lotta ». Anche l'Unità, l'organo del Pci, ha dedicato alla questione la sua terza pagina per alcune settimane. In tutto il movimento, e dopo Licola, la «questione» della musica popolare è al primo posto quando si parla di nuova musica, di nuova cultura, di alternativa. Ma qual è la musica popolare oggi? Solo quella riprodotta dai contadini nella loro realtà quotidiana? O magari quella rivista di Maria Carta, quella dolciastra di Anna Identici, o le « pastorellerie » del Canzoniere internazionale di Leoncarlo Settimelli? O forse esiste una musica popolare diversa: con uno sguardo alla musica popolare urbana (proletaria, potremmo dire) e uno ai rifacimenti « pop-jazz » del materiale popolare. Di questa seconda corrente fa parte il Canzoniere del Lazio, con Spirito bono uscito in questi giorni al suo terzo disco, partito da una ricerca di materiali popolari e approdato a un modo nuovo di fare musica. Musicisti capaci di trascinare I0.000 persone in frenetiche tarantelle, e applauditissime star della controcultura. Abbiamo parlato con Luigi Cinque, sassofonista del gruppo. Muzak: Cerchiamo di chiarire un po' la questione della musica popolare. Qual è la storia dei vostri rapporti con il materiale contadino, qual è stata e qual è la vostra ipotesi di lavoro? Luigi: Il nostro lavoro è cominciato con il Canzoniere italiano e con Sandro Portelli. Facevamo « ricerca », registrazioni del materiale popolare e lo riproducevamo tale e quale... ma un po' per l'uso di strumenti diversi un po' per l'esigenza di intervenire su questi materiali, cominciammo ad improvvisare. Credo che nella riproposizione del materiale popolare ci siano diversi modi di improvvisare: noi preferiamo intervenire sull'atmosfera piuttosto che sui « modi ». Così, per esempio, se riproponevamo un canto, che so?, di mietitura della ciociaria, usavamo questo materiale come schema, quasi fosse una testimonianza su cui intervenire con la nostra particolare sensibilità, anche strumentalmente. E così al posto della zampogna, delle ciaramelle, del mandolino o della chitarra « battente», usavamo basso e percussioni per riproporre il ritmo, mentre i sax e il violino costituivano una tessitura simile a quella delle zampogne e delle ciaramelle. 11 nostro discorso, cioè, riprendeva il materiale popolare scomponendo e ricomponendo l'atmosfera, appunto, e anche al livello di modi riproponeva il doppio aspetto melodico e ritmico ... in pratica si era, in quel primo periodo, ancora interni quasi totalmente alla musica popolare, pur cercando di afferrarne più le caratteristiche generali che non i modi specifici ... 12 Muzak: Sempre comunque all'interno della musica popolare. Qual è stata l'evoluzione successiva, e perché avete sentito l'esigenza di sviluppare in « autonomia » il vostro discorso? Luigi: Ci si è posta, a un certo punto, l'esigenza di rivedere la concezione generale. Un dato significativo per questa revisione era la gente che ci veniva a sentire: perché anche il pubblico decide ... allora, per esempio, i momenti di improvvisazione non erano tanto dettati dal materiale su cui si improvvisava, quanto da noi stessi, dalla nostra esperienza, da quello che avevamo immagazzinato. on solo come individui o studenti o compagni di città, quanto, direi, come operazione di « simpatia » nei confronti della musica popolare. Perché certo, non abbiamo una storia contadina, nel senso che non siamo e non abbiamo mai preteso di essere contadini, ma magari quella cosa fa parte della tua cultura, nel senso Luigi Cinque che una certa melodia popolare l'hai sentita per strada, o la cantava tua nonna: una operazione culturale, insomma ... ma non una riproposizione astratta che sa di « Arcadia », perché ripropone una cultura che, nostro malgrado ma di fatto, sta morendo... Un'operazione culturale, volontaristica, se vuoi, ma non intellettualistica ... Ma appunto perché è il pubblico in ultima analisi cl-\e ti dà le scadenze, che ti impone delle cose non potevamo continuare questa riproposizione anche se già rivisitata. oi, e il pubblico che ci ascolta, siamo cresciuti sul rock, sul jazz, e sulla musica leggera anche, e allora la nostra musica, come tutta la musica del resto. è un processo di sintesi, nel nostro caso, appunto sintesi fra materiale popolare, atmosfera popolare, strumenti moderni e improvvisazione che nasce dal rock e dal jazz ... insisto: non siamo contadini, non abbiamo una cultura contadina, non riusciamo nemmeno fino in

fondo a comprendere gli strumenti popolari autentici. La ciaramella, per esempio, è uno strumento difficile, che è rilevante anche perché è legato a « riti », ma al nostro orecchio per esempio il suo suono è stonato. Allora c'è un rapporto dialettico fra strumenti e improvvisazione, non sono cose separate, che puoi vedere in contesti diversi. Così se oggi noi sentiamo l'esigenza di riprendere gli strumenti popolari, l'uso che ne facciamo è diverso, risente di questo passaggio per la chitarra elettrica o il sax. Muzak: Credo, ed è apparso anche al dibattito sull'Unità, che se è vero che non può darsi una « riproposizione », cioè riprodurre tale e quale la musica popolare come schemi musicali, ma si deve ricercare una possibilità di « continuazione », cioè di situazioni reali e di lotta che rendano possibile una musica « altra », Ecco, in questo senso, in quale situazione sociale, di lotta, voi affondate per poFrancesco Gianattasio ter « continuare » una musica popolare? Luigi: Qui, è chiaro, c'è tutto il discorso sulla musica urbana. Cioè dalle campagne che si spopolano ormai non può venire nessuna musica popolare senza essere straniata, perché i contadini emigrano o si inurbano ... così, per esempio, a Roma se i baraccati vanno al Campidoglio e si mettono a ballare una tarantella, te la fanno veloce il doppio ... perché anche i ritmi cambiano. O per esempio quando i metalmeccanici nelle manifestazioni battono sui bidoni, riproducono una matrice ritmica popolare e contadina, ma ci mettono quella durezza, quei mutamenti ritmici che gli vengono proprio dalla vita in città e dal lavoro delle fabbriche ... cioè vivono una diversa alienazione rispetto a quella dei campi e dunque anche diversi modi d'espressione, la musica usata per una socializzazione diversa. Basta guardare il gruppo di Pomigliano, per esempio, un Carlo Siliotto t 1 gruppo che mantiene legami strettissimi con la cultura contadina ma immette soprattutto nella ritmica, più ancora che nei tessuti, la nuova realtà industriale. E perché, se non perché Pomigliano è una zona vicina a Napoli (e dunque a cultura essenzialmente popolare) ma con gli stabilimenti dell'Alfa, e dunque ormai fortissimamente industrializzata? Ora è evidente che noi viviamo la cosa diversamente. Non abbiamo con la musica popolare che un rapporto culturale, appunto, e ci torniamo con la nostra sensibilità... Per farti un esempio: io ricordo ancora, le ninne-nanne di mia nonna, io sono siciliano, e questa è in qualche modo cultura mia, che mi appartiene anche se poi il tipo di vita e di socialità che mi è propria ha ricevuto influssi molto maggiori nella città e negli ambienti studenteschi. in una certa cultura giovanile di questi anni. Un episodio che mi ha colpito è quello del venerdì santo nel mio paese, in Sicilia, un'esperienza affascinante e terribile; una processione lunghissima, tre voci femminili che ripetono continuamente « ave Maria, santa Maria » e dei bambini che portano delle grandi palle di carta viola cpn una candela accesa dentro ... questo continuo lamento, queste palle, il senso della morte che in queste manifestazioni è presente e quasi tattile, beh io l'ho vissuto in un particolare momento della mia vita e era una cosa come i Pink Floyd! Ma, voglio dire, a parte l'impatto di questo tipo di tradizioni, nell'ultimo disco (Spirito bono) abbiamo inciso quel pezzo che si chiama La morte di Pulcinella, in cui questa processione e comunque i funerali, il senso della morte, che insiste è una costante al livello di cultura popolare, ed è molto diverso dal nostro) sono sempre presenti, come memoria, come cultura personale rivissuta... ma non come operazione intellettualistica, ma proprio come riconoscimento di una cultura « altra », che viene rivissuti!' attraverso la nostra particolare «oppressione», quella del « riprendiamoci la vita », per dire, il « quotidiano » sfruttato, il fatto che questa generazione di cui noi facciamo parte, e come lotte e come coscienza, è un po' come i neri, qui da noi, e come i neri rappresenta la alternativa politica ... Muzak: Ma se definiamo la musica popolare come quella che è legata alla classe e alla lotta, come si pone il CdL? Luigi: Ma infatti la nostra non è musica popolare! All'inizio pensavamo che avremmo potuto definirla musica « popolare - contemporanea », ma le etichette non risolvono i problemi di fondo ... allora credo che la nostra sia una sintesi fra materiali popolari e l'esperienza concreta del movimento: noi siamo interni a questo movimento, a un movimento di lotta, dunque, e se non siamo legati specificamente alla classe, tuttavia possiamo dire che la nostra musica è un momento di gioia nella lotta ... basta vedere la Tarantella, che è il momento di massimo coinvolgimento del pubblico, dei compagni che ci ascoltano. Ebbene nella tradizione popolare la tarantella è un modo per guarire i malati, un rito di gruppo per curare, attraverso questo ballo frenetico i cosiddetti « tarantolati », una liberazione delle forze del male, una sorta di esorcismo, non delegato alla chiesa o agli stregoni, ma vissuto socialmente dalla comunità. E chi sono in questa società i « malati », i «tarantolati»? I diversi, gli emarginati, gli esclusi ... e noi tacciamo rientrare i malati in una « socialità » diversa al traverso lo stesso rito (la tarantella) che è stato usato per secoli dalla cultura contadina e popolare. Ciaime Pintor

Rock tedesco Sognjl)iù elettrificazione Li chiamano kraut-rock perché sono tedeschi, ma non hanno niente da invidiare agli inglesi, né nella forza ironica né nella tecnologia. Sono il complesso più elettronico del pop. Mentre in Inghilterra, in America e da ultimo anche in Italia la riesamina delle radici folkloristiche sembra sempre di più il mezzo per la coniazione del nuovo linguaggio musicale (vedi country rock, revival dei cinquanta e la canzone napoletana rivisitata) in Germania il « kraut rock» (definizione coniata da qualche detrattore inglese xenofobo) risponde ancora con spunti futuristici che nel «futuribile» pongono appunto gran parte dell'enfasi anziché ricercare la sicurezza delle radici. Tra i pionieri di questa scuola, se di scuola si può paria re per iI decentramento che esiste in seguito al quale ogni esperienza è praticamente isolata dalle altre, Amon Dull a Monaco, Can a Colonia, Tangerine Dream a Berlino Ovest etc. In realtà lo spunto comune dei rockers germanici nasce se mai dai grandi sconvolgimenti del sessant'otto nelle menti dei figli della Germania retrograda e repressiva ed è quindi più un modo di porsi come avanguardia decisa a portare avanti in musica i fermenti di un momento particoJar- • mente creativo che uno stile musicale. Anche laddove perfino lo hard rock è rivisitato, come nel caso dei Guru-Guru, la conseguente scomposizione e distorsione dei colori di certe atmosfere dissipa subito ogni dubbio sull'intenzione di rifarsi al modello inglese o americano. Ora è proprio questa indipendenza culturale del rock tedesco che fa sorgere i primi dubbi quando qualche ventata di Inghilterra soffia dai solchi di qualche disco senza che peraltro si riesca a cogliere l'ironia o la evoluzione rispetto al modello originale. Così abbiamo sentito delle strane melodie di chitarra da Can (strane proprio perché poco differenti) e un clamororo ritorno, di chitarra - basso - batteria in Ricochet dei Tangerine Dream. Abbiamo 14 ascoltato quelle note, piacevoli ma spesso prevedibili, e abbiamo ripensato allo stimolo e l'apertura in Phaedra, serie di impressioni fissate su nastro dove la partecipazione dell'ascoltatore era parte integrante del discorso musicale. Bisogna intanto tenere conto che Tangerine Dream è diventato uno dei gruppi di punta nella scena concertistica inglese e che il gruppo non ha mai scritto un pezzo di musica ma ama improvvisare ogni sera in un crescendo dialettico tra i tre musicisti: Froese, Franke e Baumann. « E' sciocco affermare che suoniamo in ogni concerto qualcosa che non abbiamo mai suonato prima » dice Baumann. « Non possiamo fare ogni giorno due ore di musica completamente nuova. Naturalmente potremmo suonare per due ore •solo dimostrando tutti gli effetti differenti che abbiamo sui nostri strumenti, ma per questo non c'è problema: non ci sentirete mai fare una cosa del genere». Allora come si spiega la predicibilità di cui parlavamo prima? « E' semplice: il ritorno alla chitarra riporta indietro colori di quando il gruppo suonava con una regolare formazione rock brani dei Doors ». Dice Edgar Froese: « li fatto è che il tuo orecchio è abituato ad associare il suono della chitarra elettrica a certe sensazioni e questo è pure il motivo per cui io, Peter e Christophe abbiamo ricercato nell'elettronica nuove possibilità d'espressione, anche se non chiamerei la nostra musica elettronica, ora mi è rivenuto in mente di usare la chitarra, domani potremmo decidere di usare qualche altro tipo di strumento chi sa. Ci piace che il nostro nome sia conosciuto più per le idee che sviluppiamo che sotto una categoria tipo gruppo col sintetizzatore o musica elettronica ». Il discorso è teoricamente ineccepibile senonché quando abbiamo sentito i Tangerine dal vivo a Lugano quello che colpiva nell'uso della chitarra era proprio il ritorno di certi fraseggi presessantotteschi, l'uso dello strumento secondo parametri rock che sviliscono la grandezza di intenti del gruppo. Per il resto tutto funzionava esattamente come Edgar ci aveva spiegato. « A Berlino ci vediamo solo un paio di volte a settimana. Ognuno ha la sua vita, la sua ati;nosfera così quando ci sediamo a suonare ognuno porta i suoi colori, le sue esperienze personali. Uno di noi comincia a parlare e gli altri lo aiutano ad esprimersi compiutamente lasciandolo anche passare in primo piano. Quando il suo discorso sarà compiuto è automatico che il suo livello scenderà e uno di noi comincerà a rispondere aiutato dagli altri due. E' proprio così: ogni volta che cominciamo a suonare tutto quanto sappiamo, è chi siamo, dove stiamo andando lo scopriamo di volta in volta». E così il Mellotron di Froese asseconda le proprie attitudini onomatopeiche mimando una sonorità cara al musicista, l'acqua, mentre Baumann aggiunge velocità al ritmo pulsante delle svariate macchine che gli stanno sedute di fronte e Franke cerca alcune note sulla tastiera, forse sono le sue le più originali del gruppo. L'atmosfera cresce, si gonfia senza che mai due « solisti » si accavallino. Il rispetto per lo spazio musicale altrui regna sovrano. e va a beneficio del risultato generale. Tangerine Dream è veramente insieme. Eliminata la gestualità e lo scarico di energia fisica comune agli altri strumenti la tensione del gruppo è tutta mentale, la meta è l'inascoltato. « Andando ad un concerto di musica elettronica l'ascoltatore si renderebbe conto di conoscere almeno l'ottanta novanta per cento

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