Muzak - anno III - n.08 - dicembre 1975

Lentamente, ma con sicurezza, il movimento femminista sta accompagnando alla formazione di una propria culcura autonoma e di opposizione - un programma di obiettivi e una prospettiva strategica, delle indicazioni di comportamento e di valori - anche l'elaborazione di forme espressive che tale cultura comunichino - un canzoniere, una narrativa, una cinematografia. In campo grafico c'è stata, finora, la produzione, nemmeno troppo cospicua, di manifesti e "murales"; e ora c'è - per fortuna - Gabriella Verna. I suoi disegni sono raccolti in un volumetto edito da Feltrinelli ( «Finché non crepi tu», Universale Economica, Lire 1.200) ed è purtroppo tutto quello che conosciamo del suo lavoro. La prefazione - molto bella - è di Elena Gianini Belotti; suo questo giudizio « estetico » sul disegno di Gabriella Verna che interamente condividiamo: « Il segno grafico è inconfondibile e rivela una specie di furia incontenibile, un visce~ raie bisogno di oltraggio e di dissacrazione ( ... ) . I suoi stravolti personaggi portano nei visi, nelle membra, negli abiti il segno di questa degenerazione, che è la sopraffazione dell'uomo sull'uomo e la corruzione che ne nasce. E' un segno impietoso e perciò vitale e diretto che non lascia scampo ( ... ) . E così sono le storie che queste tavole raccontano; e così la « ideologia » che governa segno e storie; tutto è ridotto ai minimi termini: all'essenzialità di una vicenda esasperata e per questo « esemplare » e per questo istruttiva e didascalica. Protagonista e deuteragonista s0no qui la signora dell'alta borghesia e la sua collaboratrice familiare: l'antagonismo di classe è espresso nella sua forma primordiale, quella del rapporto tra padrona e serva. Pensate al significato brutale di questa scelta e a quante altre ne rimangono escluse; pensate con quante mediazioni comFumetti Crepapadrona Classe contro classe, con una padrona patriarcalmente identificata col suo marito industriale. Un fumetto femminista, marxista e rabbioso. plesse e raffinate poteva essere rappresentata la moderna oppressione della donna; la forma qui scelta ( che ad altri potrà forse sembrare ingenua o anacronistica) presenta, al contrario - a nostro avviso - due van- ·r,/f. Ul18'-R'f0 ,4 OUEL T1Mflt:) 61.JAI>AGNA'l/t:S,,O,, .TANTO " DUEC.li.MTOMl.i.A 1.IRJ. , taggi: innanzitutto, dimostra in maniera inequivocabile - al di là della rivoluzione tecnologica degli elettrodomestici e delle conquiste sindacali delle « colf » - la permanenza del servaggio domestico come meccanismo ,., .. necessario di un sistema che ha nell'economia familiare la sua cellula vitale; in secondo luogo ( forse al di là del1e stesse intenzioni di Gabriella Verna) nella contrapposizione tra una femminilità borghese ( in quanto tale decadente e corrotta) e una proletaria (oppressa ma non subordinata) viene fuori la allusione a un conflitto che è di classe prima ancora di essere tra i sessi. Se è vero quindi - come scrive la Belotti - che « da millenni le donne sono già state poste le une contro le altre, in una sorta di identificazione con l'aggressore e nul1a è mai cambiato nella loro condizione perché le une erano il falso bersaglio delle altre, ma il bersaglio vero era e resta il potere patriarcale»: se è vero questo, è anche vero che quello che divide la « collaboratrice familiare » dalla « signora » è la condizione proletaria della prima e ciò che unisce la « signora » al proprio marito industriale è la disponibilità del plusvalore estratto dalle piastrelline di porcellana. Quello che ci resta da aggiungere è ben poco: è il consiglio di leggere tutta - per una volta - la prefazione come una necessaria guida alla lettura dei dise-- gni ( e magari anche il libro che la stessa Belotti ha scritto: quel « Dalla parte delle bambine » che giustamente impaurisce i bambini-uomini); e l'augurio che questo « museo degli orrori domestici » abbia un seguito magari - prima ancora che in un secondo levigato libretto di Feltrinelli - nei mezzi di comunicazione modesti e quotidiani della· lotta di liberazione delle donne: nei volantini, nei manifesti, nei graffiti murali; rest1tu1to, cioè, alle proprie destinatarie nei luoghi e nei momenti della battaglia, non relegato - per carità! - nelle librerie raffinate accanto alle orrende collezioni di Cosmopoli tan e di Libera. Simone Dessì

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