Muzak - anno III - n.08 - dicembre 1975

dizionamenti di una società maschilista e repressiva, non ha mai trovato voci capaci di rappresentarla». « In Italia - continua Roberta - poi, in particolar modo, alle donne è stato concesso quasi esclusivamente il ruolo di superficiali e qualunquiste intrattenitrici, ad eccezione dell'ambito popolare o strettamente politico. Ma le cose stanno cambiando rapidamente, e forse siamo vicini al momento in cui a tenere i fili della musica di 'contenuto' non saranno più, nella stragrande maggioranza, i maschi». Roberto Renzi Tom Rapp In tutta sincerità, parlare di Tom Rapp è molto difficile: otto albums mai usciti in Italia e praticamente introvabili, pochi cenni biografici, quindi la nostra scheda sarà incompleta, forse imprecisa, ma speriamo non inutile. Un'attività collocabile storicamente tra il '65 e l'oggi, legata alle vicende dell'etichetta alternativa Esp, una personalità schiva ed umile, una musica intimista ed introflessa che fanno di Rapp un artista indecifrabile, ma vicino. Con Tom Rapp si dovrebbe dire di David Peel & Lower East Side, di Unitcd States Of America, di Tim Buckley, di Country Joe & Fish, di Fugs ed Mc 5, cioè di una generazione, di una rivoluzione americana, newyorkese che si è mossa a piccoli passi violenti silenziosi, che ha lasciato traccia di sé. Tom Rapp e Pbs hanno costituito l'ala poetica di questa coscienza clandestina, di una guerriglia urbana che ha portato a forme autogestite, al boicottaggio dei mass media ed ad una nuova onestà. Via poetica perché giocata su ritmi acustici, commisti a certe analisi elettriche che saranno poi dei Velvet Underground, e sulla lingua di Rapp, dolce e persuasiva, l'esse moscia strascinata, le frasi lunghe, il flauto, la chitarra acustica. L'esordio di « Balaklava », album per l'etichetta alternativa Esp, quella dei Fugs: « Il Trionfo della Morte » di Breughel in copertina e le immagini lucide, leggere delle composizioni: Rapp canta con voce semplice, acuisce il suo difetto di pronuncia, ama scherzare ed anticipa Tim Buckley ed il suo « Lorca », mentre i testi non ubbidiscono ad alcun meccanismo formale, sono analisi disarmanti e scorci veri di una vita cittadina fatta di mattoni rossi e fumo, di amore e piccole speranze. Le opere che seguono coprono un arco di cinque anni '68-'72: « City Of Gold », « One Nation Underground » « Use Of Ashes » e « PBS with Tom Rapp ». Un sottile velo di follia le copre, per intero, una rispo• sta al sistema che verrà completata, personalmente, dal Rapp più maturo in « Stardancer » e « Sunforest » suoi albums « solo» a noi storicamente più prossimi. Maurizio Baia/a LaGermania Rock tedesco, ovvero come una vecchia posizione radicale, politica perché frutto dell'evoluzione sessantottesca sfociata nell'auto• gestione e nell'autodeterminazio• ne da parte dei gruppi, si è trasformata nel gioco di cassetta e di consumo. Primo passo era sta• to Essen, festa liberata dove formazioni musicali, collettivi e CO· muni incontravano l'esempio americano dei Mcrry Pranksters, delle Mothers Of Invention, cli Timothy Leary. L'acido e la canapa indiana filtravano il movement ma l'autocoscienza era altra cosa: gli artisti operavano il rifiuto della tradizione, la neoclassica e classica già scardinate da Stockhausen e Varese, dalla scuola Rundfunk di Colonia, prirom Rapp Ash Ra Tempel 48 ma ancora dalla via dodecafonica viennese; ed insieme lavoravano alla reinvenzione dell'idea acidoelettrica Californiana; infine al recupero di una tradizione folklorica forse storicamente imprecisata ma spontaneista e libera. Questo, in musica, non ha preso una piega «popolare», non ha cioè coinvolto la gente, (non già il mercato) rimasta ad una socialdemocrazia di fatto, senza che il suono « nuovo » le scendesse tra le gambe, la penetrasse socialmente e culturalmente. I gruppi tedeschi hanno lungamente cantato inni elettrici, libertari ma inutili: teorie di acustica sconvolta - Amon Duul II, Can, Schultze - hanno trovato il vuoto, seminando su terreno poco fertile. La scelta successiva è stata il mimare se stessi in terra inglese - l'Inghilterra che accoglie a braccia aperte ogni rigurgito strano - quindi il nuovo isolamento, per non dire della quasi totale commercializzazione. Vediamo alcuni casi significativi. Amon Duul I I approda a Londra dopo un'attività tedesca di quasi otto anni, dopo lo svilup• po da comune agricola-campo di lavoro a musicale ed un tipo di esperienza che produceva la prima seria idea elettroacustica europea, cioè « Phallus Dei ». Immediatamente al di là di « Dance Of Thc Lemmings » il gruppo tocca con mano l'ambiente inglese e ne esce malconcio, perché l'organico subisce le prime defezioni gravi ed Amon Duul II perde la sua migliore caratteristica, il suono elettrico mutato dal folklore, dalla follia di giochi di violino attorno ai fuochi di un campo, dall'esperienza maturata fra bambini e carrozzoni ... Ash Ra Tempel, origini pressoché simili, ma più aperte ed accese politicamente: molto gli viene da Tim Leary, ma più importante è l'apporto tecnico di Dieter Dierks e Rolf Kaiser che con le etichette autonome OHR e Pilz inaugurano la nouvelle vague degli emarginati. Ash Ra Tempel vive ancora grazie a Kaiser e Manuel Gottsching e le ultime uscite, « Inventions For Eleccric Guitar » e « Starring Rosi » portano ancora sbaffi di musica westcoastiana ma autoc• tona ed intelligente. Can all'Inghilterra preferisce la Francia e quindi coglie il successo con « Future Days » e « Soon Over Babaluma » magici e deliranti lavori col tempo resi accessibili, vivificati dalle ritmiche sempre più accese e divertenti. Can ha una magia tutta sua, ancora intatta. Faust, nietzschiani convinti, approdano alla Virgin dopo lunghe vicende sotterranee, e gli aiuti economici portano nuovi album, splendidi, ma totalmente sconvolti che lasciano il gruppo nella più bieca contraddizione. Altri due esempi: Kraftwerk e Popol Vuh. I primi conservano quasi tutto dell'originale impostazione pur avendo compromesso molto attraverso progressivi passaggi, dal culto ipnotico, gelidamente materico del suono a quello propriamente ritmico (Autobhan), a quello delle furbizie inglesi (Exceller 8), giustificate dalla fame patita a Dussendolf per anni, negli scantinati. I secondi sono sempre prolifici, ma oggi molto razionali: Florian Fricke e Daniel Fichelshecker fanno musica al servizio di ogni ideologia e cervello, e di qui la caduta di « Das Hohelied Salomos » dove Popol Vuh è postumo di se stesso, recita lunghi epitaffi dolci che servono all'industria troppo scopertamente, piuttosto che a dare coscienza. Proprio questo, l'incanalamento industriale ed il management, rende necessario il ridimensionamento cli un movimento cui è mancato il soffio rabbioso, lo sputo sul sistema ed è rimasto un momento di ebbrezza, cioè la nascita, lo sviluppo e la morte apparente di un suono che troppo akhimisticamente ha cercato di descrivere « socialmente » quello che socialmente non viveva, se non in rapporto alla crisi di una realtà musicale piì1 ampia, senz'altro europea. Maurizio Baia/a

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==