a cantare canzoni di lavoro in una prigione del Texas. Si definisce « A Sundown Man », un uomo al tramonto. E' costretto a vivere subordinato alla propria sofferenza. I Possum Hunters, Slim Critchlow, Tony Thomas dimostrano completa dedizione ai canoni del bluegrass meridionale. Non sono musicisti di professione, come nel passato ed anche attualmente i maestri di musica popolare non hanno potuto permettersi. Homegas è un gruppo « puro », nel senso che evolve il country blues dalle matrici più antiche, raggiungendo un lirismo incredibile ed un'espressione del tutto coerente. Non sentiamo di muover parola per Phil Yost e Charlie Nothing, due creatori di primissimo piano ne1la musica contemporanea. Altri nomi ricorrono ad attualizzare i moduli della tradizione popolare, M.T. Void, Janet Smith. Solo un intelligente ascolto guida a riconoscerne i meriti. Dischi reperibili da Supersonic, Roma. Jacques Borrelli LaColonia Cecilia « La Colonia Cecilia » è un gruppo di musica popolare che si è formato a Roma sul finire del 1974, all'interno del Circolo Gianni Bosio. Il gruppo è formato di cinque elementi: Annalisa Di Nola, Silvio Costabile, Francesco Marini, Alfredo Messina e Sebastiano Porretta. Sebbene la sua base operativa sia a Roma, il gruppo ha un repertorio in cui sono prevalenti le forme espressive e gli stili delle regioni meridionali, particolarmente della Campania e della Lucania. Infatti due suoi componenti, Annalisa Di Nola e Silvio Costabile, sono napoletani, mentre Sebastiano Porretta ha svolto diverse campagne di ricerca in Lucania e Francesco Marini ha fatto molta esperienza di studio e riproposta delle forme espressive popolari pugliesi e calabresi lavorando da diversi anni con Giovanna Marini. Il repertorio del gruppo è inoltre 3rricchito dal complesso dei materiali di ricerca provenienti dal lavoro del Circolo Gianni Bosio. « La Colonia Cecilia » è in primo luogo un gruppo militante, non nel senso che privilegi quella che viene convenzionalmente chiamata « canzone di lotta », ma nel senso che il suo lavoro si svolge completàmente al di fuori dei canali del professionismo e dello « show-business », e si propone invece di approfondire un'analisi di classe della cultura meridionale attraverso le forme espressive popolari, da utilizzare all'interno del movimento operaio e della sinistra. In questo senso, la riproposta della Colonia Cecilia scaturisce direttamente dalle esperienze di ricerca e di intervento politico e culturale da cui i compagni che compongono il gruppo provengono e che portano avanti. Il rifiuto del mestiere di « folk singers » non significa approssimazione e dilettantismo deteriore, ma rifiuto di un ruolo sociale sempre più compromesso con l'industria culturale e con il consumismo. Il gruppo si distingue piuttosto proprio per il grande rigore della sua riproposta degli stili tradizionali, senza interventi e manipolazioni mistificanti. Essendosi impossessati a fondo della « grammatica » di certi linguaggi musicali del mondo popolare meridionale, i compagni della Colonia Cecilia sono in grado anche di superare i limiti di una riproposta imitativa e meccanica. L'invenzione e l'improvvisazione, non solo vocale ma anche sugli strumenti musicali popolari, sono parte essenziale del loro discorso.; ma si tratta di un tipo di invenzione fatta all'interno delle forme espressive che essi presentano, senza l'innesto di linguaggi ad esse estranei e più vicini ai gusti consumistici. In questo modo, gli interventi del gruppo riescono a combinare il rigore scientifico (che in questo campo è premessa necessaria del La_ Colonia Cecilia 1oberta D"Angelo 47 rigore politico) con grande vitalità spettacolare, come dimostra l'entusiasmo con cui sono stati accolti in situazioni come la festa romana di Democrazia Proletaria. Il rifiuto dell'intervento dolcificante sulla musica popolare non è il solo elemento che distingua la Colonia Cecilia da altre recenti esperienze di riproposta del canto popolare meridionale. Il gruppo infatti tende a presentare la cultura popolare come un fatto organico e contemporaneo, con la sua vitalità e le sue contraddizioni che è necessario conoscere per una reale comprensione politica, anziché come un fenomeno in estinzione da guardare e rimpiangere con nostalgie ecologiche. La discriminante politica e di classe è un fatto implicito nella militanza politica di questi compagni, e non una forzatura estranea; ed ecco perché nei loro spettacoli non si colgono momenti di freddezza e di artificio, ma si trasmette costantemente il gusto di esprimersi, di suonare e di cantare, di fare insieme musica e politica. Sandro Portelli RobertaD'Angelo « La luna rimane là, io non posso più sognare films in bianco e nero ». Sono parole di una canzone composta e cantata da una donna. Si chiama Roberta D'Angelo ed ha appena vent'anni. Proviene dal vivaio, anzi dall'immenso parcheggio in cui la Rea tiene personaggi di ogni genere che aspettano di poter incidere, con la pazienza di chi crede che la celebrità e un mucchio di soldi siano a porcata di mano. Anche la D'Angelo ha aspettato parecchio tempo, ma forse per motivi diversi. Primo, forse, perché la sua tenera età glielo permetteva ma soprattutto perché quello che le interessava del disco non erano le sue prerogative commerciali ma la possibilità di esprimersi. E lo ha fatto anche se in piccolo, perché per il momento non gli è stato ancora concesso di fare un intero Lp che, oggi come oggi, è il minimo indispensabile per farsi conoscere e presentarsi degnamente a un pubblico sempre più attento ed esigente. Lo spazio concesso è stato un quarto di un Lp, in cui cantano altre quattro nuove cantautrici, e un semplice 45 giri che contiene « I soliti sassi », il suo pezzo più immediato ed orecchiabile. In tutto sono tre brani. Non è molto ma bastano a definire in prospettiva la personalità di una cantautrice che è prima di tutto una donna che canta. Una donna in crisi, che canta la sua dissociazione, la sua ricerca di equilibrio in un mondo che tende a negarlo. Ma è lei stessa a chiarircelo: « Non solo un corpo, Non sono un corpo. In queste parole di una mia canzone, Marylin, si può riassumere tutto il mio essere di donna e quindi anche la mia rabbia, il mio amore, il mio odio, il mio lavoro. Per me la musica è comunicare ed esprimersi e, allo stesso tempo, una sorta di liberazione. La mia musica nasce dall'odio verso coloro che mi volevano tenere a casa per « fare la maglia ». Verso coloro che, da buoni lestofanti, volevano scoparmi per farmi fare strada (in tutti i lavori per la donna è sempre lo stesso). E nasce anche dalla vita di tutti i giorni, dalle parole senza senso, dai films sognati e dai sogni filmati ». I temi delle sue canzoni, comprese quelle non ancora incise, sono l'aborto, la crescita, la presa di coscienza del proprio ruolo, gli amori difficili. Gli aspetti, insomma, della condizione femminile. Per questo il nome di Roberta D'Angelo non va semplicemente ad aggiungersi alla già folta schiera di cantautori. Ne condivide l'impegno, inteso come volontà di incidere, o quantomeno di testimoniare determinate problematiche. Ma aggiunge qualcosa di completamente nuovo: « l'ottica femminile che da noi, a causa dei con-
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