C. si avv1cma all'avanguardia, registrando alcuni brani di Omette Coleman, insieme a Don Chcrry ( « The Avant garde » Atlantic 1451). Ma la sua strada per il « free » rimane comunque diversa. Ci arriverà solo nel 1965 con « Ascension » (Impulse A 95), che riprende, con molte analogie, il « Free jazz» che Coleman aveva registrato nel 1960. Ma la differenza non è solo cronologica e sta, piuttosto, nell'abissale diversità delle due personalità. Coleman è un compositore, estremamente lucido e razionale; il free jazz per lui è un esordio, un inizio provocatorio e radicale di un discorso. Coltrane, invece, arriva al free faticosamente, con un graduale e sofferto sfondamento dei blocchi strutturali che impedivano la totale libertà del1 'improvvisazione. Le sue opere da « My favorite things » ad « Ascension » (dal '60 al '65) sono una testimonianza di questa ansia crescente. Le tappe sono tutte opere importantissime: « Africa brass », « Impressions », « A love supreme» ecc... Logorato da questa febbrile tensione creativa, Coltrane muore il 17 luglio 1967, a soli 41 anni. Le problematiche E' sempre difficile cogliere, senza ambiguità e fraintendimenti, le relazioni che si vengono a creare tra individuo e storia. Anche quando ci si occupa di storia non in senso lato, ma di uno specifico culturale come la musica. Nell'arte la tendenza abituale è quella di investire l'individuo di un ruolo e di una forza molto spesso al di là delle possibilità umane. Quasi che lo sviluppo e l'evoluzione dcli' arte fossero responsabilità esclusive di un ristretto numero di « geni», senza i quali noi oggi staremmo ancora ad incidere sulla pietra il nostro bisogno di comunicare. Troppo poco spesso, invece, si pone l'accento sui meccanismi sociali e le tensioni ambientali che « investono » l'artista del potere evocativo necessario a rappresentare la vita nella sua dinamica molteplicità. Ma è la stessa concezione dell'arte occidentale, intesa come fatto strettamente personale, situato nelle zone più oscure ed intime della personalità, anziché nel suo « essere » sociale, che genera e alimenta questa ottica. E forse è proprio da questa logica che deriva la nostra impossibilità ~< storica » a capire e decodificare la natura del linguaggio musicale, considerato di volta in volta soprannaturale, inconscio, oscuro, luogo di orgasmo e di passione, ineffabile intuizione ecc..., tutto insomma, tranne che uno strumento di comunicazione sociale, di espressione di contenuti e di universi culturali. Da questo si può capire l'importanza dell'estetica che il jazz, senza teorizzazioni, ha portato nella cultura occidentale. La sua natura di arte « collettiva », mette seriamente in crisi ogni atteggiamento individualistico, nè il fatto che esistano musicisti particolarmente importanti e rappresentativi, arriva a negare questa dimensione « diversa ». Nessuno potrà mai affermare che Parker ha inventato il bebop, o che senza Armstrong lo stile new-orleans non sarebbe mai esistito. Tutt'al più si può sottolineare come Parker, più di ogni altro, abbia felicemente sintetizzato tutti quegli elementi che in un modo o nel1' altro erano coinvolti nel be-bop. L'opera di un jazzista, per quanto geniale e isolato, non può essere comprensibile senza i necessari riferimenti ambientali e storici, oppure senza considerare l'interazione che esisteva tra lui e gli altri musicisti con cui ha lavorato. L'apporto individuale c'è, insomma, ma è condizionato da un continuo dialogo con altri individui, e con i fatti extramusicali. Coltrane, non fa eccezione. Il suo apporto si intreccia indissolubilmente con quello di altri musicisti come Miles Davis, Thelonious Monk, Mc Coy Tyner ecc... e si intreccia anche con le vicende politiche e culturali del popolo afro-americano. Agli inizi degli anni '60, un nuovo bisogno di maturità culturale, era diffuso nel mondo-afro-americano. Basta seguire il corso degli avvenimenti: Malcom X, i movimenti politici, gli scrittori, le rivolte razziali. Dovunque, una serie di problematiche a lungo dibattute dai Neri d'America, stavano per giungere ad una nuova importante maturazione. E tra queste una soprattutto, che le unificava tutte; la ricerca di una cultura che pur essendo americana (e non potrebbe essere altrimenti) si ponga in alternativa a quella dell'ufficialità borghese e bianca. Una cultura afro-americana, cioè, che possa rappresentare il popolo Nero come parte del popolo americano, ma nella sua diversità e nelle sue particolari aspirazioni. Tutta l'opera di Coltrane, cosi come quella di altri musicisti come Sun Ra, Omette Coleman ecc..., può essere letta, almeno dal 1960 in poi, come una risposta a questa esigenza. La sua ansia di crescita è prevalentemente culturale; il jazz, un prezioso strumento espressivo. « My favorite things » del 1960, è già la proposta di un nuovo mondo estetico, di una bellezza anti-ufficiale, contro i parametri repressivi e distorcenti dell'estetica dell'America bianca e borghese.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==